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Autore: Holly_Shit    26/05/2013    1 recensioni
Bhe, su di lui pensavo di poter contare. Di lui pensavo di potermi fidare. E invece no. Mi ha lacerato la carne del petto, mi ha strappato da sotto le costole il cuore, si è divertito ad inciderci sopra le iniziali delle parole "E Ora Vattene Non Mi Servi Più", gli ha dato fuoco, e poi di quei pochi brandelli che rimanevano del mio "cuore", se ne è liberato, gettandoli a terra e calpestandoli furentemente. Ma nonostante tutto, eccomi ancora lì, innamorata più che mai.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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E’ proprio quando meno te lo aspetti che accade. A me è successo. Avevo voglia di cantare ma non avevo la voce, avevo voglia di farmi vedere ma non il coraggio. Quel litigio cambiò tutto in me. Ero più libera. Più fragile. Ma più libera. Più che mai avevo bisogno di un sostegno. Un appiglio a cui aggrapparmi. Lo avevo trovato nella musica. In quella scritta e in quella fatta. Musica nella testa. Ossimori, paragoni, metafore, metonimie. Poesia nella testa. Rime. Il cervello non si fermava mai. Faceva lui stesso fatica a mettere ordine tra le idee. Scrivevo, scrivevo, scrivevo senza sosta. Anche ore di fila. Non era un passatempo, né tantomeno una passione. Più che altro uno sfogo. Uno sfogo per quello che era successo. Uno sfogo per quello che avevo in testa. E in quella sera mi tornò in mente tutto. La sua faccia sbalordita. Il mio cuore che martellava. La rabbia. E poi la confusione. Avevo sbagliato forse? No. Avevo sbagliato un sacco di altre volte. Ma quella no. La pesantezza dei miei pensieri aleggiava tra le luci stroboscopiche e la musica ad altissimo volume. La gente ballava quasi in sincronia. Ma in un caos assoluto. Chi brindava. Chi cantava. Chi rideva. E poi c’ero io che rimuginavo sui miei ricordi. Girando e rigirando tra le mani il bicchiere di Gin. Dopo l’ultimo sorso, che mi scese in gola provocandomi un bruciore assurdo, ripresi le briglie del mio cervello. Mi ricordai che mi trovavo ad una festa, della mia amica per giunta, e che dovevo smetterla di auto commiserarmi per gli errori di qualcun’altro. Presi il cellulare e scrissi velocemente un messaggio al mio migliore amico. L’unico che poteva rimettere in ordine la confusione che avevo in testa. E intorno. Poi mi feci largo tra la folla di gente che si muoveva freneticamente. Tutti ubriachi o fatti. O tutte e due le cose. Tutta gente che non c’entrava nulla con la mia amica o con il suo 18esimo compleanno. Li spinsi senza farmi scrupoli e la raggiunsi, la trovai a ballare, con una mano teneva il suo ragazzo e con un’altra una bottiglia di birra. Dovevo approfittare di quel momento per dirle che uscivo un attimo, per evitare di dirglielo quando fosse completamente sbronza. “Ok, ma non star via molto, è sempre il mio compleanno.” “Tranquilla prendo solo una boccata d’aria.” “Va bene, – passandomi la bottiglia – finiscila tu questa.” Poi si allontanò assieme al ragazzo, e io mi voltai per uscire da quello schifo. Lasciai la bottiglia a Enrique, che stava in un angolo, illuminato solo dalla luce del cellulare. Il ragazzo più sexy della scuola e il più determinato che avessi mai conosciuto. Ci provava con me da quando lo avevo conosciuto, e non mi dispiaceva affatto. Almeno lui restava, lottava per ciò che voleva. Mentre gli altri mollavano subito. Mi regalò uno dei suoi sorrisi più smaglianti, e mi si avvicinò. “Ci vai giù pesante stasera, eh?” mi disse all’orecchio, dando prima uno sguardo alla bottiglia. “Meglio che starsene in disparte in un angolo, penso” “Mi sa che hai ragione …” disse a testa bassa, poi sollevò la testa e sorrise, “… è solo che questa festa non è un granché … si, ma non dirlo a Cass!” “Anch’io mi sto annoiando a morte, tranquillo” “E allora perché non andiamo da qualche altra parte?” “Non cambi mai … “ Raggiunsi la porta e uscii. Fuori si stava da Dio. Solamente tre o quattro lampioni illuminavano il parcheggio. Dei gruppi di ragazzi che fumavano. Ancora macchine che entravano nel parcheggio. Mi vibrò il cellulare. Era lui. “Sono qui fuori” E anche se per pochi secondi, mi tornò il sorriso. Mi guardai intorno con gli occhi che mi brillavano. Lui c’era sempre, in qualsiasi momento avessi bisogno. Mollava tutto e correva. Diceva che per me ci sarebbe sempre stato, e lo dimostrava in qualsiasi cosa. In un certo senso era stato lui a salvarmi, a sostenermi quando vacillavo. Sollevai lo sguardo, e lo vidi. Scese dall’auto e ammiccò. Mi strinse forte tra le braccia e mi guardò dritto negli occhi. “Dimmi qual è il problema, piccola.”
  
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