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Autore: Distress_And_Coma    26/05/2013    2 recensioni
Una relazione che si è da poco formata tra Sakito e una giovane ragazza, Sara. Ma Sara non è come le altre.
"Straniera" le dicono in Giappone. Ma lei straniera non è.
E' russa, e questa è la sua storia. Che forse finirà in tragedia per una persona che lei ama molto.
Genere: Fluff, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Finish: questo è l’ultimo capitolo della fiction. Spero che vi piaccia. Ci ho messo tutta me stessa. La colonna sonora consigliata è Ray of Light-Nightmare.

La mia Lena si è riuscita a riprendere in pochissimo tempo.
Mi sono così spaventato, quel giorno, quando ho sentito Sara urlare.
Lena mi aveva detto che non vedeva l’ora che ci fosse il saggio di ginnastica artistica di fine anno. Quindi si doveva preparare.
Io nel frattempo le ho scritto una lettera, forse un giorno diventerà una canzone vera e propria dei Nightmare.
Noi Nightmare nel frattempo abbiamo iniziato a farci un nome nell’industria musicale, ora siamo parecchio seguiti. Forse è proprio perché Hitsugi ormai si sente un gatto.
Nella lettera le dico che è un raggio di luce, da quel momento se la tiene stretta al cuore, e noto che è tornata a camminare.
Questo è un miracolo, visto come temevo che la mia vita finisse.
Io le avevo promesso che l’avrei sempre protetta e amata. Ma poi cosa è successo? Che io non sono neanche riuscito a proteggerla, non mi sono accorto che la caviglia le faceva male, perché lei non mi ha detto nulla.
Non mi ha detto che prima aveva eseguito il salto Mukhina, che era caduta malamente sulla caviglia e che avrebbe dovuto restare ingessata il giorno del saggio.
Alla Tokugan erano piuttosto severi, per non mettere a rischio le reputazioni di tutti noi e portare onore alla sorella lei voleva esserci.
Mi ha solo detto: ora guardate. Se mi avesse detto che era il Thomas quello che stava per eseguire, allora l’avrei fermata! Ma no, lei non ha detto niente, né a me, né alla sorella.
A nessuno, ha parlato.
L’ho vista staccarsi da terra. L’ha fatto malamente, non me ne sono accorto perché lei era di fronte a me.
L’ho vista eseguire due rotazioni a 180°, e poi cadere.
E’ caduta, ha picchiato forte il collo al pavimento durissimo.
Perché è caduta di mento. La sua testa era piegata troppo all’indietro. Era innaturale. Ho visto Sara urlare disperata, Niya farsi avanti, prenderle il polso per sentire i battiti.
“NON CI SONO!! NON LI HA!!” ha detto disperato. Io ero bloccato dal terrore, quando ho urlato a Sakito di chiamare l’ambulanza.
Mentre la portavano all’ospedale, dopo averla stabilizzata, Ruka ci ha portati lì in macchina. Era il più lucido e l’unico di noi che potesse guidare. Ed io, come tutti gli altri, nel frattempo pregavo.
E’ rimasta in coma per un anno e mezzo. Un medico russo specializzato nella ricostruzione delle prime vertebre, l’ha operata dopo mezz’ora dal suo arrivo all’ospedale. E’ stata una fortuna, era venuto dall’Università di Mosca per insegnare ai laureandi dell’Università di Sendai ad operare persone con traumi del collo e della testa.
Cinque minuti dopo il nostro arrivo all’ospedale, lei è stata portata in sala operatoria. Io ho pianto tutte le mie lacrime, abbracciato ai ragazzi. Loro continuavano a dirmi che andava tutto bene, che la nostra piccola Lena si sarebbe salvata. Sara invece ha sbottato: “COME MAI SE ANDRA’ TUTTO BENE LEI SEMBRA MORTA?!” Io quel giorno in cui si è svegliata ero presente. L’ho vista aprire gli occhi e cercare di respirare da sola da sveglia. Ho visto dopo tanto tempo quella sfumatura blu dei suoi occhi che tanto mi erano mancati.
Mi sono messo a piangere dalla gioia, chiamando gli altri. All’ospedale universitario di Sendai ha ricevuto dopo pochi mesi le prime infusioni di cellule staminali. Ricordo che all’inizio, quando era sulla sedia a rotelle, è toccato a me spiegarle che c’era solo una piccola speranza che lei tornasse a camminare. Mi ha domandato perdono per avermi tenuto all’oscuro di tutto, guardandomi con quei suoi occhi espressivissimi del rimorso che provava, perché oltretutto, lei era pure divenuta muta.
“Se tu sarai accanto a me, come hai sempre fatto, io ce la farò” mi ha detto con voce flebilissima, dopo altri nove mesi di riabilitazione a Tokyo.

E ce l’ha fatta.

E siamo fieri di lei.

  
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