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Autore: AxXx    30/05/2013    1 recensioni
Anno 2034. Dopo un inverno nucleare durato venti anni gli ultimi uomini sopravvissuti al disastro cercano di sopravvivere con le poche risorse a loro disposizione in un mondo diventato, ormai ostile.
Adam Phoenix, giovane sopravvissuto che non ha mai visto la luce del sole, si trova a confrontarsi con pericoli ed avversità che metterebbero in crisi anche il più fanatico dei soldati.
Braccato dai sopravvissuti della C.A.O.S. (Comitato per l'Abbattimento Organizzato degli Stati) l'organizzazione criminale autrice del disastro, dovrà condurre un'intera colonia in un pericoloso viaggio lungo ciò che è rimasto degli Stati Uniti per raggiungere la California, scampata al cataclisma.
Genere: Avventura, Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Oscurità

 

 

 

 

 

Nessuno meglio di Adam Phoenix conosce l'oscurità.

Lui è nato nell'oscurità.

Due anni prima della sua nascita il mondo, sconvolto dai terribili attacchi della C.A.O.S. Fu costretto a misure di emergenza per fronteggiare i terroristi. Nonostante i terribili sforzi e i continui combattimenti nulla impedì a quei criminali di mettere le mani su venti ordigni nucleari all'idrogeno destinati allo smantellamento.

Questo lui lo sapeva solo nelle storie di sua zia.

Lui, infatti, non era mai stato in superficie.

Era nato sottoterra, dove i suoi genitori erano morti dopo averlo dato alla luce... o meglio, al buio.

All'esterno, le continue tempeste radioattive e l'inverno nucleare che ne conseguì, impedivano alle forme di vita, di sopravvivere. Chi usciva veniva investito da una quantità tale di radiazioni che, spesso, lo si poteva veder sciogliere sul posto.

Adam, però, non era mai uscito.

Viveva insieme allo zio Jonas e zia Betty Ann nei profondi sotterranei di uno stabilimento petrolifero a sud di Dallas nel centro sud degli Stati Uniti d'america.

Lui, del mondo, sapeva solo di trovarsi a circa ottanta metri sottoterra, dove, in un dedalo di gallerie e corridoi in metallo arrugginito, lui e i suoi unici parenti, avevano creato una nuova casa.

All'esterno, in California, dicevano che ce n'erano altri di suoi familiari: sua sorella maggiore, che avrebbe dovuto avere circa trent'anni e i suoi zii materni.

Ma lui non ne sapeva niente e, per quel che poteva immaginare, era probabile che fossero morti.

Suo zio lavorava in quello stabilimento e fu solo grazie a lui che trovarono il magazzino dove si trovavano le scorte di cibo. Teoricamente avrebbero dovuto durare solo un anno per cento persone, ma per sole cinque persone, bastavano ed avanzavano per vent'anni e più. Considerato, poi, che due erano morte, non ci sarebbero stati problemi.

Erano passati circa vent'anni dalla nascita di Adam e più o meno venti due da quando era iniziato l'olocausto nucleare.

 

 

 

 

Adam si guardò allo specchio della sua stanza da letto.

O meglio il cubicolo che faceva da stanza da letto: una fossa nera per i bisogni che dio solo sapeva dove finiva, un materasso vecchissimo e mezzo sfasciato che fungeva da letto, un paio di assi di legno che facevano da comodino e la sua attrezzatura da lavoro.

Il suo riflesso,ormai era uno dei pochi amici con cui parlava: un viso leggermente squadrato, pallido, con una leggera barba che gli oscurava il viso. Gli occhi azzurri erano, ormai abituati all'oscurità e non erano più spiritati da almeno un paio di anni.

I capelli bruni corti, attentamente tagliati gli davano un aspetto abbastanza curato, ma tutto sommato poteva tagliarseli meglio. Il corpo muscoloso per i lavori di ingegneria e per l'estrazione manuale del petrolio per continuare a muovere il loro generatore, era talmente pallido che si potevano vedere le vene sottopelle.

'Sembro un morto...' Pensò il ragazzo scutendo la testa e raccogliendo la sua roba.

"A lavoro, avanti." Ordinò al suo riflesso prima di voltarsi e avviarsi lungo lo stretto cunicolo di pietra che portava nella parte centrale del pozzo.

Dopo pochi minuti raggiunse un ampio strapiombo nella roccia separato dal resto del corridoio da una ringhiera di metallo, ormai arrugginita.

In fondo ad esso c'era un materiale simile a pongo ggrigio liquefatto che suo zio stava tirando su a fatica con un secchio aiutato dalla fioca luce delle lampade a benzina fissate alle pareti.

Jonas era di corporatura robusta, dovuta agli anni passati nell'esercito, prima di ritirarsi e lavorare come libero professionista nei pozzi di petrolio. Il viso era molto più magro e triangolare di quello del nipote, i capelli e la barba erano bianchi e anche la sua pelle era scarna e pallida.

"Ehi, figliolo!" Lo saluto cordialmente l'uomo, mentre tirava su il secchio a fatica.

"Potevi aspettarmi, non ho mica fatto tardi." Rispose scherzoasamente Adam aiutandolo ad issare il secchio per gli ultimi due metri.

"Avanti facciamone un altro."

"Dopo, figliolo." Lo interruppe il più anziano con l'aria improvvisamente seria.

Il ragazzo si fermò e osservò lo zio preoccupato. Conosceva bene quello sguardo: l'aveva usato solo una volta, dieci anni prima, per dirgli la verità e che non erano loro i suoi genitori, ma che quelli veri erano morti alla sua nascita. Quello era lo sguardo che significava: 'devo farti un discorso di importanza vitale.'

Adam attese due minuti, mentre suo zio continuava a fissarlo con la mascella serrata e lo sguardo fisso, mentre un tombale silenzio si propagava in quella fossa buia e oscura.

Poi, alla fine, Zio Jonas parlò.

"Ho deciso di ritentare: andrò in superficie."

A quelle parole il cervello del giovane ebbe una reazione istintiva: afferrò l'uomo per la camicia e lo tirò a se con rabbia.

"Zio! Sei impazzito!? Lassù ci sono le radiazioni! Morirai appena farai il primo passo!" Urlò shocato.

"Toglimo le mani di dosso, ragazzo!" Rispose l'altro prontamente. Con un rapido movimento si liberò della presa del nipote e, usando una delle mosse di autodifesa che aveva imparato nelle forze armate, lo immobilizzò a terra.

Mark tentò di divincolarsi, ma la presa dello zio era ferrea, impossibile da sfuggi rgli.

"Calmati, ora!" Ordinò il più anziano con calma.

Adam ubbidì e si fermò respirando profondamente, mentre il cuore rallentava le sue pulsazione e il respiro tornava normale.

"Io andrò lassù, in superficie. Le radiazioni si dovrebbero essere diradate almeno un po'... dovremmo vedere se ci sono altri sopravvissuti." Spiegò tranquillamente l'uomo, pronto a respingere altre mosse del nipote.

I due si guardarono, sfidandosi per alcuni interminabili secondi, ma nessuno dei loro accennò a muoversi.

"Va' bene!" Rispose, alla fine, Adam, esasperato. Sapeva bene che suo zio era troppo testardo per rinunciare.

"Ma io vengo con te... e non provare a dirmi di no!" Aggiunse subito il giovane, prima che zio Jonas potesse obbiettare.

 

 

Zia Betty Ann non fu per niente contenta quando le fu comunicata la notizia: obbiettò in tutti i modi possibili, affermando che era troppo pericoloso e che avevano ancora abbastanza scorte da sopravvivere ben più di cinque anni e che, quindi, non era necessario arrischiarsi all'esterno.

Tuttavia, nonostante le sue proteste, non riuscì a far desistere i due dal loro intento che, a quel che diceva l'orologio di Jonas, si ritrovarono alla scala che portava all'esterno alle ora 16.12.

Mark osservò la il corridoio che suo padre aveva liberato undici anni prima dai detriti dovuti all'esplosione per poter uscire. Sfortunatamente era morto appena mise il naso fuori intossicato dalle radiazioni.

'Quattro anni di lavoro per liberare questo passaggio... e sei morto in meno di un secondo.' Pensò tristemente Adam osservando il metallo arrugginito dei tubi che affiancavano il corridoio.

Sia lui che suo zio indossavano due pesanti giacconi, cappelli, una maschera sul viso e due pantaloni sovrapposti.

Era ovvio che non li avrebbero protetti dalle radiazioni, ma avrebbero comunque protetto i due per pochi, ma preziosi secondi.

"Ricorda... se il rilevatore mostra un livello di radioattività troppo elevata corriamo di nuovo dentro e non ci fermiamo per nessuna ragione, capito?" Gli raccomandò suo zio guardandolo dritto negli occhi per dare enfasi alle sue parole.

"Sì... ho capito..." Sussurrò Adam con i nervi a fior di pelle.

Il ragazzo sentì la paura montare, mentre l'adrenalina gli riempiva il corpo facendo accelerare il cuore e, di conseguenza lo scorrere del sangue.

I due osservarono la scala che portava di sopra con apprensione, muovendo ogni passo con attenzione maniacale, quasi temendo di attivare una trappola.

Zio Jonas teneva in mano una specie di scatoletta gialla che contnuava ad emettere un bip ad intervalli regolari.

"Se il suono aumenta di velocità, significa che le radiazioni aumentano." Spiegò l'uomo squotendola davanti al giovane.

Salirono le scale lentamente, venti metri in più di due minuti per assicurarsi che non ci fossero pericolo, fino ad arrivare alla porta.

"Fin qui niente... ora viene la parte pericolosa..." Sussurrò Zio Jonas aprendo cautamente la porta di metallo.

Piano, con delicatezza, l'anziano uomo aprì uno spiraglio e subito il rilevatore aumentò leggermente la velocità di emissione. I due rimasero con il fiato sospeso per una decina di secondi, fino a che Jonas non spalancò la porta con un colpo secco.

Adam sobbalzò saltando due gradini all'indietro, pronto alla fuga, ma l'apparecchio non aumentò molto la velocità di emissione del suono e le lancette non raggiunsero la soglia critica.

"Ci sono molte radiazioni, ma non dovrebbero essere così forti da ucciderci... se rimaniamo coperti dovremmo sopravvivere." Disse suo Zio arrischiando qualche passo all'esterno.

Appena usciti si ritrovarono all'interno di una grande costruzione di metallo simile ad un hangar con decine di macchinari per lo stoccaggio del petrolio e la sua conversione in benzina.

Adam osservò con curiosità quei macchinari, mentre si muoveva cautamente insieme a suo zio tra quegli ammassi di metallo che non si muovevano da qualche decennio.

"Prima lavoravo qui... coordinavo gli operai che stoccavano il petrolio per mandarlo in tutta l'america." Spiegò lui, avanzando verso una porta abbattuta, dalla quale si intravedeva l'esterno.

Per la prima volta dalla sua nascita vedeva il mondo esterno.

Il desolato panorma di un mondo desertico martoriato dalle radiazioni e dalle esplosioni nucleari. Gli edifici vuoti, bruciati intorno a lui erano carcasse di un luogo che un tempo era ricco. Arbusti, dall'aria contorta crescevano qua e la, senza ordine o controllo, con i loro rami tozzi e contorti, come mani scheletriche pronte ad afferrare i malcapitati.

Il cielo era una massa compatta di nubi grigie e arancioni che impedivano la visuale di qualsiasi cosa ci fosse oltre di esse; solo dalla poca luce si intuiva che fosse giorno.

Questo intristì non poco Adam: lui sperava davvero di poter ammirare quello che sua zia aveva definito lo 'spettacolo folgorante del sole', ma quelle nubi non erano ciò che il giovane si era aspettato.

Setacciarono tutto lo stabilimento, ma non c'era anima viva; non che si aspettassero di trovare qualcuno: probabilmente chi lavorava lì era fuggito.

Dopo diversi minuti raggiunsero un garage, sotto l'edificio di controllo centrale, dove trovarono un vecchio furgone che sembrava ancora in buone condizioni.

"Con questo dovremmo riuscire ad andarcene. Tu occupati di ripararla, io controllo se c'è qualcos'altro e avverto Betty." Ordinò zio Jonas avviandosi verso la parte più interna dell'edificio.

Adam si mise subito a lavoro alzando il cofano della macchina che proteggeva il motore.

"La batteria c'è... sembra ancora funzionante. L'olio... possiamo usare quello che abbiamo, quello che è qui sembra un po' vecchiotto. Manca la benzina, ma possiamo aggiungerla noi... ovvio... manca l'acqua, probabilmente evaporata." Disse, elencando i problemi a bassa voce per avere un quadro completo della situazione.

Ringraziò mentalmente zio Jonas che era un bravo meccanico e gli aveva insegnato a riparare praticamente ogni cosa.

Il motore non era messo male, ma sembrava che le parti più importanti fossero ancora intatte, nonostante i decenni di inutilizzo.

'Avrà senz'altro bisogno di riparazioni, ma entro domani, io e zio Jonas, la faremo ripartire.' Si disse fiducioso il giovane, ricollegando un paio di cavi alla batteria.

Il lavoro da fare era parecchio, ma negli anni, Adam aveva imparato che la pazienza era la migliore alleata nei guasti: tutto si poteva rompere e se si agiva di fretta, si rischiava solo di peggiorare le cose.

Ecco perché bisognava mantenere la calma e mettere ogni energia, e tutta l'attenzione necessaria, nel risolvimento di ogni singolo problema, in modo che, una volta sistemato il tutto, non ci fossero altri intoppi.

Mentre risistemeva alcuni punti del condotto di collegamento tra il serbatoio e il contenitore del liquido di raffreddamento, zio Jonas scese in fretta le scale e lo incitò a salire.

Adam si precipitò su, insieme al vecchio e salì a due a due i gradini dell'edificio, fino al secondo piano, dove era poggiato uno strano apparecchio simile ad una radio.

"Presto, dammi una mano! Ho captato una frequenza ancora attiva." Disse suo zio con entusiasmo mentre si metteva ad armeggiare con una manovella.

All'inizio il ragazzo credette che l'uomo si fosse beccato una botta in testa o che il caldo lo avesse fatto impazzire, ma, all'improvviso, dalla radio uscì una voce.

Un uomo, probabilmente della stessa età di zio Jonas, stava comunicando un messaggio.
"Qui è John Ewell, chi non ha cattive intenzioni, risponda a questo messaggio, ripeto, chi non ha cattive intenzioni, risponda subito." Continuava a ripetere.

Zio Jonas prese rapidamente una specie di cornetta alla quale era collegato un apparecchio simile ad un Wolkie-tolkie in mignatura.

"John, John, merda! Sono io, Ron Jonas! Sei tu!?" Chiese con furia lo zio con la voce tremante per l'emozione.

"Cosa!' Cazzo, Ron, tu sei vivo!? Credevo fossi rimasto sepolto con la tua famiglia nei pozzi!" Rispose l'uomo dall'altra parte con entusiasmo.

"Sai che ho la pelle dura, dove ti trovi?" Chiese subito l'uomo dai capelli bianchi con un sorriso che lo faceva sembrare dieci anni più giovane.

"È da un anno che sto gestendo la comunità al mio ranch. Siamo una ventina di persone e uno come te ci farebbe comodo, sono due miglia a nord di McKinney, ci raggiungi?" Chiese Ewell dall'altra parte della radio.

Adam sapeva che quella città non era molto lontana, almeno a quanto aveva detto sua zia, ma non aveva mai provati di persona a raggiungere quel luogo.

"Certo che sì... appena avrò recuperato mia moglie e riparato una macchina veniamo da te. Non ti preoccupare!" Rispose Jonas con entusiasmo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Salve, sono AxXx e mi presento su questo fandom con una storia veramente venuta fuori dalla mia testa (E ispirata ad un libro) Che spero che vi piaccia. Invece delle solite distopie in cui l'uomo viene ridotto ad una macchina, qui vedremo la maggior parte di loro ritornare allo stadio di bestie in un mondo bruciato da un olocausto nucleare che ha ridotto il mondo in cenere.

Il protagonista ha un nome emblematico, quindi vi lascio alla vostra immaginazzione.

Ora, sono indeciso se lasciarlo sul fandom 'Fantascientifico' o su quello 'storico' Non mi dispiacerebbero dei suggerimenti, se me li date, grazie.

AxXx 

  
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