Night
Il
sole è basso all’orizzonte, lo vedo dalla
finestra spalancata della mia camera da letto. Sono in questa camera da
stamattina e sono sempre rimasta distesa sul materasso, Sae mi ha
portato pranzo
e cena.
La
mia pancia borbotta, dato che ho toccato
si e no un quarto del cibo che mi è stato preparato, ma non
avverto il bisogno
di mangiare. La mia non è una fame fisica, è una
fame psicologica.
Ho
bisogno di contatti umani, di pelle, di
capelli, di parole, di profumi. Non mi aiuta andare a caccia. Forse
ritrovo me
stessa per qualche ora, ma poi ritorna tutto come prima. I paracaduti
argentati, esplosioni, fuoco… Prim. La mia dolce Primrose,
la mia sorellina,
che prende fuoco come un tizzone insieme a me, Katniss Everdeen, la
ragazza in
fiamme.
E
fu solo
fuoco.
Tanto
fuoco, troppo calore. Un calore
doloroso e che consumava la mia pelle e il mio corpo.
Osservo
di nuovo il sole, ormai totalmente
scomparso dietro l’orizzonte. La sua luce liquida batte sul
mio viso e mi
colora gli occhi. I miei anonimi occhi grigi. Occhi da Giacimento.
Asciugo
le lacrime che sono iniziate ad
apparire appese alle mie ciglia per la prolungata osservazione del sole
e per
il rimestare improvviso dei miei ricordi.
Quando
sto per distendermi di nuovo di modo
da addormentarmi, il campanello suona.
E
suona anche la spia nel mio cervello.
Peeta.
Questa
parola lampeggia a chiare lettere davanti ai miei occhi arrossati.
Mi
alzo, quasi in trance, e cammino verso
l’ingresso. Lui è l’unico motivo valido
per scendere ogni giorno dal letto e
affrontare la vita.
Appena
arrivata davanti la porta mi sistemo i
capelli scompigliati e mi liscio la camicia da notte di lino leggero;
non so
nemmeno perché mi sforzo tanto di apparire migliore.
Apro.
Davanti
a me c’è Peeta, come avevo previsto,
mi guarda con i suoi occhi diversi, azzurri come il cielo.
La
sua espressione è tirata, come se non
dormisse da giorni, ma addolcita da un sorriso per me. Quel sorriso
è per me.
Ma io non credo di meritarlo.
Nessuno
dei due parla. Io perché non ne ho
voglia e ho la gola secca, lui forse perché non vuole
invadere la mia privacy
più del dovuto.
Di
nuovo. Lui fa troppo per me. Come sempre.
Si
chiude la porta alle spalle e mi segue in
camera dove mi risistemo seduta sul letto. Peeta prende posto sulla
sedia
girevole della scrivania davanti a me.
«Sei
stata chiusa qui per tutto il giorno.»
dice, ed è un’affermazione.
Annuisco
e porto le ginocchia al petto
affondandovi il viso, scoperta ed imbarazzata dal suo sguardo di
rimprovero.
Sento
le sue braccia circondarmi e le sue
labbra darmi un bacio sulla tempia.
«Scusa.»
Sussurra e mi bacia di nuovo.
Il
sole è ormai morto dietro l’orizzonte, e
la stanza è quasi al buio. Né io né
Peeta abbiamo acceso la luce.
Mi
giro verso di lui e inclino la testa
posandogli un bacio lieve sulla bocca, per poco più di un
secondo.
Vedo
il suo viso stranito, felice e turbato.
So che ha paura che io stia di nuovo recitando.
«Katniss…»
sospira e si alza per sedersi di
nuovo sulla sedia girevole.
Il
suo profuma sfuma fino a diventare un sottile
sentore di lui e il suo calore evapora immediatamente. E di nuovo
quella fame
di vita si fa sentire sotto forma di un crampo doloroso poco sotto lo
stomaco.
«Peeta.»
mi ritrovo a dire. La mia voce suona
orribile, non avendola usata per molto tempo. Lo spasmo aumenta la sua
intensità e mi costringe ad alzarmi.
Mi
avvicino a Peeta soppesando ogni passo.
Studio la sua espressione ad ogni metro che faccio, preoccupata di
vederla
impaurita o arrabbiata, ma è solo tesa e le occhiaie a cui
ho fatto caso solo
ora lo rendono più scarno in volto.
Ferma
davanti a lui, il dolore mi sommerge e
per un attimo vacillo con la testa tra le mani, ma subito, in un
secondo scarso
mi sento sorretta e circondata di nuovo da quell’odore
fresco, pulito, e
zuccherino, come di dolci e sciroppi.
«Cosa
c’è, Katniss?» sussurra nel mio
orecchio.
Non
gli rispondo nemmeno, la mia fame si sta
placando, ad ogni cellula del mio corpo che avverte quello di Peeta, il
dolore
diminuisce e non esiste più quando mi stringo a lui con
forza, singhiozzando
per un qualche motivo di cui nemmeno io sono consapevole.
Mi
discosto cercando di non sembrare agitata,
con scarsi, scarsissimi risultati.
«Resta.»
dico invece e lo guardo dritto negli
occhi, i suoi occhi diversi, color del cielo.
«E
dove dovrei andare?» mi bacia la fronte,
ma a quel punto non riesco più a fermarmi.
Intercetto
le sue labbra prima che possano
sfuggirmi di nuovo.
Questa
volta è come quelle altre due volte.
Qualcosa mi si muove in fondo al corpo, un fiotto di nuovo calore, che
a
differenza del calore assassino dei miei sogni mi riscalda e non mi
consuma. È
con quel calore che lo bacio.
Lo
sento irrigidirsi di colpo, ma non per
questo ho intenzione di fermarmi, tanto più che a attimo
dopo attimo si
ammorbidisce e risponde con uguale passione… E
c’è altro.
La
consapevolezza del suo corpo diventa in
pochi momenti vera e le mie mani si trascinano con esitazione verso il
suo
petto, dove ogni bottone della sua leggera camicia mi sembra una
montagna insormontabile
sotto i polpastrelli.
Sfioro
il contorno rotondo e liscio di uno di quei bottoni prima di lasciarlo
scivolare fuori dall’asola. E a quello ne seguono altri.
Sento
di nuovo che le sue braccia nude si
contraggono, ma non accenna a volermi fermare, e io non lo
farò.
Un
brivido strano mi percorre la nuca quando
sento le sue labbra sfiorarmi il collo e fermarsi sulla spalla. Inspira
sulla
mia pelle, come se non avesse mai respirato in vita sua.
Mi
spinge verso il letto con delle piccole
spinte e a forza di baci, così impetuosi e ardenti che mi
costringono ad
indietreggiare.
Cado
sul materasso e pochi secondi dopo il
corpo profumato di Peeta torna sul mio.
Ad
un tratto però si ferma guardarmi negli
occhi:«Katniss, non illudermi di nuovo.» dice
sgomento.
Lo
guardo e mi reggo sugli avambracci per
arrivare vicino al suo viso chiaro. Lo bacio e intreccio una mano nei
suoi
capelli spingendogli la testa contro la mia.
«Mai
più.» il mio è un sussurro fievole che
però gli arriva chiaramente, e mi stringe la vita con un
braccio rituffandosi
sulle mie labbra desideroso di averle ancora una volta solo per
sé, mentre con
le dita comincia ad abbassare le bretelle della mia camicia da notte.
***
È
ormai notte fonda. Io sono ancora
abbracciata a Peeta.
L’aria
è piena di odore di muschio e di
dolci, i nostri profumi fusi in un odore incredibile e buonissimo,
quell’odore
stesso che mi circonda come fanno le braccia di Peeta.
Respira
piano contro la mia spalla, si è
addormentato ed è da un ora che non si muove, nella pace dei
sensi.
Facendo
attenzione a non svegliarlo, mi
rigiro tra le sue braccia fino a ritrovarmi schiacciata contro il suo
petto
robusto. Gli ravvivo una ciocca che gli copre le labbra e il naso.
Contemplo
i suoi lineamenti e mi stupisco di non essermi accorta prima di quanto
sia
bello. Ha un’espressione ingenua, quando dorme. Anche se sono
passati due anni,
ricordo ancora i settantaquattresimi Hunger
Games e la mia corsa disperata
per salvargli la vita, e tutto quello che era venuto dopo.
L’Edizione della
memoria, il Distretto 13, Capitol City.
Gli
do un bacio leggero a fior di labbra, ma la mia accortezza non basta.
Le
palpebre degli occhi di Peeta tremolano e si aprono e la sua bocca si
stira in
un sorriso nel vedermi accanto a lui. Conscio di avere le mani sulla
mia
schiena, comincia a disegnare con le dita sulla mia pelle tracciando
dei
fantasiosi ghirigori con fare esperto; si corruccia quando non riesce
ad
arrivare da qualche parte, ma ritrova il buon umore subito dopo.
Mi
bacia sulla fronte e sul naso, poi mi guarda in viso e sembra mettermi
a fuoco
dopo qualche momento.
Un
altro flashback, ne sono sicura, ha turbato il suo stato
d’animo.
Mi
bacia di nuovo sulla bocca, con veemenza.
Quando
si stacca il suo sguardo sembra aver preso un nuovo scintillio, mi
guarda,
avvicina la fronte alla mia e la tocca.
«Tu
mi ami. Vero o Falso?» sussurra.
Sorrido
sincera, felice, appagata. Sorrido perché sono lì
con lui. Sorrido per una
nuova vita. Sorrido per tutto quello per cui ho pianto. E soprattutto,
sorrido
per lui. Per Peeta. Sorrido perché lui sorride per me, ogni
giorno.
«Vero.»
Note
della pazza autrice
Buongiorno!
Innanzitutto
grazie a tutti coloro che sono arrivati a finire questo
ammasso di parole
questa storia.
Se
vi
è piaciuta, e anche se non vi è piaciuta (In tal
caso fatemi sapere perché)
lasciatemi una recensione, mi fanno un sacco di piacere e soprattutto
adoro
sentire i pareri degli altri, anche se sono diversi dai miei ^^
Accetto
tutto, dalle critiche costruttive
ai complimenti (Ma quelli li accettano tutti -.- *NdVoi), quello che
non
accetto sono insulti e critiche mosse senza spiegazioni, le trovo
inconcludenti
perché finiscono solo con lo scoraggiare
l’autore/autrice e non lo/la aiutano a
migliorare, che è il principale scopo di una recensione.
Detto
ciò, salute a voi e possa
la fortuna essere sempre a vostro favore!
LysL_97