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Autore: viperas    29/05/2013    1 recensioni
Ma non capiva, Rose, come Al avesse potuto sostituirla tanto facilmente.
E poi, l’illuminazione: non le aveva mai voluto bene come gliene voleva lei, per questo ci era riuscito, per questo aveva messo Scorpius al suo posto.
Paradossalmente, in quel cuore dagli occhi verdi, non c’era posto per il verde.
Ma c’è un motivo, anzi più di uno, se sono una Serpeverde: cambio pelle, io.
Come i serpenti.
Una Rose un po' diversa da come la immaginate, più triste, più sola, ma forse più forte.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Rose Weasley | Coppie: Rose/Scorpius
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Nuova generazione
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Un giorno incontrai un bambino cieco, mi chiese di descrivergli il mare, io osservandolo glielo descrissi, poi mi chiese di descrivergli il mondo, io piangendo glielo inventai…
Jim Morrison
 
 
IL sole ancora non era sorto a illuminare la stanza della giovane, ma lei si muoveva con sicurezza al buio abbottonandosi la camicia bianca, infilandosi le calze e la gonna nera e verde smeraldo dell’uniforme e le all star che aveva ricevuto il permesso di usare a causa del dolore che le ballerine le causavano ai piedi: a tal proposito spesso si chiedeva se era la gente, a essere particolarmente credulona, o lei incredibilmente convincente? Ovviamente dopo alzava le spalle in gesto di non curanza.
Con la dimestichezza dovuta agli anni di utilizzo, fece il nodo alla cravatta verde e argento e, infine, legò i capelli in una lunga treccia castana dalle eccentriche punte azzurre.
In silenzio, per non rischiare di svegliare le compagne di stanza, uscì dal dormitorio e si diresse verso la sala comune, ne uscì e andò nella sala grande a prendere un solitario bicchiere di spremuta.
Lentamente andò verso l’aula di incantesimi, la superò e si accoccolò in una piccola nicchia del muro, da una tasca del mantello estrasse un piccolo aggeggio babbano, comunemente noto nella comunita non-magica col nome di i-pod*, infilò le piccole cuffie e si perse nel suo mondo fatto di solitudine, sospiri, fumo e sangue; ma soprattutto solitudine e assolutamente non lacrime.
 
Si risvegliò con un sussulto quando qualcuno la scosse leggermente. Suo cugino Al. La ragazza annuì lievemente come a ringraziarlo e saltò giù dalla cavità allontanandosi dal cugino: odiava il contatto fisico. Si tolse le cuffie stoppando la musica, i ragazzi stavano cominciando a entrare in classe preceduti dal professore e lei si accodò all’ultimo a qualche passo di distanza.
Quando tutti furono entrati si sedette nel solito banco solitario e iniziò a seguire la lezione con attenzione, tutto pur di non notare le occhiate insieme impietosite e colpevoli del cugino.
 
Tutto era iniziato durante il primo anno: Albus era stato smistato a Grifondoro e Rose a Serpeverde. Nonostante l’ormai inesistente rivalità fra case, Al aveva iniziato ad allontanarsi, non in modo brusco, ma pian piano, lentamente, in modo ambiguo, quasi non lo stesse facendo.
Proprio come quando ci si allontana da un serpente.
E quando se ne era resa conto, era troppo tardi.
All’inizio non capiva, la piccola Rose… non voleva capire.
Ma era una Serpeverde, Rose, non era stupida e nemmeno ingenua. Si era resa benissimo conto che era stata sostituita.
Ma non capiva, Rose, come Al avesse potuto sostituirla tanto facilmente.
E poi, l’illuminazione: non le aveva mai voluto bene come gliene voleva lei, per questo ci era riuscito, per questo aveva messo Scorpius al suo posto.
Paradossalmente, in quel cuore dagli occhi verdi, non c’era posto per il verde.
Lei però non ci sarebbe mai riuscita, a trovare qualcuno a ricoprire quel posto ormai vuoto, nessuno sarebbe mai stato all’altezza. All’altezza di cosa, poi, non era dato sapere, forse dell’idea che aveva di lui più che di lui.
Nonostante tutto, però, Rose non provava rancore perché lei sapeva di non meritarlo, se no non se ne sarebbe andato.
Perché Rose sapeva di non valere.
Soprattutto di non volere nessun’altro.
Così stava da sola Rose.
 
Perché Rose non meritava.
 
Vero?
 
La lezione era finita, i suoi compagni si stavano allontanando, lei si alzò con calma e, lentamente, cominciò a raccogliere le sue cose, quando sentì qualcuno schiarirsi la gola, come quando si cerca di attirare l’attenzione di qualcuno, ma lei non si girò, non alzò nemmeno la testa, sicura com’era che non si stessero rivolgendo a lei.
“Rose?” alzò la testa quasi stupita, ma cercando di non darlo a vedere: era Albus.
“mmm… io e Scorp ci chiedevamo se ti andava di venire con noi a Hogsmeade questo sabato.”
Lo guardò un attimo con sguardo vuoto, ricordando quante volte al terzo anno avevo sperato che glielo chiedesse.
Scosse lentamente la testa.
“Andiamo…” insistè Albus. Ma aveva, Rose, paura, una paura fottuta di essere scaricata di nuovo, quindi scosse piano la testa, nuovamente.
 Fece per prendere l’i-pod, ma questo era in mano al biondo che studiava incuriosito la sua musica “My Chemical Romance?” chiese stranito. La ragazza alzò le spalle, erano un gruppo babbano, normale che non li conoscesse.
Tese la mano, a fargli capire che lo rivoleva indietro, ma lui scosse la testa, quasi a farle il verso: “Solo se accetti di venire con noi”
Ma lei negò di nuovo e, senza far sentire la voce o usare la bacchetta, richiamò l’i-pod sotto i loro sguardi basiti, ma non voleva far uscire il minimo suono dalla bocca e neanche usare la bacchetta perché sapeva che lui sarebbe stato pronto con il protego. 
Con la borsa già in spalla si girò e si allontanò di qualche passo, ma un forte rumore la fece sobbalzare, evidentemente Albus si era innervosito e aveva tirato un calcio al banco che aveva slittato facendo tutto quel chiasso.
“Perché?” le chiese, era quasi sul punto di non rispondergli di nuovo, ma poi decise che per questa volta avrebbe potuto rompere il silenzio “Sei in ritardo di tre anni” sussurrò.
E corse via, Rose, scappò nell’altra classe, sperando di non arrivare in ritardo.
 
Finiti i corsi della mattina, mentre gli altri facevano pranzo, Rose andò nel parco, tirò fuori da una delle tante tasche del mantello un pacchetto di sigarette, ne estrasse una e la portò alla bocca mentre cercava l’accendino in un’altra tasca. L’accese tirando e la tenne in bocca mentre rimetteva l’accendino nella tasca nascosta.
Tolse la sigaretta e chiuse la bocca lasciando che il fumo le scendesse in gola bruciandola insieme alle narici, quando usciva.
Fumava camminando e si sedette ai piedi di un grande albero, dopo un attimo delle voci arrivarono alle sue orecchie.
“…Ma sono preoccupato Scorp! Non mangia quasi mai, parla di meno, si spaventa se qualcuno la sfiora anche solo e in più hai sentito anche te la puzza di fumo! Si sta rovinando con le sue stesse mani! E, Cristo, hai visto quanto è dimagrita!”
“Si, ma Al, pensaci: dopotutto come fai a pensare che voglia essere aiutata proprio da te! Però è vero la camicia le sta larghissima.”
Rose si alzò con la sigaretta ancora accesa, fece il giro dell’albero e se li trovò davanti.
Improvvisamente sentì una gran rabbia verso di loro.
“Rose! Ma allora è vero che fumi! Non devi! Fa male!” le urlò contrò suo cugino e lei, per la prima volta da quasi sei anni rispose con voce sicura.
“Ci sono cose che fanno ancora più male, sai?”
“Si lo so che non dovevo…” incominciò lui, ma venne interrotto
“Non parlavo di quello.” Disse solamente e si allontanò, buttando la sigaretta ormai ridotta al filtro nell’erba, lasciandoli basiti.
E ne accese un’altra.
 
Perché Rose era stanca, molto stanca, e quella notte, con la lametta andò a fondo, molto a fondo, troppo a fondo.
 
 
  
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