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Autore: Crysalis    13/12/2007    1 recensioni
Si dice che gli angeli dalle ali nere siano una razza bella e dannata, figlia non degli angeli puri creati dagli Dei ai primordi del mondo, ma dagli umani che osarono porsi al pari degli Dei creando con le parole mondi e persone. Si dice che le nere ali siano la loro fantasia, che li trasporta al di sopra delle candide nuvole percorrendo le strade dei cieli, ma che non donano loro nessuna possibilità di pace e riposo.
Una storiella un po' sciocca venutami in mente mentre dovevo studiare matematica XD
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Un angelo dalle ali nere.
Si dice che gli angeli dalle ali nere siano una razza bella e dannata, figlia non degli angeli puri creati dagli Dei ai primordi del mondo, ma dagli umani che osarono porsi al pari degli Dei creando con le parole mondi e persone. Si dice che le nere ali siano la loro fantasia, che li trasporta al di sopra delle candide nuvole percorrendo le strade dei cieli, ma che non donano loro nessuna possibilità di pace e riposo.
Da quando in cielo si vide la prima di queste maledette creature, nel mondo degli uomini più nessuno osò sfidare l’ira degli Dei creando storie e mondi con le parole: solo alcuni, destinati fin prima della nascita ad un’esistenza d’angoscia e timore, tentarono l’impresa vietata, convinti che nulla potesse essere peggio di una vita senza storie. Questi uomini e donne che intinsero la piuma nella loro stessa condanna, sparirono lasciando dietro di sé solo manoscritti che vennero raccolti, ricopiati e letti per tutto il regno.
Eppure ancora, a volte, qualcuno scriveva, e il regno, inconsapevolmente, si nutriva di piume nere come l’inchiostro.


Gettando l’acqua ormai fredda a terra, che si coagulò in pozzanghere fangose, il ragazzo uscì dalla vasca, il corpo nudo bagnato, i lunghi capelli schiacciati contro la nuca, il collo e le spalle. Coi gesti lenti e l’espressione fredda, si voltò a guardare ciò che restava all’interno della vasca: non fu né stupito né spaventato nello scorgere le piume che galleggiavano come nere navi in un mare opaco e schiumoso. Ormai le piume erano numerose, come sempre più grande era il bozzo che si vedeva ormai chiaramente da sotto la camicia, nonostante tutti gli accorgimenti che potesse prendere. Sua madre lo rimproverava più volte di trascorrere troppo tempo nella sua camera a leggere, col risultto di starsi fare crescendo una vistosa gobba; lui sapeva invece che quel tempo lo passava a scrivere, e le ali nere che pian piano crescevano dalla sua bianca schiena erano il frutto di quelle lunghe ore, insieme al dolore, a volte insopportabili, della struttura ossea e muscolare che si modificava per fare posto a quel nuovo, inatteso apparato. Raccolse le piume nascondendole all’interno di un sacco, che al calar del sole sarebbe andato a gettare, e, con solo un asciugamano stretto attorno alla vita, si diresse verso la sua camera. Al centro della stanza, sopra un rozzo tavolo di legno intagliato, erano adagiati in bella vista numerosi fogli scritti con una scrittura piccola, minuziosa e ordinata, impilati uno sull’altro accanto a quasi altrettanto fogli bianchi, che attendevano solo di essere riempiti. Provò il solito formicolio d’impazienza e i desiderio a vedere quelle pagine che attendevano d’essere scritte, ma limitò la sua impazienza e si vestì. Mentre indossava i calzoni, il suo sguardo colse le ultime parole che aveva scritto: “… Duncan si affrettò a prendere la spada, ben sapendo che, se avesse esitato ancora, tutto sarebbe andato perduto.” Il racconto si andava avvicinando al suo punto cruciale, la fatale decisione prima dell’epico finale. La storia non era ottima né particolarmente fantasiosa, ma la giudicava quantomeno decente. E di certo era molto, molto meglio di altri racconti che aveva letto.
La sua storia, iniziata quasi per scherzo e sfida alla rinomata “maledizione” era quasi giunta alla sua conclusione, e sapeva bene che, nel momento in cui avrebbe scritto l’ultima parola dell’ultimo capitolo, le ali nere sarebbero infine esplose nella loro dannata bellezza, e che sarebbe dovuto fuggire e non farsi più vedere. Però… il suo sguardo amorevole si posò su ciò che aveva scritto. Non era mai stato tanto bene quanto quando era piegato alla luce di una candela e le parole si inseguivano veloci sulla pagina bianca. Lo scherzo era diventato sempre più grande e meraviglioso man mano che le pagine si impilavano una sull’altra e le piume sbocciavano numerose come margherite a primavera. Non aveva avuto paura né intenzione di fermarsi: aveva capito, fin dalla prima volta che aveva intinto la piuma nell’inchiostro, che quello era ciò per cui era nato. E non si sarebbe fermato.
Mai.
  
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