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Autore: _Pobluchan_    27/05/2013    1 recensioni
... "L'hai lasciato tu questo fiore davanti a casa mia?" mi chiedi con voce dolce.
Io scuoto la testa nella speranza di spegnere la tua curiosità, ma invece tu sorridi e ti accucci davanti a me. Non ho il coraggio di muovermi, così resto immobile mentre tu mi dai un bacio sulla guancia.
"Grazie Liam, il non-ti-scordar-di-me è il mio fiore preferito" ...
..."Tu cosa vorresti fare?"
"Meteora" rispondo senza pensare...
...Mi volto verso di te. Tu mi sorridi e salti sulla panchina, accanto al numero 33, e urli come una pazza.
"METEORAAAAAAA!"
A quel punto la folla impazzisce...
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Liam Payne
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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METEORA
 

Ogni mattina mi alzo, mi vesto, faccio colazione, mi lavo i denti e esco. Con lo zaino in spalla mi incammino a testa bassa per non incrociare lo sguardo degli altri. Poi mi fermo al parco, mi siedo sulla panchina e aspetto. Aspetto che tu esca di casa. Aspetto che tu con un salto faccia gli ultimi due gradini e raggiunga i tuoi amici sorridendo. A debita distanza, poi, ti seguo e ti guardo. Ti guardo mentre ti sistemi la coda con cui tieni legati i tuoi lunghi capelli neri, ti guardo quando ti tiri giù la maglietta perché ti sembra troppo corta, ti guardo mentre ridi. Quando ridi sulla guancia destra si intravede una fossetta e il mio indice avrebbe voglia di infilarsi lì dentro. Da lontano ti guardo dare un bacio a Marco e entrare a scuola. Quando la porta si richiude alle tue spalle entro anch'io. Entrato in classe faccio attenzione a non incrociare il tuo sguardo e mi siedo al mio posto. Durante le lezioni ti guardo con la coda dell'occhio. Quando non capisci o c'è qualcosa che ti infastidisce ti si forma una piccola ruga sulla fronte e i tuoi occhi verdi si scuriscono. All'intervallo non ti posso guardare perché devo restare chiuso in bagno per sfuggire ai miei compagni che mi prendono in giro e mi fregano gli occhiali per potermi picchiare. Così per dieci minuti ti immagino mentre sei con le tue amiche. Alla fine delle lezioni nuovamente ti seguo da lontano, fino a casa. Fai i gradini a due a due, ti volti a sorridere ai tuoi amici e sparisci oltre la porta. Quando per strada non c'è nessuno di nascosto lascio un fiore sul tuo zerbino e suono. Con una corsa mi nascondo tra i cespugli e ti osservo. Tutte le volte guardi prima a destra, poi a sinistra e solo alla fine noti il fiore, nonostante siano tre anni che ripeti quel rito. Solo dopo averti visto chiudere la porta sorridendo torno a casa. E per tutto il giorno ripenso al tuo sorriso. E per tutta la notte sogno il tuo viso.

Dopo scuola, tutti i giorni, mi ritrovo un fiore sullo zerbino, ma non trovo mai chi lo lascia. Però tutti i giorni mi strappa un sorriso: solo una persona molto dolce farebbe una cosa del genere. I miei amici sono i migliori, ma li conosco troppo bene e loro di certo non sono così dolci. Voglio sapere chi è, quindi tutte le volte quando suonano mi precipito alla porta, ma tutte le volte non vedo nessuno. Nemmeno oggi non vedo nessuno, poi da un cespuglio in ciuffo biondo. Decisa a scoprire il corteggiatore misterioso mi avvicino e ti vedo. 

 
Oggi sono stato lento. Ti vedo mentre ti avvicini con il non-ti-scordar-di-me in mano al mio cespuglio. Quando mi vedi mi sorridi.
"L'hai lasciato tu questo fiore davanti a casa mia?" mi chiedi con voce dolce.
Io scuoto la testa nella speranza di spegnere la tua curiosità, ma invece tu sorridi e ti accucci davanti a me. Non ho il coraggio di muovermi, così resto immobile mentre tu mi dai un bacio sulla guancia.
"Grazie Liam, il non-ti-scordar-di-me è il mio fiore preferito"
Poi, senza voltarti indietro, torni in casa, lasciandomi seduto per terra sotto shock e con un sorriso a trentadue denti sulla faccia.

 

È passato un mese e io ancora ti lascio non-ti-scordar-di-me davanti alla porta, solo che ora non mi nascondo più. Semplicemente lo appoggio, suono e con calma mi incammino verso casa. Non mi volto mai a guardarti. Ma un giorno tu mi fermi e mi fai voltare, facendomi incontrare il tuo sorriso.
"Liam, domani ti va di uscire con me nel pomeriggio?"
 

Da quel giorno io e te siamo amici, tutti i pomeriggi ci incontriamo al parco e ti ascolto mentre parli dei tuoi sogni e dei tuoi amici.
"Sai Liam, mi piacerebbe diventare una cantante famosa" mi ripeti sempre.
E ti vedo su un palco, con il vestito azzurro che hai messo per la comunione di tua sorella, con un microfono in mano e il tuo sorriso. Poi un giorno mi distrai da questa visione e salti fuori con una domanda:
"Tu cosa vorresti fare?"
"Meteora" rispondo senza pensare.
Tu ridi, ma non capisci quello che volevo dire. Poi ti rivelo che voglio essere un giocatore di basket professionista, ma ho troppa paura per entrare in una squadra.


 

Oggi c'è la finale di basket delle scuole della città e dato che Marco è il capitano della squadra della nostra scuola siamo andati a vederlo. Tu sei così felice e dagli spalti urli per incitarli. Quando il numero 33 si fa male cominci ad insultare gli avversari facendomi sorridere: non sei mai stata brava ad essere cattiva. Ti guardo mentre gesticoli furiosa con l'arbitro che continua a scuotere la testa con convinzione. Poi i tuoi occhi catturano i miei. Vedo la tua bocca che si muove e l'arbitro che annuisce. Con un gesto mi fai cenno di avvicinarti e io obbedisco.
"Devi giocare"
 

La divisa del numero 33 mi sta a pennello. Servo solo a fare numero per permettere alla squadra di continuare a giocare, così mi mettono in difesa. Resto lì senza mai toccare la palla, ma la partita è congelata. Nessuna delle due squadre riesce a segnare. Il primo tempo finisce in parità.

I miei compagni di squadra sono tutti sudati, non hanno nessuno con cui fare il cambio. E mentre loro sono sfiniti, i nostri avversari sono freschi di panchina. Rimangono solo quindici minuti e noi siamo in netto svantaggio. Marco ci riunisce in cerchio e cerca di mantenere alto il morale. È un bravo capitano.
"Possiamo ancora farcela. Mi servono tutti in attacco, tu..."
Il suo dito si sposta su di me e la sua mente cerca di collegare il mio viso ad un nome.
"Liam" gli suggerisco.
"Liam, ti lascio da solo in difesa, ce la puoi fare anche se loro sono più alti e più grossi di te?"
"Ci posso provare"
Dopo l'urlo di battaglia il fischio di inizio. Gli avversari partono subito all'attacco, in un attimo mi ritrovo circondato e prima che possa fare qualcosa segnano. Altri punti che ci allontanano dalla vittoria.
"Ehi ragazzina!"
Mi volto verso gli spalti e vedo i miei compagni di classe. Come sempre cominciano a prendermi in giri, ma questa volta mi fa male. Non per quello che dicono, ma per quello che potresti pensare di me. Un boato dagli spalti avversari mi fa capire che hanno segnato di nuovo sotto il mio naso.
"Ehi Simo, scommetti che non sa neanche tenere in mano una palla?"
Questa è la goccia che fa traboccare il vaso. Agisco d'istinto: per me il basket è sempre stato automatico, capisco le mosse degli avversari in anticipo. Ignorando gli ordini che mi erano stati dati corro incontro all'avversario. Marco, invece di dirmi di tornare indietro, manda qualcun altro in difesa. Senza che l'avversario se ne accorga gli rubo la pala. A malapena mi vedono e in un attimo sono sotto il canestro. Salto. Resto appeso al canestro, poi, quando la palla oltrepassa il cesto, mi lascio cadere. Nella palestra regna il silenzio assoluto. Mi volto verso di te. Tu mi sorridi e salti sulla panchina, accanto al numero 33, e urli come una pazza.
"METEORAAAAAAA!"
A quel punto la folla impazzisce: tutti si alzano e mi chiamano. Ma io vedo te, sorridente sulla panchina che urli. E allora sono orgoglioso. Sono orgoglioso per averti resa felice.

 

La partita, alla fine, l'abbiamo vinta per pochi punti e ora siamo negli spogliatoi.
"Sei stato grande Meteora"
Io sorrido sfilandomi la maglietta del numero 33. La porta si spalanca e ignorando i ragazzi più muscolosi di me mi vieni incontro. Mi sento a disagio: in quello spogliatoio sembro ancora di più una ragazzina.
"Sei una forza Meteora! Non capisco perché non ti sei scantato prima..."
Io ti sorrido timidamente, mentre prendo in mano la salvietta per fare una doccia.
 

Io ti parlo, ti parlo sempre e tu ascolti. Anche ora. Non hai detto una sola parola.
"Perché lo chiami Meteora?"
Guardo Marco con indosso solo le mutande che ti sta guardando mentre entri nella doccia.
"Sta a vedere" gli dico.
 

"Ehi Liam!"
Mi affaccio dallo sportello della doccia e mi trovo davanti il tuo volto.
"Non mi hai ancora detto cosa vuoi essere da grande"
"Meteora"
Tu sorridi e te ne vai. Non riesco a capire perché continui a farmi questa domanda, anche se so che conosci già la risposta. Perché io ti risponderò sempre così finché non lo capirai.
 

Che caldo. Non mi ricordavo facesse così caldo nella mia città.
"Ragazzi ci vediamo ad allenamento tra un mese"
Con un cenno saluto i miei compagni di squadra, che stanno ancora festeggiando la vittoria del campionato europeo, e scendo dall'aereo. Da quando sono un campione di basket è difficile trovare un po' di tranquillità, ma qui è diversi. Cammino e la gente che mi saluta la conosco. Il fornaio da cui ho sempre comprato la merenda, la parrucchiera di mia mamma, vecchi compagni di scuola, le madri dei miei amici, i miei amici, la signora dell'edicola, l'autista dello scuolabus. Passo dopo passo sento l'emozione crescere dentro di me e mi ritrovo a correre. Quando vedo la tua casa mi fermo e per un attimo ti rivedo mentre scendi gli ultimi due scalini con un salto e sorridi. Prendo un respiro profondo, salgo quegli stessi gradini a due a due e suono. È tua madre ad aprirmi.
"Salve, cercavo Nina"
"Liam!"
Non è tua madre che urla, anche se ha aperto la bocca. Mi volto e un nano da giardino dai capelli neri mi travolge. Rido e ti stringo forte tra le mie braccia.

Sono stato via tre mesi, ma quando ti guardo mentre chiacchieri con la tua amico fatico a crederlo. L'ultima volta che ti ho vista è stato al diploma, poi il pomeriggio stesso sono partito con Marco. Ora sono un famoso giocatore di basket. Sono molto alto e non ho più l'aria da femminuccia: ora ho braccia forti e muscoli scolpiti. Però gli occhiali da secchione ce li ho ancora sotto la massa di ricci castani che mi coprono la fronte e parte degli occhi cioccolato. Tu invece non sei cambiata: capelli neri, lunghi e lisci, occhi grandi, bassa (adesso che io sono più alto lo sembri ancora di più) e con un sorriso fantastico. In quel momento ti volti e mi sorprendi mentre ti fisso. Sorrido imbarazzato.


 

Sono tornato da una settimana e ogni giorno l'ho passato con te. Non posso farne a meno. Ora siamo nella palestra della scuola, ci tieni tanto a questo posto. Dici sempre che io sono nato qui quando ho segnato il mio primo canestro.
"Ti ricordi la prima volta che hai segnato?" mi chiedi guardando il canestro.
Io sorrido.
"Sei stata la prima ad esultare"
"Già, ti ho chiamato Meteora"
"Mi chiamano tutti così, ora"
Ti volti e mi guardi.
"Hai deciso cosa fare adesso?"
"Meteora"
Cominci a ridere  andando a recuperare un pallone da basket.
"Vediamo che sai fare" mi urli lanciandomelo.
Faccio due o tre palleggi e tiro da metà campo, centrando in pieno il canestro.
"Niente male"
Contemporaneamente ci avviciniamo alla palla, ma tu arrivi prima e ci sali sopra. Prima che tu cada ti sostengo.
"Così lo romperai quel pallone"
"Come se ti importasse qualcosa di lui"
"Ehi! Io con quello ci vivo"
Tu mi ignori e mi guardi giocando con un mio ricciolo. Mi ha sempre fatto impazzire quel gesto.
"Mi dici perché rispondo alla mia domanda con meteora?"
Io sorrido. Aspetto questa domanda dalla prima volta in cui te l'ho detta questa risposta.
"Meteora. È l'unione di tre parole"
Vedo comparire la piccola ruga sulla fronte che hai quando non capisci.
"Me. Te. Ora" le elenco.
Tu sgrani gli occhi e mi guardi mentre sorrido.
"Nel senso che..." Ti blocchi.
"Nel senso che ti amo, Nina. Dalla prima superiore non guardo che te, non posso non guardarti e non amarti"
"Per quello mi lasciavi quei fiori alla porta"
Sorrido. Finalmente ci sei arrivata. Con molta calma, ma ce l'hai fatta.
"Mi piace meteora"
Non ti chiedo chiarimenti su quella frase, semplicemente ti bacio. Neanche in piedi su quel pallone sei alta come me. La tue labbra sanno di cioccolato e vaniglia e si muovono perfettamente con le mie. Forse hai ragione: sono nato in questa palestra, però non quando ho segnato, ma adesso mentre ti bacio.
 

Mancano pochi secondi. Marco mi passa la palla e io comincio a correre. Sono il più veloce. È come tornare alla mia prima partita. Da solo non do neanche il tempo agli avversari di accorgersi di quello che sta accadendo. In un attimo sono sotto al canestro. Salto. Mi aggrappo al canestro e solo quando il pallone tocca terra mi lascio cadere. L'esulto della folla è contemporaneo al suono che chiude la partita. In un attimo i miei compagni mi circondano e con il mister mi sollevano in aria.
"Campioni del mondo Meteora! Campioni del mondo!" urla Francesco.
Però io cerco te tra la folla esultante e ti vedi mentre ti avvicini, sorridente come non mai.
"Sposami!" urlo.
Non riesco a sentirti. Lo ripeto tre volte, poi il mio allenatore si impossessa di un microfono e me lo allunga da sopra le spalle di Mario. Lo afferro e ci porta la bocca.
"Sposami"
A quel punto la folla tace.
"Nina Seviri, mi vuoi sposare?"
Tu mi guardi con le lacrime agli occhi e tutti gli sguardi sono fissi su di te, ma tu continui a guardare solo me.
"Si"
La folla impazzisce del tutti. Quando Marco ti prende sulle spalle cominci a ridere tra le lacrime. In un attimo siamo vicini, più in alto di tutti. Mi sporgo e ti bacio. Davanti a tutti, anche se so che è una cosa che odi.
"Ti amo"
Tu sorridi a quelle parole e mi prendi per mano.
"Ti amo anch'io Meteora"
  
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