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Autore: violetsugarplum    26/05/2013    1 recensioni
[Seblaine Sunday]
Svegliarsi in una città diversa e, per qualche motivo, avere la consapevolezza di essere nel posto giusto, di sentirsi 'a casa'.
Genere: Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Sebastian Smythe | Coppie: Blaine/Sebastian
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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And I'm waiting for the morning light


Non era grande, a malapena poteva starci lui e qualche mobile. E questo se lo ricordava ogni sera quando, dopo aver spento tutte le luci, usciva dal bagno e sbatteva direttamente l'alluce contro il comodino.

Il tenue bagliore del sole filtrava dal lucernario e l’avrebbe odiato con tutto se stesso se solo non avesse illuminato il viso bello e sereno di colui che l’aveva fatto rimanere sveglio per tutta la notte con la scusa di sentire freddo e di avere l’assoluta necessità di essere scaldato grazie alle gambe intrecciate. Lo vide arricciare il naso e lo sentì mugugnare qualche parola che non comprese perché, nonostante fosse già passato un sacco di tempo -giorni, settimane, mesi?- il francese non era ancora il suo forte. Ma perché sforzarsi di imparare una lingua quando per capirsi bastava un gesto o anche solo il più semplice degli sguardi?

Non aveva molte cose da fare, così come ogni giorno, ed era stupido continuare a svegliarsi tanto presto, addirittura prima di lui. Ma niente e nessuno poteva togliergli il momento del suo risveglio, quando quegli occhi luminosi si aprivano con delicata lentezza, abituandosi poco a poco alla luce del mattino, e si riflettevano nei suoi. Chissà se quel giorno avrebbero avuto più sfumature verdi, come l’aquilone che, dopo una decina di tentativi, erano riusciti a far volare al Parco Monceau quel bellissimo pomeriggio di metà luglio, oppure azzurre e limpide, proprio come l’acqua dell'enorme fontana in cui si erano tuffati completamente vestiti cercando di sfuggire alla calura estiva.

Dopo aver emesso un lamento che ricordava tanto un grugnito, il ragazzo al suo fianco si riaddormentò e lui ne approfittò per alzarsi dal lettone che occupava quasi tutta la miscuolstanza, cercando di non scoprirlo o fare il minimo rumore. Il suo fidanzato diventava umanamente sopportabile solo dopo una buona dose di baci, meglio se al sapore di caffè.

Anche la cucina era piccola, come il resto dell’appartamento. Ridacchiò tra sé e sé ripensando a quando il suo ragazzo viveva ancora da solo e il lavello era sempre pieno di contenitori di cibo d’asporto sporchi e tazzine sbrecciate. Beh, le tazzine mezze rotte continuavano ad esserci, esiliate nella piccola credenza, ma almeno erano pulite. Quello era il bello della loro convivenza: uno cucinava -e lo viziava preparandogli ogni genere di pietanza che gli venisse in mente, prediligendo sempre qualche cibo dal nome eccentrico che mai aveva assaggiato prima, e l’altro puliva, dicendo che lo trovava rilassante e, insomma, ci voleva qualcuno che mettesse ordine nel loro caos. Ma era solo un modo per sentirsi utile e non pesare sulle spalle dell'altro, anche se, più e più volte, aveva affermato che un fastidio non era.

Fu l’aroma di caffè appena preparato a farlo scendere dal letto, avvolto nel piumone come fosse un’armatura. Sentirsi abbracciato dalla coperta, però, non era comparabile all’inalare il profumo della sua pelle e quel leggero tremolio alle gambe che percepiva sempre quando un suo bacio si posava dietro al collo.

Fare colazione insieme significava sempre biscotti lasciati affogare sul fondo delle tazze. A quanto pareva, il modo perfetto per iniziare la giornata era baciarsi e non mangiare cose piene di zucchero che non somigliavano nemmeno un po’ alle sue labbra.

“Devo andare”, disse e fece una pausa, come aspettandosi una risposta. Decise di annuire semplicemente con un cenno della testa, infilandosi in bocca una galletta di riso. “Posso…? Uhm, niente.”

Gli rivolse uno sguardo incuriosito, mentre metteva nella sua tazzina due cucchiaini e mezzo di zucchero, proprio come piaceva a lui. Quanto si divertiva a prenderlo in giro dicendo che, in realtà, bevesse ‘una tazzina di zucchero con un goccio di caffè’. A lui piaceva amaro, come tutte le cose che erano state presenti nella sua vita prima di aver incontrato la persona davanti a lui che, in quel momento, stava aggiungendo un altro cucchiaino di zucchero alla sua bevanda.

“No, dimmi.”

“Non era importante.”

Ma ogni cosa che li riguardavano lo era, altrimenti non sarebbero stati lì, in quella mansarda troppo stretta per due persone, dopo aver completamente rivoluzionato le proprie vite.

“Mi chiedevo se…”, riprese. “Mi chiedevo se avessi voglia di venire con me.”

"Voglio venire con te ora, domani, per sempre", pensò. Ma non glielo disse. Dal sorriso -sincero, ma con una punta di malizia quasi infantile- che si formò sulle sue labbra, capì che ormai era facile leggerlo, proprio come se fosse un libro di mille pagine aperto su quella giusta.

Condividere loro stessi con l’esterno era sicuramente meno facile ma, a volte, la mansarda era troppo piccola per contenerli. E il soffitto era troppo basso per volare.

“Sì? Poi voglio portarti in un posto nuovo.”

C’erano ancora tante cose da scoprire in quella città e, certo, insieme era molto meglio.

Parigi non era romantica come la dipingevano: era strana e, a volte, perfino pericolosa ma, con Sebastian che nell'ascensore gli stringeva le dita della mano, carezzandogliele piano con la punta, Blaine poteva abituarcisi. 




 


  
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