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Autore: Kaho    15/12/2007    6 recensioni
“Sei una piccola fiammiferaia in cerca di un desiderio, Kurenai-san?”
Kurenai allargò gli occhi, e schivò per un soffio l’affondo di Itachi.
Distratta, fragile, esposta: sentì un retrogusto amaro sul fondo della gola.
[...]Due fiammiferi si sono spenti.
Ne rimane solo uno, Piccola Fiammiferaia.
Poi il freddo della notte ti distruggerà.
[Kurenai-centric][ItaKure, accenni AsuKure][Songfic, OOC]
Partecipante al concorso indetto da Suzako ^^
Genere: Dark, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Itachi, Asuma Sarutobi, Kurenai Yuhi
Note: OOC, What if? (E se ...) | Avvertimenti: Spoiler!
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Importante! – Allo scopo di comprendere meglio la one-shot, è bene conoscere la storia della Piccola Fiammiferaia.

 

 

 

 

 

 

“Mamma! Mamma!”

 

Kurenai correva incontro a sua madre, un sorriso sulle labbra, saltellando per le strade periferiche di Konoha. Sulla schiena due paia di ali di carta e un piccolo vestitino azzurro dalle maniche scucite.

 

La gente si voltava al suo passaggio, bisbigliando. Ma Kurenai non vi badava… non importava che la chiamassero ‘bastarda’ o ‘strega’ o ‘Piccola Fiammiferaia’ per via dei suoi occhi.

 

Lei era un angelo, almeno per oggi. Un angelo!

 

“Hai visto mamma? Mi hanno dato la parte dell’angelo alla recita! Non è bellissimo questo costume?”

 

La mamma aveva abbassato il viso verso di lei e le mani della figlia si erano aggrappate saldamente alla sua gonna, sporca e grigia, diversa da quella più sgargiante che vestiva quando usciva la sera.

 

Gli occhi della mamma erano così grandi e chiari… diversi dai suoi. Non l’avrebbero mai chiamata Piccola Fiammiferaia, perché non aveva brace negli occhi. Ma il suo nomignolo era ancora sconosciuto alle orecchie della piccola Kurenai. Puttana.

 

La bambina piroettò su se stessa, ridendo. “Non sono un angelo, mamma?”

 

Kurenai non avrebbe voluto sentire sulla pelle l’orrore della madre. Non oggi, che era un angelo. Ma quando aveva alzato il mento, aveva osservato i suoi stessi occhi rossi [una sigaretta che si consuma piano] nelle iridi celesti: per la mamma lei sarebbe sempre stata un incidente.

 

Ma lei voleva essere un angelo.

Almeno per oggi…Sempre’ era un tempo così lungo…

 

“Questo mondo non è per le favole, Kurenai.” la voce di sua madre era stanca, come se vivesse trascinandosi, ombra della donna vigorosa che era stata un tempo. “Gli angeli non esistono.”

 

 

 

 

 

 

Until the last match

~ Fino all’ultimo fiammifero ~

 

 

[Parte I

Pallida Speranza]

Sparkling angel [Angelo splendente]
I believed
[Credevo]
You were my savior
[tu fossi il mio salvatore]
In my time of need [Nel momento del bisogno]
Blinded by faith
[Accecata dalla fede]
I couldn’t hear
[Non riuscivo a sentire]
All the whispers
[Tutti i mormorii]
The warnings so clear
[I segnali di pericolo così chiari]

 



Le strade di Konoha erano gremite di gente, e in quei giorni il villaggio era animato più che mai, nonostante i recenti attacchi.

 

Tutti erano indaffarati a ricostruire, vendere, sistemare, e a Kurenai piaceva quella situazione. Nessuno ti osservava se non di sfuggita, non riuscendo a vedere il volto di chi passava, ed era un po’ come essere un fantasma. Una semplice donna [non strega] che passeggiava scortata da un jounin. Piacevole.

 

Avrebbe goduto con più tranquillità quella giornata di spese senza la presenza di Asuma. Non le era antipatico, ma… riusciva sempre a metterla in ansia, con le piccole attenzioni che le dedicava.

 

Come poco prima, quando si era voltata per ringraziarlo (più per educazione che per altro) e lui le aveva sorriso dolcemente dicendole: “Lo faccio volentieri, non posso lasciare una ragazza così carina tutta sola, non credi?”

 

Kurenai era arrossita e aveva forzato un sorriso radioso. “Sei troppo buono, Asuma.”  

 

Asuma aveva alzato le sopracciglia, replicando: “Io? Buono? Sono solo sincero, sei una delle più belle ragazze che abbia mai incontrato, Kurenai.” Il suo nome era un soffio di fumo tra le labbra di lui, della stessa consistenza, impalpabile e leggera. “Forse sei tu che ti sottovaluti.”

 

Lei aveva sospirato, riscontrando la sincerità nei suoi occhi.

Molto tempo prima, osservando il mondo intorno a sé, aveva imparato a leggere le persone attraverso gli occhi. Le aveva fatto più volte male, ma si era trasformata in un’utile abilità quando era entrata all’Accademia.

 

Ma quella sincerità di sentimenti la spiazzava. Erano dieci minuti buoni che fingeva di ascoltarlo, la mente che vagava da tutt’altra parte.

 

Asuma era veramente un uomo dal cuore d’oro, rifletté, uno dei migliori jounin con i quali si era trovata a contatto. Ma non poteva evitare di sentirsi tesa, anche in sua compagnia.

 

Nella testa rimbombavano solo anni e anni di maldicenze. Strega. Bastarda. E il peggiore di tutti: Piccola Fiammiferaia.

 

 

La piccola fiammiferaia muore, alla fine del racconto.

Questo n o n è lieto fine.

 

 

Asuma era un uomo affascinante. Ma Kurenai non riusciva a capirlo, e la sua vicinanza la spaventava più di quanto ammettesse.

 

Non le piaceva quella sigaretta che penzolava dalle sue labbra, piccolo occhio rosso nella notte, e aveva paura di quel sorriso, perché era il sorriso che aveva sempre immaginato nel principe azzurro.

 

 

“Questo mondo non è fatto per le favole, Kurenai. Gli angeli non esistono.”

 

 

Si trovò il viso di Asuma a pochi centimetri dal suo. “Ehi… Kurenai, tutto bene?”

 

Lei arrossì, e balzò all’indietro, e sorrise goffamente. “Sì, scusa, stavo pensando se mi mancava qualcosa a casa.” Mentì prontamente, lanciando poi uno sguardo davanti a sé, trovando, sconcertata, la figura di Kakashi intento a leggere il suo solito libro accanto ad una sala da the.

 

 “Ehi, ma… quello non è Kakashi?”

 

Asuma si accigliò lievemente, ma non aggiunse altro; avanzarono verso il jounin e, a poca distanza dal locale pubblico, Kakashi si voltò verso di loro, allontanando l’occhio scoperto dal ‘Icha Icha Paradise’ e lasciando che pigramente vagasse su loro due, analizzandoli.

 

“Ehi, voi due. Sembrate una bella coppia assieme.”

 

Intuendo la malizia nella voce del jounin, Kurenai si sentì arrossire, imbarazzata.

 

Non siete una bella coppia. Non lo sarete mai. La Piccola Fiammiferaia non è Cenerentola, Kurenai.

 

“Idiota, siamo qui solo perché Anko mi ha chiesto di comprarle alcuni dango*.” Si affrettò a spiegare, voltando la testa di lato.

 

Asuma, al contrario di lei, non pareva per niente impacciato da quell’insinuazione sottile. Mosse lievemente la sigaretta, e irrigidì appena la mascella. Kurenai lo notò, e gli rivolse un’occhiata perplessa.

 

“Invece tu cosa stai facendo qui?”

 

Kakashi non batté ciglio, limitandosi a quello sguardo placido e imperscrutabile; la maschera sicuramente lo aiutava a nascondere i suoi sentimenti.

 

“Beh, ho comprato del Sonae Mono* ed ho un appuntamento qua davanti” gli occhi scuri del jounin si spostarono a lato “con Sasuke.”

 

Velocemente, anche Asuma gettò lo sguardo nella medesima direzione di Kakashi, esaminando l’interno del locale; Kurenai seguì docilmente quelle azioni, captando una certa tensione nell’aria. Dentro, vide due figure avvolte in mantelli neri con curiose nuvole rosse e bianche, e un cappello di paglia che celava il loro volto. Kurenai era convinta di aver visto uno dei due – il più basso – stringere appena il bicchiere pieno di liquido caldo al nome di Sasuke.

 

“Oh?” commentò tranquillo Asuma “E’ strano vederti aspettare qualcuno. Quel cibo è per la tomba di Obito?”

 

“Obito?” fu il commento stranito di Kurenai. Obito? Chi è?, si chiese perplessa, anche se aveva intuito il coinvolgimento dei due individui sospetti. Come al solito, Asuma e Kakashi avevano il loro modo di intendersi, senza parole, dal quale lei rimaneva esclusa. Questo avrebbe dovuto irritarla, ma non era così. Un legame del genere, avrebbe potuto schiacciarla.

 

“Beh sì, qualcosa del genere.” Disse evasivo Kakashi, l’occhio scoperto che fissava Sasuke Uchiha avvicinarsi a loro.

 

Kakashi…” esordì il ragazzino, sospettoso “è strano che tu sia arrivato prima di me.”

 

Kakashi sorrise mestamente sotto la maschera. “Una volta ogni tanto.”

 

Kurenai lanciò un’occhiata di traverso al locale, vedendo che i due individui sospetti erano scomparsi. Si accigliò, e trattenne un sospiro stanco.

 

Come jounin, aveva il dovere di accertarsi che non fossero nemici… ma se Kakashi e Asuma sospettavano di loro, allora l’aspettava, forse, addirittura uno scontro. Fortunatamente, analizzò svelta, aveva chakra in abbondanza, dato che in due giorni si era occupata soprattutto di scartoffie.

 

Sasuke fece una smorfia. “Non mi piacciono i Natto* e tutti gli altri dolci.”

 

Lanciò un occhiata a Kakashi ed annuì, scomparendo con Asuma. Li avrebbero spiati loro due, e sarebbero intervenuti. Il Villaggio poteva non accorgersi di nessuno, ma era dovere dei jounin vigilare su un villaggio cieco.

 

 

 

Non fu difficile seguirli. I due avevano camminato senza fretta, percorrendo la via del fiume, senza dare segno di essersi accorti di lei e Asuma. Questi le fece un cenno, e lei annuì, e con un balzo scese a terra, sbarrando l’avanzata degli intrusi. Non potevano permettere loro di andare oltre, non senza una conferma della loro identità (anche se già sospettava qualcosa).

 

“Ehi voi due. Non mi sembrate abitanti del villaggio. Cosa siete venuti a fare qua?”

 

La risposta all’intimidazione fu veloce.  “Non ci vediamo da molto tempo, Asuma-san, Kurenai-san.” Almeno uno, constatò con freddezza, era di Konoha.

 

Quando il capello di paglia ricadde a terra, Kurenai si sentì mozzare il fiato in gola.

 

Itachi Uchiha li osservava munito dello sharingan [simile alla sigaretta che penzolava dalle labbra di Asuma. Simile agli occhi della piccola fiammiferaia, ma senza paura alcuna].

 

I muscoli si irrigidirono, e la tensione rischiò di soffocarla. Tutto si svolse velocemente: la rivelazione dell’identità del compagno di Itachi Uchiha, Kisame Hoshigaki, lo scambio di battute e poi la prima mossa di Kisame, che abbassò una strana arma coperta da bende verso di loro, fermata dalle due lame di Asuma che prontamente la protesse.

 

Kurenai scivolò all’indietro, mosse veloce le dita e svanì grazie al suo speciale genjutsu.

 

 

Concentrazione, devi  s o p r a v v i v e r e [come sempre].

 

 

Non riuscì a reprimere un brivido, e l’angoscia prese il sopravvento su di lei, distraendola. Non erano pronti per affrontare dei criminali di classe-S, non da soli.  La disparità di forze era ancora da verificare, ma aveva visto Asuma sforzarsi di trattenere quella spada.

 

Inoltre sarebbe stata lei ad affrontare l’Uchiha – e quei suoi occhi rossi che erano troppo simili ai quelli che vedeva ogni giorno allo specchio.

 

Un gemito represso la risvegliò e, alzando gli occhi, vide Asuma stringere i denti e serrare le dita intorno alla spalla sinistra, dalla quale zampillava sangue. Kurenai sobbalzò e chiuse gli occhi, concentrandosi su Kisame e cominciando il suo genjutsu contro di lui.

 

Osservò di sfuggita il lieve sorriso di Asuma. “Sei in ritardo, Kurenai.”

 

Cacciò il senso di colpa che l’avrebbe nuovamente distratta e con determinazione si impose di combattere contro l’Uchiha. Infondo, bastava non guardarlo negli occhi, si disse, e mentalmente costruì l’illusione di un albero, che cominciò a circondare l’Uchiha.

 

Afferrando il kunai, Kurenai spuntò sopra la testa dell’Uchiha, che la fissava, un’ombra di sorriso di scherno sulle labbra. Avvertì nei meandri della sua mente un’intrusione e, allarmata, alzò il braccio. “E’ finita!” abbassò la lama contro Itachi.

 

Si trovò al posto del ninja, intrappolata nella sua stessa illusione, davanti a sé Itachi armato.

 

Si morse il labbro, per poterne uscire, ma mentre faceva questo una voce le rimbombò in testa.

 

“Sei una piccola fiammiferaia in cerca di un desiderio, Kurenai-san?”

 

Kurenai allargò gli occhi, e schivò per un soffio l’affondo di Itachi.

 

Distratta, fragile, esposta: sentì un retrogusto amaro sul fondo della gola.

 

L’Uchiha non le diede il tempo di riprendersi da quell’intrusione, attaccando nuovamente. Kurenai portò le braccia sul petto, parando un calcio, ma senza poterne attutirne la forza; fu sbalzata indietro e cadde nel fiume.

 

“KURENAI!”

 

La voce di Asuma gli giunse smussata dal frastuono dell’acqua; usando il chakra, Kurenai rimase sul bordo dell’acqua, il fiato corto e lo stomaco contratto.

 

Non stava bene. Non voleva pensare.

 

Mise una mano sopra il ginocchio per issarsi, ma ancora quella voce formale e fredda le invase i pensieri.

 

“Io posso trasformarti in un angelo, per sempre.”

 

Avvertì la presenza di Itachi, dietro alle spalle e dentro di sé.

 

Trattenne un urlo fra le labbra; sentiva nel petto un ago trapassarle la pelle e la mente annebbiata da troppi pensieri e ricordi che si inanellavano uno sull’altro, stordendola.

 

“Mi spiace per te, Kurenai-san…

 

Kurenai si voltò, e affrontò quegli occhi scarlatti provando rabbia.

Quegli occhi portavano solo dolore.

 

Ma…

 

“Ma finisce qui.”

 

Kakashi intervenne. Velocemente riuscì a fermare sia l’attacco diretto verso di lei e quello verso Asuma. L’arrivo di Gai, poco dopo, mise in fuga Kisame e Itachi.

 

Kurenai e Gai portarono di corsa Asuma e Kakashi all’ospedale; lei si fece visitare docile, e giacque per qualche ora nella stanza dell’ospedale assegnatale, coprendosi gli occhi con la mano.

 

Non smetteva di pensare a quelle parole, le rimbombavano [involontariamente?] negli occhi.

 

 

[ Ma lei voleva essere un angelo.

Almeno per oggi…Sempre’ era un tempo così lungo… ]

 

 

Kurenai strinse le palpebre, e schiacciò il petto contro il materasso.

 

Sospirò, si rigirò, e infine andò alla finestra. Konoha si avviava verso il tramonto. A nessun ninja poteva piacere un momento del genere, simbolo di effimerità del giorno e di sangue. Non era un momento romantico. Solo una sottile tortura.

 

Aprì la finestra, saltò nel cortile, e spiò dentro la camera di Asuma. Lui le stava di spalle, grattandosi la schiena bendata, e fumando la solita sigaretta.

 

Kurenai vide quel tiepido fuoco diventare cenere, e cadere a terra. Si morse il labbro, si voltò, e corse verso una [unica] labile speranza.

 

 

 

Non fu sorpresa di trovarlo ad aspettarla. Anzi, l’avrebbe sorpresa il contrario.

 

Lo sharingan non si era ancora disattivato, e osservava ogni suo minimo movimento.

 

Di che colore era il mondo con quegli occhi? Forse lui non vedeva quanto fossero simili ai suoi, macchiati di sangue e impuri?

 

“Cosa volevi dire, Uchiha?”

 

La voce le uscì calma, appena tremolante. Ne fu abbastanza soddisfatta, come lo fu di appurare che la mano che stringeva il kunai – forse con un po’ troppa forza – non vacillava.

 

Kurenai-san…” lei deglutì, e si artigliò il palmo libero dall’arma. “…sai bene cosa ti propongo.”

 

Soppesò la risposta, e trattenne un sospiro.

 

“Perché dovrei abbandonare Konoha?” incalzò.

 

Itachi sorrise appena. “Un villaggio che ha avuto sempre paura di te?”

 

Lei sussultò, e avvertì una fitta al petto. La voce di Itachi la raggiunse nella testa.

 

Konoha ha spento le tue speranze. Come la chiamano, Kurenai-san? Ah, Piccola Fiammiferaia.”

 

 

Ricordi chiusi a chiave nella sua mente, ma che troppo spesso riuscivano.

[ Lei era un angelo, almeno per oggi. Un angelo!

“Hai visto mamma? Mi hanno dato la parte dell’angelo alla recita! Non è bellissimo questo costume?” ]

 

 

Kurenai si fasciò la testa con le mani e cadde in ginocchio, urlando e singhiozzando. “BASTA! BASTABASTABASTA!”

 

Impassibile, Itachi si avvicinò e le alzò il mento. Kurenai trattenne un grido, vedendo in quelle iridi rosse i suoi occhi, e avvertì un conato alla base della gola.

 

“La verità fa male, Kurenai-san.” Le disse. “Io posso illudervi.”

 

Kurenai riabbassò il volto, e respirò affannosamente.

 

Poi, debolmente, annuì, consegnandosi volontariamente ad Itachi Uchiha.

 

Non avrebbe mai pensato che sarebbe stata salvata da due occhi [illusori] che causavano solo dolore.

 

Non aveva intuito che quegli occhi l’avrebbero consumata.

 

 

 

*

 

[Parte II

Consumarsi]

 

 

Sparkling angel [Angelo splendente]
I couldn’t see
[Non riuscivo a vedere]
Your dark intentions
[Le tue intenzione oscure]
Your feelings for me
[I tuoi sentimenti per me]
Fallen angel
[Angelo caduto]
Tell me why
[Dimmi il perchè]
What is the reason?
[Qual’è il motivo?]
The thorn in your eye?
[Il tuo cruccio?]

 

 

Kurenai abbassò il volto e baciò quelle guance segnate da profonde occhiaie.

 

Fece scivolare le labbra contro quegli zigomi duri, e scese fino a ricercare altre labbra screpolate dal freddo che regnavano nel Paese della Neve.

 

Sentì le mani gelide di lui sui fianchi, e sospirò deliziata, nascondendo una risata tra i capelli d’ebano.

 

Itachi…” rise. “Sei freddo…

 

Lui si mise sopra di lei, e le baciò il collo candido.

 

“Stanco stasera? Hai ancora combattuto contro quei traditori di Konoha e Suna?” gli chiese, come una devota mogliettina.

 

Ma d’altronde era il compito giusto consolare il proprio amante, essere il suo angelo… non era vero?

 

Anche se sopportare quella vita di vagabondaggio con lui era proprio difficile a volte; ma fin da bambina si era innamorata di lui, e quando le aveva chiesto di partire con lei, per combattere contro il nuovo tiranno di Konohagure, lo aveva subito seguito, pronta a rinfrancarlo.

 

Itachi non rispose, ma la spogliò, e Kurenai fu presto sommersa da una miriade di sensazioni diverse, mentre sprofondava in una pacifica estasi.

 

Era così perfetto, il suo mondo, che alle volte temeva fosse solo un bellissimo sogno.

 

 

 

Quando Itachi uscì dalla stanza, Kisame lo guardò accigliato.

 

Itachi-san, quando la smetterai di sbatterti quella donna? Ti consuma il chakra questa cazzo di tecnica illusoria.”

 

Itachi non gli rispose e indossò il mantello dell’Akatsuki, facendogli cenno di partire.

 

Kisame sbuffò, ma uscì dalla stanza d’albergo, digrignando di denti.

 

Itachi lanciò un’occhiata alla porta chiusa della stanza, e i ricordi di quella bambina dagli occhi rossi gli affollarono la mente. Un minuscolo sorriso scomparve dietro il bavero del cappotto.

 

Quanti fiammiferi potrai utilizzare, piccola fiammiferaia? Quanti ne brucerai?

 

 

*

 


I see the angels
[Vedo gli angeli]
I’ll lead them to your door
[Li condurrò alla tua porta]
There is no escape now
[Non c’è scappatoia, adesso]
No mercy no more
[Nessuna pieta, non più]
No remorse cause I still remember
[Nessun rimorso perchè ancora ricordo]
The smile when you tore me apart
[Il tuo sorriso quando mi hai buttata via]

 

 

Il sole era tiepido, e le scaldava le guance e il naso infreddolito.

 

Kurenai trattenne un brivido, e si strinse le braccia, lasciando scivolare lo sguardo lungo il giardino dell’albergo.

 

Ispirò l’aria secca e gelida d’inverno, e un piccolo sorriso le illuminò il volto.

 

Si sentiva così bene a passare ore e ore a fissare il paesaggio innevato del Paese della Neve, le piaceva quel candore che ricopriva ogni cosa.

 

Era tutto innocente, in quel luogo.

 

Non vi era una cosa sporca.

 

Vero?

 

Era una piccola bolla di cristallo, senza ansie né paure quel luogo. E lei era una donna, che aspettava il suo amante beandosi di un piacevole calore che nasceva da dentro di sé.

 

 

[ Ben presto, Kurenai, sarai costretta a risporcarti.

Questo fiammifero (effimero desiderio) non può durare per sempre sai?

Anche il fuoco delle sigarette, prima o poi, si spegne. ]

 

 

L’ennesimo brivido la percorse e Kurenai decise di chiudere l’ante; le lunghe dita strinsero la manopola della finestra e la chiusero.

 

Un’impercettibile rumore la scosse, e con orrore si percepì una presenza alle sue spalle [non erano due occhi di fuoco, ma l’odore di tabacco le riempì le narici].

 

Si voltò, vigile, accarezzando il kunai sotto il maglione largo di lana.

 

“Chi è?” domandò ad una stanza apparentemente vuota.

 

Un piccolo sbuffo la fece ruotare verso destra, arma ormai in mano e sguardo duro. Itachi le aveva insegnato come combattere, nel caso qualcuno dei suoi nemici l’avesse rintracciata e lei fosse in pericolo. Kurenai aveva imparato presto ad usare le armi, e Itachi l’aveva guardata muoversi con dimestichezza, come un ninja.

 

[Sapevi a memoria ogni mossa, Kurenai. Nessun dubbio su quest’illusione?]

 

Appoggiato con la spalla alla soglia della camera, un uomo bruno fumava placidamente, tenendo di lato la sigaretta consumata.

 

Sentì quegli occhi scuri (di cenere) fissarsi su di lei e percorrerla da capo a piedi, facendola arrossire e rabbrividire.

 

Provò un disagio sotto quegli occhi che non le era sconosciuto.

 

“Chi sei?!” la voce si era fatta più acuta, più spaventata.

 

Sentiva la testa martellarle, e una voce maschile rimbombarle negli orecchi, simile ad una maledizione: “Lo faccio volentieri, non posso lasciare una ragazza così carina tutta sola, non credi?”.

 

In un soffio di fumo, il suo nome.

 

Kurenai…

 

Spalancò gli occhi, riconoscendo la voce martellante con quella dell’uomo davanti a lei.

 

D’un tratto, l’eco della sua voce si sostituì con l’immagine di quell’uomo che la proteggeva dal compagno di Itachi dalla pelle bluastra, al ricordo di mesti sorrisi con una sigaretta penzolante, alla sensazione della sua mano appoggiata sulla sua.

 

Ricordi?

 

“Non ti conosco.” Tremò senza controllo, mentre una strana sensazione di spossatezza e ansia la indeboliva, facendola vacillare.

 

L’uomo serrò la mascella, e la sigaretta smise di oscillare mollemente.

 

“Che ti ha fatto quel criminale?”

 

Lei sobbalzò a quella risposta dura e piena d’ira repressa.

 

“Non so…” Deglutì, e si rimise in posizione difensiva, cercando di fermare le immagini che le si accavallavano in testa, una dopo l’altra. Come un film… ma chi era la protagonista? Quella bambina dagli occhi rossi che piangeva davanti ad un focolare? “Non so di cosa tu stia parlando, ma vi prego di andarvene. Non voglio ricorrere alle armi.”

 

L’uomo si irrigidì e spense sulla parete la sigaretta, che cadde a terra, bruciata, avvicinandosi di qualche passo a lei.

 

“Kurenai, sono Asuma… kami, che ti ha fatto quell’Uchiha?!” le domandò apprensivo, allungando una mano verso di lei.

 

D’istinto Kurenai si scostò e l’uomo (Asuma?) sospirò con stanchezza.

 

“Sei sotto Genjutsu?” fu la domanda stanca. Kurenai assottigliò gli occhi, senza riuscire ad afferrare le sue parole.

 

Io… non so… oh, ma chi siete per stare nella nostra stanza?!” Stizza per nascondere la paura per quell’uomo. Perché aveva interrotto il suo perfetto pomeriggio?

 

Asuma le tolse con un gesto secco l’arma – Kurenai non aveva avuto la forza per opporsi –, le bloccò i polsi con una mano  e avvicinò il volto al suo. Socchiuse le palpebre e mosse l’altra mano formando strani segni. Poi sorrise, mesto.

 

“Perdonami. Questo farò un po’ male.”

 

Due dita concentrate di chakra colpirono la base del collo, mozzandole il fiato.

 

Kurenai cadde a terra, boccheggiò cercando disperatamente aria, e gli occhi cominciarono fastidiosamente a bruciarle.

 

Le braccia di Asuma le circondarono e, silenziosamente, la portò in braccio fuori dalla locanda, mentre lei gli singhiozzava contro il petto, la mente conscia che quell’illusione non era durata per sempre, ogni singolo dannato ricordo registrato da quegli occhi [maledetti] che si riaffollarono nei suoi pensieri.

 

Una promessa era stata infranta. La sua personale Arcadia era svanita.

 

Kurenai percepì odore di bruciato.

 

 

 

 

Era strano aspettare Itachi senza aver veramente voglia di vederlo.

 

Kurenai sospirò, appoggiandosi alla parete e stringendosi nel largo maglione, le palpebre abbassate su occhi che sapeva essere tristi.

 

La neve era uguale a quella mattina, ma d’improvviso le sembrava accecante tutto quel bianco (chi vive rosso non riesce ad apprezzare la purezza).

 

Un piccolo spostamento d’aria accanto a lei la avvertì della presenza dell’amante.

 

Le sue dita fredde le scostarono i capelli dal collo, e le sue labbra le macchiarono una spalla. Kurenai si sentì tradita e sporca (n o n e r a u n a n g e l o).

 

“E così ti sei svegliata.”

 

Kurenai rabbrividì avvertendo il suo respiro contro la sua pelle, ma cercò di non mostrare la sua irrequietezza.

 

“Te ne sei accorto.” Disse solo, trattenendo un sospiro stanco. “Immagino abbiate visto i ninja fuori dalla stanza. Se ne è occupato Kisame-san?”

 

Da quando la sua voce era così strascicata? (come se vivesse trascinandosi)

 

Itachi le accarezzò il collo, pericolosamente vicino alla giugulare.

 

“Così mi hai tradito.”

 

Kurenai sorrise tristemente. “E tu hai mentito.”

 

Lo sentì sorridere, anche se era certa che le sue labbra erano rimaste immobili. Forse anche gli occhi maledetti potevano sorridere. O forse era una nuova illusione per auto-ingannarsi e attutire un po’ quel grido silenzioso, che tratteneva in gola.

 

Avvertì contro la pelle un kunai. Kurenai sospirò nuovamente, fissando la neve.

 

“Sarebbe un peccato macchiarla ancora, Itachi.”

 

Fuori dalla stanza, Asuma e Kakashi udirono un rumore di specchi, ed entrarono  veloci nella stanza pieni di ansia. Ma Kurenai era intatta, congelata contro una finestra rotta, solo qualche graffio che le sfigurava il viso, intenta nella contemplazione del paesaggio invernale.

 

Sembrava così stanca. Così consumata.

 

Itachi era sparito oltre alla finestra. Annegò il bisogno di quegli occhi che la strappassero dalla realtà, e sospirò, voltandosi per rivolgere un pallido sorriso ad Asuma.

 

Avrebbe trovato un altro modo per alienarsi da se stessa tra le sue braccia. Da amante, sarebbe diventata l’amata, e Asuma il suo angelo.

Sembrava che quel ruolo non le si addicesse.

 

 

 

Un vago sentore di bruciato aleggiava ancora nella stanza quando se ne andò insieme alla squadra di salvataggio.

 

Tre anni più tardi avvertì lo stesso odore sulla tomba di Asuma.

 

Due fiammiferi si sono spenti.

Ne rimane solo uno, Piccola Fiammiferaia.

Poi il freddo della notte ti distruggerà.

                        

 

*

[Parte III

L’ultimo fiammifero]

 

 


You took my heart
[Mi hai preso il cuore]
Deceived me right from the start
[Mi hai ingannato sin dall’inizio]
You showed me
dreams [Mi hai fatto intravedere dei sogni]
I wished they'd turn to real
[Ho sperato diventassero realtà]
You broke a promise
[Hai infranto una promessa]
And made me realise
[E ho capito]
It was all just a lie
[Che era tutto una menzogna]
Could have been forever
[Sarebbe potuto essere per sempre]
Now we have reached the end
[Adesso abbiamo toccata il fondo]

 

 

 

Il corridoio della prigione era scuro e umido. Kurenai aspettò pazientemente che l’ANBU di turno le aprisse la cella.

 

“Mi raccomando, Kurenai-san, faccia attenzione e attivi il sigillo che le abbiamo consegnato nel caso dovesse accadere qualcosa.”

 

Kurenai sorrise, accondiscendente, e strinse più forte il rotolo che aveva nella mano destra per far capire che aveva inteso.

 

“Stai tranquillo.” Guardando la maschera canina – che sapeva perfettamente a chi appartenesse – aggiunse in un sussurro, accarezzandosi il ventre, “Non ci faremo male.”  Ed entrò nella cella dove era stato rinchiuso Itachi Uchiha, catturato dal Team Kakashi da almeno una settimana.

 

Entrando, non lo notò subito. Il capo chino e i capelli corvini si confondevano con il buio che regnava nella cella. Ma, qualche secondo dopo il suo arrivo, gli occhi dotati di sharingan la fissavano, senza che potesse leggervi qualche traccia di emozione.

 

“È passato tanto tempo… Itachi Uchiha.” Si accorse con disappunto che la voce le tremava.

 

Itachi non si mosse, né rispose al saluto. Ma neppure disattivò lo sharingan. Kurenai, d’istinto, si irrigidì, cercando di allontanare ogni possibile ricordo legato a quegli occhi [alle sigarette di Asuma che si consumavano piano… ma prima o poi si spegnevano. Sempre.].

 

“Sono qui per il tuo interrogatorio.”

 

Spiegò, come se Itachi non fosse consapevole che la stavano usando come ultima risorsa, dato che non si era ancora piegato a nessuno degli esperti, nemmeno a Ibiki-san, un esperto in ogni genere di tecnica che potesse spezzare la sicurezza di un ninja.

 

Nessuno avrebbe potuto entrare in quella testa, finchè lo sharingan fungeva da barriera. Qualcuno doveva vincere quel silenzio.

 

Ma tu sei sicura di riuscire a spegnere quelle iridi, Kurenai?

 

Si appoggiò alla parete opposta rispetto ad Itachi, e incrociò le braccia al petto.

 

Hokage-sama vuole sapere da te fondamentalmente tre cose: chi è rimasto ancora in vita dell’Akatsuki, i vostri piani e il perché del massacro degli Uchiha.”

 

Scandì bene le richieste, ma non ottenne risposta se non un lungo, pesante silenzio.

 

E due occhi [maledetti] che la penetravano come aghi.

 

D’un tratto, come tempo prima, sentì la voce di Itachi dentro si sé.

 

Una parola, una voce, ed ecco i ricordi affollarle la mente.

 

“Piccola Fiammiferaia.”

 

“Smettila.”

 

Un grido strozzato, pieno di rancore e rabbia.

 

“Smettila, Uchiha. Non sono più il tuo giocattolo. E non sono una piccola fiammiferaia!” glielo urlò, come per convincere se stessa di quell’affermazione. Si toccò il ventre, e un ghigno di superiorità le deformò il volto.

 

“Un desiderio si è avverato, e tu non puoi distruggere la mia felicità!” gli urlò, trattenendo una risata [folle, di chi si è aggrappato a qualcosa per vivere e non t r a s c i n a r s i].

 

“Dammi le informazioni che voglio. Subito!”

 

Itachi serrò al mascella, e sospirò.

 

“Cosa vuoi sapere?”

 

Kurenai sbattè le palpebre, e si sentì trionfante – pure quegli occhi avevano perso contro di lei!

 

Itachi Uchiha avrebbe parlato, e non sarebbe stato un pericolo.

 

 

[Ancora vivi in un’utopia, Kurenai-san?]

 

 

Piena di eccitazione, si staccò dal muro e avanzò nella celle, sorridendo.

 

“Quanti membri dell’Akatsuki sono in–

 

Le bastò un solo attimo di distrazione. Itachi le arrivò a pochi centimetri dal viso e, prima che potesse anche solo realizzare quel movimento fulmineo, sentì un forte dolore al ventre.

 

L’urto del colpo la fece cadere all’indietro e la sua schiena cozzò contro il muro, togliendole momentaneamente il respiro. Le faceva male dappertutto, la schiena, il ventre, e sentiva qualcosa di viscido in mezzo alle gambe.

 

Gli occhi di Itachi la fissavano dall’alto. Un’ombra di sorriso apparve in quegli occhi di fuoco, che finalmente si spensero, diventando solo cenere.

 

“L’ultimo fiammifero si è consumato, Kurenai.”

 

Lei fu in grado solo di emettere un urlo soffocato, realizzando. I suoi occhi corsero sul pavimento, dove il suo stesso sangue usciva a fiotti.

 

Emorragia. Il bambino, il bambino di Asuma!

 

Velocemente Kurenai intinse il dito nella piccola pozza di sangue e lo passò sul rotolo.

 

Avvertì il rumore di piedi, gli occhi di Itachi su di lei, e il dolore al ventre intensificarsi così tanto da farla piangere e gridare forte, mentre la vista pian piano le si annebbiava.

 

Sentì qualche voce, qualcuno prenderla in braccio e urlare il suo nome, e quel assiduo, martellante fitta allo stomaco.

 

“Presto! Presto! In ospedale!”

 

 

 

Un odore di anestetici e uno strano, famigliare odore di bruciato e sigaretta le colpì le narici.

 

Kurenai aprì lentamente gli occhi, appannati, e fece scivolare lo sguardo sulle parete asettiche della stanza. Quel candore l’accecò, e le palpebre si richiusero per proteggerla.

 

Kurenai…

 

Riaprì gli occhi, riconoscendo una voce famigliare. Si sforzò di focalizzare, e riconobbe una zazzera di capelli grigi e un viso celata da una maschera.

 

Kakashi…? Ma dove mi trovo?”

 

“All’ospedale…” rispose lui, e Kurenai notò la strana posizione rigida in cui sedeva. “Non ricordi?”

 

Lei fece cenno di no. Poi, una fitta alla tempia la fece gridare, e piegare in avanti; sentì le braccia di Kakashi circondare il ventre, e i suoi occhi si spalancarono, mentre ancora una serie di flash-back minacciava di farla impazzire.

 

Occhi maledetti.

 

Itachi.

 

Piccola Fiammiferaia.

 

Asuma, il bambino!

 

“Questo mondo non è fatto per le favole, Kurenai. Gli angeli non esistono.”

 

“L’ultimo fiammifero si è spento, Kurenai.”

 

 

Lanciò un grido, e affondò le unghie nel materasso.

 

Kurenai… stai piangendo…

 

La voce di Kakashi la riportò alla realtà e, toccandosi la guancia, Kurenai si accorse che era umida di lacrime.

 

“La verità fa male, Kurenai-san.”

 

“Non c’è bisogno che me lo dica tu, Kakashi. Il bambino è morto.” E con lui ogni speranza e ogni sogno della Piccola Fiammiferaia.

 

 

Un’ombra di sorriso in quegli occhi ormai di cenere.

“L’ultimo fiammifero si è spento, Kurenai.”

 

La piccola fiammiferaia muore, alla fine del racconto.

Kurenai non era morta.

Ma questo n o n è lieto fine.

 

 

 

This world may have failed you [Questo mondo può averti respinto]
It doesn’t give the reason why
[Non ti spiega il perchè]
You could have chosen
[Avresti potuto scegliere]

A different path in life [Un sentiero diverso nella vita]

The smile when you tore me apart
[Il sorriso di quando mi hai buttata via]

 

*^*^*^*^*

 

Disclaimer: I personaggi di Naruto © Kishimoto, purtroppo non appartengono a me… sigh!

Il testo è della canzone “Angels” © Within Templation.

 

(*) I dialoghi del combattimento contro Itachi e Kisame sono presi dall’anime#81, dove credo si fossero fermati in una sala da the. Credo.

*Dango = Palle di riso

*Sonae Mono = Cibo votivo per le tombe dei defunti

*Nato = Fagioli di soia fermentati

 

Solo due note finali: questa one-shot è stato un parto. Veramente, si è stravolta da sola la storia. E sono arrivata ad un OOC incredibilmente alto. Ò_ò

Come sempre, partecipare ai concorsi di Suzako è altamente istruttivo –  giudizi critici sono sempre apprezzatissimi – per non parlare di quello che leggerò: cioè fanfic di prima qualità! *_*

 

Grazie a chi legge.

Bye bye,

Kaho

 

PS = Ho mal di piedi. Fatico a fare 2 ore e mezza di treno per andare a vedere un Open Day a Milano, chissà quando sarà veramente all’Università! Ò_ò *sospiro*

  
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