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Autore: lalychan    29/05/2013    2 recensioni
Un scontro fra l'ex bassista Kwangjin e quello attuale Jungshin sarà per i due fonte di "nuove esperienze".
Genere: Comico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I PENSIERI dei due personaggi sono: in GRASSETTO quelli di Kwangjin e in CORSIVO quelli di Jungshin




Stretto nel suo cappotto lacero, percorreva un po’ curvo le vie affollate di Seoul, nelle quali la gente, uscita dagli uffici, si era riversata per completare gli ultimi acquisti di Natale.

Alzò lo sguardo su uno dei megaschermi pubblicitari che illuminavano quell’incrocio, sentendo le viscere attorcigliarsi nello scorgere il volto beffardo dei suoi ex compagni di band mostrare tutto il loro successo proprio a lui. Il loro nuovo singolo “In my head”, anche se in giapponese, aveva scalato le classifiche confermando definitivamente che i CN Blue erano stelle del firmamento della musica coreana.
Avrebbe potuto essere lì con loro a sorridere alle fan, ad atteggiarsi di fronte a loro come una divinità. Li odiava. Li odiava a morte. Era solo colpa loro se si ritrovava per strada anche quel Natale, mentre loro avrebbero festeggiato con pranzi da re, viziati e coccolati dallo staff di qualche rete televisiva.
Ma soprattutto uno di loro lo irritava a tal punto che avrebbe voluto ucciderlo: Lee Jungshin. Colui che gli aveva sottratto il ruolo di bassista nella band. Colui che gli aveva portato via tutto: la fama, il prestigio, e il ragazzo che amava.
Perché lui lo sapeva. Kwon Kwangjin era a conoscenza di uno dei segreti più importanti dei CN Blue: la relazione tra il bassista e l’ex leader, Jonghyun.
Era stato profumatamente pagato per il suo silenzio ma ormai quei soldi erano agli sgoccioli, si trovava senza lavoro e non aveva nemmeno potuto portare un regalo di Natale ai figli della sua noona. E quella era la cosa che più lo faceva soffrire.
I suoi adorati nipoti non avrebbero ricevuto nessun regalo dallo zio Kwangjin per colpa dei CN Blue. E dire che quei piccoletti erano i loro fan più sfegatati.
Sospirò rumorosamente e riprese a camminare senza dare troppo peso alla direzione da prendere, quando qualcosa di pesante lo urtò facendolo rovinare a terra.
Doveva aver preso una botta fortissima perché aveva le vertigini e tutto intorno a lui si fece prima coloratissimo, per poi dissolversi nel buio più totale.


Delle voci intorno a lui lo chiamavano, o almeno così pareva. Si sforzò di aprire gli occhi, sentendo le palpebre quasi incollate, opporsi alla sua volontà.
«Guardate si sta svegliando» sussurrò Minhyuk al suo fianco. Minhyuk? Come poteva sapere che era la voce del batterista? Non la sentiva da una vita eppure l’aveva riconosciuta facilmente.
“Perché ci vivi insieme idiota” disse il suo cervello.
“Ma sei fuori? Io vivere con lui? Ma se manco ho un tetto fisso. Sono un mezzo barbone per colpa loro”
“Per colpa di chi? E chi sono loro? Ma poi scusa, chi sei tu che stai nella mia testa? Vattene”
«Vattene tu» disse ad alta voce facendo voltare verso di sé gli sguardi stupiti dei tre ragazzi che lo scrutavano preoccupati dall’alto. Ma dove cavolo era finito e che ci facevano i CN Blue intorno a lui?
«Jungshin, stai bene?» chiese timidamente Jonghyun avvicinandosi al bassista e tastandogli la fronte.
Quella carezza lo fece rabbrividire. Era la prima volta che leggeva nello sguardo dell’ex leader la preoccupazione per qualcuno. E quel qualcuno era lui. O no?
“Sono preoccupati per me scemo” sbuffò la voce del suo cervello.
“Ma tu chi accidenti sei, che ci fai nella mia testa?”
“Kwangjin sei tu che sei nella mia testa! Non ti sei accorto che ti hanno chiamato Jungshin? Questo corpo è mio, sei tu l’intruso qui dentro. E ora vattene” rispose la voce irritata di Jungshin.
Si guardò intorno mettendo meglio a fuoco l’ambiente: era una stanza completamente bianca, da quello che poteva intuire una camera d’ospedale. Si tastò la fronte sfiorando quella che pareva una benda.
«Non toccarti, i punti potrebbero rompersi» lo ammonì Yonghwa severamente.
«Punti? Mi hanno dato dei punti?» domandò Kwangjin sentendo che la sua voce non era più la sua voce. Sembrava quasi…
“Te l’ho detto che sei nel mio corpo. E non so bene perché. E nemmeno perché, anche se qui dentro siamo in due, sei tu quello che comanda la baracca. Non mi piace. Esci e restituiscimi la mia carne e le mie ossa”
“Semmai solo le ossa, carne non ne hai mai avuta”
“Ma sentitelo”

«Non ricordi nulla Jungshin? Sei andato a sbattere mentre correvi in sala prove e ti hanno portato all’ospedale. Assieme al ragazzo a cui sei andato addosso» spiegò Minhyuk con il solito sguardo assente.
«Jungshin?» domandò pentendosi subito dopo dell’errore. Lo fissavano tutti come se fosse impazzito e di fatto lo era.
«Tu sei Jungshin, e sei andato a sbattere contro Kwangjin. Te lo ricordi il nostro ex bassista? Per fortuna almeno tu ti sei svegliato» spiegò Jonghyun dolcemente.
“Almeno tu? Che significa? Se io sono nel tuo corpo che fine ha fatto il mio? Ehi Jungshin, rispondimi”
“Adesso ti fa comodo avermi nella testa eh?”
“Dove hai messo il mio corpo?”
“Io? Cosa vuoi che ne sappia. Tu piuttosto perché sei ai comandi del mio? Dovrebbe essere una mia prerogativa questa, invece mi ritrovo qui bloccato in questo angolino di coscienza senza poter controllare le mie azioni. Credi che mi stia divertendo?”
“Va al diavolo”
«Come sta Jung…voglio dire Kwangjin? Non si è ancora svegliato?» chiese preoccupato Kwangjin nel corpo di Jungshin.
«Purtroppo pare che abbia un trauma cranico. È in coma farmacologico, stanno cercando di capire se ci sono danni prima di lasciare che si svegli. Non ti preoccupare, il manager pagherà le sue spese mediche. Certo che tra tutte le persone cui potevi sbattere addosso proprio lui dovevi mandare all’ospedale? La vigilia di Natale per giunta. Dovremo cancellare il programma di stasera, meglio starcene a casa tranquilli» rispose Yonghwa passandosi una mano sul volto nervosamente.
Kwangjin sentiva di avere la nausea. Ormai non contava più nulla per loro. Spese mediche. Magari si aspettavano che avrebbe chiesto un risarcimento.
“Perché, non è forse così? Non è quello che sai fare meglio? Farti pagare per tenere la bocca chiusa?” chiese Jungshin in tono tagliente nella sua testa.
“Cosa? Di che stai parlando?”
“Parlo dei soldi che ogni mese ti vengono passati per tenere la bocca chiusa su me e Jonghyun. Non che ci sia più nulla su cui sparlare ormai. È finita da un pezzo, anche se lui non se lo vuole mettere in testa”.
“Jungshin devi aver sbattuto la testa molto più forte di quanto pensi. Io non ricevo nulla per non raccontare di voi due. Quando mi hanno cacciato dalla band mi hanno pagato perché non dicessi nulla, lo ammetto, ma è stato solo una volta. Con quei soldi ho finito gli studi e sono campato finora ma ormai non mi è rimasto più niente e non ho neppure un lavoro. Si può sapere perché ce l’avete tanto con me? Siete voi che mi avete allontanato, distruggendo i miei sogni e la mia carriera. Tu mi hai portato via Jonghyun e ora vieni a dirmi che lo stronzo sono io. Scendi dal palco e fatti un esame di coscienza caro mio. Quello che è stato dimenticato da tutti sono io, non tu” lo rimbeccò amareggiato Kwangjin. Sentiva un dolore fortissimo al petto. Se fossero i suoi sentimenti o quelli di Jungshin non lo sapeva, ma era fastidioso in ogni caso. Voleva andare via da quel posto. Preferiva tornare in sé e passare il Natale da solo e senza un soldo che stare nei panni di Jungshin e sentire quelle parole taglienti rivolte a sé stesso. Chissà quanto spesso lo avevano deriso e insultato a sua insaputa.
“Non sei così fondamentale nelle nostre vite da sprecare tempo prezioso sparlando di te” lo interruppe la voce di Jungshin nella sua testa.
“Ora basta. Chiudi il becco” rispose irritato, alzandosi di colpo dal letto e sentendo la testa girare vorticosamente. Furono le braccia di Jonghyun ad accoglierlo prima che finisse a terra.
«Che fai? Non puoi ancora alzarti, sei pazzo?» lo rimproverò in tono dolce il chitarrista.
Kwangjin alzò lo sguardo sull’ex leader leggendovi un sentimento che non si era mai visto rivolgere. Provò un’immensa rabbia nel comprendere quanto Jonghyun fosse ancora innamorato del bassista, che a quanto pareva lo aveva scaricato.
“Non giudicare dalle apparenze. Tu non sai cosa sia successo davvero quindi tieniti per te certi epiteti” commentò l’anima di Jungshin carpendo la serie di insulti appena pensati da Kwangjin nei suoi confronti.
“Come puoi scaricare Jonghyun? Diamine è perfetto e si vede lontano un chilometro che ti ama. Perché l’hai lasciato?”
“Non sono affari tuoi. Ho i miei motivi” rispose Jungshin risentito.
Kwangjin arricciò il naso in risposta a quello scambio di battute nella sua testa, e quando Jonghyun se ne accorse arrossì, abbassando il capo tristemente e lasciando andare la presa sul corpo del bassista dopo essersi assicurato che si potesse reggere da solo.
«Scusami, è stato un gesto automatico» sussurrò il chitarrista in modo che solo Jungshin potesse sentire.
“Crede di commuovermi? È colpa sua se tra noi è finita, non ho intenzione di tornare indietro sulle mie scelte, diglielo Kwangjin”
«Non ti preoccupare hyung. Anzi, grazie» disse la voce di Jungshin, esprimendo in realtà i pensieri dell’ospite indesiderato.
Jonghyun rimase stupito da quella risposta. Erano settimane che Jungshin si comportava freddamente con lui. Forse la botta in testa lo aveva fatto rinsavire. Un leggero rossore comparve sulle guance del più vecchio che posò distrattamente la mano su quella del bassista.
Kwangjin gliela strinse, sentendo un piacevole calore invadergli il cuore.
“Che diavolo fai? Lasciagli la mano, altrimenti chissà che si mette in testa” protestò Jungshin nella propria testa. Kwangjin sentì che fremeva dalla rabbia di non poter controllare le azioni del proprio corpo.
“Mi dispiace mio caro, oggi il tuo corpo lo gestisco io. E ho in mente di usarlo per prendermi qualche piccola vendetta” rispose Kwangjin aprendosi in un sorriso.
Le proteste di Jungshin furono zittite dall’arrivo di un medico che con una svolazzante firma consegnò all’ammalato le carte per essere dimesso.
«Non ci sono danni a parte la ferita alla fronte, non credo sia necessario tenerlo sotto osservazione. Potete andare a casa, vi auguro di passare un sereno Natale» li congedò l’uomo voltandosi per andarsene.
«Aspetti, come sta l’altro ragazzo?» chiese Jungshin, preoccupato per il proprio corpo in stato comatoso. Avrebbe voluto vedersi. Che sarebbe successo se non fosse più stato capace di svegliarsi? Forse vivere per sempre nella testa del suo peggior nemico non sarebbe stato poi così divertente. Che avrebbero detto i suoi nipoti se lo zio Kwangjin non fosse più tornato da loro?
«Non lo sappiamo ancora. È sotto analisi e non si sveglierà a meno che non interrompiamo il coma farmacologico. Comunque mi sembra un tipo in gamba anche se un po’ malnutrito. Ce la farà, ne sono sicuro» rispose il medico con un sorriso bonario, uscendo subito dopo dalla stanza.
“Hai dei nipoti?” chiese Jungshin improvvisamente curioso.
“Nipoti che non avranno regali di Natale da parte dello zio squattrinato. Altro che stipendio mensile per tenere la bocca chiusa. E pensare che sono vostri fan. Ma forse ora che sono nel tuo corpo posso rimediare anche a questo”rispose Kwangjin, la cui mente correva febbrilmente alle mille possibilità che quell’insolita situazione gli offriva.
«Andiamo a casa» disse Yonghwa interrompendo il litigio interiore dei due bassisti.
Raccolsero velocemente le cose di Jungshin, che sorretto da Jonghyun si fece docilmente accompagnare al loro furgone, parcheggiato fuori dall’ospedale. Mentre uscivano Jungshin scorse la figura di una donna e due bambini che entravano preoccupati nell’edificio.
«Noona» sussurrò, incrociando subito dopo lo sguardo perplesso del chitarrista al suo fianco.
«Conosci quella donna?» chiese il maggiore con un pizzico di gelosia nella voce.
“Ma fammi il piacere. Non mi dirai che pensi che possa farmela con una donna sposata? Dio quanto sei stupido Jonghyun. Ho fatto bene a lasciarti. Riferisci per favore” commentò acido Jungshin.
«Credo di sì. Dev’essere la sorella maggiore di Kwangjin» rispose Jungshin trattenendosi dal correre a rassicurare la sua noona. L’avrebbe di sicuro ritenuto un pazzo se si fosse presentato da lei dicendole di essere il suo dongsaeng.
«Sei preoccupato per lui?» chiese Jonghyun abbassando subito dopo lo sguardo.
«No, certo che no» rispose freddamente Jungshin, recitando alla perfezione la propria parte.
“Quanto sei scemo” sbuffò Jungshin nella sua mente.
“La smetti di darmi dello scemo?” protestò Kwangjin.
“Lo sei, e di questo passo non te ne accorgerai mai”
“Che intendi dire?”
“Lascia perdere”
«Attento alla testa» lo avvertì Jonghyun, posandogli una mano tra i capelli perché non cozzasse contro lo stipite della portiera. La sua altezza poteva essere un problema a volte, ma in quel caso gli aveva guadagnato un gesto di tenerezza da parte del suo hyung.
Si accomodò sul sedile posteriore, seguito a ruota dal chitarrista. Quest’ultimo gli sorrise timidamente, prendendogli la mano e stringendola nella sua. Kwangjin ricambiò il sorriso dalle labbra di Jungshin.
“Lo sai che appena torneremo alla normalità me la pagherai vero? Hai idea di quanto io abbia sofferto per colpa del cretino che abbiamo di fianco? Non intendo ripetere l’esperienza Kwangjin”
“Beh, io invece intendo provarla. Ho amato Jonghyun segretamente per anni, e ora che finalmente posso averlo non mi farò scappare questa occasione. Desidero solo che mi guardi con occhi diversi almeno per un giorno”
“Siete due completi deficienti. Ti guarda con occhi diversi perché tu sei me in questo momento. Sei sicuro di volere questo?”
“Meglio questo che niente” rispose Kwangjin fissando il vetro e scorgendovi il suo volto riflesso.
Il suo volto?
“A quanto pare almeno di fronte a uno specchio la verità viene a galla” sghignazzò Jungshin.
Kwangjin tirò con un gesto secco la tendina del finestrino, sistemandosi nervosamente sul sedile.
«Che succede?» chiese Jonghyun preoccupato.
«Nulla, le luci di fuori mi danno il mal di testa. Voglio solo andare a casa a riposare» mentì la voce di Jungshin.
Una volta raggiunto il pianerottolo i quattro ragazzi entrarono insieme in casa. Minhyuk si fiondò in cucina a caccia di qualcosa di commestibile mentre Yonghwa si sedette sul divano seguendo con lo sguardo Jonghyun che accompagnava Jungshin in camera.
Al minore batteva forte il cuore, una strana inquietudine si fece strada in lui. Anche in quel caso Kwangjin non era certo su a chi dei due appartenesse quella sensazione.
Si sedette sul letto, seguito a ruota dal suo hyung. Un silenzio imbarazzante calò nella stanza.
«Fa molto male?» chiese Jonghyun dolcemente carezzando i capelli lunghi di Jungshin.
«Non fa male per nulla» rispose imbarazzato ma compiaciuto di quelle attenzioni.
«Ti va di parlare un po’? C’è una cosa che vorrei dirti»
«Di che si tratta hyung?»
«Come ci sei finito nel corpo di Jungshin?»
«Eh?»
“Meno stupido di quanto pensassi. Mi pareva strano che non lo avesse ancora capito” commentò Jungshin ridacchiando sotto i baffi.
“Come ha fatto a capirlo?”
“Siamo stati insieme tutti questi anni, conosce tutto di me. E conosce anche te. Sa distinguerci perfettamente, senza contare che hai chiamato tua sorella noona. E in quel momento non ti sei manco accorto del tuo riflesso sulle porte a vetri dell’ospedale. Jonghyun è meno sconsiderato di quanto pensassi, deve averti visto e ha fatto due più due”
“E ora che facciamo?”
“Noi? Hai voluto tu portare avanti la recita, sono cavoli tuoi ora. Io me ne starò qui a godermi lo spettacolo”
Kwangjin alzò lo sguardo smarrito su Jonghyun. Che avrebbe pensato di lui? Di certo avrebbe rivoluto indietro il suo Jungshin. Al solo pensiero il bassista si sentì risucchiare il cuore in un buco nero. Non c’era proprio speranza per lui. Era un perdente nato.
«Sei Kwangjin vero? Sei nel corpo di Jungshin vero?» insistette Jonghyun posandogli le mani sulle spalle.
Il minore distolse lo sguardo annuendo debolmente.
Game over.
«Come è potuto succedere? È assurdo. Tu dovresti essere in coma in quell’ospedale. E Jungshin allora dov’è?» continuò il più grande imperterrito.
«Anche lui è qui, ma è solo una voce nella mia testa, non riesce a prendere il controllo del corpo. Non so come mi sono ritrovato qui ma arrivato a questo punto avrei quasi preferito essere in coma, almeno mi sarei risparmiato la vergogna» rispose Kwangjin tristemente.
«Perché dici così?»
«Come sarebbe perché dico così? Mi hai scoperto. Ora lo dirai anche agli altri e appena torneremo alla normalità chissà cosa succederà. Lo so che mi odiate, Jungshin me l’ha detto che pensate che vi ricatti ancora per via della vostra storia ma non è così»
«Nessuno ti odia Kwangjin. Anzi. A dire la verità ci sei mancato moltissimo. Perché non sei mai tornato da noi? Avremmo potuto comunque continuare ad essere amici»
«Non dire assurdità hyung. La casa discografica mi ha dato il benservito, e tu anche. Con che faccia avrei potuto ripresentarmi a voi? Mi sentivo già umiliato a sufficienza» rispose il minore sull’orlo delle lacrime alzandosi in piedi e iniziando a passeggiare nervosamente su e giù per la stanza.
La presa salda di Jonghyun sul suo polso lo bloccò.
«Che vorresti dire? Quando mai ti avrei dato il benservito? Mio dio Kwangjin ma hai idea di quanto io abbia sofferto quando te ne sei andato? Ho passato settimane a litigare con gli altri e con il manager perché volevo a tutti i costi venire a cercarti»
«Sei un bugiardo hyung. Smettila di prendermi in giro, ti prego, fa già male così»
“Non sei tu quello che soffre in questo momento, sono io” lo interruppe Jungshin.
“E tu che vuoi? Due contro uno non è valido stattene in silenzio e farò in modo che tu abbia di nuovo il tuo corpo il più in fretta possibile. Preferisco restare povero e in coma che vivere come vostro giullare”
“Altro che giullare, sei il re degli stupidi! Non capisci che Jonghyun ti ha appena detto che a te ci tiene? Che ha sofferto per la tua partenza? Secondo te che vuol dire questo?”
“Che è uno stronzo bugiardo"
“E tu un completo babbeo”
«Lo ammetto, all’epoca mi innamorai di Jungshin appena lo vidi. O almeno così credevo. Non ho mai smesso di pensare a te Kwangjin, ma tu…ecco…tu piacevi anche a Yonghwa e io ho preferito farmi da parte. E poi te ne sei andato e mi è crollato il mondo addosso quando ho capito di aver perso la mia occasione con te» continuò imperterrito Jonghyun, inconsapevole di stare parlando al nulla. Il litigio interiore dei due bassisti non era ancora finito.
“Hai sentito quello che ha detto? Hai capito finalmente perché l’ho lasciato? Capisci perché ricambio il tuo odio? Non sono stato io a portarti via Jonghyun, sei tu che l’hai portato via con te quando te ne sei andato. E dire che nemmeno lo sapevi. Se potessi ti prenderei a sberle ma non trovo saggio fare del male al mio corpo”
“Che vuoi dire? Che sta succedendo? Non capisco…”
“Arrangiatevi. Io chiudo le comunicazioni”
“Dove vai? Jungshin? Ehi…Jungshin…Jungshin…”
Di nuovo calò il silenzio nella stanza. Un silenzio sia esteriore che interiore.
«Se n’è andato. Jungshin si è arrabbiato e non mi parla più. Si è chiuso in qualche angolo di coscienza» annunciò Kwangjin sentendo le lacrime pizzicargli gli occhi.
«Mi dispiace, è stata colpa mia. In tutto il tempo che siamo stati assieme non ho fatto altro che parlargli di te, di quanto tu fossi bravo a suonare, di quanto ti somigliasse con quei capelli lunghi…gli ho fatto del male e me ne sono fatto da solo. Mi dispiace. Sono solo uno stupido» disse Jonghyun amareggiato.
«Non preoccuparti, in un modo o nell’altro tutto tornerà a posto. Quando Jungshin tornerà ti avrà certamente perdonato, stai tranquillo» cercò di consolarlo Kwangjin sedendosi di nuovo al suo fianco con un dolce sorriso.
«Anche se sei nel suo corpo io ti vedo come Kwangjin. È strano non trovi? Forse siamo impazziti tutti e tre» sussurrò Jonghyun carezzando la guancia dell’ex bassista da cui scendevano calde lacrime.
«Di sicuro io sì» rispose l’altro chiudendo gli occhi per accogliere la piacevole sensazione che quel tocco gli provocava. Un delicato calore che gli arrivava fino al cuore.
Sentì Jonghyun muoversi al suo fianco ma non si rese conto di cosa stava succedendo finché non avvertì una leggera pressione sulle sue labbra. Spalancò gli occhi sconvolto, trovandosi di fronte il ragazzo che per tanto tempo aveva amato in silenzio, baciarlo con infinita dolcezza, affondando poi la testa sul suo petto tra i singhiozzi mentre lo stringeva a sé.
«Hyung…perché piangi?» chiese confuso.
«Perché sono felice che tu sia qui. Non sai quanto io sia felice di averti con me di nuovo. Non andartene Kwangjin, non scomparire di nuovo» lo implorò Jonghyun stringendolo così forte da rischiare di soffocarlo.
«Non preoccuparti hyung, non vado da nessuna parte. Lo sai hyung, ho sempre pensato di non piacerti e quando ho saputo di te e Jungshin mi sono fatto da parte perché sapevo dall’inizio di non avere speranze. L’ho invidiato e odiato per tutto questo tempo. E ora che finalmente sono nei suoi panni mi ritrovo a desiderare di tornare me stesso. Sono proprio il burattino del destino» rispose Kwangjin amareggiato.
«No che non lo sei. Tornerà tutto alla normalità vedrai, e quando finalmente saremo di nuovo insieme non ti lascerò più andare» replicò Jonghyun stringendo tra le braccia l’anima che amava nel corpo di un altro.
«Hyung, posso dormire con te stanotte?» chiese il minore arrossendo imbarazzato. Sperava che l’altro non fraintendesse le sue intenzioni.
«Che domande, certo che sì. Vieni, ti aiuto a lavarti e poi andiamo a riposare. Immagino che con tutto quello che ti è capitato oggi tu sia perlomeno confuso se non distrutto dalla stanchezza».
Jonghyun accompagnò Kwangjin nel bagno, fornendogli tutto il necessario per fare una doccia calda, quando ebbe finito aspettò che si vestisse, quindi prese il phon e iniziò ad asciugargli i capelli.
Kwangjin si rilassò, pensando che quello era certamente il Natale più assurdo e più bello della sua vita.
“Non sai quanto” disse Jungshin ricomparendo all’improvviso nella coscienza che condividevano.
“Jungshin. Dove sei stato tutto questo tempo?”
“Nel tuo corpo. Sei ancora in coma, però riuscivo a sentire tua sorella e i tuoi nipoti parlarti. Devo chiederti scusa Kwangjin, non pensavo che l’essere stato sostituito da me ti avesse procurato così tanti guai, però un po’ ti invidio. Hai una famiglia meravigliosa che ti ama e non vede l’ora di riabbracciarti. Mi piacerebbe fare scambio con te qualche volta e sapere cosa si prova. La mia famiglia la vedo così di rado. Ormai sono questi tre idioti con cui abito la mia unica famiglia, e a volte proprio mi stanno stretti”
“Capisco cosa intendi. E hai ragione, mi lamento sempre di essere povero e sfortunato, però in fondo che mi importa di essere ricco e famoso se poi non posso più stare con i miei nipoti? Voglio tornare nel mio corpo, dimmi come fare”
“Non avere fretta. Per ora resta un po’ con Jonghyun, ha bisogno di te”
“Come vuoi”
Kwangjin si sistemò per bene sotto le coperte, accoccolandosi poi contro il petto di Jonghyun, steso al suo fianco. Era una sensazione stranissima, sentiva di non avere corpo, si sentiva leggero, come se la sua anima fosse tra le braccia di quella di Jonghyun e non come se fosse il corpo di Jungshin a trovarsi in quella posizione.
Da qualche parte le campane di una chiesa suonarono a festa. Era mezzanotte. Era Natale.
«Buon Natale hyung. Essere qui con te è il regalo più bello che mi potesse capitare» sussurrò Kwangjin sentendo di stare scivolando nel sonno.
Le labbra calde di Jonghyun si posarono sulle sue, mentre lo stringeva di più a sé.
«Buon Natale Kwangjin, ti amo» rispose il maggiore lasciandosi trasportare con l’amato verso il mondo dei sogni.

***



Aprì gli occhi sentendoli incollati. Qualcosa di duro invadeva il suo naso, sentiva dolore ovunque.
Cercò di muoversi ma gli costava troppa fatica. Si guardò intorno: tutto era bianco e asettico. Era all’ospedale. Di nuovo.
“Che idiota. Era tutto un sogno” pensò, quasi aspettandosi di sentire la voce di Jungshin smentirlo da un angolo remoto della sua coscienza, che invece rimase silenziosa.
«Kwangjin, ti sei svegliato. Sia ringraziato Dio. Bambini venite, lo zio è sveglio» disse una voce alla sua destra. Un improvviso peso sullo stomaco lo avvertì che uno dei suoi nipoti si era messo a cavalcioni sulla sua pancia.
«Zio Kwangjin. Stai bene zio?» chiese il piccolo saltellando sul ventre già abbastanza dolorante del bassista.
«Starei meglio se la smettessi di saltare Jinho» rispose l’infortunato lanciando uno sguardo implorante alla sorella che provvide a rimuovergli il figlio dallo stomaco.
«È bello vederti noona, anche se avrei preferito essere in grado di abbracciarti» disse il ragazzo con un ghigno sofferente.
«Razza di scemo. Ci hai fatti preoccupare da morire. Hai preso una bella botta in testa ma i medici dicono che non ci sono danni. Un paio di settimane di riposo e tornerai sano come un pesce. A proposito: Buon Natale Kwangjin. Devo dire che non mi sarei mai aspettata di trascorrerlo all’ospedale ma almeno la famiglia è tutta insieme» rispose la sorella abbracciandolo delicatamente e lasciandogli un bacio sulla fronte.
«Oggi è Natale eh? Allora sono proprio fortunato. Temevo quasi di doverlo passare con quei tre» commentò Kwangjin ripensando al sogno che aveva fatto.
«Zio zio, ma Babbo Natale lo sa che siamo all’ospedale con te? Magari è passato a lasciarci i regali a casa e non trovandoci se li è portati via» chiese uno dei due monelli che giocavano con le attrezzature mediche nella stanza.
Kwangjin guardò mortificato il nipote, prima di puntare gli occhi tristi in quelli della sorella.
«Noona, mi dispiace…io…»
«Non ci pensare nemmeno brutto stupido. Noi siamo già felici che tu stia bene. Babbo Natale non poteva farci regalo migliore. Magari ci penserà la befana a portare tante cose buone a questi due monelli» lo interruppe la sorella facendogli l’occhiolino.
«Permesso?» chiese una voce maschile dal fondo della stanza.
Tutti i presenti si voltarono increduli quando quattro ragazzi fecero il loro ingresso nella stanza.
«Zio zio! Sono i CN Blue, sono loro davvero! Come faceva Babbo Natale a saperlo?» si mise a gridare uno dei due bambini saltellando e spintonando il fratellino che fissava le loro star preferite con espressione incredula.
«Babbo Natale sa sempre tutto» rispose Jungshin avvicinandosi ai piccoli e scompigliando loro i capelli.
«Spero che la nostra visita non sia inopportuna, un certo folletto ci ha detto che in questa stanza diverse persone richiedevano la nostra presenza come regalo di Natale» disse Jonghyun avvicinandosi al letto di Kwangjin che ancora sconvolto sentì il proprio cuore accelerare mandando in tilt la macchina che registrava i suoi battiti.
«Ehi Kwangjin, non mi sembra il caso di farti venire un infarto» continuò il chitarrista avvicinandosi di più.
«Te l’avevo detto che non ti avrei mai più lasciato» sussurrò poi all’orecchio del minore facendolo arrossire.
«Ehi hyung, questo bambino ha del talento» lo interruppe Minhyuk osservando uno dei nipoti di Kwangjin colpire il fratellino con le bacchette da batteria appena ricevute in regalo dal musicista.
«Secondo me qui dentro il più bambino di tutti sei tu» commentò Yonghwa osservando come il suo batterista sembrasse del tutto a proprio agio con quei mocciosi.
«Ehi piccoli, vi va di sentire i CN Blue dal vivo? Abbiamo preparato un piccolo concerto al reparto pediatria, volete venire?» chiese Jungshin ai bambini.
«Davvero? Zio, zio hai sentito?»
«Eh? Ah, sì…» rispose Kwangjin completamente perso nello sguardo dolce di Jonghyun che stringeva la sua mano cercando di non farsi vedere da nessuno.
«Vado a cercare un’infermiera che ti aiuti a uscire da questa stanza. Bambini, venite con la mamma, vi porto a vedere questi famosi musicisti all’opera» disse la sorella strizzandogli l’occhio.
Jungshin prese per un polso Yonghwa trascinandolo fuori dalla stanza, mentre Minhyuk, con uno dei due monelli in spalla correva barcollando dietro alla loro madre.
La porta si chiuse lasciando Jonghyun e Kwangjin soli.
«Hyung…io non capisco…» iniziò a dire l’infortunato, scuotendo la testa incredulo.
«Stamattina quando mi sono svegliato Jungshin aveva già ripreso possesso del suo corpo e aveva chiamato il manager per organizzare questo concerto di beneficenza all’ospedale. Non ha nemmeno chiesto l’opinione di Yonghwa, ha fatto tutto da solo. Credo che volesse fare una sorpresa ai tuoi nipoti» spiegò Jonghyun posando una mano sulla fronte di Kwangjin.
«Ha ascoltato ogni mio pensiero. Deve avermi sentito lamentarmi che non ho un soldo per fare alcun regalo di Natale a quelle due pesti, e che sono vostri fan. Però, non avrei mai pensato che avesse un cuore così grande. Mi devo ricredere su di lui»
«Lui si è ricreduto su di te. Sospetta che qualcuno dello staff si prenda i nostri soldi dicendo che occorrono a pagare il tuo silenzio su di noi. Indagheremo a riguardo. Comunque non pensiamoci ora, dopotutto è Natale» rispose Jonghyun avvicinandosi al viso di Kwangjin e lasciando un bacio sulle sue labbra.
«Hyung…»
«Buon Natale amore mio. Il primo di una lunghissima serie che passeremo insieme. Me lo prometti?»
Kwangjin arrossì, stringendo di più la mano del chitarrista nella propria.
«Te lo prometto hyung. Buon Natale. Ti amo» rispose, sporgendosi a incontrare la bocca di Jonghyun che in quel momento rappresentava il più bel regalo di Natale che avesse mai potuto ricevere in vita sua.
  
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