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Autore: Milla Chan    27/05/2013    3 recensioni
Lindisfarne, 8 giugno 793
I monaci non credevano che le navi all'orizzonte avrebbero portato sulla loro isola il popolo che da lì a pochi anni avrebbe terrorizzato l'Europa: i Vichinghi.
"-O scappate o state piegati a borbottare.- mormorò tra sé camminando verso di lui, mentre strusciava la punta della lama rossa sul pavimento bagnato.
-Siete davvero noiosi.-
-Pater noster, qui est in caelis, sanctificentur nomen Tuum... -
Lo zittì con un colpo e il tonfo del corpo che cadde a terra rimbombò nella chiesa sporca di sangue."
Genere: Azione, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Danimarca, Norvegia
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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Il sole aveva raggiunto il punto più alto nel cielo quando le navi attraccarono.
Norvegia mosse qualche passo sulla riva ciottolosa e si portò le mani sui fianchi, inclinando il collo per sgranchirsi un po’. Finalmente erano a terra.
Tirò un debole calcio ad un sasso e alzò gli occhi sulla costruzione di pietre che svettava sul piccolo promontorio. Le labbra si incresparono e le dita formicolarono per l’impazienza.
I suoi compagni vociavano mentre scendevano dalle navi e gli si avvicinavano.
Sentì Danimarca ridere sommessamente ed affiancarsi a lui. Il norvegese gli indicò l’edificio silenzioso con un gesto veloce della mano e un cenno del capo.
-Forse hanno qualcosa.-
-Sicuramente hanno qualcosa.-
-Andiamo.-
-Andiamo!-
Danimarca gridò e gli altri vichinghi risposero, altrettanto energici, alzando le spade.
 
La strada da percorrere non era lunga, il monastero si faceva sempre più vicino e sempre più grande.
Videro due figure avvolte in un saio scuro, con le nuche coperte da cappucci, avvicinarsi a loro a passo svelto. Portavano fieno tra le braccia e sorrisero.
-Quid cupitis?- mormorò uno di loro. Erano abituati a ricevere visite da marinai in cerca di soccorso, o che venivano per lasciare donazioni o rifornimenti.
Norvegia si fermò e lo squadrò dall’alto in basso. Storse la bocca e si girò verso il suo compagno, vicino a lui.
-Che ha detto? Che lingua parla?-
Danimarca alzò le sopracciglia e scosse la testa.
-Che ne so.-
Il norvegese scrollò le spalle.
-Uccidili tu.-
Le prima grida sull’isola dopo secoli, le prime di una lunga serie che ci sarebbe stata poco dopo, fece tremare l’aria.
 
Norvegia spalancò il portone urlando, preparato a trovarsi davanti una schiera di guerrieri pronti a difendere loro stessi e la loro isola.
Ciò che vide lo lasciò per un attimo smarrito.
Nel chiostro, altri monaci incappucciati e pacifici si erano girati a guardarlo, sorpresi dall’improvvisa apparizione di uno strano uomo urlante.
Il norvegese attraversò il cortile a passi lunghi e decisi e afferrò la stoffa al petto di uno di loro.
Sentì gli schiamazzi e i passi pesanti dei suoi compagni raggiungerlo ed entrare nel cortile, disordinati.
-Sono topi?- rise Danimarca, quasi incredulo nel vederli tutti vestiti allo stesso modo, intenti a fare la stessa cosa: trasportare sterpaglie.
Norvegia scollò il vecchio chierico e lo fissò dritto negli occhi, trovandoli pieni di confusione.
-Sì.- mormorò lasciandolo andare e vedendolo aggiustarsi il saio.
Lo osservò disgustato mentre ripeteva frasi in una lingua che non conosceva.
-Sono topi.- confermò piattamente, sguainando la spada. -Divertiamoci pure.-
La lama affondò nel petto e riecheggiarono le grida terrorizzate degli altri monaci che iniziarono a correre, interrompendo le loro mansioni, lasciando cadere a terra il fieno che stavano mettendo da parte per l’inverno.
Non aspettavano altro. Per i Vichinghi fu come un chiaro invito ad inseguirli.
Davano l’inizio a un gioco troppo facile.
In pochi si erano chiesti perché quella comunità fosse senza difese, perché non avesse neanche un’arma. Non c’era bisogno di farsi domande, quando lo scopo era solo uno.
Persero il conto di quanti ne uccisero.

C’erano tante porte e Danimarca le stava aprendo tutte, entusiasta e impaziente di trovare cibo, oggetti preziosi o qualche altro topo da uccidere.
-Ah.-
Vide qualcuno rannicchiato in un angolo di uno stanzino pieno di tavoli, piume bianche e boccette nere posate su di essi. Entrò e sentì uno squittio acuto.
Il monaco nascosto alzò piano la testa e allungò un braccio a prendere un crocifisso, posato sullo scrittoio lì affianco.
Il danese lo guardò incuriosito e gli si avvicinò a passi svelti. Vide il giovane porgergli la croce e gliela strappò di mano.
-Cosa?-
La rigirò tra le mani e la buttò a terra. -È legno, io non voglio legno.-
L’uomo a terra lo guardò spaventato e disse qualcosa nella sua lingua.
-“Deus”? Non parlare, non ti capisco.-
Lo afferrò per il cappuccio e lo sollevò di peso.
Il monaco indicò il crocifisso a terra e Danimarca lo seguì con lo sguardo, chiedendosi perché diamine stesse perdendo tempo in quel modo. C’era ancora tanto da cercare, avrebbe potuto ucciderlo subito e farla finita.
-Ti ho detto che non voglio il legn...-
Il povero giovane, con i piedi a penzoloni, indicò allora il cielo con una mano e un sorriso leggero e teso in volto.
Danimarca si accigliò.
-Il cielo? Il legno in cielo?-
Lo lasciò andare e quello cadde a terra.
-Che fai? Implori una croce di legno?-
Strinse l’elsa della spada, ma il monaco tese una mano e gli afferrò i pantaloni, supplicante. Indicò ancora il cielo e la croce, poi di nuovo il cielo, ripetendo frasi con la voce spezzata.
Il monaco congiunse le mani e si piegò fino a toccare il pavimento con la fronte.
Danimarca lo guardò con occhi duri e scosse la testa ridendo, spezzando il crocifisso con un piede e alzando la spada.
-Io non conosco i tuoi dei.-
 
Norvegia attraversò il lungo stanzone correndo. Salì i pochi scalini e afferrò il monaco urlante per il cappuccio, fermando la sua fuga.
Lo buttò a terra e non lo guardò negli occhi mentre lo trapassava con il ferro.
Appoggiò un piede su di lui e estrasse la spada impiantata nel torace. Si chinò a strappare il piccolo crocifisso d’argento che pendeva dal suo collo e raddrizzò la schiena, soddisfatto.
Alzò gli occhi sul soffitto e rimase colpito da quanto fosse alto.  Non aveva mai visto una stanza tanto grande, in pietra, con una lunga fila di colonne massicce e vetrate colorate.
Mise la collana in tasca e si voltò verso un’enorme croce di legno.
Corrucciò la fronte vedendo qualcuno dargli le spalle, inginocchiato davanti ad essa.
-O scappate o state piegati a borbottare.- mormorò tra sé camminando verso di lui, mentre strusciava la punta della lama rossa sul pavimento bagnato.
-Siete davvero noiosi.-
-Pater noster, qui est in caelis, sanctificentur nomen Tuum... -
Lo zittì con un colpo e il tonfo del corpo che cadde a terra rimbombò nella chiesa sporca di sangue.

Danimarca trascinò l’ennesimo baule sulla nave e fece saltare tra le mani una ciotolina d’argento. La avvicinò agli occhi per osservare il suo riflesso distorto.
-C’è ancora qualcuno vivo, là?- chiese indicando con un cenno la grande costruzione ormai desolata.
-Mnh.-
Norvegia fece un verso basso e scosse la testa. Addentò una mela e la tenne in bocca mentre trasportava altri cibi che aveva trovato in una stanza del monastero, piena solo di quello. Sembrava che gli dei fossero dalla loro parte, quel giorno.
-Gli altri stanno prendendo tutto?-
Il norvegese annuì e spostò la cassa sul baule.
-Fanno su e giù, hanno trovato davvero tantissime cose.- gli mormorò. Lanciò una mela anche a lui.
Danimarca la prese al volo con un sorriso. -Ne hai uccisi davvero tanti, eh.-
L’altro tenne una mano sul fianco e continuò a mangiare quella mela sorprendentemente succosa e dolce.
Lanciò il torsolo nel mare.
-C’è chi ne ha uccisi di più.-
-Hai avuto una fantastica idea a voler navigare verso ovest!- continuò Danimarca, entusiasta.
Norvegia si appoggiò con le mani alla prua e si sorprese di sentire il petto del compagno contro la schiena. Continuò a guardare gli altri uomini sulla spiaggia trasportare sacchi e casse.
-E io non capisco perché sei venuto anche tu.- biascicò con una punta di acidità, gli occhi fissi sui ciottoli della spiaggia. -Era la mia spedizione.-
-Infatti non ho portato neanche uno dei miei uomini.- ridacchiò lui, stringendogli la vita.
-Sono venuto perché volevo starti vicino.- sussurrò poi al suo orecchio, intrecciando le mani sulla sua pancia. -Se non fossi tornato, non sarei tornato neanche io.-
Norvegia sospirò e scosse la testa con imbarazzo e irritazione. Distolse l’attenzione dall’uomo contro di sé e richiamò quella di tutti gli altri usando un tono di voce molto più alto di quello che usava solitamente.
 -Spero che non abbiate lasciato niente.-
Posò le sue mani su quelle di Danimarca e le allontanò da sé. - Preparate la nave, si torna a casa. È stata un’ottima spedizione.-
 
Norvegia fu il primo a scendere dalla nave e subito fu accerchiato dalle donne e i bambini che correvano verso di loro, cercando mariti e padri in un vociare concitato.
Sentì un piccolo colpo allo stomaco e quando abbassò gli occhi vide che una bambina lo stava abbracciando.
Sbatté gli occhi e la prese in braccio prima che venisse schiacciata dalla folla, camminando poi fino alle casse che venivano scaricate e salendo in piedi su una di esse.
Molti si zittirono e si girarono verso di lui, mentre il mormorio si acquietava.
-Là fuori... - iniziò Norvegia guardando tutti e tirando fuori da una tasca una coppa d’argento sulla quale erano incastonate delle pietre.
Lo alzò così che tutti potessero vederla e, con gli occhi che brillavano, prese un respiro profondo. -... C’è un intero mondo.-
La bambina in braccio a lui spostò gli occhi grigi dal suo viso alla folla e strinse più forte le braccia attorno al suo collo.
-Ci sono ricchezze e cibi di ogni tipo.-
Un vocio insistente si alzò dalla folla e Norvegia sentì il cuore riempirsi d’orgoglio per il modo in cui lo stavano guardando.
-C’è tanto oro, c’è tanto argento.- continuò, lanciando la coppa a Danimarca, in piedi accanto alla cassa.
Appoggiò la bambina vicino a lui e frugò con una mano in tasca, per estrarne la collana con il crocifisso d’argento. Gliela mise al collo e le posò una mano tra i capelli biondi raccolti in una bella treccia mentre lei guardava contenta la mamma che la teneva d’occhio dalla ressa.

-Gli dei sono con noi!-
 
Le urla gioiose del suo popolo fecero sorridere Norvegia e si sentì fiero e forte.
Quella sera avrebbero festeggiato con il miglior idromele.


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Note e angolo autrice.
Questa volta devo dare un po’ di spiegazioni!
Qualche giorno fa ho visto uno splendido documentario sui Vichinghi e non vi dico il fangirling, quindi ecco a voi una storiella basata su ciò che ho visto-
Dunque...  La storia è ambientata l’8 giugno 793. Verso mezzogiorno, i monaci del monastero dell’isola di Lindisfarne -nei pressi della Gran Bretagna- videro delle strane navi all’orizzonte. Non si preoccuparono perché erano soliti ricevere visite e continuarono a ritirare il fieno per l’inverno, approfittando della bella giornata di sole. Sfortunatamente per loro, quelli che approdarono sull’isola non erano semplici marinai, ma dolcissimi Vichinghi norvegesi. Uccisero tutti i monaci e portarono via tutto. I Vichinghi tornarono nelle loro terre e si diffuse l’idea che ad ovest ci fossero beni di ogni tipo, facilmente ottenibili. Da quel momento l’Occidente venne a conoscenza del popolo dei Vichinghi e del loro pacifico modo di ottenere ciò che volevano. È una delle prime razzie vichinghe attestate.
Per chi non sapesse il latino, “quid cupitis?” significa “cosa desiderate?” e “Pater nostrer, qui es in caelis blah blah blah” non è altro che la preghiera del Padre Nostro in latino, ma probabilmente l’avevate già capito.
Insomma, oltre l’aspetto semi-blasfemo della storia, ho voluto mettere un po’ in risalto come si sarebbe potuto sentire Norvegia capendo che aveva trovato un modo per far vivere in modo decente il suo popolo. Credo che per una nazione sia una bella sensazione, ecco, un toccasana! ;*;
E Dan l’ho dovuto inserire perché sì, quei due sono inciucciati a morte!
Poi, la bimba alla fine è una dolce comparsa perché sì, perché all’inizio volevo inserire il piccolo Islanda, ma per avere un’attinenza storia dignitosa non ho potuto farlo comparire, per un semplice motivo: la colonizzazione dell’Islanda è avvenuta quasi un secolo più tardi.
Però! Però, spero che con la bimba si sia capito quanto Norge sia legato alle persone del suo popolo ;*; <3
Spero vi sia piaciuta, scusate le note chilometriche e un bacio a tutte!
   
 
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