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Autore: metaldolphin    31/05/2013    2 recensioni
Prequel del Crossover "Comunque pirati": scopriamo perchè Zoro era ridotto così male, prima dell'incontro con i pirati dello spazio.
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nami, Roronoa Zoro, Un po' tutti | Coppie: Nami/Zoro
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Vita da pirati'
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L’odore di terra bagnata…
E’ qualcosa che non so definire: lo odio e lo amo allo stesso tempo… mi porta alla mente ricordi dolorosi ed episodi della mia vita che non cambierei con null'altro al mondo.
Era pesante e gravoso, nella pioggia che aveva accompagnato il funerale della mia migliore amica, ma lo avevo percepito intenso ed aromatico dopo un’improvviso acquazzone che aveva sorpreso me e Nami addormentati vicini sotto gli alberi di mandarino: se mi concentro posso sentire ancora il suo calore: era la prima volta che lo assaporavo e lo gustavo a fondo. Era lo stesso profumo che amavo emanarsi nell’aria quando lei annaffiava quelle piante con cura, ma era anche l’odore che odiavo quando la pioggia ci sorprendeva dopo una battaglia, appesantendo la stanchezza ed il dolore mentre ricucivamo le ferite.
Adesso mi invadeva le narici, così simile a quei tristi episodi, ma con la differenza che l’odore del sangue, che lo accompagnava pesantemente, era più forte ed invadente.
Era il mio.
Potevo sentirne il sapore, mentre si mescolava alla terra umida, nella mia bocca e sul viso, abbandonato nel fango che si formava grazie alla pioggia ed alle mie ferite aperte. E odore e sapore si confondevano nella mia mente, amalgamati da un dolore così intenso da non farmi riuscire a muovere nemmeno un muscolo.
Il dolore… da Thriller Bark, anche se ero sopravvissuto, lo sentivo più acuto e gravoso di quanto non accadesse prima: se ne avessi avuto la forza, avrei gridato.

Non capivo se fosse pioggia o le mie stesse lacrime, ciò che sentivo scorrere sul volto. Forse era semplicemente sangue, non avrei saputo distinguere.
Avrei preferito morire, se non fosse stato per il pensiero che pulsava nella mente: volevo rivedere Nami, sapere che si era salvata e stava bene.
Un rumore mi fece concentrare su esso, per capire se fosse giunta una nuova minaccia, anche se, al punto cui ero arrivato, non aveva molta importanza. Una spada scivolava sul terreno, mentre un lamento si alzava: qualche ferito grave cercava di muoversi senza grossi risultati.
“Lascia perdere, fratello: conserva le forze per le ultime preghiere, se sei così fortunato da credere in qualcosa”, pensai.

Non era stato un combattimento leale, ma la Marina non guardava a queste cose, e le regole della spada non si sposavano bene con fucili e pistole, metodi vigliacchi per coloro che non avevano il coraggio di affrontare il nemico faccia a faccia. Ma io, prima di cadere, avavo scatenato la mia furia demoniaca e li avevo abbattuti senza troppi complimenti. Ero riuscito a trascinarmi dietro il grosso dei nemici ed ero caduto, ma ero anche confortato dall’idea che lei e gli altri compagni fossero al sicuro.
Ma era anche vero che non sarei voluto morire solo, mentre il viso di Nami si confondeva nel fango e nella pioggia: almeno nei miei sogni, prima di andarmene, avevo visto il suo sorriso.


Sotto la pioggia, Nami incitava Chopper a guidarla prima che svanissero del tutto le tracce olfattive e, arrivando alla periferia del villaggio ormai deserto, rimasero impietriti di fronte alla carneficina che si presentava ai loro occhi.
Nami corse tra le decine di cadaveri e feriti gravi, andando da una figura all’altra, alla ricerca frenetica di un solo uomo.
Sempre più affannata, con le lacrime ormai indistinte nella pioggia, cercava, come riferimento, la singolare capigliatura di Zoro. Ma sangue e fango rendevano tutti uguali i corpi abbandonati tutt’intorno, rendendole il compito difficile.

I gemiti di qualche ferito attiravano l’attenzione di Chopper che, puntualmente, si rendeva conto di non poter fare niente per essi: era una questione di pochi minuti, ormai, prima che smettessero di vivere. Poi venne scosso dall’urlo di Nami e corse da lei.
Era riuscita a trovarlo: giaceva, prono, nella mota formata da sangue, pioggia e terra, quest’ultima così impregnata da non riuscire ad assorbire più nulla.
-È ancora vivo, ma grave- affermò il piccolo medico -non possiamo spostarlo così, non conosco la gravità delle lesioni e rischiamo di peggiorarne le condizioni. Sta’ con lui, torno subito, con gli altri e una barella.
Singhiozzando la ragazza annuì e si inginocchiò vicino al compagno. Con estrema cautela liberò il viso dal fango per assicurarsi che respirasse meglio, ripulendolo con cura.
Osservò che non aveva neppure avuto il tempo di legare la bandana che aveva al braccio, sul capo.
I tratti del volto tradivano la sua sofferenza, il respiro difficoltoso e il filo di sangue che perdeva da naso e bocca erano indizio di lesione polmonare. Allarmata da tutto ciò, sentendosi sperduta nella pioggia in quel campo di morte, Nami lo chiamò, sempre più forte, ma senza ottenere risposta.

Il piccolo medico tornò con Rufy e Sanji che portavano la barella.
Non parlarono, ma la loro espressione si indurì, quando videro in che stato versava Zoro; dietro le attente istruzioni di Chopper, con movimenti fermi e sicuri, il ferito fu sollevato e posto sulla barella preventivamente messa al suo fianco.
Gemette penosamente appena lo mossero, quindi si avviarono alla Sunny con quanta cautela possibile.
Raccolte le spade che giacevano abbandonate, Nami li seguì, a capo chino, mentre Chopper le camminava a fianco, rabbrividendo al pensiero di ciò che lo attendeva per cercare di salvare la vita di Zoro.
Voltandosi per un attimo indietro, Nami diede un’occhiata alla pozza di sangue dove giaceva fino a pochi attimi prima lo spadaccino ed un brivido di paura le percorse la spina dorsale: non era certa che stavolta lui sarebbe sopravvissuto.

Il tavolo da pranzo fu accuratamente disinfettato e coperto da un bianco lenzuolo pulito: date le condizioni e la necessità di agire in fretta, uno spazio maggiora avrebbe facilitato le operazioni. Zoro vi fu posto con immensa cautela, con attenzione fu svestito, tagliandogli di dosso gli indumenti sporchi e laceri, quindi le ragazze, reclutate come infermiere assieme a Sanji, lo ripulirono da fango e sangue ormai rappreso, così da facilitare un esame più attento delle ferite.
Chopper, con pazienza e dedizione lo aveva operato, ma la prognosi rimaneva riservata.
Nami si era fatta forza ed aveva smesso di piangere per tutto l’intervento, ma quando avevano finito per esaurire le bende a disposizione, era corsa in lavanderia; ne era tornata con altre lenzuola candide e fresche di lavaggio: rabbiosamente, mentre nuove lacrime le bagnavano il viso, iniziò a strapparle in lunghe strisce regolari.
Le nuove fasce furono usate prontamente, fino a che le emorragie furono arrestate. Una volta stabilizzato, lo spadaccino fu trasferito in infermeria: non restava che aspettare.

In sala pranzo, Sanji rassettò, ripulendo la sala dal sangue, gettando via abiti luridi e laceri, bende insanguinate, il lenzuolo ormai inservibile e gettò un’occhiata smarrita ai festoni, che aveva preparato per la festa di compleanno di Nami, in programma per quella sera.
Salito sulla sedia, iniziò a strapparli via con rabbia.
   
 
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