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Autore: MarkNuar    29/05/2013    0 recensioni
A volte mi chiedo come deve essere vivere come una farfalla, mi chiedo come fa a vivere così poco senza essere triste. Forse ho capito il perchè :) Buona lettura.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Avete presente le farfalle? Ecco. Loro vivono 5 giorni, poco penseremmo noi, ma malgrado ciò vivono comunque, paiono felici.
Così una farfalla mentre stava volteggiando nel cielo passò di fronte ad un uomo, un uomo qualunque. Un uomo qualunque se non fosse per il fatto che si trovasse in una clinica per malati terminali. Lo chiameremo Mario, per convenienza, ma per ciascuno di noi può essere una persona diversa.
Mario aveva scoperto da poco di essere un malato terminale, un tumore nel suo stato ultimo lo stava indebolendo ogni giorno, lo corrodeva da dentro, dove d'altronde deriva ogni nostro male. Mario camminava per i giardini della clinica, in attesa dell’arrivo di suo figlio per un saluto. I passi erano sempre più pesanti, giorno dopo giorno, stava a stento in piedi con l’ausilio di un bastone. Ma gli uccelli cantavano e volavano comunque. Continuava a voltarsi verso il grigio edifico e poi verso l’azzurro infinito, solo un recinto lo separava da quella bellezza infinita. E vide la farfalla che stava volando passare prima davanti a lui e poi andarsene oltrepassando il recinto e volando via. Pensò: - Anche lei vive poco, ma vive allo stesso, perché io, invece, non posso? -. Continuò e continuò a ripetersi quella frase per molto tempo arrivando piano piano fino al recintò. Con la mano libera sii aggrappò a quella rete metallica e la strinse, più forte che poteva, sentiva il freddo ferro stridere, ma quel rumore in quel momento pareva più forte e amaro per lui. Cercò l’uscita, era poco lontana da lì e non c’era nessuno, non ne sapeva il motivo, forse le due guardie erano in pausa oppure qualcuno voleva proprio che uscisse. Indugiava, non era sicuro sul da farsi, ma scorse ancora la farfalla volare per i campi al di fuori della prigione e si decise, uscì dal suo letto di morte affidandosi al mondo. Il posto era molto bello, tra mari e monti, forse proprio per lasciar vedere le più grandi bellezze del mondo alle persone nella clinica. Ma Mario non voleva vederle, voleva viverle, per l’ultima volta. Non sapeva per quanto avrebbe camminato, non sapeva dove sarebbe andato e non sapeva cosa avrebbe fatto, si affidava al fascino della natura. Non sapeva quanto aveva ancora da vivere, ma ciò non gli interessava più oramai, gli interessava di più cosa avrebbe potuto ancora vivere. E la brezza marina gli accarezzò la ruvida pelle come una madre fa col proprio figlio, l’erba era come un morbido tappeto di lino e tutto era pervaso da un piacevole profumo salino. Camminò per un po’ finché non si stancò, le forze venivano sempre meno, ma c’erano, e si appoggiò con la schiena ad un albero lodando la bellezza e la maestosità della montagna che si reggeva di fronte a lui. Così si ricordò di quando era bambino chiudendo gli occhi lasciandosi trasportare dai ricordi…
Sognò un giorno particolare, stava giocando con i suoi amici nella sua casa in montagna. Forse era acchiapparella, nella mente aveva tante idee confuse, si ricordò solo che stavano correndo. Ogni passo affondava in un mare di petali bianchi, il respiro affannoso veniva fermato dalle continue risate, era davanti a tutti e stava correndo, finché non si ritrovò su un crepaccio e si fermò giusto in tempo. Guardò un attimo giù e scoppio dal ridere per quello che stava rischiando, non se ne era resto conto del pericolo che aveva passato e la giornata continuò tra risate e giochi d’ogni genere.
Mario si risvegliò di colpo, la farfalla si era posata sul suo naso e si era in qualche modo allertato. Sorrise e la seguì con gli occhi vedendo che ora volteggiava verso gli infiniti campi. Così riprese il suo cammino, passo dopo passo, non pensando a qualcosa in particolare, erano rimasti solo lui e la natura, si sentiva ancora una volta bambino. Vide che poco lontano da lui v’era un orto, venivano coltivati pomodori e decise di recarvisi. Ogni passo era un respiro e ogni respiro era sempre più lento e profondo, gustava l’aria come non aveva mai fatto, era fresca, delicata, fino a quel momento pensò che l’aria non potesse avere gusto, ma si rese conto che invece era dolce, aveva un dolce gusto di libertà. Raggiunto l’orto si chinò verso un pomodoro e con la poca forza che aveva in mano lo colse e lo avvicinò al viso, se lo passò sulla guancia per sentire quanto era liscio, bello, poi provò a mangiarne un pezzettino e un po’ del suo sugo le colò per tutta la mano sporcando la bianca veste che indossava. E sorrise. Poi si volle sdraiare, la stanchezza si faceva sempre più sentire, e appoggiò la sua testa nella calda terra madre chiudendo ancora gli occhi e sognando ancora…
Sognò come ogni sera, da bambino, nel suo lettino, si addormentava tra le calde coperte e il morbido cuscino grazie all’affetto dei suoi genitori che lo tenevano stretto, era il loro tesoro. Quelle notti erano prime di incubi, sognava solo cose belle, non aveva paura di niente riusciva a dormire.
Anche quel sogno fu fermato all’improvviso da un rumore che Mario ha sempre amato, il canto del mare. Si alzò il più in fretta possibile vedendo che la farfalla che aveva per tutto il tempo seguita volgeva ora anche lei verso il mare, la seguì finché non si ritrovò sulla sponda di una costa alta. Il mare era sotto di lui, le onde si spingevano l’un l’altra verso le rocce, sembrava che avessero voglia di salire sulla terra. Lentamente alzò lo sguardo e lo volse verso il sole che stava per lasciare il posto a sua sorella tingendo tutto il cielo di un caldo rosa, sfumando tutt’intorno. Mario tese il suo braccio quasi per toccarlo. La farfalla si posò sul suo braccio e lui la osservò e disse: - Ora ho capito come fai a vivere, tu semplicemente non lo sai quando tempo hai e vivi la tua vita, come vuoi, al meglio che puoi. Non pensavo che un giorno avrei imparato tanto da una farfalla, ma è accaduto e penso di aver capito il vero senso della vita. -. Proferite lentamente queste parole con un movimento del braccio lascio andare verso l’alto la farfalla e Mario si buttò in mare, con gli occhi chiusi sentendosi veramente realizzato. Si sentiva come una farfalla, il mare era sempre più vicino, da sempre aveva sognato di andarci e finalmente l’avrebbe fatto. Si ricordò di quanto fosse bello il cielo e sorrise. 
  
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