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Autore: Subutai Khan    12/12/2007    1 recensioni
Un piccolo, innocente, minuscolo errore in una normalissima giornata.
Genere: Triste, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Che diavolo ti salta in testa, mongoloide?”.
“Glub...è finita, è finita...”.
“Oh, e finiscila con 'ste puttanate. Cos'è che sarebbe finita? Solo perché ti ha mollato per...quante volte, quattro? Cinque?”.
“È finita, è finita, è finita”.
“Sentimi bene, tu. Niente è finito, qui. Finisce solo se ti butti giù da quel cornicione dal quale ho dovuto allontanarti già tre volte. E sappi che finché starò qui non finirà un bel niente”.
“Dai, torna...torna su...e lasciami sola”.
“Sì, certo. Ti lascio da sola a suicidarti. Bel fratello irresponsabile che sarei”.
“Tanto non serve...serve che stia qui. Non...valgo...valgo un cazzo”.
“Nessuno non vale un cazzo, e di certo non dipende dal fatto che il fidanzato ti abbia mollata. C'è tanto per cui vale la pena vivere. Ad esempio, non ti piacciono le stelle?”.
“Sì...molto...”.
“Ecco. Perché privarti del piacere di guardarle in serate limpide e serene come questa? È stupido, non credi?”.
“No...è stupido sopravvivere senza di lui...”.
“Per favore, basta con queste stupidaggini da ragazzina alla prima cotta. Hai una certa età, ormai, e questo tipo di comportamento non è il modo migliore per reagire. Ti devi dare una smossa, ragazza mia”.
“Come faccio?”.
“Permettendoci di aiutarti, innanzitutto. Se ti chiudi su te stessa, come hai fatto prima e come stai facendo in questo momento, il muro contro cui sbattiamo è troppo spesso per noi e non riusciamo a sfondarlo”.
“Chi mi può aiutare?”.
“Noi, cazzo! Se solo ce ne dessi la possibilità. Facendo cosine piccole, tipo avvisarci quando succede qualcosa se hai voglia di parlarne. Siamo qui apposta. Non serviamo solo come deposito bancario a credito illimitato e come fattorino per quando non ti va di andare a comprare le sigarette”.
“Non potete...sigh...è finita...”.
“Oh, ma sarai di coccio. Dovrò prima o poi iscrivermi a un corso che insegna come parlare alle pietre, sarà utile nel caso questa scena dovesse ripetersi. Sempre che non ti ammazzi prima, chiaramente”.
“Ora però...torna su...”.
“No che non torno su. E stai lontana dal balcone”.
“Solo...solo se torni su...”.
“Ai ricatti psicologici sei arrivata? Come i bimbi di sei anni che non hanno la caramella dalla mamma? Ommadonna, ma ti senti parlare? Hai quasi trent'anni, non puoi proseguire nel fare così. Non è salutare per il tuo equilibrio”.
“Sì...sì, hai ragione...ora però vai via...”.
“Ancora con questa accondiscendenza odiosa. Cazzo, parla connettendo il cervello invece di cercare di sbolognarmi fuori con una scusa mal mascherata. Mi sto alterando. Perché va bene starti vicina, ma non è che son qui a farmi prendere per il culo da mia sorella maggiore”.
“Vai via...via...è finita...voglio stare sola...”.
“Forse il concetto non ti è del tutto chiaro. Finché non ottengo qualcosa da qui io non mi schiodo. Anzi, nel caso ce l'hai un posto dove farmi dormire?”.
“Vaaaaaaaaaaai...viaaaaaaaaa...viaaaaaaaaaaaa”.
“Frignare come una bamboccia non ti servirà a farmi togliere il disturbo. Sono determinato a restare qui. Ehi, dove vai? Torna qui. Vieni via da quella merda di cornicione”.
“Mi butto di sotto!”.
“Non far cazzate, per favore. Vieni giù”.
“Mi butto!”.
“Vieni giù. Ecco, così. Brava. Insomma, la vuoi piantare di farmi venire un colpo ogni volta che ti avvicini al bordo?”.
“Vai via, per favore...via...lasciami sola...”.
“Se me ne vado prometti di non far cazzate? Me lo prometti, disgraziata che non sei altro?”.
“Sì...sì...”.
“Uff. So già che me ne pentirò. Hai vinto, me ne vado. Se hai bisogno chiamaci, a qualsiasi ora del giorno e della notte”.
“Sì...vai...”.
“So già che me ne pentirò”.
   
 
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