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Autore: GioRafiki    03/06/2013    0 recensioni
"Chiudo gli occhi e immagino i suoi, così terribilmente scuri. Con le mani sfioro l’erba intorno a me, immaginando che possano essere i suoi capelli. Mi ha abbracciato solamente una volta, ma posso immaginare le sue braccia forti intorno alle mie spalle e sentire il suo profumo, mi inebria la mente e i sensi… Dio mio quanto vorrei che fosse qui. "
L'idea di questa one shot nasce da un sogno che ho fatto circa 4/5 giorni fa. Proprio per questo motivo vi sembrerà la maggior parte delle volte un po' troppo surreale, ma, perdonatemi, i miei sogni a volte giocano brutti scherzi...
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Devo fuggire dalla realtà.

Mio nonno è morto, mia nonna non parla più, l’esame della patente è andato uno schifo, la mia famiglia si è chiusa in se stessa, scuola non ne parliamo e poi c’è lui Giammarco, lo sogno tutte le notti, ma lui non mi calcola nemmeno.

Sono una sognatrice e nonno andandosene mi ha svegliata, portandomi alla realtà.

Ho bisogno di perdermi, di andare in un posto che mi faccia perdere cosicché io possa trovare la forza di rialzarmi.
Prendo una cartina d’Italia, faccio scorrere la punta di un dito dall’unghia inesistente sulla carta e mi fermo in un punto a caso.
La sorte ha scelto per me un paesino toscano dal nome impronunciabile. Faccio qualche ricerca e scopro che è famoso per le sue strade, troppe, impossibili da ricordare e terribilmente intricate.
A volte mi chiedo se lassù da qualche parte ci sia qualcuno che vuole aiutarmi veramente.
Raccolgo i pochi soldi che ho e dico ai miei che parto. La loro più totale apatia gli impedisce di fermarmi.
Preparo uno zaino con dei vestiti a caso e un libro di Michael Ende ‘’La prigione della libertà”, uno dei miei preferiti.
                                                                          
                                                                           ****

Salgo sul treno, impaziente, ho voglia di arrivare il più presto possibile.
Infilo le cuffie e la voce di Giuliano Sangiorgi inizia a cantare…

Guardo il finestrino e la natura scorre sotto i miei occhi, occhi che si fanno sempre più pesanti…
                                                                          
                                                                          ****
Mi sveglio di soprassalto, Bon Scott ha iniziato ad imprecare in una delle sue canzoni. Ringrazio la mia buona stella perché manca poco all’arrivo.
                                                                          ****

“Alla fine non si può guarire mai”, canta la voce di Vasco Rossi. Scendo dal treno, infilo i miei fidati Ray-ban, scuri come la notte ed il mio cuore in questo momento. Accendo il telefono, l’aggeggio infernale, e cerco la strada per il mio Bed&Breakfast, ho bisogno di una doccia prima di iniziare il mio cammino verso la redenzione o la perdita più totale.

Il posto è esattamente come lo immaginavo, come in una di quelle foto d’epoca, estremamente giallo. Giallo perché c’è il sole, le case sono vecchie, di mattoni gialli, le strade sono di brecciolino che al sole diventa giallo, perfino i fiori ai balconi e le lenzuola stese sono giallo. C’è il sole, ma non fa caldo, l’aria è fresca, piacevole, mi accarezza il viso. Cammino seguendo le indicazioni dell’aggeggio, con il naso in alto respirando aria vissuta, piena di profumi diversi, ammirando i balconi più fioriti che io abbia mai visto, sfiorando pareti che sanno di storia.

Giungo, infine, pago e vado nella mia camera. È spartana, esattamente come ci si aspetta dall’unico Bed&Breakfast di un paesino sconosciuto a molti. C’è una finestra, la apro delicatamente, si affaccia sulla piazza del paese. Appoggio i gomiti alla balaustra, mi sento un po’ come Leopardi nel “Sabato del villaggio”.
                                                                            ****

Lego la giungla che sono i miei capelli, prendo la mia fidata Moleskine, penna, Ray-ban, sigarette e musica.

Esco dal Bed&Breakfast e inizio a camminare, senza meta, so solo che ho voglia di sdraiarmi su un prato, un grande e verde prato. Vago, appuntando i miei pensieri, tristi o malinconici che siano. Accendo la prima sigaretta, non fumo tanto, ma a volte è necessario, come ora.

Cambio la traccia sull’mp3, sono antica, lo so cerco qualcosa dei Pink Floyd o della PFM e continuo a camminare tra vicoli e scale, alla ricerca di un prato verde. Scelgo “Hey you””, i Pink Floyd hanno vinto. Alzo lo sguardo con un sorriso e mi blocco. Mi sfilo gli occhiali, basita, il sorriso sparito. Mi sento un po’ come Wordsworth di fronte ai suoi “daffodils”, ma le mie giunchiglie si chiamano margherite, milioni di margherite, non riesco a capire dove finiscano. Cado in ginocchio sporcandomi i jeans di verde. Sorrido e mi lascio cadere del tutto in quel mare che profuma di verde.
                                                                            ****

Sono circa tre ore che non mi muovo, il sole è passato dall’altra parte del cielo. L’mp3 è morto,a farmi compagni solo la mia mente che viaggia. Catarsi.

Le immagini di due uomini si alternano nei miei pensieri. Inizio a parlare ad alta voce per non essere schiacciata da questo silenzio opprimente.

Parlo a mio nonno, l’uomo che mi ha insegnato ad amare, ma che è scivolato via dalla mia vita, logorato silenziosamente dal male del secolo: tumore. Quel dannato che lo ha consumato da dentro. Paradossalmente mi viene da pensare che il tumore sia proprio la personificazione di come finirà l’esistenza dell’uomo: autodistruzione.
Inizio a piangere, ininterrottamente, senza singhiozzare, solamente lacrime, mille mila lacrime che scorrono sulle mie guance.
 
Un riccio sfugge dalla coda in cui ho costretto i miei capelli e sorrido asciugandomi gli occhi con la manica della felpa.

Il mio scenario mentale cambia ed è invaso da un milione di ricci. È arrivato, Giammarco. Come sempre prende prepotentemente possesso della mia testa, sconvolge i miei pensieri come un uragano nei paesi tropicali. Lo conosco da poco, lui mi ha detto che non se la sente di iniziare una relazione, anche se gli piaccio tantissimo…  ma io ero già troppo persa. Purtroppo è così che mi succede, mi lascio prendere subito e troppo. Non so se posso parlare di amore, ma qualcosa c’è. Ecco, al solo pensiero il cuore mi sale in gola, non riesco più a deglutire, brividi su tutto il corpo. Cazzo se questo è amare non voglio immaginare cosa si possa provare odiando. Chiudo gli occhi e immagino i suoi, così terribilmente scuri. Con le mani sfioro l’erba intorno a me, immaginando che possano essere i suoi capelli. Mi ha abbracciato solamente una volta, ma posso immaginare le sue braccia forti intorno alle mie spalle e sentire il suo profumo, mi inebria la mente e i sensi… Dio mio quanto vorrei che fosse qui.

Inizio a piangere di nuovo, questa volta singhiozzando… la via per la redenzione mi sembra sempre più lontana ed impossibile da raggiungere. Mi chiudo a riccio pensando alle parole che ho scritto in una lettera che qualche giorno fa ho inviato a Giammarco “Lo so che ti spaventa, lo so che non sei pronto e forse quello che sto per dirti ti allontanerà ancora di più da me ma… mi sto innamorando di te. E non parlo di farfalle nello stomaco, no, ma di una vera e propria camionata nel cuore.”. Non ce l’ho fatto a scrivergli un banale messaggio, sono all’antica a me piace la carta e l’inchiostro, ma ho paura di averlo ulteriormente allontanato da me. Il giorno prima di avergliela spedita, nonno se ne è andato, ora sono passati 6 giorni, ma lui non si è fatto vivo. Devo riuscire a dimenticarmelo, non mi vuole e io sono persa. Bel casino.

Oh, nonno aiutami tu ti prego! Ne ho sprecate fin troppe di parole a Dio e non mi ha ascoltato forse te, ora che sei lì da qualche parte potrai aiutarmi.

Stringo ancora di più le braccia intorno alle mie gambe i singhiozzi non sembrano voler finire, non ho niente e nessuno che imponga di tornare al Bed&Breakfast, posso restare qui tutto il tempo, anche perché non ricordo la strada che ho fatto, tutto si svolge qui: se riesco a tornare vorrà dire che sono pronta a rinascere, se mi perdo sarà definitivamente.

Accendo la seconda sigaretta, meglio affrontare la vita con un po’ di nicotina. Arrivo a metà e sono nauseata. La spengo con cura, non voglio rovinare il bel paesaggio. Raccolgo le mie cose asciugo le ultime lacrime e mi giro.

Il mondo si ferma.

Il mio mondo si ferma.

Si ferma perché colui che sto facendo diventare il mio mondo è lì.

Con fiatone e capelli scompigliati.

Giammarco.

Corre verso di me e io sono incapace di muovermi.

Lascio cadere le cose appena raccolte giusto in tempo perché possa sentire il suo corpo venirmi addosso.
Irrimediabilmente cadiamo sul mare verde, non capisco se sto sognando o se davvero è tra le mia braccia. Sento il suo respiro irregolare contro il mio seno, sono sotto di lui, forse è davvero qui. Ma perché non dovrebbe essere qui veramente, come però potrebbe essere qui veramente! Inizio a piangere di nuovo e lo sento muoversi. Si puntella sulle braccia forti in modo da potermi guardare in viso. Alzo le mani e gli sfioro quei riccioli che gli ricadono sugli occhi. È di una bellezza sconvolgente. Lui tace, ancora non ha aperto bocca se non per pronunciare il mio nome. Percorro la linea degli zigomi, riscendo sul naso dritto e gli sfioro le labbra, soffici, come le ho sempre immaginate. Faccio scorrere le mani sul suo collo assaporando con il tatto la sua pelle calda, sì, è qui veramente.
Ho mille domande in testa, ma non riesco a pronunciarne nemmeno una. Vorrei chiedergli se ha ricevuto la mia lettera, se mi vuole con sé, come ha fatto a capire dove fossi, come ha fatto a trovarmi, cosa ha intenzione di fare, quando è arrivato, quanto tempo ci ha messo a trovarmi… ma la mia bocca non vuole aprirsi e parlare. Sto ferma con le mani sul suo collo a singhiozzare come una bambina. Provo a pronunciare una qualsiasi parola, ma non esce alcun suono dalle mie corde vocali.
“Ssh, sono qui per te e sì, se per caso te lo stai chiedendo sono reale, non stai sognando.”  Sorride leggermente e io non posso fare a meno di piangere ancora di più. Gli getto le braccia al collo e ribalto le nostre posizioni, ho bisogno di pianger sul suo petto per sentirmi viva. Lui me lo lascia fare per un tempo indefinito, carezzandomi la schiena dolcemente, senza dire inutili  frasi di circostanza.

Sì, lo amo.

Mi culla fra le sue braccia finché le lacrime non finiscono, sono stremata. Chiudo gli occhi per un solo istante e inevitabilmente cado addormentata.
Forse, è lui la strada per la mia resurrezione.
                                                                             ****

Mi sveglio, la luce del sole colpisce i miei occhi incrostati. Ho sognato Giammarco, di nuovo.

Non ricordo come sono tornata nel Bed&Breakfast …

Distendo le braccia e sbadiglio, vedendomi addosso una felpa che non mi appartiene.

I ricordi affiorano prepotentemente.

Lui è qui.

Scatto giù dal letto cercando ogni possibile segno del suo passaggio.

Spalanco la finestra della mia camera, intenzionata a percorre di corsa l’intero paese pur di trovarlo.

Infilo le Converse al volo e spalanco la porta.

Eccolo, il mio sole, il mio cielo, il mio mare, la mia aria, la mia canzone preferita, il mio libro preferito, lui.

Ha la mano alzata, evidentemente stava per bussare.

“Allora non era un sogno!” sussurro e gli getto le braccia al collo stringendo con tutta la mia forza.

“No, piccola, però se continui a stringere così divento un morto!” ridacchia.

Mi ha chiamato “piccola”.

“C-come mi hai chiamata?” balbetto allontanandomi da lui.

Per tutta risposta lui entra nella stanza chiude la porta e mi prende il viso tra le mani, il tutto in tre secondi.

“Giorgia, ho passato due giorni di inferno. Dopo aver letto la tua lettera sono venuto a cercarti, volevo parlare. Arrivo sotto casa tua e scopro che tuo nonno è morto e che i tuoi genitori non avevano la benché minima idea di dove tu fossi. Disperato ho vagato per la città cercando di capire dove tu potessi essere andata. Ti ho chiamata circa due milioni di volte, ma il tuo telefono era sempre dannatamente spento. Poi, illuminato, sono tornato a casa tua ho cercato nella cronologia del tuo computer e l’ho trovato, questo posto sperduto. Nel giro di due ore ero sul primo treno per raggiungerti. Sono corso verso questo Bed&Breakfast, l’unico, e ho vagato con l’ansia alle stelle per circa tre ore nella speranza di trovarti in qualche angolo sperduto del paese, ma niente. Poi, ho pensato ‘’ dove si andrebbe a nascondere un fiore?’’ e la risposte era già sotto il mio naso, ma io non riuscivo a leggerla, la natura. Ho chiesto di un prato verde, il più grande e pieno di fiori e delle vecchiette mi hanno portato qui. E tu eri lì, una piccola macchia nera in mezzo al verde. Ti avrei riconosciuta in mezzo a mille margherite. Eri tu, senza ombra di dubbio. Poi ti sei alzata e io ho iniziato a venirti incontro, finché non mi hai visto e il mondo è cambiato nel momento in cui i tuoi occhi si sono posati sui miei. In quel momento, guardando i tuoi occhi, ho capito cosa vuol dire soffrire, ho capito cosa vuol dire perdere qualcuno, ho capito cosa vuol dire desiderare ardentemente avere una persona accanto a te, ho capito cosa vuol dire avere paura, ho capito cosa vuol dire voler proteggere qualcuno, ho capito cosa vuol dire amare ed ho capito di amare te. Ed ogni passo che facevo verso te era un passo che il mio cuore faceva verso il tuo. Ti amo, Giorgia e non ho intenzione di lasciarti scomparire di nuovo dalla mia vita.”

Lo ha detto tutto d’un fiato, senza lasciare per un solo istante i miei occhi.

Sento le lacrime scorrere di nuovo sulle mie guance, possibile che ultimamente non sappia fare altro?

“I-io..” Giammarco posa un dito sulle mie labbra interrompendomi.

“Tu mi hai già detto tutto con le tua preziose parole, le porto qui” si indica il petto “nel mio cuore e non se ne andranno via per molto tempo. Ho solo voglia di baciarti, abbracciarti e di fare l’amore con te per tutta la vita.”

Lo ha detto veramente, ma non fa un passo verso di me. Cavaliere fino all’ultimo aspetta che sia io a muovermi e

Dio solo lo sa quanto ho voglia di sentire la sua pelle nuda sulla mia.

Chiudo gli occhi e finalmente poso le mie labbra sulle sue. È un bacio che sa di lacrime, casto, quasi surreale.

“Ti amo” gli sussurro a fior di labbra e lui in risposta mi bacia con passione, ardore, amore.

Finiamo distesi sul letto del Bed&Breakfast ad amarci, a sentire ognuno il corpo, il cuore, l’anima dell’altro. È un momento così puro che non si può descrivere, sarebbe impossibile.
                                                                            ****

A volte sognare fin dal primo momento in cui si impara a pensare ti dà una concezione della vita diversa, più colorata e forse piena di arcobaleni.

È bello lasciarsi andare in un mondo dove tutto è diverso, più armonioso, dove la vita ha altre sfaccettature e dove l’amore vince, sempre. Ma non l’amore di cui si parla oggi, no, io parlo dell’amore che ci descrive Platone. Quell’amore che ispira alla completezza e all’eternità: trovare la tessera mancante al puzzle del proprio cuore, della propria vita e incastonarsi perfettamente in un’infinita armonia di luci, colori, musica e parole.


Sognate, ragazzi,sognate e non ve ne pentirete.  
  
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