Due bambine giacciono languidamente distese sul pavimento di
una stanza
inondata di luce. Dietro di loro, vicino alla finestra,
c’è un sedile senza
cuscini. Per terra uno spesso tappeto. Si capisce che è
comodo, infinitamente
più comodo del duro legno del sedile, perciò ha
senso che stiano sdraiate per
terra. La più lontana è prona, appoggiata sui
gomiti. I capelli lunghi e
biondi, illuminati dal sole del tardo pomeriggio, le ricadono sulla
schiena
nuda, il suo corpo risplende al sole. L’altra, la
più grande è sdraiata supina,
gli occhi chiusi. La sua mano destra è aperta sul petto, la
sinistra è
abbandonata sul pavimento lungo un fianco. La sua veste trasparente
risplende
di luce. Le gambe sono snelle e lunghe e le unghie sono dipinte di un
lucido
smalto rosa. La piccola sfoglia un libro, la più grande non
sembra farci caso.
Sul suo viso si legge la placida quiete di un sonnellino pomeridiano.
Si
crogiola al sole, serena.*
“Emmeline?”
“Emmeline..”
“Emmy..” sussurrò
nell’orecchio una delle due ragazzine all’altra,
che sembrava
caduta in un sonno profondo.
La ragazza apre gli occhi, pigramente.
“Prudence?”
“Emmeline, vieni fuori,ti devo.. devo dire, far vedere..
una.. cosa.”
La ragazzina si alzò, gli occhi ancora semichiusi, ancora
abbandonata in una
piccola isola di tepore.
“Si, mamma.”
Si avviarono lungo un corridoio pieno di ritratti e antichi vasi, la
casa era
antica e ben tenuta,ma non si poteva dire accogliente. Le sottili
pareti
bianche ed immacolate emanavano un’aura fredda. Non si
sarebbe mai detto che in
quella casa vivevano due bambine di sei e undici anni. La donna
entrò in
cucina, la ragazzina al seguito. Sullo spesso tavolo di marmo
c’era una lettera
che era stata chiusa da ceralacca rossa, ma la busta era già
stata aperta, e a
giudicare dallo stato del foglio di pergamena contenuto
all’interno,la lettera
era già stata letta molte volte.
“Siediti”.
Emmeline sedette, sorpresa dalla freddezza della madre.
“Emmeline..”cominciò lei
“È una lettera dalla scuola,mamma?”
“Dalla.. scuola? ah,si.. cioè.. la scuola.. non lo
so,Emmeline,davvero..”
La ragazzina allora si sporse e prese la lettera tra le mani. Lo
stupore fu
enorme.
Cara signorina Vance,
siamo lieti di informarLa che Lei ha il diritto di frequentare la
Scuola di
Magia e Stregoneria di Hogwarts.
Scuola di Magia e stregoneria di Hogwarts.
Io sono una strega.. Una lacrima scende dagli occhi azzurri di mia
madre e
traccia una riga umida sulle sue guance pallide, fino a cadere
silenziosamente
sul tavolo di marmo.
“Ed è per questo che i roghi di streghe del XIX
secolo furono totalmente
inutili…”
Emmeline faceva pigramente ruotare la penna su se stessa con un gesto
della
bacchetta durante la noiosissima lezione di Storia della
Magia…sapeva che
avrebbe dovuto stare attenta, il quinto anno era l’anno dei
G.U.F.O., ma
nemmeno una “secchiona” come lei riusciva a
resistere alla voce soporifera del
noiosissimo fantasma che insegnava quella lezione, il professor
Rüf.
Guardò fuori dalla finestra, ma a parte un grosso allocco
marrone che tornava
dalla caccia notturna con un ratto grigio in bocca e si dirigeva verso
la
guferia, niente interrompeva la monotonia del paesaggio. Era una bella
giornata
di primavera e il lago nero era illuminato da sprazzi di luce. Qualche
studente
in quell’ora libera studiava sul prato o rinfrescava i piedi
nell’acqua
chiacchierando con gli amici. Emmy allora girò lo sguardo
per la classe.
Nessuno era veramente attento, ma il professore come al solito
continuava a
leggere i suoi appunti. Lo sguardo di Emmy si fermò su un
suo compagno, che
sedeva alla sua destra due banchi più in là. Il
suo migliore amico Elphias
aveva corti capelli color paglia e il naso piuttosto lungo. Emmy fu
sorpresa di
ritrovarsi ferma a guardarlo ancora dopo 2 minuti. Si
affrettò a distogliere lo
sguardo.
“Le streghe inoltre si prendevano gioco dei babbani
continuando a farsi
catturare sotto diversi travestimenti perché il fuoco, con
l’aiuto di un
semplice incantesimo Raffreddante, faceva un piacevole
solletico…”
Anche Elph si girò a guardare Emmeline, e le sorrise. Era
impressionante quanto
dolce poteva essere il suo sorriso….
“Buon Natale, Emmy…”
Emmeline si svegliò di soprassalto. Il volto dolce della
sorellina splendeva di
gioia quando questa la svegliò nel giorno di Natale. Emmy
era tornata a casa da
3 giorni per festeggiare il Natale con la famiglia..
“Ciao, Pru..! Buon Natale..”
La sua sorellina Prudence era sempre così dolce con lei.
Emmy pensava che in
qualche modo si sarebbe arrabbiata con lei, dopo che, compiuti gli
undici anni,
non le era arrivata la lettera per Hogwarts. Ma Pru non se
l’era affatto presa,
anzi. Continuava a chiedere alla sorellina dei suoi progressi con la
magia
senza una traccia si invidia o risentimento…erano molto
affezionate l’una
all’altra.
“Ho qualcosa per te” Emmeline arrivò con
un pacchettino viola. Pru lo aprì e
questo rivelò un piccolo album. Con stupore lo
aprì e vide che dentro c’erano
moltissime foto.. almeno un centinaio. Emmy e Pru da piccole; Emmy e
Pru al
parco, Emmy col papà e la mamma e Pru nel passeggino, Emmy e
Pru
sull’altalena…l’ultima le ritraeva
vicinissime, mentre si davano uno dei loro
“baci da farfalla”, con le ciglia. Era un gioco che
adoravano fare da piccole.
“Oh Emmy…grazie, è
bellissimo..!”
Emmeline rispose con un ampio sorriso.
“Anche io ho qualcosa per te, però”
Tirò fuori da sotto il letto un involucro morbido, lo diede
a Emmeline che lo
aprì. Ne usci scivolando un morbidissimo scialle verde
smeraldo, che luccicava
talmente che sembrava incrostato di diamanti. Era davvero di
manifattura
notevole… intrecciato sottilissimo,tanto che sembrava non
fosse composto di
fili ma fosse tessuto puro, o smeraldina acqua solida.
“Pru.. è..splendido!”
Prudence le regalò un sorriso. Era davvero bella, con i
lunghi capelli biondi e
gli occhi color miele. Bella come Emmeline non sarebbe mai potuta
essere.
Si avvicinarono e si diedero uno dei loro baci da farfalla..
vicinissime.. due
sorelle,un’anima,erano come una cosa sola. Condividevano
pensieri, speranze,
sogni, solo con la forza di uno sguardo.
Questo era l’amore.
Emmeline era a scuola. Il suo scialle era a casa. Non sapeva come aveva
potuto
dimenticarlo.. forse nella foga di tornare a Hogwarts e rivedere il suo
ragazzo, Elphias. Questo “tradimento” a Prudence
bruciava nel cuore di Emmy.
“Signorina Vance.. Emmeline.. potresti seguirmi, per
favore..”
Era in corso una lezione di erbologia, e Emmy veniva trascinata verso
il
castello da un’agitata vicepreside.
“Emmeline.. mi dispiace.. sai non c’è
niente di certo.. ma voci, voci
piuttosto.. sicure, dicono che V-Vo.. Tu-Sai-Chi.. abbia compiuto
l’ennesima
strage di b.. non maghi. Potresti avere subito delle perdite Abbiamo
predisposto un collegamento di polvere volante.. devi tornare subito a
casa.
Emmeline non era lì. Il suo cuore era sospeso in un vortice.
Vorticava più
veloce che mai,o forse era solo fermo.. Emmeline non lo sapeva. Sapeva
solo che
si era ritrovata vicina a casa, scortata da un gruppo di maghi diretta
verso
uno spiazzo erboso, bruciato, pieno di macerie. Poi era ad un
ospedale.. poi in
una sala semi vuota dove tutti la guardavano con compassione. Poi
davanti a un
medico che le annunciava con voce triste che per la mamma
c’era ancora una
speranza. Ma la dodicenne Prudence Vance invece era dispersa.
Quanti ricordi si affollavano. Quante cose si riescono a
ricordare, cose che
sembravano dimenticate, in questi attimi di dolore e
disperazione…
Dove prima c’era casa sua, adesso c’erano solo
macerie. Ogni tanto Emmy trovava
i resti di qualcosa a cui teneva, ma non le importava. La cosa a cui
teneva di
più era scomparsa. Vagava tra le macerie, sola,
infinitamente sola. Forse la
stavano cercando, era scappata senza dire nulla
dall’ospedale, ma non le
importava. Non le importava ormai di nulla. Si avvicino cautamente al
cumulo
dove prima c’era camera sua, e vide una cosa che la
lasciò paralizzata.
Tra le macerie si levava un brillio, un luccichio verde smeraldo.
Scostò le
macerie e vide la sua sorellina, con il volto coperto di sangue, tra le
sbarre
di quello che doveva essere stato il suo letto. Stringeva uno scialle,
lo
scialle di Emmeline. Prudence aveva sempre detto che da quando
gliel’aveva
regalato quello scialle conservava il suo profumo. Pru teneva lo
scialle vicino
al naso… Emmeline non capì più nulla.
Venne inghiottita da un vortice di dolore
e lacrime e vuoto e odio per l’uomo che le aveva strappato
quella creatura. Si
amavano, era amore puro vero e sincero, e Emmy non aveva mai potuto
viverla
davvero la sua sorellina… Le tolse lo scialle dalle mani, lo
tenne stretto a
se.. abbracciò il corpo di Pru come se avesse paura che lei
potesse scapparle,
lasciarla ancora e ancora.. le forze la abbandonarono. Sentiva solo il
calore
della sciarpa, e il corpicino esanime di Prudence tra le sue braccia, e
nient’altro aveva più senso.
Con il tempo al dolore si sostituì l’odio.
Emmeline odiava quell’uomo, se di
uomo si poteva parlare. Tutto il dolore veniva da lui. Le cicatrici sul
volto
della madre.. il dolore per la perdita di suo zia Mauritia, e quello
acuto e
bruciante per la perdita di Prudence. Era odio puro, brama di uccidere,
di
provocare il lui il dolore corporale che lei sentiva dentro di se. Non
voleva
solo eliminarlo; voleva cancellarlo dal mondo, dalla mente delle
persone, dai
suoi ricordi… dai suoi rimpianti. Doveva farcela. Era
l’unico scopo che aveva
nella vita, ormai. Voldemort, la morte, doveva cessare di essere.
Voleva
rendersi utile, attiva, voleva ucciderlo di persona, se ci riusciva.
Emmeline Vance aveva terminato gli studi e ora con suo marito Elphias
Doge
lavorava nell’ufficio Auror del ministero della magia. Era un
lavoro difficile
e rischioso ,ma per Emmeline era tutto. Solo che il lavoro del
ministero spesso
era vano ,molto frequentemente non catturavano maghi oscuri, ma solo
uomini
stupidi con voglia di mettersi in mostra compiendo atti di violenza
pubblica.
Due mangiamorte erano in cella grazie a Emmeline, ma lei voleva andare
più a
fondo nella caccia all’uomo che aveva distrutto la sua
sorellina, voleva
entrare nella sua mente, voleva cancellarvi tutto ciò che di
orribile c’era.
Doveva fare di più.
All’improvviso, l’idea. Era rischioso, fuori legge,
ma poteva farlo, doveva
farlo.
Alcuni anni dopo, nella cucina chirurgicamente asettica di zia Petunia,
al
numero 4 di Privet Drive, Little Winghing, Surrey; Remus
Lupin presentava
a Harry Potter, il ragazzo-che-è-sopravvisuto, alcuni dei
membri
dell’organizzazione che più di tutte stava
fermando l’avanzata di Voldemort.
Erano maghi in gamba, che avevano studiato, erano Auror famosi e
cacciatori che
i maghi oscuri temevano. L’organizzazione era
un’associazione segreta nota con
il nome di Ordine della Fenice.
“Questo è Kingsley
Shacklebolt”. L’alto mago nero si
inchinò.
“Elphias Doge” Il mago fece un cenno.
“Dedalus Lux…” “Ci siamo
già incontrati!” squittì
l’eccitabile Lux, levandosi
il cappello a cilindro viola.
“E Emmeline Vance” Una strega dall’aria
nobile con uno scialle verde smeraldo
abbassò il capo.
Questa è per Camilla, la mia amora coraggiosa e forte, che
ha scelto di
diventare paramedico dei pompieri per aiutare i bambini che, come la
sua
cuginetta Emma, rimangono vittime delle stragi. Grazie Cami per
l’aiuto che dai
a loro e per quanto fai riflettere noi sulla caducità della
vita e delle cose…
___fine___
Grazie a voi che avete letto e a *“Riflessi di
Luce” di Miranda Whittemore.
Un grosso bacio! Puciu