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Autore: Candy Floss    29/05/2013    5 recensioni
-Devo ritornare Di Sopra, Crowley.- La stretta delicata della mano dell’angelo parve rinsaldarsi. -Il Metatron mi ha contattato, mi rivogliono in Paradiso. In maniera permanente.
[Aziraphale/Crowley]
Genere: Angst, Drammatico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Dedicata a lei

*

Crowley aveva una brutta sensazione. Fisicamente nasceva dalla punta delle sue ali, come un prurito insistente ed irritante, e non voleva andarsene. Era persistente, e gli faceva contrarre il cuore nel petto. Cercava di ignorarla, ma essendo lui una creatura con una percezione piuttosto acuta della realtà extrasensoriale gli riusciva piuttosto difficile farlo.

Poi, dopo aver ricevuto la telefonata, quel maledetto prurito si era fatto insostenibile.

-Crowley, mio caro. Mi domandavo se avresti gradito tenermi compagnia.

Il problema non era che lui ed Aziraphale non avessero mai passato del tempo insieme (probabilmente erano tra gli esseri che avevano trascorso più tempo l'uno in presenza dell'altro sulla faccia della Terra, se si faceva eccezione per un paio di alberi nell'Eden), ma di solito almeno fingevano che capitasse per caso.

Tranne quando Crowley non invitava Aziraphale fuori per pranzo. 

O per cena. 

O per colazione.

Il punto stava nel fatto che era mercoledì, che erano le otto del mattino e che Aziraphale gli stesse chiedendo di passare un giorno che non fosse festivo in sua compagnia. 

Non è che la Fine del Mondo si stava avvicinando di nuovo?

-Mio caro- Aveva detto l'angelo in tono stizzito a tale insinuazione- Se non ti va non hai che da dirmelo.

Crowley si era affrettato ad accettare l'invito ed era uscito di casa per raggiungere l'angelo dalle parti della libreria.

Magari avrebbe scroccato un pasto gratis, giusto per principio.

Il prurito alla punta delle ali in tutto questo non aveva fatto che aumentare, e il demone non aveva potuto fare a meno di scrollare le spalle agitato quando aveva visto Aziraphale.

Le creature oltremondane come loro non avevano bisogno di dormire. Crowley lo faceva solo per sollazzo (e per sfuggire a secoli particolarmente noiosi come il XIVesimo) e Aziraphale in generale non lo faceva mai.

In quel momento, tuttavia, pareva proprio che l'angelo ne avesse un gran bisogno.

I suoi innocenti occhi blu erano circondati da profonde occhiaie violacee e le sue guance, di solito ben paffute, in quel momento davano l'impressione di essere addirittura scavate.

Crowley aprì la bocca come un pesce, ma immediatamente la richiuse, senza parole. C'era qualcosa di profondamente sbagliato.

-Angelo…- Disse esitante. -… stai bene?

Aziraphale lo guardò per un momento con un sguardo che appariva antico quanto la loro età permetteva loro di essere, ma immediatamente parve rifugiarsi dietro un velo.

-Certo, mio caro.- Rispose nel suo solito tono paziente. Non aggiunse altro, fino a quando non fece un gesto nella direzione generale di una sala da the che Crowley non aveva mai notato prima. -Gradiresti fare colazione o hai già mangiato?

Crowley scrollò nuovamente le spalle e seguì l'angelo nel locale, che pareva la riproduzione esatta di uno di quei set di film di James Ivory in cui due o più giovani ragazzi britannici facevano cose che probabilmente il sistema scolastico britannico non avrebbe ritenuto opportuno, come andare l'uno nel letto dell'altro di notte o incontrarsi negli spogliatoi quando non c'era una partita di cricket in corso. 

O forse il sistema britannico lo incoraggiava? 

Chi poteva dirlo.

Aziraphale sembrava più o meno lo stesso, occhiaie e aspetto stanco a parte. Rispondeva alle frecciate di Crowley allo stesso modo, e parlava allo stesso modo.

Aveva impedito che dei giovani se ne andassero senza pagare il conto, e aveva lanciato uno dei suoi soliti tiepidi sguardi di disapprovazione all'indirizzo di Crowley che aveva inavvertitamente fatto inciampare un cameriere addosso a un signore, che si era macchiato l'orribile cardigan in tweed di the.

-Non credo che sia corretto dire che tutta questa storia dell'economia sia colpa nostra, comunque.- Stava dicendo Crowley- In fondo, da quello che so la matematica non è una vostra invenzione? Tutti quei numeri che creano sequenze, eccetera eccetera. Poi l'errore matematico potrà anche essere nostro, ma questa è un'altra storia. No, Zira?

Aziraphale parve riscuotersi da qualche pensiero e tornò a focalizzare l'attenzione su di lui. Appoggiò il viso su una mano e sospirò.

-Perdonami Crowley, mi sono distratto. Stavi dicendo?

Il demone scosse la testa e allungò una mano, coprendo quella abbandonata sulla tovaglia bianca dall'altro.

-Angelo, dimmi cosa sta succedendo.

Crowley normalmente non era così premuroso nei confronti di nessuno (tranne della sua Bentley, ma chiunque ha un punto debole).

Dopo la quasi-Apocalisse, tuttavia, aveva capito che c'erano certe cose verso le quali poteva provare un'inclinazione particolare.

Come le anatre di St. James Park. Ma in particolare per Aziraphale.

Fino a quel momento si era assicurato che l'angelo non se ne rendesse conto, ma c'era qualcosa che non andava, e che fosse malede… benede… si sarebbe discorporato pur di saperlo.

Aziraphale sospirò. Non aveva ritratto la mano. Anzi, l'aveva voltata e tratteneva delicatamente quella del demone, invitandola a restare dov'era.

-Temo, mio caro, - Disse piano, incontrando quasi timidamente gli occhi schermati dagli occhiali del demone. -Che il nostro tempo insieme sia giunto al termine.

Il cervello di Crowley ci mise un momento a registrare quelle parole. Le aveva sentite, ma il loro significato faticava a far breccia attraverso la sua coscienza. 

-Come, prego?- Riuscì solo a dire in tono educato. Più si sforzava, più non riusciva a comprendere.

-Devo ritornare Di Sopra, Crowley.- La stretta delicata della mano dell'angelo parve rinsaldarsi. -Il Metatron mi ha contattato, mi rivogliono in Paradiso. In maniera permanente.

Quel "permanente", quell'unica parola, aveva un tono talmente definitivo che Crowley sentì la morsa al proprio cuore stringersi quasi insopportabilmente.

-Ma… Ma perché? A cosa servi in Paradiso? Tu hai un compito qui! Devi ostacolarmi, sei più utile in Terra che in Cielo!

Aziraphale a quel punto ritirò la mano e se la passò tra i riccioli biondi. Crowley avrebbe voluto riprenderla tra le proprie e non lasciarla più andare, ma riuscì a trattenersi.

-Lo so, Crowley. Temo che abbia qualcosa a che fare con la storia dell'Anticristo.

Nella testa del demone pareva essersi stabilita una di quelle scimmiette meccaniche che battono dei piccoli piatti. L'unica cosa a cui riusciva a pensare era "Non è possibile".

-Ma avevi detto…

-Lo so cosa avevo detto, Crowley.- Ora la voce dell'angelo era vagamente esasperata.- Evidentemente mi sono sbagliato. Hanno deciso di prenderla sul personale e di ritirarmi. Forse è meglio così, alla fine.

Crowley lo guardò incredulo.

-Che vuol dire "forse è meglio così"?! Cosa intendi?

L'angelo non lo stava guardando. In realtà non stava guardando nulla; aveva assunto quello sguardo perso che gli calava addosso quando era immerso in pensieri troppo ancestrali per questo mondo, o troppo spiacevoli.

In quel momento Crowley non avrebbe saputo dire di quale dei due si trattasse. Forse per una volta coincidevano.

-Siamo andati troppo oltre, Crowley. Abbiamo disobbedito a degli ordini troppo grandi per la nostra portata.

-Ma noi dovevamo…

-No, non è vero, non dovevamo. Me ne rendo conto adesso, non avremmo dovuto.

-O Cris… O Di… Per Satana, Aziraphale, non dire stronzate!

Lo sguardo dell'angelo ritornò sulla Terra a quell'imprecazione. Alcune teste nella sala da the si erano voltate verso di loro e il demone si affrettò ad abbassare la voce, ma il suo tono era rimasto furibondo e… disperato. Ma non lo avrebbe mai ammesso.

-Piantala di dire puttanate in mia presenza, angelo! Io ti conosco, ti conosco molto meglio di quanto ti potranno mai conoscere quei burocrati da quattro soldi, e so che non ti sei pentito per quello che abbiamo fatto, e non ti pentirai mai!

L'angelo scosse la testa, ma un mezzo sorriso si era annidato sulle sue labbra. Crowley amava i suoi sorrisi.

-Hai ragione, mio caro, ma forse sarebbe stato meglio se mi fossi pentito. Ma ormai è tardi. Entro stasera verranno a prendermi.

Tutta la rabbia che era esplosa nel petto di Crowley parve evaporare. Se avesse avuto sangue nelle vene, il suo viso sarebbe sbiancato.

-Come… Come stasera?

I loro occhi si incontrarono, e seimila anni di conoscenza e amicizia piombarono su di loro come un macigno. 

Si conoscevano dall'Inizio, loro due, sin dal Principio. Avevano visto tutto, avevano vissuto tutto, assieme.

Adesso stavano per dirsi addio.

-Angelo…

-Mi dispiace, Crowley.

E Aziraphale non mentiva mai.

Crowley non si fidava più della sua voce. Abbassò il viso e prese a fissare la trama della leziosa tovaglia bianca con qualche occasionale goccia di the.

Stasera. Stasera Aziraphale…

Cosa poteva dire? Nulla. Non c'era nulla da dire. Era finita. Era stato bello finché era durato e tutte quelle cazzate.

Capolinea, fine della corsa.

Uscirono dalla sala da the e camminarono lungo le strade di Londra in silenzio. Ovviamente, come sempre accade, il tempo non era in linea con l'umore della situazione: era una di quelle rarissime giornate di sole perfetto.

I raggi scaldavano le spalle dei due esseri sovrannaturali. Il ritmo di Londra non aspettava nessuno; Oxford Street era gremita di esseri umani che mai avrebbero potuto capire lo stato d'animo di due amici di vecchissima data che stavano per dirsi addio. Forse potevano capire cosa volesse dire perdere qualcuno per sempre, ma prima o poi sarebbero morti loro stessi e avrebbero rincontrato amici e parenti nell'Aldilà, o almeno per questo pregavano. 

Loro non potevano morire. Loro non potevano sperare di rivedersi.

Aziraphale non stava per morire.

Stava per andarsene.

Pensavano che ci sarebbe stato letteralmente tutto il tempo del mondo per stare assieme.

E fino a poche ore prima ogni giorno di Crowley era stato un buon giorno perché sapeva che Aziraphale sarebbe stato nella sua vecchia libreria, pronto per uscire a mangiare al Ritz, o per andare a St. James, o per impedire che il demone tentasse qualcuno.

E adesso non c'era più tempo.

Cosa si poteva fare nelle ultime ore in cui avrebbero potuto stare assieme? Niente sembrava adatto. 

Tutto ciò che Crowley aveva di più caro, e trovava più interessante, sembrava aver perso fascino alla prospettiva di viverlo senza l'angelo.

Che senso aveva Trafalgar Square se non poteva essere rimproverato da Zira perché aveva fatto inciampare qualche turista nelle fontane?

Che senso avevano il Ritz, o l'Hilton, o quel piccolo ristorante giapponese dietro a Covent Garden?

Che senso aveva aver salvato il mondo?

-Vorrei…- disse Aziraphale dopo un momento. -Vorrei dire addio ai miei libri. E andare al parco per un po'. Vuoi venire con me, mio caro?

Crowley aveva la gola stretta (che strana sensazione, era come quando ancora era un serpente e qualcosa gli rimaneva incastrato tra le fauci) e semplicemente annuì.

*

Era sempre stata così buia, la libreria? Era sempre stata così bella?

Il profumo di pagine vecchie e polvere e parole scritte da qualche profeta oltre l'orlo della follia e mai lette se non dall'angelo aleggiavano a mezz'aria, tagliate da una lama di luce. 

Vagava per gli spazi e un occasionale raggio di sole veniva catturato da un ricciolo dorato. Le dita eleganti e ben curate passavano leggere sulle coste dei libri. Crowley era invidioso dei dorsi consunti e rovinati dal tempo e dalla malcuria dei precedenti proprietari.

I Nostradamus e le varie bibbie sembravano rifulgere sotto quei polpastrelli. Tutto sembrava splendere quando sfiorato da quel tocco divino.

-Non ci sono librerie antiquarie in Paradiso.- disse Aziraphale a mezza voce. -Non c'è niente, come dicevi tu. Solo estasi divina.

Anche le anatre di St. James sembravano tristi. Si assiepavano davanti ai loro piedi come per salutare l'angelo prima della partenza. Mangiavano le briciole di pane quasi dalle loro dita, starnazzavano allarmate, incapaci di comprendere le sensazioni che emanavano i due ospiti del loro parco. Un bambino accanto a loro iniziò a piangere disperato, e la madre sembrava incapace di consolarlo.

-Mi dispiace.- mormorò Aziraphale con sguardo perso. -Mi dispiace.

Crowley non avrebbe saputo dire con chi si stesse scusando. Se con le anatre agitate, con la madre o con Crowley stesso.

-Vorrei…- La voce dell'angelo era roca, secca. -Possiamo andare un momento da te? Non mi sento bene.

Crowley annuì senza dire altro. Si allontanarono dagli alberi e dai vialetti ombrosi per tuffarsi nel caos della City dove l'appartamento del demone si trovava. Il portiere non aprì bocca quando gli passarono davanti, gli occhi persi e distanti. Nessuno dei due sapeva chi aveva ammutolito l'uomo dalla carnagione scura, ma non era un buon momento per parlare con qualcuno. 

La casa di Crowley era linda e lustra come sempre. Le piante lussureggiavano nei loro vasi, la polvere sembrava avere paura di poggiarsi sulle superfici come al solito. Crowley fece sedere l'angelo su un divano praticamente nuovo per non essere mai stato usato. La pelle scricchiolò e il demone si sedette accanto a lui e non provò nemmeno a resistere alla tentazione di prendere quei palmi morbidi tra i propri.

-Zira…

-Vorrei…- lo interruppe Aziraphale con voce sottile. -Vorrei così tanto avere il libero arbitrio, Crowley. Vorrei tanto essere umano, preferirei dover morire e poter scegliere di restare qui. Con te.

Gli occhi dell'angelo erano miracolosamente asciutti. Crowley strinse le sue dita che erano fredde come la pietra.

-Siamo stati due sciocchi, Crowley. A restare per così tanto tempo con gli umani ci siamo dimenticati chi siamo.- La sua voce tremava, ma nemmeno per un attimo parve cedere. -E ora… solo ora mi rendo conto di tutte le cose che avrei voluto dirti.

-Ti prego no.- 

Tornò a regnare il silenzio, un silenzio pregno di parole mai dette, di confessioni mai fatte. Di speranze nate già morte.

-Perdonami Signore perché ho peccato.- mormorò Aziraphale, ma la sua preghiera parve raggiungere orecchie sorde.

*

Le poche ore che avevano avuto insieme, alla fine, erano volate via in un battito di ciglio. 

Una giornata, se comparata a millenni passati assieme, era davvero uno schiocco di dita, ma questo era rimasto loro, e all'improvviso si era fatta sera a Londra.

La città che li aveva adottati si era fatta quieta. Aziraphale aveva espresso il desiderio di vedere ancora una volta Brixton, dove anni e anni prima aveva soccorso, medicato amorevolmente e in alcuni casi aiutato a morire tanti sfortunati colpiti dalle bombe. Quei muri rovinati dall'inquinamento sembravano bisbigliare storie all'orecchio dell'angelo. 

Una sensazione di terrore incombente travolse Crowley, a sapeva cosa significava. Stavano arrivando. Stavano venendo a prendere il suo angelo.

-Zira.- Si voltò verso l'altro all'improvviso, l'enormità della consapevolezza che gli bloccava le ginocchia. -Zira ti prego…

L'angelo non lo guardava più in faccia, un'espressione angosciata deturpava i suoi lineamenti eleganti mentre voltava gli occhi lucidi al cielo.

-Non posso farci nulla, mio caro. Vorrei, vorrei così tanto…

-Noi dovevamo… 

-Non dire niente, ti prego!- disse Aziraphale mentre le lacrime iniziavano a solcargli le guance.

Gli angeli non piangono spesso. I demoni ancora meno

Gli uni devono imparare a convivere con le sofferenze degli uomini, gli altri ne traggono piacere.

Crowley aveva visto Aziraphale piangere una sola volta nelle loro esistenze, circa duemila anni prima, sulla cima di quel colle chiamato Golgota, dove le croci venivano erette.

Le lacrime degli angeli erano l'estratto più puro di dolore o gioia dell'universo. Potevano portare la felicità più alta o l'angoscia più nera in chi aveva l'occasione di vederle.

Ma Crowley, in ogni caso, non avrebbe potuto stare peggio di così.

-Avremmo dovuto andare nel West End la settimana prossima, te lo sei dimenticato? Avevi promesso che saresti venuto per impedirmi di lanciare verdura marcia sul palco. Avevi promesso!

-Mio caro…

-E… E Parigi! Dovevamo andare a Parigi! E a Milano, e ad Atene! Devi esserci, non puoi mancare, ci saranno scontri, e rappresaglie, dovrai consolare i feriti, e i disoccupati e gli oppressi!

Le ali dell'angelo cominciavano a manifestarsi dalla sua schiena, contro la sua volontà. Sembrava un processo doloroso, come se gliele stessero strappando a viva forza dalla pelle.

Il marciapiede a quell'ora della sera era deserto. Forse non era un caso che nessuno stesse passando per Reliance Street.

Era la fine, potevano sentirlo. 

-Aziraphale!

L'angelo sembrava piegato in due dal dolore.

-Mi dispiace così tanto Crowley.- disse in un gemito.

-Dovevamo stare insieme per sempre, dovevamo vedere il mondo finire assieme, ti prego non mi lasciare!

Ma la luce divina stava già scendendo, e come un occhio di bue su un palcoscenico aveva avvolto Aziraphale in un alone santo. Stava già iniziando ad apparire incorporeo, etereo. Crowley senza pensarci si gettò verso di lui. L'angelo gli urlava di fermarsi, ma lui non lo ascoltava. Doveva lasciarlo stare, non potevano portarglielo via, gli stavano facendo del male. Ma bastò l'idea dell'alone di luce divina a farlo urlare di dolore, un dolore che lacerava la sua più intima essenza dannata. 

-AZIRAPHALE!

Ma l'angelo stava sparendo urlando il suo nome. Pochi secondi, e non c'era più nessuno. Il demone era rimasto solo, con gli occhi feriti, la pelle deturpata e l'essenza a pezzi. 

Rimase immobile, piegato in due, per quella che sembrò un'eternità. Il male che sentiva nel suo copro terreno era nulla messo a confronto con la voragine che aveva dentro. I suoi vestiti sfrigolavano ancora dove era stato toccato dalla grazia, ma ignorò l'odore di carne bruciata.

Nulla importava più.

Quello che la luce non aveva distrutto, ci stava pensando la consapevolezza che… era finita. Non avrebbe più rivisto il suo angelo.

Migliaia e migliaia di anni ad averlo sempre attorno… Migliaia di anni per rendersi conto che… 

E lo aveva capito troppo tardi.

Si rialzò dall'asfalto, si mise in ginocchio con la testa totalmente vuota. Quel marciapiede lurido sembrava così normale, nonostante tutto fosse cambiato. Si mosse in automatico, anche se non sapeva dove andare.

Vagò per le strade buie. Non fece caso alle occhiate stranite o sconvolte che quei miseri esseri gli lanciavano. Ripercorse le strade che avevano solcato quel giorno, e tutti gli altri giorni, ma niente era più lo stesso.

Tutto si era trasformato in cenere.

*

Sapeva dove i suoi piedi lo stavano conducendo senza che lui avesse dato loro l'ordine di portarcelo.

La porta della libreria si aprì come sospinta da un alito di vento. Era immersa nell'oscurità. Senza Aziraphale a vagare tra gli scaffali sembrava molto più fredda e ordinaria, ma era come se il suo spirito fosse ancora lì. Andò nel retro. Sollevò una botola che portava dove Aziraphale conservava i suoi libri più preziosi, quelli che non potevano vedere la luce del sole o sarebbero stati irrimediabilmente rovinati. 

Crowley respirava quell'aria quieta e immota; poteva sentire ora l'odore di cui Aziraphale così spesso gli aveva parlato, quel misto di polvere e carta e inchiostro. L'odore del suo angelo.

Una stanchezza totale, schiacciante, lo travolse. Senza riflettere, senza pensare al vestito da diverse migliaia di sterline che ormai era rovinato, bruciato in certi punti, stropicciato in altri, si sdraiò per terra. Era stanco, così stanco… Voleva solo dormire, non pensare, solo per un po'.

Così Crowley si addormentò.

*

Non si risvegliò per svolgere bisogni che il suo corpo non aveva bisogno di espletare. Cessò di esistere perché non aveva più niente per il quale desiderasse restare sveglio. Fu come se la sua essenza si fosse chiusa nella crisalide che era il suo corpo. Nessuno si sarebbe accorto della sua essenza. All'Inferno non avevano davvero bisogno di lui, probabilmente stava facendo loro un favore a sparire per sempre dalla circolazione.

Passarono gli anni ed il mondo cambiava, tranne quel piccolo angolo di Londra che sembrava essersi cristallizzato nel tempo. Lo spirito del demone teneva alla larga chiunque, era come se gli umani vedessero l'edificio in cui si trovava la piccola libreria, ma non si rendessero veramente conto che fosse lì.

Quattrocento anni dopo aver chiuso tutti i contatti col mondo, quattro secoli dopo aver sbarrato le porte della coscienza, qualcuno venne a bussare.

Quattrocento anni non erano poi molto per un demone, ma per tutto quel tempo nessuno aveva mai nemmeno pensato di andare a disturbare il suo sonno, e ora qualcuno lo stava chiamando.

Qualcuno che era come un sole che spuntasse all'alba, la cui aura era talmente grande che era impossibile vederla attorno a lui.

-Crowley… Crowley, svegliati.

Subito il demone pensò che avrebbe ucciso chiunque fosse venuto a disturbarlo. Stava dormendo così bene. Non aveva fatto sogni, tranne uno. Aveva sognato il suo angelo, e forse era stato l'unico momento in tutto quel tempo in cui si era mosso. Poi si era rifugiato più a fondo nell'inconscio, troppo a fondo perché i sogni riuscissero a raggiungerlo.

-Sssssparisci, lasssciami in pace.- Borbottò facendo guizzare fuori la lingua. Quell'odore era famigliare, però. Aveva già sentito quella presenza. L'odore di una persona che di certo non avrebbe nemmeno potuto pensare di uccidere

Fu questo forse che lo riscosse. Aprì un occhio (chissà dove erano finiti i suoi occhiali) e diede una sbirciata.

-Adam?- disse riscuotendosi.

-Ciao Crowley.- disse l'Anticristo con un mezzo sorriso.

Santo cielo, da quanto tempo non vedeva più quel ragazzino? No, non ragazzino…

Non c'era più niente di infantile sul viso di Adam Young. Ora aveva le sembianze di un uomo fatto. Un uomo bellissimo, sui trent'anni, che irradiava luce attorno a lui. Il suo sorriso era gentile, comprensivo.

-E' bello rivederti, vecchio serpente.- disse in tono calmo.

-Vecchio ssssserpente a chi, mocciosssso.- rispose Crowley muovendosi molto a fatica. Sentiva tutte le giunture irrigidite dall'essere stato in terra per… nemmeno voleva sapere per quanto tempo, e aveva terribilmente freddo. -Che cosssa vuoi Adam? Non voglio essssere ssscortese, ma non sssono del'umore adatto per una Apocalisse.

Riuscì finalmente a riprendere il controllo della propria lingua mentre si lisciava i capelli spettinati. Preferiva non pensare al perché si fosse messo a dormire. L'aria immobile aveva perso quasi del tutto l'odore di una volta, anche se ne era rimasto un po' nella sua memoria. Preferiva pensare al disastro che erano i suoi vestiti ormai ridotti a stracci o a che fine avessero fatto i suoi maledetti occhiali.

-Ho bisogno che tu venga con me, Crowley.- disse Adam con la sua voce calma e ormai profonda. -C'è qualcuno che ha bisogno di te.

-Nessssuno ha bisogno di me… Ehi!

L'Anticristo non lo aveva lasciato finire di parlare che le pareti della cantina erano sparite e si erano ritrovati nella casa di Lower Tadfield. Fuori c'era un timido sole, e ad una prima occhiata tutto sembrava esattamente come lo aveva lasciato. Adam continuava a proteggere la sua casa.

-Adam, dico sul serio, che diavolo…

Ma le parole gli morirono in gola. 

L'Anticristo era ancora lì e li guardava col suo mezzo sorriso.

-Vi lascio soli.- disse, e uscì senza fare rumore, chiudendo delicatamente la porta del salotto dietro di lui.

Tornò il silenzio, ma questa volta era diverso. Fuori da una finestra cantava un'uccellino, e qualcuno stava canticchiando nei paraggi.

-Ciao, mio caro.- disse Aziraphale.

Crowley si riscosse. Era la sua voce, ma non poteva crederci. 

L'angelo era seduto su un vecchio divano a fiori, un libro tra le mani, gli occhiali rotondi con la montatura dorata sul naso. Era lui. Era come se… nulla fosse successo. Erano i suoi occhi blu gentili, erano i suoi capelli dorati, era il suo viso cherubico. 

Era lui in tutto e per tutto.

-A-Aziraphale…?

L'angelo si alzò in piedi, un po' malfermo. Indossava abiti non suoi, anche se non molto diversi dal suo stile. A Crowley sembrava di averli visti addosso al padre di Adam, anche se doveva essere passato molto tempo da quando questi era morto, ma non importava. Non importava affatto.

-Tu… Come… Sei qui?- 

Il demone sentiva che se si fosse mosso sarebbe caduto, o svenuto. Era meglio restare immobile e tenere gli occhi sull'altro per assicurarsi che non svanisse. Doveva essere un altro dei suoi sogni, pensò, non era andato abbastanza a fondo. Anche se non comprendeva il divano a fiori.

-Sono qui.- confermò Aziraphale con un sorriso divertito. Gli si era avvicinato ancora, ormai era ad un passo da lui. Se Crowley avesse allungato una mano avrebbe potuto toccarlo.

-Ma… non capisco. Avevi detto… Avevi detto in modo permanente, e il Paradiso non cambia idea!

Un pensiero orribile si fece strada dentro di lui. -Non sei Caduto, non è vero?- chiese con un filo di voce.

L'angelo,- perché lo era, era un angelo, Crowley poteva sentirlo e non capiva- scosse la testa sempre sorridendo.

-No, non sono Caduto. Più che Cadere…- disse con un bagliore negli occhi -… ho preferito Saltare.

E coprì la distanza che li separava. 

*

Le entità sovrannaturali, in linea di massima, non amavano. Un angelo avrebbe dovuto amare tutte le creature di Dio allo stesso modo, vedere tutti su uno stesso piano di armonia cosmica.

Che un demone amasse, era una contraddizione in termini.

Eppure quello che aveva detto Aziraphale più di quattrocento anni prima era vero. Erano rimasti per troppo tempo tra gli umani. Avevano davvero adottato i costumi locali.

Così quando le labbra terrene di Aziraphale toccarono quelle di Crowley, si può dire che il Mondo assistette ad un evento unico e visto prima di allora.

*

-Vieni angelo, ti offro il pranzo.- disse Crowley prendendogli una mano e stringendola stretta.

Uscirono dalla casa di Adam non vedendo l'Anticristo da nessuna parte. Poco male, nessuno sarebbe stato tanto folle da provare a entrare in casa sua. Crowley avrebbe pensato a mandargli qualcosa. Una bottiglia di whiskey, o qualsiasi altra cosa avesse desiderato, anche se non sapeva se ci fosse qualcosa che mancasse all'Anticristo.

Era un'altra giornata di sole, nonostante alcune nuvole qua e là. Ma avrebbe anche potuto esercii il diluvio universale (metaforicamente parlando) e sarebbe comunque stata perfetta.

Mentre si avviavano lungo una tranquilla stradina l'angelo raccontò all'altro gli ultimi eventi. Gli narrò di come fosse stato imprigionato, di come non gli fosse stato permesso fuggire. In Paradiso il tempo era diverso che in Terra. Ad Aziraphale era parso che fossero passati migliaia di anni dall'ultima volta che aveva visto il demone.

-A un certo punto mi hanno rilasciato.- disse stringendo un po' più forte le dita di Crowley. -Credo che pensassero che ormai me ne fossi fatto una ragione. Ma io… non potevo farlo. Dovevo tornare Giù, da te. Al costo di perdere la mia Natura. Così sono Saltato, e mi sono ritrovato a casa di Adam, a Tadfield. E' stato un vero tesoro, caro, si è preso cura di me. Ero piuttosto ammaccato, e mi ha aiutato a riprendere il mio vecchio corpo. Non so come sia successo che non sia Caduto definitivamente. Per un po' sarà meglio che stia lontano dal Paradiso. A tempo indeterminato.- aggiunse con un mezzo sorriso.

Stavano passeggiando lentamente quando incrociarono un vecchio con un brutto cappello da pescatore.

-Buongiorno a voi, figli miei.- disse -Bella giornata per ritrovarsi, non credete anche voi?-

Aziraphale e Crowley si bloccarono a metà di un passo e lo guardarono andare via fischiettando un motivetto allegro. Avevano entrambi la netta sensazione di conoscerlo.

Poi scrollarono le spalle e proseguirono. Non era importante. Tutto era bello quel giorno.

Il primo giorno del resto delle loro vite.

  
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