Characters: Thomas Arthur
Darvill; Matt Smith; Karen Gillan;
Pairing: Matt/Arthur {smarvill}
Rating: PG
Genre: fluff
Warning: slash
Words: 952
Disclaimers: Gli attori appartengono tutti a loro stessi. Ambientata sul
set di The angels take Manhattan.
Le mani di Arthur sono strette al ginocchio come se avesse paura che,
lasciandolo, possa spargere pezzi della propria rotula sul materasso su cui lui
e Karen si sono gettati pochi minuti prima, prima che lei lo colpisse, in uno di
quei pochi punti deboli nella costituzione di un uomo, con quelle dannate
ossicina appuntite che la ragazza si ritrova. Non ha neppure la forza di
articolare parole decenti, solo gracchianti "Ahaaa... bloody hell...
ahaaa, maleee..." che si trasformano presto in un pigolio patetico al quale si
aggiungono le solite prese per il culo di lei (Eddai, ti ho appena toccato.
Che razza di uomo sei? Hai sempre reazioni esagerate!).
Vorrebbe mandarla cordialmente a quel paese, ma la lingua è occupata nella
trappola dei denti, che la mordono per non alimentare i gemiti di dolore, mentre
il tempo passa e Arthur vorrebbe morire perché soffre come un dannato, Dio
come soffre!
"Non mi butterò mai più su un materasso insieme a Karen, pretendendo di
gettarmi da un edificio di Manhattan con Amy Pond!" Non è un suo pensiero -
a quello ci arriverà con più calma; è Matt a pensarlo per lui, perché lo conosce
abbastanza bene da potergli leggere la mente e da sapere che Arthur è il ragazzo
più lamentoso che abbia mai conosciuto in vita sua. E, per un inglese, significa
essere ben oltre la media.
«Arthur, hai finito di fare il bambino?» sospira Karen, infilando il dito nella
piaga. Adora pungolare l'orgoglio virile di un -ora- meno virile Arthur.
«Spiritosa, vorrei vedere te al mio posto.» borbotta lui, nascondendo il volto
contro la gamba, ma anche così è facile immaginarne il broncio.
Matt avanza, le braccia spalancate, come un arbitro incaricato di valutare i
danni.
«Sei ancora vivo?» domanda, inginocchiandosi accanto a lui, con la malaugurata
idea di cominciare a picchiettargli l'indice contro il fianco. Quel che è peggio
è che le dita di Matt sono lunghe e la vita di Arthur è sottile e, sotto la sua
mano, gli sembra di venir colpito da piccole scariche elettriche ogni volta che
lo tocca.
«Ti odio...» mormora. Sapeva che, ancora una volta, quel capellone si
sarebbe alleato con Karen per prendersi gioco di lui e farlo impazzire. Non è
una novità, forse è colpa del proprio carattere, che non è facile, perché gli ci
vuole tempo per adattarsi a qualsiasi cambiamento (e farti distruggere il
ginocchio dalla tua collega è decisamente un cambiamento importante di cui
avrebbe preferito discuterne prima, eh!), è permaloso e ci sono volte in cui
vorrebbe scomparire. Come adesso, mentre Matt continua a tormentarlo e a
chiedergli se è ancora vivo, in quel suo inglese britannico in cui riesce a dare
ad ogni parola un senso di rotondità. Non c'è nulla di più piacevole della voce
di Matt, del modo in cui fa rimbalzare le parole contro il palato, come se la
sua lingua giocasse a calcio nella sua bocca, prima di farle rotolare in un goal
al di fuori.
Ora, però, preferirebbe rimanere da solo a compatirsi per la propria incapacità
di incassare il dolore come un vero uomo.
«La puoi smettere?»
Alla fine ha ceduto, ha tirato su la testa e, disperato, guarda Matt ed il
sorriso furbo che sembra urlare al mondo "Ho un piano malefico in mente e non ti
piacerà quando lo metterò in atto" che è molto simile al sorriso "Ho di nuovo
bloccato la porta del TARDIS, ma tu non dirlo a nessuno". Non promette niente di
buono, specialmente quando si avvicina pericolosamente alla gamba di Arthur e,
davanti agli occhi dell'intera crew, vi posa le labbra, lasciando l'impronta di
un bacio sulla stoffa ruvida dei jeans.
«Ecco fatto,» annuncia orgoglioso; lo è sempre, di ogni proprio gesto, anche se
la maggior parte delle volte finisce per rompere qualcosa o rovesciarsi il tea
sui vestiti di scena «Adesso è passata la bua?»
Arthur sta per sibilargli che cazzo, non è un bimbo ritardato, se dice che
gli fa male è perché gli fa male sul serio, quando si accorge che ha smesso
da parecchio di sentire dolore.
«S-sì…» borbotta, il broncio ancora lì, in bella vista sul volto spigoloso e
perfettamente sbarbato di Rory Williams.
Sarebbe il momento perfetto per esultare, ma Matt non emette suono e continua a
fissarlo in un modo inquietante e sospetto. D'accordo, è anche eccitante quando
fa così, ma Arthur preferisce non pensarci e domandargli un neutro: «Cosa?»
«Hai qualcosa...» risponde l'altro, vago.
«Dove?»
«Qua.»
Che tu sia maledetto, Matt!
Il pensiero arriva un istante di ritardo rispetto alla sua bocca.
Il bacio è lungo e le labbra di Matt sono fresche su quelle del ragazzo. Gli
occhi di Arthur sono socchiusi in due spiragli azzurri e languidi che spariscono
presto al di sotto delle palpebre, quando risponde al bacio e circonda le spalle
di Matt con le braccia.
Non ci vuole molto perché il coro di "uhuuuu" esploda, guidato in prima
linea dalla voce di Karen che ha iniziato a tirare loro cose: una
sciarpa, il romanzo di Melody Malone e perfino il cacciavite sonico che,
di solito, Matt riesce a far sparire nelle tasche della giacca prima che i suoi
colleghi glielo nascondano per evitare che rompa anche quello - ha un record
personale di sei cacciaviti sonici rotti in meno di una settimana.
Il primo a sciogliere il bacio è Arthur, si guarda intorno, incassando la testa
tra le spalle e ormai sa che la loro relazione segreta -che tanto segreta non è
mai stata- è stata scoperta ed è tardi anche per negare l'evidenza.
«Oh, al diavolo.»
Quindi, dopo aver fatto una linguaccia a Karen, è tornato a dare un senso alla
bocca di Matt così vicino alla propria.
Note: What. The. Hell.
Questo non era previsto, non il fatto che mi mettessi a scrivere sugli attori di
Doctor Who, invece che sui personaggi della serie tv! Per questa volta darò la
colpa alle troppe foto che mi è capitato di vedere di quei tre assieme che sono
adorabili almeno quanto lo sono i Ponds e il Dottore insieme.