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Autore: payneslady_    02/06/2013    5 recensioni
‘Chi è il vero Zayn?’
Quella di Carter era solo una provocazione e il moro questo lo sapeva.
‘Chi vuoi che sia?’
‘L’ipocrita di sempre.’
Si divertivano.
Un gioco provocatorio.
Genere: Poesia, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Zayn Malik
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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HYPOCRISY.

Cosa tiene in vita l’umanità?
Qual è quella forza così potente da non aver portato l’uomo all’autodistruzione?
L’ ipocrisia.

Lei amava la fotografia, lui essere fotografato.
A lei piaceva rimanere dietro l’obbiettivo, a lui di fronte.
 

Sorridi’- Diceva sempre Carter, poi portava il mirino all’occhio pronta a trovare al centro dell’obbiettivo il suo soggetto migliore.
‘Ora più serio: fa finta di sognare’- E lui obbediva come un robot. Ma lui odiava farlo, odiava quel lavoro, odiava ricevere ordini da qualcuno, soprattutto da lei.
Ma sorrideva, mostrando uno dei suoi sorrisi più belli, lasciandosi scattare foto su foto, in silenzio.
E andavano avanti così da troppo tempo, ormai. Entrambi senza provare ad esprimere la propria idea, tutto scorreva fin troppo negli schemi, automaticamente.
Era l’ultimo scatto, almeno così aveva annunciato Carter e Zayn era contento di questo, ma doveva rimanere nei suoi panni: il ragazzo che brillava sotto la luce del flash.
‘Domani alla stessa ora, Zayn. ’- Lui sorrideva falsamente e si chiudeva la porta alle spalle, come di routine da quasi due mesi… forse tre.
Ed era quando la porta di quello studio si chiudeva che Carter, poteva finalmente tirare un sospiro di sollievo e rilassare tutti i muscoli del suo corpo, soffermandosi ad osservare un ultima volta il set che faceva da sfondo alle sue opere d’arte, prima di iniziare a smontarlo con qualche imprecazione, ogni tanto.
A volte domandava a se stessa come potesse lei, essere una fotografa, che dettava mimiche facciali ad uno sconosciuto, perché Zayn era uno sconosciuto, impedendo alla naturalezza di dominare. A volte pensava di aver sbagliato lavoro, a volte pensava che tutto quello che aveva costruito in ventitré anni fosse solo un accumulo di sorrisi falsi e di emozioni non vere. Perché, ad essere sinceri, la fotografia era quello; ma poi ci ripensava e capiva che quello era il suo unico modo di vivere, la sua unica via di fuga. Da che cosa?
Dalla gente e da quella formula di false emozioni da cui era costituita, inconsapevolmente.
Secondo lei Zayn, invece, era rilassato, tremendamente rilassato, e di questo Carter non riusciva a capacitarsene. Quelle espressioni così naturalmente false da essere perfette per l’obbiettivo.
Ora la stanza sembrava vuota, enormemente grande e tremendamente in grado di far sentire insignificante una ventitreenne, che avanzava verso la stanzetta in fondo.
Con un’acuta attenzione, le mani delicate iniziarono a modellare il rullino. Quelle dita si muovevano agili e caute, procedendo sempre con gli passaggi ad ogni fotografia, sentendosi sempre più soddisfatta del risultato.
Ma di chi era il merito di quel lavoro così ben riuscito? Suo o del suo ‘fidato’ soggetto?
Avrebbe voluto pensare ‘Mio. Sono io la fotografa!’ ma il suo pensiero si rivolgeva a quel ragazzo dagli occhi caramello con i capelli corvino, neri come la pece, che tanto venivano luminosi abbagliati dalla luce del flash.
Non era facile per lei prendersi il merito di qualcosa, pur sapendo che in buona parte, quelle lusinghe le spettavano tutte, una ad una; ma chi era lei per definirsi così all’altezza di qualcosa? Un’ipocrita.
Le fotografie iniziavano a diventare più nitide, rendendo ancora più bello il risultato agli occhi attenti di Carter, nonostante la luce rossa tremendamente bassa.
Amava quella stanza: il suo profumo di carta, il profumo d’inchiostro che riusciva a creare opere d’arte e soprattutto quel profumo di fotografia, inodore, eppure così evidente ai cinque sensi. Chiuse gli occhi inalando ogni singolo odore e beandosi di quella sensazione, quando la porta alle sue spalle si aprì con ferocia.
Zayn.
Con l’apertura di quella porta, fu come se quella parete invisibile fosse andata in frantumi, facendo perdere il respiro alla ragazza, che godeva di quella sensazione.
‘Cosa ci fai qui?’
‘Sono passato a riprendere il cellulare, l’ho dimenticato qui… sul mobile’- Spiegò avanzando verso l’elemento d’arredo. Carter lo seguì, senza un preciso motivo.
‘Hai visto le mie foto?’- Ringhiò lei, scorgendo delle immagini ammassate, che riconobbe, poste in disordine sul mobile, di fianco al telefono. Nonostante l’oscurità della stanza, poté intuire che il moro impallidì leggermente.
‘Zayn?’- Lo richiamò severa.
Il giovane, farfugliò qualche parola senza senso, quando fu richiamato per la terza volta in qualche minuto, dalla ragazza che si trovava di fronte a lui, rigida come sempre.
Carter era tesa, nonostante lei impersonasse l’accusatore e non l’accusata.
‘Ero curioso..’- Si limitò a dire, emettendo un respiro nervoso. Per la prima volta era lei ad avere il coltello dalla parte del manico, per la prima volta le piaceva il suo personaggio.
‘Curioso di cosa?’
‘Di capire qualcosa di te.’
Il cuore della ragazza prese ad accelerare il battito e le venne quasi il sospetto che in quel silenzio assordante Zayn potesse sentire quel tamburellare ritmato.
I ruoli si erano invertiti, ora lei era l’accusata e questo lo sapeva.
‘Volevi imparare a conoscermi attraverso una fotografia, Zayn?
‘Non una.’
‘Una, due o centomila non cambierebbe niente. Avresti fatto meglio a chiedere a me qualsiasi cosa tu volessi sapere.’- La sua voce era dura e poco credibile. ‘Ma non ti assicuro che ti avrei risposto, comunque.’- Terminò il discorso, causando un sorriso sghembo, che spesso aveva immortalato, alla figura di fronte a lei.
Silenzio.
‘Hai sempre lo stesso sorriso nelle foto.’- Smorzò quell’aria, chiaramente tesa, il ragazzo.
‘E’ l’unico che mi riesce meglio.’
‘L’unico che riesce a nasconderti.’- La corresse lui, saccente.
‘Nascondermi da chi?’- Azzardò lei, quasi intimorita dalla possibile risposta.
‘Vorresti dire: da che cosa!’
Zayn prese quelle tre fotografie, mostrandole alla ragazza, che faticava ad osservarle sotto quella luce così fioca.
‘Guarda: sono quasi identiche!’
‘E con questo?’- Lei si sentiva in soggezione e per mascherare il suo evidente stato d’animo, chiedeva spiegazioni al ragazzo, per prolungare quell’agonia.
Zayn posò le fotografie, afferrando l’arma di Carter, a poca distanza da loro: la macchinetta fotografica.
‘Lasciala.’- Intervenne la mora, a denti stretti, a volerlo intimorire.
Il polso della ragazza venne afferrato dal ragazzo, raggiungendo la stanza in cui poco prima aveva avuto luogo il set fotografico.
‘Che diamine vuoi fare?’- Domandò, lei, camminando nella direzione che il moro le stava mostrando.
‘Delle foto.’- Lui era tranquillo e questo Carter non se lo spiegava.
Dietro quel viso da ragazzo stereotipato, si celava qualcuno. Ma chi?
‘Zayn, ti prego…’- La ragazza continuava ad osservarlo, mentre si muoveva elettrizzato nell’aerea disponibile. Per lui, lei sembrava quasi invisibile; un personaggio secondario.
Lo sguardo della ragazza si rivolse alla figura del moro che avanzava nella sua direzione, armato di macchinetta.
Flash.
Zayn mostrò la fotografia in cui era stata immortalata a Carter.
Occhi sorpresi, lineamenti del viso tesi, rigidi ma pur sempre bellissimi.
‘Hai finito?’ – Azzardò lei, esasperata dall’insistenza del ragazzo. Provò a sgattaiolare dallo spazio che il moro aveva abilmente circonciso con il suo corpo allenato.
 
‘No.’
‘Preferivo il ragazzo silenzioso, che obbediva e che sapeva solo apparire.’- Zayn non si aspettava quell’affermazione, soprattutto l’ultima frase, ma lei stava solo improvvisando.
‘Io ti ho mostrato un’altra parte di me. Ora tocca a te: togli la maschera, Carter.’
Il viso della ragazza s’incupì, rivolgendo le iridi scure al pavimento, improvvisamente diventato più interessante del ragazzo di fronte a lei.
‘Che vuoi da me, Zayn?’
‘Ci conosciamo da tre mesi… eppure io non ti conosco affatto!’
‘Non ce n’è bisogno!’- E passò oltre il corpo del ragazzo, il quale con mossa abile, riuscii a bloccarle la strada. Trovandosi l’uno di fronte all’altra.
I due protagonisti, faccia a faccia o meglio dire, maschera a maschera.
‘E’ la prima volta che vedo il tuo viso cambiare espressione. Sei sempre così statica: ti riesce così bene!’
‘Io invece, ti ho visto fin troppe volte cambiare espressione; quasi da non capire chi dei tanti Zayn è quello vero.’
Erano seri, entrambi. Gli occhi dell’uno negli occhi dell’altro; un immagine romantica a pensarci, ma non se quegli occhi erano vuoti. Pieni di pigmenti cromatici e non di emozioni.
‘E’ questo il bello del gioco: sta a te scegliere. Tu devi giudicarmi, tu devi capire chi sono, chi vuoi che sia.’
E Carter era stanca di questi continui giochi della gente: perché imparare tanti copioni, quando si poteva benissimo improvvisare, senza seguire gli schemi prestabiliti dalla società?
Addossarsi pagine e pagine riempite da parole false, difficili da pronunciare, quando si poteva benissimo arricchire una pagina bianca, momento per momento? Carter non capiva. La gente non capiva. Tutti avevano intrapreso la stessa strada, la stessa scorciatoia che pian piano avrebbe distrutto tutto, questione di tempo. Ma l’ipocrisia, era solo capace di portare all’autodistruzione.
‘Non sarebbe più facile essere chi vuoi tu?’
Zayn rimase spiazzato da quelle parole. Lui era abituato alla dinamicità della vita e alle sue sfaccettature. Come poteva essere lo stesso?
Quando lei non armeggiava la macchinetta fotografica, lui si sentiva potente, in grado di usare la ragazza, che continuava a guardarlo innocente, a suo piacimento, mentre quando lei impugnava la sua amata Canon, era lui l’oggetto, il burattino e non più il burattinaio.
Per lui cambiare era facile, non era mai stato abituato alla fermezza. Lui aveva bisogno di vivere come di essere ipocrita; era una necessità, ormai.
‘E se non sapessi chi sono?’
L’ipocrisia portava al disorientamento, questo era assodato.
‘Passeresti l’intera vita a cercare il vero Zayn, senza mai riuscire a trovarlo? Sarebbe come provare scrollarsi di dosso la propria ombra: una lotta persa in principio.’
L’ipocrisia era l’ombra che seguiva ogni essere umano, senza lasciarlo, senza dargli la possibilità di stabilizzare se stessi, di trovarsi.
Zayn pensava e nel bel mezzo di quel pensiero, riuscì a specchiarsi negli occhi di Carter che qualche secondo prima erano un pozzo di macchie scure e profonde; era cambiata.
Lei stava provando emozioni?
‘Anche tu cambi. I tuoi occhi.’
Istintivamente Carter si allontanò dal moro. Lei era consapevole della sua sfacciata ipocrisia, era solo brava a nasconderlo.
‘Cos’hanno i miei occhi?’
Voleva sentirselo dire, essere certa di essere omologata a tutta la società; ipocrita e masochista.
‘Sei come me.’- Rispose lui, riuscendo ad intuire il gioco della ragazza.
‘Siamo uguali.’- Completò la frase lei.
‘E’ una cosa positiva?’
Zayn era innocente. Forse la vera colpevole era lei, che aveva inculcato in lui quei pensieri confusi.
‘E’ assolutamente sbagliato, Zayn.’
Lui era confuso, non riusciva a capire.
‘Io sto bene così.’
Stava bene ed era sincero mentre lo diceva.
Ma Carter non era convinta: riusciva a leggere negli occhi del ragazzo, l’esatto contrario.
Era brava a capire le persone, perché le piaceva osservare, andare affondo all’animo umano, mettendolo in subbuglio, proprio come stava facendo con Zayn.
‘Tu pensi di star bene, solo perché sei abituato a farlo.’
‘No. Sto bene perché voglio farlo.’
‘O perché ti hanno costretto?’
Lo sguardo del moro ricadde sulla punta delle sue scarpe griffate.
Carter lo stava mettendo in difficoltà, come mai nessuno aveva fatto, perché la gente era ipocrita fino al midollo. Lei era riuscita a smuoverlo da quello stato di letargo di cui era stato vittima per venticinque anni.
‘Non avresti mai il coraggio di dire certe cose a qualcun altro, non è vero?’
Zayn aveva centrato in pieno il punto debole di Carter; non riusciva a non essere vittima dell’ipocrisia, non riusciva a non essere etichettata come ‘uno dei tanti esseri viventi del Pianeta Terra’.
Siamo solo attori’- Concluse lei.
‘Che parte ti piacerebbe interpretare?’
Domandò lui, tornando alla lucidità di sempre.
‘L’ipocrita.’
‘Posso essere ipocrita con te?’
‘Sai che così facendo, saremo solo noi stessi, giusto?
Entrambi avevano rielaborato le informazioni che avevano scambiato poco prima, giungendo alla conclusione più semplice e comoda, da bravi ipocriti quali erano.
‘Penso di aver trovato il vero Zayn.’
‘Chi è il vero Zayn?’
Quella di Carter era solo una provocazione e il moro questo lo sapeva.
Chi vuoi che sia?’
‘L’ipocrita di sempre.’
Si divertivano.
Un gioco provocatorio.
‘Ti piaceva quell’ipocrita?’
‘Non è importante da sapere.’
I polsi di Carter vennero avvolti dalle dita affusolate del ragazzo, che continuava a guardarla intensamente, facendo pressione sulla pelle della fotografa.
Cos’erano i suoi occhi? Perché erano diventati così belli? Improvvisamente.
Carter continuava a fissare il gioco di colori all’interno delle iridi di Zayn, beandosene; non era neanche riuscita ad accorgersi di quanto vicini fossero entrambi.
Lo stato di trance della ragazza terminò al richiamo del moro.
‘E se per me lo fosse?’
‘Non cambierebbe niente, lo sai.’
‘Se invece volessi cambiare personaggio?’
‘Siamo noi i registi, possiamo fare ciò che vogliamo’
‘Se volessi terminare il film con un bacio, magari senza senso… solo per il gusto di farlo?’
‘Non sarebbe la fine del film.’
Zayn si sentì autorizzato, in seguito alle parole della ragazza, a gustare le labbra di Carter, su cui aveva fantasticato in silenzio, qualche volta, in tre mesi.
Le labbra di lei erano abbracciate da quelle di lui, in un tocco che le faceva contorcere lo stomaco.
Il sapore di Carter era dolce: anche il gusto delle labbra era in contrapposizione con la ragazza, tutto falso.
Carter non assaporava niente, ricambiava solo quello che le veniva dato; ma in fondo, sapeva di non essere disturbata da quell’iniziativa.
Ipocrita.
Le labbra si muovevano, sovrapponendosi le une alle altre. C’era chi voleva avere supremazia, anche in un bacio. Uno stupido bacio.
Fatto sta, che quello di entrambi era solo un desiderio momentaneo, scaturito da qualche provocazione ricevuta.
Era un bacio senza senso? Probabile.
Sarebbe cambiato qualcosa tra i due? Può essere.
Il loro animo ipocrite, avrebbe contribuito ad un possibile cambiamento? Assolutamente sì.
‘Ripeteresti la stessa scena ancora una volta?’
C’era speranza nel tono di voce del ragazzo, una speranza falsa.
Ma un bacio non avrebbe compromesso niente, soprattutto tra loro.
‘Non sarebbe da bravi registi, Zayn.’
‘Ma sarebbe da ipocriti.’

 

FINE.

 
COMMENTI DELL’AUTRICE;
Salve a tutti! Allora, se siete arrivati fin qui, io vi farei una statua di quelle colossali, davvero. Non è una one shot facile da leggere, ci sono dei pensieri molto contorti (ecco spiegato il rating), è ispirata al pensiero pirandelliano, di cui la mia professoressa mi ha fatto letteralmente innamorare (ha letto anche lei la one shot lol). Che dire, forse risulterebbe ‘pesante’ da leggere, ma è l’unico scritto di cui sono convinta… Quindi, il mondo è bello perché è vario. Spero solo di non avervi annoiati, è un testo di poco conto, lo so, ma mi andava di scriverlo.
Amo scrivere, amo ritagliarmi del tempo per me stessa in cui ci sono solo io con il foglio bianco, ed ecco cosa ne viene fuori. Spero solo di ricevere un altro colpo di genio e magari scrivere qualcosa di più movimentato.
Una recensione sarebbe sempre la benvenuta c:
Ringraziamo il banner meraviglioso creato con tanta pazienza da @ehimaliik (grazie mille bella fnsjhbf)
Bene termino qui, lasciandovi il mio nick twitter: @payneslady_ 
  
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