Questa OS ha vinto il concorso indetto dal gruppo Facebook 'Ziam is the w(g)ay'
E’ composta da 2.842
parole.
Il titolo della storia
è preso da una canzone dei Gemelli Diversi.
Ero in soffitta, stavo
rovistando tra i vecchi scatoloni se per caso avessi dimenticato qualcosa di
mio. Dovevo traslocare, andarmene in un’altra città, quella in cui vivevo
adesso conteneva troppi ricordi, belli, brutti, dolorosi e indimenticabili.
Aprii l’ennesimo
recipiente di cartone trovandovi dentro i miei vecchi giocattoli, sorrisi
ripensando alla mia infanzia. Afferrai un peluche, scolorito dal tempo, aveva
la forma di un pony ed era il mio preferito. Lui sarebbe venuto con me.
Lo infilai nel
sacchetto di plastica nero e rovistai nella scatola successiva. Tolsi lo scotch
e la schiusi.
Un album rilegato con
della velina faceva bella mostra sopra le cianfrusaglie. Lo toccai con i
polpastrelli, accarezzando la carta ruvida e rovinata.
Lo presi con
delicatezza sedendomi poi per terra a gambe incrociate e masochista lo aprii
rivelando la prima pagina ingiallita.
Lessi quelle tre righe
sbiadite:
il mare è azzurro,
il cielo è stellato,
e il nostro amore è quello che ho sempre
desiderato.
Sbottai a ridere
ricordandomi quanto tempo Liam ci avesse messo per scrivere quella stupida
dedica, volendo a tutti i costi che facesse rima.
Sfogliai la prima
pagina, due foto, l’una accanto all’altra che ritraevano me e Liam quando
eravamo piccoli e non ci conoscevamo ancora.
Andai avanti,
volendomi fare sempre più male.
Fino ad arrivare a
quella foto: io e lui all’entrata della scuola, che sorridevamo in direzione
dell’obbiettivo, avevamo undici anni e ci conoscevamo da poco più di una
settimana.
Sorrisi tristemente,
invaso dai ricordi.
“Mi chiamo Liam, tu?” chiese sorridendomi un
ragazzino sedendosi sulla sedia affianco alla mia.
“Sono Zayn, piacere” ci stringemmo la mano.
Non sapendo ancora che quel ragazzo sarebbe diventato una delle persone più
importanti della mia vita.
Girai pagina,
ammirando di nuovo noi due, quella volta su un palco, con dei vestiti ridicoli
addosso: la recita scolastica.
Mi ricordai delle
scenate che avevo fatto a Liam perché non volevo parteciparvi, mi vergognavo
troppo a parlare davanti a persone sconosciute e poi io ero il protagonista,
sarei stato al centro dell’attenzione e avrei dovuto baciare la principessa,
ero così a disagio. Liam mi aiutò.
“Ma perché non vuoi farlo?” chiese divertito
sedendosi sul letto della mia stanza.
“Non so recitare!” sbottai innervosito “e non
ridere” lo ammonii, mal celando un sorriso.
Mi sedetti affianco a lui, che pensieroso
cercava una soluzione. Avevo già chiesto alla professoressa di venire
sostituito, ma lei era stata irremovibile, il mio nome era stato estratto dalla
ciotola di plastica e non potevo tirarmi indietro.
Sbuffai, scuotendo la testa “il giorno della
recita farò finta di stare male e non mi presenterò” decretai.
“Non puoi. Manderai tutto all’aria” mi sgridò
dolcemente. Scossi le spalle menefreghista “andiamo, dimmi la verità. Perché
non vuoi farlo?”. Detestavo quando faceva così, ero un libro aperto per lui,
non potevo mentirgli.
Abbassai gli occhi, vergognoso “dovrò baciare
Valerie”.
Lui aggrottò le sopracciglia, confuso “e
quindi?”.
“E quindi non so baciare!” confessai
alzandomi in piedi irritabile. Distolsi poi gli occhi dallo sguardo stupefatto
dell’amico, che sicuramente aveva avuto tantissime esperienze in quel campo.
“E’ questo il motivo per cui stai creando
tutto sto putiferio?”. Quando mi vide annuire sbottò a ridere “quanto sei
stupido”, scosse la testa divertito.
“Avanti, vieni qua” mi sussurrò teneramente
invitandomi con il dito indice. Sospettoso mi risedetti al suo fianco.
Appoggiò un palmo sulla mia guancia,
rabbrividii a quel contatto, sicuramente era dovuto al fatto che la sua mano
fosse così fredda, chiuse gli occhi e si avvicinò.
Spalancai gli occhi quando le sue labbra
entrarono a contatto con le mie, affondai le dita nelle sue spalle e lo
allontanai “che fai?” domandai stralunato.
“Facciamo pratica” rispose convinto, deglutii
intimorito “così quando sarai davanti a Valerie non farai una brutta figura”
continuò, cercando di convincermi. “E’ solo un bacio, non cambierà niente tra
noi” mi persuase.
Annuendo mi riavvicinai assaggiando la
consistenza delle sue labbra, mentre una scossa mi percorreva la spina dorsale.
Che stupido che ero
stato, non avevo capito sin da subito quello che ci fosse tra di noi,
nonostante Liam avesse cercato di aprirmi gli occhi con quel bacio.
Lui era stato
sicuramente più sveglio di me, aveva compreso si da subito che non eravamo
semplici amici.
Quanto ero stato
cieco, tutte le mie ricerche di attenzione quando eravamo insieme e lui parlava
con gli altri.
Tutti quei contatti
accidentali e sfioramenti eccessivi che ci dedicavamo.
La mia gelosia quando
una ragazza ci provava con lui e i suoi occhi in fiamme ogni volta che filtravo
con qualcuna, solo per il gusto di farlo arrabbiare, perché era mortalmente
sexy quando si arrabbiava.
Continuai a sfogliare
il raccoglitore e quando vidi quella foto, di noi sedicenni, sorrisi. Ci era
stata fatta sul divano di casa sua, all’improvviso.
Lui era seduto a
cavalcioni sul mio corpo, la sua mano mi stringeva i capelli e l’altra era
sparita in mezzo ai nostri corpi, appoggiandosi sul cavallo dei pantaloni. Io
avevo una mano sulla sua coscia e una sul suo sedere, le dita che stringevano
possessivamente. Tenevo la testa reclinata all’indietro, lui mi baciava il
collo, passionale.
Le nostre lingue danzavano a ritmo del nostro
cuore, gli strinsi una coscia con la mano e con l’altra gli accarezzai la
schiena, appoggiandola poi sul sedere invitante.
Il suo braccio circondava saldamente il mio
collo, mentre mi succhiava le labbra e la sua mano si spostò lentamente, in una
carezza agonizzante, dal mio petto fino alla corda della tuta, per poi
poggiarsi sul cavallo dei pantaloni.
Strinse le dita sul rigonfiamento,
stringendomi con una mano i capelli per tirarmi la testa all’indietro, la
reclinai e lui si accinse a baciarmi il collo, dandosi da fare, mordendo e
leccando per lasciarmi un segno rossastro.
Sciolse il nodo della tuta e cercò di
infilare una mano dentro i miei pantaloni. Poi un click, un flash e ci voltammo
di scatto verso la madre di Liam, rientrata in anticipo dal lavoro.
“Oh merda!” urlò il mio ragazzo sedendosi al
mio fianco, le guance incredibilmente rosse.
Io presi un cuscino, appoggiandolo sulle
gambe per coprire quell’erezione ingombrante.
“Mamma, cosa fai già a casa?” chiese scrocchiandosi
le dita nervosamente, io guardavo i ricami sul cuscino, in quel momento
sembravano così interessanti.
“In realtà il venerdì ritorno sempre a
quest’ora” disse ammirando la foto sulla macchina digitale, gongolando felice e
per nulla imbarazzata.
“Posso vederla?” chiesi curioso alzandomi e
ricevendo un’occhiata assassina da Liam.
“Oh sì, è venuta perfetta” esclamò
mostrandomi la foto “la potete mettere nel vostro album” ci consigliò. “Ehm,
Zayn. Dovresti fare qualcosa per quella” disse divertita guardando in basso.
‘Merda’ imprecai tra me e me.
“O meglio, Liam dovrebbe fare qualcosa per
quella”. Guardò il figlio che aveva un’espressione scandalizzata.
“Mamma! Sei disgustosa!” urlò coprendosi il
volto con le mani.
“Ehi, non sono io che stavo facendo porcherie
sul divano! Adesso andate in camera, tutti e due, e ricominciate da dove vi ho
interrotto” decretò autoritaria sparendo in cucina.
Tutto mi sarei aspettato meno che la madre
del mio ragazzo mi incitasse a fare sesso con lui.
Presi Liam per un braccio e lo portai in
camera sua e, come consigliatoci dalla madre, riprendemmo da dove ci aveva
interrotto.
Ormai era da parecchio
tempo che viaggiavo tra i ricordi, era triste, ma non potevo farne a meno, ogni
fotografia che osservavo mi faceva rivivere dei flashback.
Spalancai gli occhi
vedendo quella foto, quella da cui erano cominciati i giorni di sofferenza e
agonia.
Le nostre mani, l’una
sopra l’altra, con anelli d’argento a decorare le nostre mani destre.
“Zayn, ti devo parlare” sussurrò chiudendosi
la porta alle spalle ed entrando nella mia camera, aveva una busta giallo ocra
tra le mani.
“Tutto bene?” chiesi notando il suo sguardo
abbattuto “cos’è quella?” chiesi indicandogli l’oggetto che teneva saldamente
con le dita.
Lui me lo porse, senza parlare e si sedette
sulla sedia girevole della scrivania.
Dissigillai la busta e tirai fuori i fogli. E
lessi, lessi attentamente, tre parole mi colpirono più di tutte le altre tumore, pancreas e inoperabile e
capii come mai stesse sempre così male, in quegli ultimi mesi era stato spesso
in ospedale, ma diceva che erano esami di routine. Non avrei mai pensato che mi
avrebbe mentito.
Posai i fogli sul letto, cercando di fare dei
respiri profondi “quando l’hai saputo?” domandai cercando di restare calmo.
“Lo sospettavo da un po’, ma ne ho avuto la
conferma ieri” disse dondolandosi sulla sedia e abbassando gli occhi.
Appoggiai i gomiti sulle ginocchia,
incastrando le dita “perché non me l’hai detto?”.
“Perché se non l’avessi avuto ti saresti
preoccupato per niente”.
Voltai la testa dall’altra parte, per non
fargli vedere gli occhi lucidi, avrei dovuto essere forte per sostenerlo “Zayn
se non vuoi più stare con me, ti capisco”. Spalancai le labbra a quella stupida
affermazione “insomma, hai sedici anni, non puoi passare la tua adolescenza
appresso a un malato”.
“Che cosa?” sussurrai deluso lasciando il via
libera alle lacrime “davvero credi che il mio amore per te valga così poco?”
domandai guardandolo.
“Zayn, non piangere” si portò una mano alla
bocca “io voglio solo che tu sia felice” singhiozzò.
Mi alzai “se vuoi che sia felice non
allontanarmi da te” sbraitai “ti amo, cazzo! Sei tu che mi rendi felice”.
Lui annuì sollevandosi in piedi “va bene”
bisbigliò con la voce roca.
“Ecco io…” mi avvicinai alla scrivania e aprii
un cassetto “avevo preso questi” afferrai una scatola di velluto blu e gliela
mostrai “aspettavo solo il momento giusto e credo sia arrivato” aprii il
piccolo contenitore, conteneva due fedine in argento.
“Zayn” sussurrò il mio nome, incominciando a
piangere.
“Vuoi essere il mio ragazzo, a tutti gli
effetti?” domandai togliendo una fedina dalla scatoletta, lui allungò la mano
destra e infilai l’anello sull’anulare.
Sorridendo emozionato, prese l’altra fede me
la mise stringendomi successivamente la mano, poi se la portò alle labbra e mi
baciò il dorso “ti amo, Zayn”.
“Anch’io” confermai baciandolo
“fotografiamoci le mani” esclamai asciugandomi le lacrime.
Lui aggrottò le sopracciglia “magari dopo,
ora voglio fare qualcosa altro” disse malizioso afferrandomi il bordo della
maglietta e tirandolo verso l’alto.
Mi passai una mano su
entrambe le guance sentendole umide, dargli quell’anello era stata la cosa più
giusta e importante che avessi mai fatto in tutta la mia vita e nemmeno per un
istante mi ero pentito di essergli stato affianco, mentre la malattia lo
distruggeva e indeboliva.
Passai oltre,
soffermandomi su una foto di noi due all’ospedale, Liam era già senza capelli e
io gli baciavo la testa pelata amorevolmente, li rideva con un pollice alzato
in direzione dell’obbiettivo.
“Com’è venuta? ” chiese strapazzandomi i
capelli. Mia madre si avvicinò, mostrandoci il display della macchina
fotografica.
“E’ venuta perfetta” risposi guardandolo.
Qualcuno bussò alla porta e senza aspettare
che lo invitassimo ad entrare, il dottore l’aprì, seguito da un’infermiera.
“Come stai, Liam?” domandò discretamente.
“Bene, sono pronto per il prossimo ciclo di
chemioterapia” esclamò audace scendendo dal letto, l’infermiera lo prese
sottobraccio, prima di uscire dalla camera Liam si girò verso di me, baciandosi
il palmo e soffiando su di esso. Alzai la mano e acchiappai quel bacio.
“Sembra stia molto meglio” constatò mia madre
facendomi sperare.
“E’ sempre così, c’è una ripresa prima del
crollo” abbassai gli occhi.
Passai la notte con il mio ragazzo che si
svegliava ogni mezz’ora per vomitare, gli passavo il secchio, gli pulivo la
bocca e gli baciavo la testa per tranquillizzarlo, sussurrandogli che andava
tutto bene, che non era niente, che sarebbe passato presto.
Lasciai cadere le
lacrime sui fogli, bagnando quella fotografia, nulla andava bene in quel
momento, ma ripresi a girare le pagine, continuando quella tortura e arrivai
all’ultima foto che ci avevano scattato.
Io sulla sedia,
affianco al suo letto, con la testa appoggiata sul materasso, dormivamo e
tenevamo unite le nostre mani in una stretta intima e rassicurante.
Era l’ultima foto
dell’album, lo sapevo, ma girai ancora una pagina trovando una busta bianca e
stropicciata.
Il funerale era finito, le persone presenti
erano andate dai genitori e la sorella di Liam per fare loro le condoglianze,
era il mio turno. Abbracciai calorosamente sua madre, trattenendo a stento le
lacrime.
“Zayn” sussurrò lei frugando nella borsa nera
e tirando fuori una busta bianca “Liam mi ha chiesto di dartela” me la porse
con le mani tremanti. La accettai, abbracciando ancora una volta i genitori del
mio ragazzo.
Una volta a casa contemplai la busta chiusa,
ero seduto sul letto, con la schiena appoggiata alla spalliera e tenevo la
lettera tra le mani.
La aprii, con il cuore che batteva troppo
veloce nel petto e la lessi tutta d’un fiato.
Ciao Zayn, amore mio…
Se hai tra le mani questa lettera vuol dire
che io non ci sarò più, ma ho ancora così tante cose da dirti.
Non è semplice scrivere, cercando di essere
sintetico, quello che voglio esprimere.
Prima di tutto voglio dirti che ti amo, ti
amo così profondamente che mi sembra quasi ridicolo, ho solo diciasette anni,
cosa ne so io dell’amore?
Forse niente, o forse, proprio perché sono
così giovane, lo conosco meglio di tutti gli altri.
È passato così tanto tempo dalla prima volta
che ti ho incontrato, ma adesso sembra scorrere così velocemente, so che è così
anche per te, amore mio.
Volevo dirti grazie, per essermi stato vicino
in questo periodo terribile, vedevo i tuoi occhi sofferenti e stanchi e non
potevo fare niente per far scomparire la tristezza dal tuo volto così bello.
Mi sembra impossibile quando penso che non
potrò più rivederti, né ascoltare la tua voce, né immergermi nei tuoi occhi. O
sentire il tuo corpo sopra il mio, mentre facciamo l’amore.
Quanto vorrei poter fermare il tempo! Ma non
posso.
Ogni secondo che passa mi porta più vicino
alla morte, ma ogni secondo che passa sono minuti, ore, trascorsi con te e
questo non può che rasserenarmi.
Non posso chiederti di non piangere, perché
so che non mi ascolteresti, ma posso chiederti di non essere triste, perché da
qualunque parte io sia, sappi che sono felice e veglierò su di te, per sempre.
Grazie per avermi amato.
‘Grazie’ sembra una parola così riduttiva per
tutto quello che tu hai fatto per me.
Non so se qualcun altro, al posto tuo, mi
sarebbe stato vicino in un momento del genere.
Io ti prego, ti supplico, non ancorarti al
ricordo che hai di me. Non ti chiedo di dimenticarmi perché è l’ultima cosa che
voglio. Ti chiedo solo di vivere la tua vita.
Innamorati di nuovo, salta, balla, grida. Ma
sii felice.
Perché se tu sei felice, lo sarò anche io.
Promettimi solo questo…promettimi di andare
avanti.
Ti amo,
tuo Liam.
In quel momento mi
ritrovavo davanti alla sua tomba e stavo accarezzando il nome inciso sulla
lapide.
‘Liam, sto mantenendo
la mia promessa. Me ne sto andando da questa città troppo piena di noi. Ricomincerò
una nuova vita, portandoti per sempre nel mio cuore.
Ti amo…’.