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Autore: Anonimadelirante    28/05/2013    4 recensioni
Maria si è buttata.
Robin non sa più cosa fare, cosa pensare.
Ecco cosa urla il suo cuore.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Robin De Noir
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ce l'avrebbe fatta. Ce l'avremmo fatta. Ne ero sicuro. Io, Robin De Noir, ero certo che ci saremmo riusciti. Avremmo spezzato la maledizione che incombeva su Moonacre. Ormai eravamo nel passaggio che portava al “luogo dove tutto aveva avuto inizio”, dove erano nati l'odio e l'orgoglio. Lì tutto era iniziato cinquemila lune prima e quella notte sarebbe finito...in un modo o nell'altro. Eppure non ero soddisfatto, contento. Non provavo orgoglio. Cosa sarebbe successo poi? Non avevo mai provato nulla di simile, nulla. Era sconvolgente. Non sapevo cosa fosse. Non sapevo se fosse amicizia. Non sapevo se fosse amore. Ma di certo non era odio, ero cresciuto imparando a detestare, riconoscere, odiare i Merrywether. Ora, non soltanto avevo aiutato Maria, tradito la mia famiglia, il mio clan, mio padre per combattere al suo fianco, ma mi ero anche accorto di provare affetto per quella ragazza.

Deglutii, neppure la vista di Loveday era riuscita a calmarmi.

Aiutai Maria a scendere le scale e lei mi fissò coi suoi splendidi occhi grigi, dolcissima, piena di riconoscenza, come se quel gesto l'avesse resa finalmente calma.

Guardai Maria avvicinarsi allo sperone di roccia che si affacciava a strapiombo sul mare.

La fissai, sbalordito dalla sua determinazione, dal suo coraggio.

Rimasi perplesso davanti allo strano comportamento delle perle. Certo io avrei fatto lo stesso se fossi stato in loro, ma loro non potevano rifiutarsi di essere allontanate da Maria. Non dovevano. Saremmo morti tutti, altrimenti.

Maria spezzò il filo della collana e lanciò ciò che aveva in mano nel vuoto. Quelle dannate perle, però, si fermarono a mezz'aria e tornarono indietro, appiccicandosi inesorabilmente al suo vestito, al vestito della mia migliore amica.

Maria si girò con un sorriso bellissimo stampato sul viso, un sorriso rassegnato, non troppo triste, consapevole. I suoi occhi si soffermarono sui miei. Tante parole non dette, discorsi non fatti, paure non confessate, sentimenti messi a tacere... Aveva capito un secondo prima di me, come era sua odiosa abitudine, come sarebbe finita.

Poi, capii anch'io. Un attimo troppo tardi per poterla fermare, per impedirle quella pazzia, per abbracciarla e dire cosa provavo per lei. Per abbracciarla e basta...

Corsi dove si trovava, ma era troppo tardi, troppo, troppo tardi.

NOOOO, MARIAAAAAAAAA, NO... NOOOOOOOO”

Era finita. In un modo o nell'altro, non mi interessava saperlo. Il dolore che provavo era lancinante. Cercai in tutti i mondi di fermarla, ma ormai si era buttata, era troppo tardi. Troppo tardi.

Lo sapevo, lo sapevo, lo sapevo...

Se solo non mi fossi perso in quegli occhi da cerbiatto, se solo avessi capito un po' prima quello che intendeva fare... ma non avevo capito. Non avevo voluto capire...

Non avevo mai provato un dolore così grande, prendeva anima e corpo.

L'urlo mi morì in gola, trasformandosi in un nodo che mi rese incapace di respirare.

Maria scomparve inghiottita dai flutti, abbracciata dalla onde come io non avrei mai potuto fare.

Se solo mio padre e Benjamin l'avessero ascoltata, se solo avessero messo da parte l'orgoglio...

No, Robin non colpa loro, è colpa tua. Che razza di cacciatore sei? Un predatore non dovrebbe farsi suggerire la mosse dalla vittima stessa... Tu, tu, tu che sei nato e cresciuto nel bosco, che conosci i suoi alberi come fossero tuoi familiari, che hai imparato a cacciare ancora prima di camminare... tu, tu ti sei fatto gabbare da una ragazzina...”

Era una lacrima quelle cosa calda che mi scivolava sulla guancia e che lasciava il gelo al suo passaggio? Erano lacrime quelle che mi bruciavano gli occhi e scottavano tutto intorno?Poteva essere, ma non mi importava. Non mi importava più niente...

La luna, me ne ero completamente dimenticato...

La luna piena era così grande e vicina che sembrava di poterla toccare.

Mio padre mi trascinò via e io non mi opposi: il dolore era troppo forte e tutte le mie energie erano impegnate a resistergli.

La luna toccò l'orizzonte e la valle s'illuminò a giorno. Aprii gli occhi, appannati dal dolore, e percepii il respiro delle piante, del mare,perfino delle pietre...Tutto era tornato a sorridere alla vita... tutto. Tranne Maria. La mia Maria.

Una fitta alla bocca dello stomaco mi costrinse ad accovacciarmi. Piegato in due dalla disperazione mi morsicai cercando inutilmente di non piangere.

Così ce l' aveva fatta... Nulla, neppure Madre Natura in persona poteva mettersi contro di lei... mi lasciai sfuggire un sorriso amaro.

Attraverso il velo di lacrime e cieca disperazione mi apparve una visione tanto terribile quanto meravigliosa. Un'onda altissima, la più alta che avessi mai visto, più alta di quelle illustrate sui libri di favole, più alta di quelle degli incubi...

Dovevo avere paura, mi sforzai di avere paura, ma non provavo niente. Niente, niente tranne il vuoto. Se qualche secondo prima non avevo ceduto al desiderio di gettarmi nel nulla, di mandare tutto al diavolo e di raggiungere Maria era solo perché ribellarmi nuovamente a mio padre sarebbe stato troppo, troppo per i miei nervi, ora non mi sarei mosso di lì neppure se mi avessero portato via a forza. Davanti all'onda c'era un branco di bianchi, selvaggi cavalli del mare.

Qualcosa di tetro, oscuro, cupo mi teneva strettamente legato a terra, ma anche un barlume di speranza... unicorni, non c'era nulla di più puro al mondo... unicorni cavalli votati all'acqua, all'amore, alla libertà... unicorni, mistici compagni e protettori delle principesse della Luna.

Un'unicorno aveva guidato me e Maria nella ricerca delle perle, nel passaggio sotto alla cavità dell'albero della prima principessa... Non era forse giusto sperare che l'avessero salvata, aiutata anche quella volta?

Sentii mio padre che cercava di tirarmi via, ma puntai i piedi. Che gli importava a lui?

E a me, a me, che importava? Niente, non mi sarebbe dovuto importare. Eppure... nulla in quel momento era più importante che fingere che Maria potesse tornare.

Strizzai gli occhi aspettando di essere travolto.

Aspettai. Aspettai. Aspettai.

-Maria...

Un sussurro fastidioso mi arrivò alle orecchie riportandomi alla realtà.

Maria.

Aprii gli occhi e il respiro mi si fermò.

Maria.

Era là. Là. Su un unicorno banco, al fianco del Wolf.

Maria.

Loveday le corse incontro e Benjamin l'aiutò a scendere.

Testarda. Testarda ragazzina.

Maria piantò gli occhi su di me, le sorrisi.

-Eri in pena, Robin?-

Dì la verità, Robin. Dì la verità.

-No, chiunque avrebbe potuto farlo- mi sentii rispondere, beffardo.

Stupido, stupido orgoglio.

E lei mi sorrise.

Nessuno dei due si sarebbe arreso quella sera. Nessuno due avrebbe dette ciò che provava. Non quella sera.

Maledetto orgoglio.

Ricambiai: aveva capito.

Maledetto orgoglio, che mi impediva di parlare.

Maledetto orgoglio.

  
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