Importante!
– Allo scopo di comprendere meglio la one-shot, è bene
conoscere la storia della Piccola Fiammiferaia.
“Mamma! Mamma!”
Kurenai correva incontro a sua madre, un sorriso sulle
labbra, saltellando per le strade periferiche di Konoha.
Sulla schiena due paia di ali di carta e un piccolo vestitino azzurro dalle
maniche scucite.
La gente si voltava al suo passaggio, bisbigliando. Ma
Kurenai non vi badava… non importava che la
chiamassero ‘bastarda’ o ‘strega’ o ‘Piccola Fiammiferaia’ per via dei suoi
occhi.
Lei era un angelo, almeno per oggi. Un angelo!
“Hai visto mamma? Mi hanno dato la parte dell’angelo
alla recita! Non è bellissimo questo costume?”
La mamma aveva abbassato il viso verso di lei e le mani
della figlia si erano aggrappate saldamente alla sua gonna, sporca e grigia,
diversa da quella più sgargiante che vestiva quando usciva la sera.
Gli occhi della mamma erano così grandi e chiari… diversi dai suoi. Non l’avrebbero mai chiamata
Piccola Fiammiferaia, perché non aveva brace negli occhi. Ma il suo nomignolo
era ancora sconosciuto alle orecchie della piccola Kurenai. Puttana.
La bambina piroettò su se stessa, ridendo. “Non sono
un angelo, mamma?”
Kurenai non avrebbe voluto sentire sulla pelle
l’orrore della madre. Non oggi, che era un angelo. Ma quando aveva alzato il
mento, aveva osservato i suoi stessi occhi rossi [una sigaretta che si consuma piano] nelle iridi celesti: per la mamma
lei sarebbe sempre stata un incidente.
Ma lei
voleva essere un angelo.
Almeno
per oggi… ‘Sempre’ era un tempo così lungo…
“Questo mondo non è per le favole, Kurenai.” la voce
di sua madre era stanca, come se vivesse trascinandosi, ombra della donna
vigorosa che era stata un tempo. “Gli angeli non esistono.”
Until the last
match
~ Fino all’ultimo fiammifero ~
[Parte I
Pallida
Speranza]
Sparkling angel [Angelo splendente]
I believed [Credevo]
You were my savior [tu fossi il mio salvatore]
In my
time of need
[Nel momento del bisogno]
Blinded by faith [Accecata dalla fede]
I couldn’t hear [Non riuscivo a sentire]
All the whispers [Tutti i mormorii]
The warnings so clear [I segnali di pericolo così chiari]
Le strade di Konoha erano
gremite di gente, e in quei giorni il villaggio era animato più che mai,
nonostante i recenti attacchi.
Tutti erano indaffarati a ricostruire, vendere,
sistemare, e a Kurenai piaceva quella situazione. Nessuno ti osservava se non
di sfuggita, non riuscendo a vedere il volto di chi passava, ed era un po’ come
essere un fantasma. Una semplice donna [non
strega] che passeggiava scortata da un jounin. Piacevole.
Avrebbe goduto con più tranquillità quella giornata di
spese senza la presenza di Asuma. Non le era antipatico, ma…
riusciva sempre a metterla in ansia, con le piccole attenzioni che le dedicava.
Come poco prima, quando si era voltata per
ringraziarlo (più per educazione che per altro) e lui le aveva sorriso
dolcemente dicendole: “Lo faccio volentieri, non posso lasciare una ragazza
così carina tutta sola, non credi?”
Kurenai era arrossita e aveva forzato un sorriso
radioso. “Sei troppo buono, Asuma.”
Asuma aveva alzato le sopracciglia, replicando: “Io?
Buono? Sono solo sincero, sei una delle più belle ragazze che abbia mai
incontrato, Kurenai.” Il suo nome era
un soffio di fumo tra le labbra di lui, della stessa consistenza, impalpabile e
leggera. “Forse sei tu che ti sottovaluti.”
Lei aveva sospirato, riscontrando la sincerità nei
suoi occhi.
Molto tempo prima, osservando il mondo intorno a sé,
aveva imparato a leggere le persone attraverso gli occhi. Le aveva fatto più
volte male, ma si era trasformata in un’utile abilità quando era entrata
all’Accademia.
Ma quella sincerità di sentimenti la spiazzava. Erano
dieci minuti buoni che fingeva di ascoltarlo, la mente che vagava da tutt’altra
parte.
Asuma era veramente un uomo dal cuore d’oro, rifletté,
uno dei migliori jounin con i quali si era trovata a contatto. Ma non poteva
evitare di sentirsi tesa, anche in sua compagnia.
Nella testa rimbombavano solo anni e anni di
maldicenze. Strega. Bastarda. E il peggiore di tutti: Piccola Fiammiferaia.
La piccola fiammiferaia muore, alla fine del
racconto.
Questo n
o n è lieto fine.
Asuma era un uomo affascinante. Ma Kurenai non
riusciva a capirlo, e la sua vicinanza la spaventava più di quanto ammettesse.
Non le piaceva quella sigaretta che penzolava dalle
sue labbra, piccolo occhio rosso nella
notte, e aveva paura di quel sorriso, perché era il sorriso che aveva
sempre immaginato nel principe azzurro.
“Questo
mondo non è fatto per le favole, Kurenai. Gli angeli non esistono.”
Si trovò il viso di Asuma a pochi centimetri dal suo.
“Ehi… Kurenai, tutto bene?”
Lei arrossì, e balzò all’indietro, e sorrise
goffamente. “Sì, scusa, stavo pensando se mi mancava qualcosa a casa.” Mentì
prontamente, lanciando poi uno sguardo davanti a sé, trovando, sconcertata, la
figura di Kakashi intento a leggere il suo solito libro accanto ad una sala da
the.
“Ehi, ma… quello non è Kakashi?”
Asuma si accigliò lievemente, ma non aggiunse altro; avanzarono
verso il jounin e, a poca distanza dal locale pubblico, Kakashi si voltò verso
di loro, allontanando l’occhio scoperto dal ‘Icha Icha Paradise’ e lasciando che
pigramente vagasse su loro due, analizzandoli.
“Ehi, voi due. Sembrate una bella coppia assieme.”
Intuendo la malizia nella voce del jounin, Kurenai si
sentì arrossire, imbarazzata.
Non siete
una bella coppia. Non lo sarete mai. La Piccola Fiammiferaia non è Cenerentola,
Kurenai.
“Idiota, siamo qui solo perché Anko
mi ha chiesto di comprarle alcuni dango*.” Si
affrettò a spiegare, voltando la testa di lato.
Asuma, al contrario di lei, non pareva per niente
impacciato da quell’insinuazione sottile. Mosse lievemente la sigaretta, e
irrigidì appena la mascella. Kurenai lo notò, e gli rivolse un’occhiata
perplessa.
“Invece tu cosa stai facendo qui?”
Kakashi non batté ciglio, limitandosi a quello sguardo
placido e imperscrutabile; la maschera sicuramente lo aiutava a nascondere i
suoi sentimenti.
“Beh, ho comprato del Sonae Mono* ed ho un appuntamento qua davanti” gli occhi scuri
del jounin si spostarono a lato “con Sasuke.”
Velocemente, anche Asuma gettò lo sguardo nella
medesima direzione di Kakashi, esaminando l’interno del locale; Kurenai seguì
docilmente quelle azioni, captando una certa tensione nell’aria. Dentro, vide
due figure avvolte in mantelli neri con curiose nuvole rosse e bianche, e un
cappello di paglia che celava il loro volto. Kurenai era convinta di aver visto
uno dei due – il più basso – stringere appena il bicchiere pieno di liquido
caldo al nome di Sasuke.
“Oh?” commentò tranquillo Asuma “E’ strano vederti
aspettare qualcuno. Quel cibo è per la tomba di Obito?”
“Obito?” fu il commento stranito di Kurenai. Obito? Chi è?, si chiese perplessa,
anche se aveva intuito il coinvolgimento dei due individui sospetti. Come al
solito, Asuma e Kakashi avevano il loro modo di intendersi, senza parole, dal
quale lei rimaneva esclusa. Questo avrebbe dovuto irritarla, ma non era così.
Un legame del genere, avrebbe potuto schiacciarla.
“Beh sì, qualcosa del genere.” Disse evasivo Kakashi,
l’occhio scoperto che fissava Sasuke Uchiha avvicinarsi a loro.
“Kakashi…” esordì il
ragazzino, sospettoso “è strano che tu sia arrivato prima di me.”
Kakashi sorrise mestamente sotto la maschera. “Una
volta ogni tanto.”
Kurenai lanciò un’occhiata di traverso al locale,
vedendo che i due individui sospetti erano scomparsi. Si accigliò, e trattenne
un sospiro stanco.
Come jounin, aveva il dovere di accertarsi che non
fossero nemici… ma se Kakashi e Asuma sospettavano di
loro, allora l’aspettava, forse, addirittura uno scontro. Fortunatamente,
analizzò svelta, aveva chakra in abbondanza, dato che in due giorni si era occupata
soprattutto di scartoffie.
Sasuke fece una smorfia. “Non mi piacciono i Natto* e tutti gli altri dolci.”
Lanciò un occhiata a Kakashi ed annuì, scomparendo con
Asuma. Li avrebbero spiati loro due, e sarebbero intervenuti. Il Villaggio
poteva non accorgersi di nessuno, ma era dovere dei jounin vigilare su un
villaggio cieco.
Non fu difficile seguirli. I due avevano camminato
senza fretta, percorrendo la via del fiume, senza dare segno di essersi accorti
di lei e Asuma. Questi le fece un cenno, e lei annuì, e con un balzo scese a
terra, sbarrando l’avanzata degli intrusi. Non potevano permettere loro di
andare oltre, non senza una conferma della loro identità (anche se già
sospettava qualcosa).
“Ehi voi due. Non mi sembrate abitanti del villaggio.
Cosa siete venuti a fare qua?”
La risposta all’intimidazione fu veloce. “Non ci vediamo da molto tempo, Asuma-san, Kurenai-san.” Almeno
uno, constatò con freddezza, era di Konoha.
Quando il capello di paglia ricadde a terra, Kurenai
si sentì mozzare il fiato in gola.
Itachi Uchiha li osservava munito dello sharingan [simile
alla sigaretta che penzolava dalle labbra di Asuma. Simile agli occhi della
piccola fiammiferaia, ma senza paura alcuna].
I muscoli si irrigidirono, e la tensione rischiò di
soffocarla. Tutto si svolse velocemente: la rivelazione dell’identità del
compagno di Itachi Uchiha, Kisame Hoshigaki,
lo scambio di battute e poi la prima mossa di Kisame,
che abbassò una strana arma coperta da bende verso di loro, fermata dalle due
lame di Asuma che prontamente la protesse.
Kurenai scivolò all’indietro, mosse veloce le dita e
svanì grazie al suo speciale genjutsu.
Concentrazione,
devi s o p r a v v
i v e r e [come sempre].
Non riuscì a reprimere un brivido, e l’angoscia prese
il sopravvento su di lei, distraendola. Non erano pronti per affrontare dei
criminali di classe-S, non da soli. La
disparità di forze era ancora da verificare, ma aveva visto Asuma sforzarsi di trattenere quella spada.
Inoltre sarebbe stata lei ad affrontare l’Uchiha – e quei suoi occhi rossi che erano troppo simili ai quelli che vedeva ogni
giorno allo specchio.
Un gemito represso la risvegliò e, alzando gli occhi,
vide Asuma stringere i denti e serrare le dita intorno alla spalla sinistra,
dalla quale zampillava sangue. Kurenai sobbalzò e chiuse gli occhi,
concentrandosi su Kisame e cominciando il suo genjutsu contro di lui.
Osservò di sfuggita il lieve sorriso di Asuma. “Sei in
ritardo, Kurenai.”
Cacciò il senso di colpa che l’avrebbe nuovamente
distratta e con determinazione si impose di combattere contro l’Uchiha.
Infondo, bastava non guardarlo negli occhi, si disse, e mentalmente costruì
l’illusione di un albero, che cominciò a circondare l’Uchiha.
Afferrando il kunai, Kurenai spuntò sopra la testa
dell’Uchiha, che la fissava, un’ombra di sorriso di scherno sulle labbra.
Avvertì nei meandri della sua mente un’intrusione e, allarmata, alzò il
braccio. “E’ finita!” abbassò la lama contro Itachi.
Si trovò al posto del ninja, intrappolata nella sua
stessa illusione, davanti a sé Itachi armato.
Si morse il labbro, per poterne uscire, ma mentre
faceva questo una voce le rimbombò in testa.
“Sei una
piccola fiammiferaia in cerca di un desiderio, Kurenai-san?”
Kurenai allargò gli occhi, e schivò per un soffio l’affondo
di Itachi.
Distratta, fragile, esposta: sentì un retrogusto amaro
sul fondo della gola.
L’Uchiha non le diede il tempo di riprendersi da
quell’intrusione, attaccando nuovamente. Kurenai portò le braccia sul petto,
parando un calcio, ma senza poterne attutirne la forza; fu sbalzata indietro e
cadde nel fiume.
“KURENAI!”
La voce di Asuma gli giunse smussata dal frastuono
dell’acqua; usando il chakra, Kurenai rimase sul bordo dell’acqua, il fiato
corto e lo stomaco contratto.
Non stava
bene. Non voleva pensare.
Mise una mano sopra il ginocchio per issarsi, ma
ancora quella voce formale e fredda le invase i pensieri.
“Io posso
trasformarti in un angelo, per sempre.”
Avvertì la presenza di Itachi, dietro alle spalle e dentro di sé.
Trattenne un urlo fra le labbra; sentiva nel petto un
ago trapassarle la pelle e la mente annebbiata da troppi pensieri e ricordi che
si inanellavano uno sull’altro, stordendola.
“Mi spiace per te, Kurenai-san…”
Kurenai si voltò, e affrontò quegli occhi scarlatti provando
rabbia.
Quegli occhi portavano solo dolore.
“Ma…”
“Ma finisce qui.”
Kakashi intervenne. Velocemente riuscì a fermare sia
l’attacco diretto verso di lei e quello verso Asuma. L’arrivo di Gai, poco
dopo, mise in fuga Kisame e Itachi.
Kurenai e Gai portarono di corsa Asuma e Kakashi
all’ospedale; lei si fece visitare docile, e giacque per qualche ora nella
stanza dell’ospedale assegnatale, coprendosi gli occhi con la mano.
Non smetteva di pensare a quelle parole, le
rimbombavano [involontariamente?] negli occhi.
[ Ma lei
voleva essere un angelo.
Almeno
per oggi… ‘Sempre’ era un tempo così lungo… ]
Kurenai strinse le palpebre, e schiacciò il petto
contro il materasso.
Sospirò, si rigirò, e infine andò alla finestra. Konoha si avviava verso il tramonto. A nessun ninja poteva
piacere un momento del genere, simbolo di effimerità del giorno e di sangue.
Non era un momento romantico. Solo una
sottile tortura.
Aprì la finestra, saltò nel cortile, e spiò dentro la
camera di Asuma. Lui le stava di spalle, grattandosi la schiena bendata, e
fumando la solita sigaretta.
Kurenai vide quel tiepido fuoco diventare cenere, e
cadere a terra. Si morse il labbro, si voltò, e corse verso una [unica] labile
speranza.
Non fu sorpresa di trovarlo ad aspettarla. Anzi,
l’avrebbe sorpresa il contrario.
Lo sharingan non si era
ancora disattivato, e osservava ogni suo minimo movimento.
Di che colore era il mondo con quegli occhi? Forse lui
non vedeva quanto fossero simili ai suoi, macchiati di sangue e impuri?
“Cosa volevi dire, Uchiha?”
La voce le uscì calma, appena tremolante. Ne fu
abbastanza soddisfatta, come lo fu di appurare che la mano che stringeva il
kunai – forse con un po’ troppa forza – non vacillava.
“Kurenai-san…” lei deglutì,
e si artigliò il palmo libero dall’arma. “…sai bene
cosa ti propongo.”
Soppesò la risposta, e trattenne un sospiro.
“Perché dovrei abbandonare Konoha?”
incalzò.
Itachi sorrise appena. “Un villaggio che ha avuto
sempre paura di te?”
Lei sussultò, e avvertì una fitta al petto. La voce di
Itachi la raggiunse nella testa.
“Konoha ha spento le tue speranze. Come la chiamano, Kurenai-san? Ah, Piccola Fiammiferaia.”
Ricordi
chiusi a chiave nella sua mente, ma che troppo spesso riuscivano.
[ Lei era
un angelo, almeno per oggi. Un angelo!
“Hai
visto mamma? Mi hanno dato la parte dell’angelo alla recita! Non è bellissimo
questo costume?” ]
Kurenai si fasciò la testa con le mani e cadde in
ginocchio, urlando e singhiozzando. “BASTA! BASTABASTABASTA!”
Impassibile, Itachi si avvicinò e le alzò il mento.
Kurenai trattenne un grido, vedendo in quelle iridi rosse i suoi occhi, e
avvertì un conato alla base della gola.
“La verità fa male, Kurenai-san.”
Le disse. “Io posso illudervi.”
Kurenai riabbassò il volto, e respirò affannosamente.
Poi, debolmente, annuì, consegnandosi volontariamente
ad Itachi Uchiha.
Non avrebbe mai pensato che sarebbe stata salvata da
due occhi [illusori] che causavano
solo dolore.
Non aveva intuito che quegli occhi l’avrebbero consumata.
*
[Parte II
Consumarsi]
Sparkling angel [Angelo splendente]
I couldn’t see [Non riuscivo a vedere]
Your dark intentions [Le tue intenzione oscure]
Your feelings for me [I tuoi sentimenti per me]
Fallen angel [Angelo caduto]
Tell me why [Dimmi il perchè]
What is the reason? [Qual’è il motivo?]
The thorn in your eye? [Il tuo cruccio?]
Kurenai abbassò il volto e baciò quelle guance segnate
da profonde occhiaie.
Fece scivolare le labbra contro quegli zigomi duri, e
scese fino a ricercare altre labbra screpolate dal freddo che regnavano nel
Paese della Neve.
Sentì le mani gelide di lui sui fianchi, e sospirò
deliziata, nascondendo una risata tra i capelli d’ebano.
“Itachi…” rise. “Sei freddo…”
Lui si mise sopra di lei, e le baciò il collo candido.
“Stanco stasera? Hai ancora combattuto contro quei
traditori di Konoha e Suna?”
gli chiese, come una devota mogliettina.
Ma d’altronde era il compito giusto consolare il
proprio amante, essere il suo angelo… non era vero?
Anche se sopportare quella vita di vagabondaggio con
lui era proprio difficile a volte; ma fin da bambina si era innamorata di lui,
e quando le aveva chiesto di partire con lei, per combattere contro il nuovo
tiranno di Konohagure, lo aveva subito seguito,
pronta a rinfrancarlo.
Itachi non rispose, ma la spogliò, e Kurenai fu presto
sommersa da una miriade di sensazioni diverse, mentre sprofondava in una
pacifica estasi.
Era così perfetto, il suo mondo, che alle volte temeva
fosse solo un bellissimo sogno.
Quando Itachi uscì dalla stanza, Kisame
lo guardò accigliato.
“Itachi-san, quando la
smetterai di sbatterti quella donna? Ti consuma il chakra questa cazzo di
tecnica illusoria.”
Itachi non gli rispose e indossò il mantello dell’Akatsuki, facendogli cenno di partire.
Kisame sbuffò,
ma uscì dalla stanza d’albergo, digrignando di denti.
Itachi lanciò un’occhiata alla porta chiusa della
stanza, e i ricordi di quella bambina dagli occhi rossi gli affollarono la
mente. Un minuscolo sorriso scomparve dietro il bavero del cappotto.
Quanti
fiammiferi potrai utilizzare, piccola fiammiferaia? Quanti ne brucerai?
*
I see the angels [Vedo gli angeli]
I’ll lead them to your door [Li condurrò alla tua porta]
There is no escape now [Non c’è scappatoia, adesso]
No mercy no more [Nessuna pieta, non più]
No remorse cause I still remember [Nessun rimorso perchè ancora ricordo]
The smile when you tore me apart [Il tuo sorriso quando mi hai buttata
via]
Il sole era tiepido, e le scaldava le guance e il naso
infreddolito.
Kurenai trattenne un brivido, e si strinse le braccia,
lasciando scivolare lo sguardo lungo il giardino dell’albergo.
Ispirò l’aria secca e gelida d’inverno, e un piccolo
sorriso le illuminò il volto.
Si sentiva così bene a passare ore e ore a fissare il
paesaggio innevato del Paese della Neve, le piaceva quel candore che ricopriva
ogni cosa.
Era tutto innocente, in quel luogo.
Non vi era una cosa sporca.
Vero?
Era una piccola bolla di cristallo, senza ansie né
paure quel luogo. E lei era una donna, che aspettava il suo amante beandosi di
un piacevole calore che nasceva da dentro di sé.
[ Ben
presto, Kurenai, sarai costretta a risporcarti.
Questo
fiammifero (effimero desiderio) non può durare per sempre sai?
Anche il
fuoco delle sigarette, prima o poi, si spegne. ]
L’ennesimo brivido la percorse e Kurenai decise di
chiudere l’ante; le lunghe dita strinsero la manopola della finestra e la
chiusero.
Un’impercettibile rumore la scosse, e con orrore si
percepì una presenza alle sue spalle [non
erano due occhi di fuoco, ma l’odore di tabacco le riempì le narici].
Si voltò, vigile, accarezzando il kunai sotto il
maglione largo di lana.
“Chi è?” domandò ad una stanza apparentemente vuota.
Un piccolo sbuffo la fece ruotare verso destra, arma
ormai in mano e sguardo duro. Itachi le aveva insegnato come combattere, nel
caso qualcuno dei suoi nemici l’avesse rintracciata e lei fosse in pericolo.
Kurenai aveva imparato presto ad usare le armi, e Itachi l’aveva guardata
muoversi con dimestichezza, come un ninja.
[Sapevi a
memoria ogni mossa, Kurenai. Nessun dubbio su quest’illusione?]
Appoggiato con la spalla alla soglia della camera, un
uomo bruno fumava placidamente, tenendo di lato la sigaretta consumata.
Sentì quegli occhi scuri (di cenere) fissarsi su di lei e percorrerla da capo a piedi,
facendola arrossire e rabbrividire.
Provò un disagio sotto quegli occhi che non le era
sconosciuto.
“Chi sei?!” la voce si era fatta più acuta, più
spaventata.
Sentiva la testa martellarle, e una voce maschile
rimbombarle negli orecchi, simile ad una maledizione: “Lo faccio volentieri, non posso lasciare una ragazza così carina tutta
sola, non credi?”.
In un soffio di fumo, il suo nome.
“Kurenai…”
Spalancò gli occhi, riconoscendo la voce martellante
con quella dell’uomo davanti a lei.
D’un tratto, l’eco della sua voce si sostituì con
l’immagine di quell’uomo che la proteggeva dal compagno di Itachi dalla pelle
bluastra, al ricordo di mesti sorrisi con una sigaretta penzolante, alla
sensazione della sua mano appoggiata sulla sua.
Ricordi…?
“Non ti conosco.” Tremò senza controllo, mentre una
strana sensazione di spossatezza e ansia la indeboliva, facendola vacillare.
L’uomo serrò la mascella, e la sigaretta smise di
oscillare mollemente.
“Che ti ha fatto quel criminale?”
Lei sobbalzò a quella risposta dura e piena d’ira
repressa.
“Non so…” Deglutì, e si
rimise in posizione difensiva, cercando di fermare le immagini che le si
accavallavano in testa, una dopo l’altra. Come un film…
ma chi era la protagonista? Quella bambina dagli occhi rossi che piangeva
davanti ad un focolare? “Non so di cosa tu stia parlando, ma vi prego di
andarvene. Non voglio ricorrere alle armi.”
L’uomo si irrigidì e spense sulla parete la sigaretta,
che cadde a terra, bruciata, avvicinandosi di qualche passo a lei.
“Kurenai, sono Asuma… kami, che ti ha fatto quell’Uchiha?!” le domandò
apprensivo, allungando una mano verso di lei.
D’istinto Kurenai si scostò e l’uomo (Asuma?) sospirò con stanchezza.
“Sei sotto Genjutsu?” fu la
domanda stanca. Kurenai assottigliò gli occhi, senza riuscire ad afferrare le
sue parole.
“Io… non so…
oh, ma chi siete per stare nella nostra stanza?!” Stizza per nascondere la
paura per quell’uomo. Perché aveva interrotto il suo perfetto pomeriggio?
Asuma le tolse con un gesto secco l’arma – Kurenai non aveva avuto la forza per opporsi
–, le bloccò i polsi con una mano e
avvicinò il volto al suo. Socchiuse le palpebre e mosse l’altra mano formando
strani segni. Poi sorrise, mesto.
“Perdonami. Questo farò un po’ male.”
Due dita concentrate di chakra colpirono la base del
collo, mozzandole il fiato.
Kurenai cadde a terra, boccheggiò cercando
disperatamente aria, e gli occhi cominciarono fastidiosamente a bruciarle.
Le braccia di Asuma le circondarono e,
silenziosamente, la portò in braccio fuori dalla locanda, mentre lei gli
singhiozzava contro il petto, la mente conscia che quell’illusione non era
durata per sempre, ogni singolo dannato ricordo registrato da quegli occhi [maledetti] che si riaffollarono
nei suoi pensieri.
Una promessa era stata infranta. La sua personale
Arcadia era svanita.
Kurenai
percepì odore di bruciato.
Era strano aspettare Itachi senza aver veramente
voglia di vederlo.
Kurenai sospirò, appoggiandosi alla parete e
stringendosi nel largo maglione, le palpebre abbassate su occhi che sapeva
essere tristi.
La neve era uguale a quella mattina, ma d’improvviso
le sembrava accecante tutto quel bianco (chi
vive rosso non riesce ad apprezzare la purezza).
Un piccolo spostamento d’aria accanto a lei la avvertì
della presenza dell’amante.
Le sue dita fredde le scostarono i capelli dal collo,
e le sue labbra le macchiarono una spalla. Kurenai si sentì tradita e sporca (n o n e r a u n a n g e l o).
“E così ti sei svegliata.”
Kurenai rabbrividì avvertendo il suo respiro contro la
sua pelle, ma cercò di non mostrare la sua irrequietezza.
“Te ne sei accorto.” Disse solo, trattenendo un
sospiro stanco. “Immagino abbiate visto i ninja fuori dalla stanza. Se ne è
occupato Kisame-san?”
Da quando la sua voce era così strascicata? (come se vivesse trascinandosi)
Itachi le accarezzò il collo, pericolosamente vicino
alla giugulare.
“Così mi hai tradito.”
Kurenai sorrise tristemente. “E tu hai mentito.”
Lo sentì sorridere, anche se era certa che le sue
labbra erano rimaste immobili. Forse anche gli occhi maledetti potevano
sorridere. O forse era una nuova illusione per auto-ingannarsi e attutire un
po’ quel grido silenzioso, che tratteneva in gola.
Avvertì contro la pelle un kunai. Kurenai sospirò
nuovamente, fissando la neve.
“Sarebbe un peccato macchiarla ancora, Itachi.”
Fuori dalla stanza, Asuma e Kakashi udirono un rumore
di specchi, ed entrarono veloci nella
stanza pieni di ansia. Ma Kurenai era intatta, congelata contro una finestra
rotta, solo qualche graffio che le sfigurava il viso, intenta nella
contemplazione del paesaggio invernale.
Sembrava così stanca.
Così consumata.
Itachi era sparito oltre alla finestra. Annegò il
bisogno di quegli occhi che la strappassero dalla realtà, e sospirò, voltandosi
per rivolgere un pallido sorriso ad Asuma.
Avrebbe trovato un altro modo per alienarsi da se
stessa tra le sue braccia. Da amante,
sarebbe diventata l’amata, e Asuma il
suo angelo.
Sembrava che quel ruolo non le si addicesse.
Un vago sentore di bruciato aleggiava ancora nella
stanza quando se ne andò insieme alla squadra di salvataggio.
Tre anni più tardi avvertì lo stesso odore sulla tomba
di Asuma.
Due
fiammiferi si sono spenti.
Ne rimane
solo uno, Piccola Fiammiferaia.
Poi il
freddo della notte ti distruggerà.
*
[Parte
III
L’ultimo
fiammifero]
You took my heart [Mi hai preso il cuore]
Deceived me right from the
start [Mi hai ingannato sin dall’inizio]
You showed me dreams
[Mi hai fatto intravedere
dei sogni]
I wished they'd turn to real [Ho sperato diventassero
realtà]
You broke a promise [Hai infranto una promessa]
And made me realise [E ho capito]
It was all just a lie [Che era tutto una menzogna]
Could have been forever [Sarebbe potuto essere per sempre]
Now we have reached the end [Adesso abbiamo toccata
il fondo]
Il corridoio della prigione era scuro e umido. Kurenai
aspettò pazientemente che l’ANBU di turno le aprisse la cella.
“Mi raccomando, Kurenai-san,
faccia attenzione e attivi il sigillo che le abbiamo consegnato nel caso
dovesse accadere qualcosa.”
Kurenai sorrise, accondiscendente, e strinse più forte
il rotolo che aveva nella mano destra per far capire che aveva inteso.
“Stai tranquillo.” Guardando la maschera canina – che
sapeva perfettamente a chi appartenesse – aggiunse in un sussurro,
accarezzandosi il ventre, “Non ci faremo male.” Ed entrò nella cella dove era stato rinchiuso
Itachi Uchiha, catturato dal Team Kakashi da almeno una settimana.
Entrando, non lo notò subito. Il capo chino e i
capelli corvini si confondevano con il buio che regnava nella cella. Ma,
qualche secondo dopo il suo arrivo, gli occhi dotati di sharingan
la fissavano, senza che potesse leggervi qualche traccia di emozione.
“È passato tanto tempo… Itachi Uchiha.” Si accorse con
disappunto che la voce le tremava.
Itachi non si mosse, né rispose al saluto. Ma neppure
disattivò lo sharingan. Kurenai, d’istinto, si
irrigidì, cercando di allontanare ogni possibile ricordo legato a quegli occhi
[alle sigarette di Asuma che si
consumavano piano… ma prima o poi si spegnevano.
Sempre.].
“Sono qui per il tuo interrogatorio.”
Spiegò, come se Itachi non fosse consapevole che la
stavano usando come ultima risorsa, dato che non si era ancora piegato a
nessuno degli esperti, nemmeno a Ibiki-san, un
esperto in ogni genere di tecnica che potesse spezzare la sicurezza di un
ninja.
Nessuno avrebbe potuto entrare in quella testa, finchè lo sharingan fungeva da
barriera. Qualcuno doveva vincere quel silenzio.
Ma tu sei
sicura di riuscire a spegnere quelle iridi, Kurenai?
Si appoggiò alla parete opposta rispetto ad Itachi, e
incrociò le braccia al petto.
“Hokage-sama vuole sapere da
te fondamentalmente tre cose: chi è rimasto ancora in vita dell’Akatsuki, i vostri piani e il perché del massacro degli
Uchiha.”
Scandì bene le richieste, ma non ottenne risposta se
non un lungo, pesante silenzio.
E due occhi [maledetti]
che la penetravano come aghi.
D’un tratto, come tempo prima, sentì la voce di Itachi
dentro si sé.
Una parola, una voce, ed ecco i ricordi affollarle la
mente.
“Piccola
Fiammiferaia.”
“Smettila.”
Un grido strozzato, pieno di rancore e rabbia.
“Smettila, Uchiha. Non sono più il tuo giocattolo. E
non sono una piccola fiammiferaia!” glielo urlò, come per convincere se stessa
di quell’affermazione. Si toccò il ventre, e un ghigno di superiorità le
deformò il volto.
“Un desiderio si è avverato, e tu non puoi distruggere
la mia felicità!” gli urlò, trattenendo una risata [folle, di chi si è aggrappato a qualcosa per vivere e non t r a s c i
n a r s i].
“Dammi le informazioni che voglio. Subito!”
Itachi serrò al mascella, e sospirò.
“Cosa vuoi sapere?”
Kurenai sbattè le palpebre,
e si sentì trionfante – pure quegli occhi
avevano perso contro di lei!
Itachi Uchiha avrebbe parlato, e non sarebbe stato un
pericolo.
[Ancora
vivi in un’utopia, Kurenai-san?]
Piena di eccitazione, si staccò dal muro e avanzò
nella celle, sorridendo.
“Quanti membri dell’Akatsuki
sono in– ”
Le bastò un solo attimo di distrazione. Itachi le
arrivò a pochi centimetri dal viso e, prima che potesse anche solo realizzare
quel movimento fulmineo, sentì un forte dolore al ventre.
L’urto del colpo la fece cadere all’indietro e la sua
schiena cozzò contro il muro, togliendole momentaneamente il respiro. Le faceva
male dappertutto, la schiena, il ventre, e sentiva qualcosa di viscido in mezzo
alle gambe.
Gli occhi di Itachi la fissavano dall’alto. Un’ombra
di sorriso apparve in quegli occhi di fuoco, che finalmente si spensero,
diventando solo cenere.
“L’ultimo fiammifero si è consumato, Kurenai.”
Lei fu in grado solo di emettere un urlo soffocato,
realizzando. I suoi occhi corsero sul pavimento, dove il suo stesso sangue
usciva a fiotti.
Emorragia.
Il bambino, il bambino di Asuma!
Velocemente Kurenai intinse il dito nella piccola
pozza di sangue e lo passò sul rotolo.
Avvertì il rumore di piedi, gli occhi di Itachi su di
lei, e il dolore al ventre intensificarsi così tanto da farla piangere e
gridare forte, mentre la vista pian piano le si annebbiava.
Sentì qualche voce, qualcuno prenderla in braccio e
urlare il suo nome, e quel assiduo, martellante fitta allo stomaco.
“Presto!
Presto! In ospedale!”
Un odore di anestetici e uno strano, famigliare odore
di bruciato e sigaretta le colpì le narici.
Kurenai aprì lentamente gli occhi, appannati, e fece
scivolare lo sguardo sulle parete asettiche della stanza. Quel candore
l’accecò, e le palpebre si richiusero per proteggerla.
“Kurenai…”
Riaprì gli occhi, riconoscendo una voce famigliare. Si
sforzò di focalizzare, e riconobbe una zazzera di capelli grigi e un viso
celata da una maschera.
“Kakashi…? Ma dove mi
trovo?”
“All’ospedale…” rispose lui,
e Kurenai notò la strana posizione rigida in cui sedeva. “Non ricordi?”
Lei fece cenno di no. Poi, una fitta alla tempia la
fece gridare, e piegare in avanti; sentì le braccia di Kakashi circondare il
ventre, e i suoi occhi si spalancarono, mentre ancora una serie di flash-back
minacciava di farla impazzire.
Occhi
maledetti.
Itachi.
Piccola
Fiammiferaia.
Asuma, il
bambino!
“Questo
mondo non è fatto per le favole, Kurenai. Gli angeli non esistono.”
“L’ultimo
fiammifero si è spento, Kurenai.”
Lanciò un grido, e affondò le unghie nel materasso.
“Kurenai… stai piangendo…”
La voce di Kakashi la riportò alla realtà e,
toccandosi la guancia, Kurenai si accorse che era umida di lacrime.
“La
verità fa male, Kurenai-san.”
“Non c’è bisogno che me lo dica tu, Kakashi. Il
bambino è morto.” E con lui ogni speranza
e ogni sogno della Piccola Fiammiferaia.
Un’ombra
di sorriso in quegli occhi ormai di cenere.
“L’ultimo
fiammifero si è spento, Kurenai.”
La piccola fiammiferaia muore, alla fine del
racconto.
Kurenai non era morta.
Ma questo n
o n è lieto fine.
This world may have failed you [Questo mondo può
averti respinto]
It doesn’t give the reason why [Non ti spiega il perchè]
You could have chosen [Avresti potuto scegliere]
A different
path in life [Un sentiero
diverso nella vita]
The smile when you tore me apart [Il sorriso di quando mi hai buttata via]
*^*^*^*^*
Disclaimer: I
personaggi di Naruto © Kishimoto, purtroppo non
appartengono a me… sigh!
Il testo è della canzone “Angels”
© Within Templation.
(*) I dialoghi del combattimento contro Itachi e Kisame sono presi dall’anime#81, dove credo si fossero
fermati in una sala da the. Credo.
*Dango = Palle di riso
*Sonae Mono = Cibo
votivo per le tombe dei defunti
*Nato = Fagioli di soia fermentati
Solo due note finali: questa one-shot è stato un
parto. Veramente, si è stravolta da sola la storia. E sono arrivata ad un
OOC incredibilmente alto. Ò_ò
Come sempre, partecipare ai concorsi di Suzako è altamente istruttivo – giudizi critici sono sempre apprezzatissimi – per non parlare di quello che leggerò:
cioè fanfic di prima qualità! *_*
Grazie a chi legge.
Bye bye,
Kaho
PS = Ho mal di piedi. Fatico a fare 2 ore e mezza di
treno per andare a vedere un Open Day a Milano,
chissà quando sarà veramente all’Università! Ò_ò *sospiro*