Grazie a kikketta94
e a SweetPissy per le uniche 2 recensioni… sigh…
Questo è il
seguito, spero che vi piaccia…J
2. Amore?
- E così sei una
rockstar… - sorrisi – che onore! -
La ragazza rispose al
mio sorriso e indicò il treno che stava arrivando.
- Sono una rockstar
dispersa. -
La fissai
interrogativo.
Lei alzò le braccia.
– Sono scappata. –
- Non ci credo. -
Fece l’offesa. –
Guarda che è vero. –
Mi scappò una
risatina.
- Ed ora cosa c’è da
ridere? -
Mi ricomposi, serio,
mentre la pelle si tendeva per sorridere. – Niente. –
Lei mi squadrò, quasi
arrabbiata, poi sorrise a sua volta.
E mi sentii
autorizzato a scoppiare in una risata liberatoria.
Non mi chiese perché
lo facessi e fu un sollievo, dato che nemmeno io lo sapevo.
Quella ragazza mi
ispirava davvero fiducia. Come Chiara.
Era discreta e
assolutamente non invasiva. Si teneva in disparte dalle mie faccende private,
evitava i discorsi che capiva essere dolorosi. Non mi aveva ancora interrogato
su come fossi lì o da dove venissi, perché non fossi a scuola, come i miei
coetanei.
E allo stesso modo io
non avevo domandato niente di lei, nonostante fossi davvero curioso. Mi
chiedevo perché, se era davvero una rockstar (e non ne ero affatto certo),
fosse fuggita, cosa l’aveva spinta a farlo. Sentivo, nel suo inglese stentato,
un forte accento tedesco, ma non mi sarei mai permesso di chiederle da dove
venisse, perché sembrava che parlarne la facesse soffrire.
Nella stazione la
gente ci passava davanti e si soffermava solo davanti a Nena. A volte qualcuno
le chiedeva se si fossero già visti, ma lei negava con grande convinzione.
Forse era davvero famosa.
Era carina: quella
matita marcata, intorno agli occhi neri, le dava un aspetto maschile. Ma il
viso era angelico, di una perfezione quasi sovrannaturale. La forma ovale era
risaltata dalla sinuosità e dall’adattamento dei capelli neri, il naso arrotondato
dava all’espressione un che di infantile e la forma delle labbra molto marcata,
le permetteva un sorriso stupendo.
Ed il suo corpo era
esile, risaltato dai vestiti attillati, anche se tipicamente maschili, come
maglie con teschi o scritte fiammanti.
Era indubbiamente
strana. Ma proprio per questo mi piaceva.
Era quasi tardo
pomeriggio, quando mi chiese una cosa che mi incuriosì.
- Hai mai paura, Tom?
-
Mi voltai verso di
lei e vidi che teneva lo sguardo triste sul pavimento.
Aveva riso fino ad un
attimo prima e questo cambiamento mi colse di sorpresa.
- I-io… -
Lei si voltò e i suoi
occhi sembravano devastati da un grande dolore.
- Io… sì, Nena. -
Chiuse gli occhi.
- Di cosa? -
Mi sentii cogliere
impreparato. Mi sentii stupido per aver pensato che quella ragazza fosse
frivola, mentre era decisamente profonda.
- Di molte cose. –
divenni serio. – Una più di tutte. -
Lei mi sorrise, me
sempre tristemente.
- Ed è quella di non
essere accettato. -
Improvvisamente il
panico mi assalì: stavo per confessarle di essere una ragazza. Ma lei come
avrebbe reagito?
- Perché? – mi
chiese.
- Perché… perché, io…
- sospirai. - … io sono una ragazza. -
Strinsi i denti, in
attesa di qualsiasi cosa. Avevo fatto un grande passo, ma non avrei più
resistito senza dirglielo.
Ma non successe
niente.
Lei si limitò a
ridere dolcemente e a bassa voce.
- Non mi crederai, ma
ti capisco. -
Non potei tirarle
fuori una parola in più. Ma neanche volevo. Mi aveva accettato. Mi aveva
accettato per quello che ero e non avrei potuto chiedere di più.
- Sei la prima che lo
dice. -
Lei mi puntò ancora
addosso la sua tristezza.
La mia lingua agì
prima del mio cervello. – Tu perché hai paura? –
Il suo sguardo tornò
al pavimento.
- Ho paura di
perderlo. -
Ancora una volta non
mi trattenei.
- Chi? -
Lei sorrise amara,
persa tra i suoi ricordi.
- Il mio fratellone.
Sai, anche lui si chiama Tom. -
- Oh… - fu tutto
quello che mi uscì.
- Lui era tutto per
me. Lo amavo davvero. – interpretai quelle parole come amore fraterno, ma non sapevo
quanto mi sbagliassi – Ma un giorno lui ha scoperto il mio segreto nascosto e
non ha più voluto parlarmi. L’ho perso per sempre. -
Le ultime parole
risuonarono nella mia mente fredde e taglienti.
Aveva perso un
fratello e io avevo perso i miei genitori.
- Mi dispiace. –
dissi, ma mi maledissi subito per come quelle parole suonassero fatte.
Lei mi guardò negli
occhi questa volta e intravidi davvero il suo dolore.
Istintivamente
l’abbracciai.
- Era mio fratello! –
esclamò e scoppiò a piangere. – E l’ho perso perché ho deciso di essere me
stesso! -
Ero talmente preso
dai singhiozzi che la scuotevano, da non prestare attenzione alle sue parole.
Non sapevo far altro che tenerla stretta a me e ascoltare il suo cuore battere,
sperando che non si fermasse.
Ad un tratto si
allontanò da me, mentre anch’io piangevo.
- Piangi? – sorrise
con il viso arrossato.
- Sì… - risi – Ti
faccio schifo? -
Fu il suo turno di
ridere. – No… - sussurrò – sei perfetto così come sei. –
Prese il mio viso tra
le mani e, avvicinandosi, mi sfiorò le labbra dolcemente, senza andare oltre.
- Grazie. -
Rimasi impalato
dov’ero, non riuscendo a pensare ad altro che a quella ragazza magnifica che mi
stava davanti. Lei appoggiò la testa al mio petto e chiuse gli occhi.
Passarono ore, ma non
sentivo altro che il suono del suo respiro sulla mia maglia.
Si svegliò al
tramonto, quando non era rimasto quasi nessuno in stazione.
- Buongiorno… -
sussurrai.
Lei mi sorrise.
Arrivò un treno
improvvisamente, rompendo la quiete che si era creata. Sembrava parecchio
affollato, perché ne scese un sacco di gente.
Poi, quando erano
quasi tutti usciti, un agente della sicurezza si avviò all’ultimo vagone e aprì
le porte, facendo segno a qualcuno di scendere. Emersero prima due uomini in
nero, con gli occhiali scuri a proteggerli, con il tipico atteggiamento da
guardie del corpo. Poi, dietro di loro, tre ragazzini sui quindici anni o poco
più. Uno, castano, coi capelli alle spalle, mossi; il secondo, biondissimo, con
i capelli corti e un viso da bambino; il terzo, forse il più particolare, con
rasta biondoscuro, un piercing al labbro e degli abiti xxl, evidentemente
troppo grossi per lui.
Nena non li notò,
perché stava guardando dall’altra parte, ma a me sembrò di riconoscere il
ragazzo coi rasta, forse l’avevo visto da qualche parte.
Ma quei ragazzi si
atteggiavano da vere star.
Li vidi camminare
verso l’uscita della stazione, dove un camioncino nero, apparso dal nulla, li
aspettava. Erano vistosamente provati dal viaggio, stanchissimi. Marciavano
spinti dagli uomini in nero, quando il rastaro si voltò verso di me e spalancò
gli occhi alla vista di Nena.
- Bill! – il suo
grido squarciò l’aria.
Lo riconobbi: era un
grido di felicità, dopo un lungo periodo di disperazione repressa.
Nena si voltò a quel
richiamo, impallidendo.
Si alzò ed
indietreggiò, inciampando nei suoi piedi, smarrita.
- Bill! –
Il rastaro lanciò un
altro grido implorante verso la ragazza.
Non capivo più
niente.
Il rastaro lasciò perdere
la possibilità di essere ascoltato e si mise a correre in direzione di Nena, la
quale scappò, riprendendosi improvvisamente.
Ma il suo inseguitore
era chiaramente più veloce e la raggiunse in fretta.
La prese per un
braccio, costringendola a voltarsi, si gettò tra le sue braccia e pianse.
Adesso Nena non
cercava più di scappare, ma, come riscossa, ascoltava impassibile i singhiozzi
del rastaro.
- Bill… Bill… -
Intanto gli altri due
membri del gruppo lo avevano raggiunto e assistevano alla scena da una distanza
di sicurezza.
Dopo un po’ il
ragazzo biondoscuro sembrò riprendersi e si gettò ai piedi di Nena.
- Bill… ti prego,
perdonami! -
Anch’io mi ero
ripreso e, azionando il cervello, capii che Nena doveva essere in realtà Bill.
- Perdonami! – proseguì
il rastaro – Io non capivo, non sapevo! Non mi rendevo conto di come fosse
difficile per te convivere con il desiderio di amarmi! -
Bill lo fissava con
le lacrime agli occhi. Si inginocchiò a sua volta a terra.
- Non capivo e
credevo che odiandomi avresti cambiato idea! Per questo ho smesso di parlarti.
Ma sono stato uno stupido! Ti prego fratellino, perdonami! Ti voglio bene, non
andare via da me! -
Ora anche Bill
piangeva. Tom si spinse avanti e lo abbracciò, attenuando i suoi singhiozzi.
Capii solo in quel
momento: Bill era davvero una star. Ma era un ragazzo. Ed era il rastaro il suo
fratellone. Lui lo amava, ma non era corrisposto e così era fuggito. Ma l’amore
del fratello era troppo grande per lasciarlo andare.
Io non c’entravo
niente in quella storia.
Ma non mi sentivo né
tradito, né arrabbiato.
Infondo avevo
imparato qualcosa da tutta questa storia. Lo avevamo fatto tutt’e due.
Bill avrebbe imparato
a voler bene al fratello senza amarlo.
Ed io avevo imparato
che non ero solo in questo mondo.
Alla fine io e Bill
saremmo stati in qualche modo uguali. Forse saremmo stati accettati un giorno.
Ma in fondo al cuore saremmo stati… diversi per sempre.
Allora?
Non è Twincest perché
Bill non ama più il fratello, ma gli vuole solo bene e comunque è innamorato di
Tom (Ele).
Non so come mi sia
venuta fuori questa storia, ma ne sono abbastanza soddisfatta. Beh, i Tokio
Hotel non sono proprio al centro della storia, ma ci sono!
Commentate, spero che
vi sia piaciuta.
A presto!
Aki