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Autore: Botan    19/12/2007    3 recensioni
Quanto può essere interessante la vita di un Madougu al servizio di un Cavaliere Mistico? Questo genere di oggetti dal potere fatato, servono in maniera impeccabile i propri eroici padroni, aiutandoli nella perenne lotta contro gli Orrori. Zarba, l’anello gotico parlante, che serve la famiglia Saejima da diverse generazioni, è uno di essi. Un gioiello guida, che aiuta Kouga Saejima, il suo flemmatico proprietario, a gestire al meglio il ruolo di Garo, il Cavaliere Dorato.
Genere: Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Quanto può essere interessante, la vita di un Madougu al servizio di un Cavaliere Mistico

                     Tutta colpa di Betelgeuse                            

 

 

“Là dove c’è luce, l’oscurità è in agguato, e il terrore regna.

Ma grazie alla spada di un cavaliere, ora l’umanità ha una speranza.

 

 

 

 

Quanto può essere interessante, la vita di un Madougu al servizio di un Cavaliere Mistico?

Questo genere di oggetti dal potere fatato, servono in maniera impeccabile i propri eroici padroni, aiutandoli nella perenne lotta contro gli Orrori.

Zarba, l’anello gotico parlante, che serve la famiglia Saejima da diverse generazioni, è uno di essi.  

Un gioiello guida, che aiuta Kouga Saejima, il suo flemmatico proprietario, a gestire al meglio il ruolo di Garo, il Cavaliere Dorato.

Se ne sta lì, l’anello, nella sua teca in attesa di essere indossato, o di rilevare la presenza di qualche sospetta creatura del male.

Intorno al suo piccolo mondo, c’è poca luce. Giusto uno sprazzo filtra diretto da una delle finestre della stanza. Fuori è buio, il cielo è tinto di un blu profondo e sconfinato, con qualche stella qua e là a rendere la notte ancora più veritiera.

C’è né una, in particolare, che fa tanta luce. Ha un colore caratteristico, intenso, rossastro, che la rende diversa dalle altre. Un puntino luminoso che cattura da subito l’attenzione dell’anello loquace, che si fissa ad osservarla con impegno.

Un bello spettacolo, non c’è che dire, da condividere soli, in una teca messa lì in quella stanza buia.

Lo scorrere lento delle lancette dell’orologio, pian pianino avanza.

Quel blu intento e profondo, si sfuma sempre di più, un po’ per volta, fino a divenire azzurro cenere.

Eccole là, le prime luci dell’alba che illuminano la città ancora assopita, e la tingono di luce. Tutto dorme ancora, perfino gli animali. Tutto tace. Tutto è addormentato. Tranne Zarba. L’anello è vigile, attento. Aspetta con ansia che il suo padrone lo venga ad indossare per cominciare insieme un’altra giornata avventurosa a caccia di Orrori.

Zarba è sveglio, ma forse non troppo per la sua mente ingegnosa che sembra d’un tratto incepparsi. E’ strano, ma… tutto attorno a lui pare avere una dimensione diversa, proporzionata alla sua misura. Non si sente più il piccolo oggetto che in realtà è, e che lo fa sentire minuto, perso in un paese di giganti. E poi, quel calore umano che gli pervade un corpo che lui non ha mai avuto, è davvero strano.

Zarba non è più nella sua teca antica. Vede il soffitto, d’innanzi ai suoi occhi, bianco e sconfinato, e il freddo pavimento, liscio e pulito, fargli da letto. Come può, lui, avvertire tali temperature? Una parte del suo corpo è intorpidita. Sembrano gambe, quelle che lui stesso mette a fuoco con i suoi occhietti attenti. Come può, lui, avere gambe?

Un Madougu può forse sognare?

L’oggetto mistico si solleva dal suolo, mettendosi a sedere. Gli occhi vibranti, un forte cerchio alla testa, ed un urlo incommensurabile che riecheggia presto fra le quattro mura della stanza. E’ questo ciò che accade.

Due mani, due braccia, due gambe. Si porta rapido quelle stesse mani sul capo, di consueto metallico e tondeggiante. Sono capelli, quelli che le sue “dita” stanno toccando?

L’oggetto si guarda attorno, si alza furente, e per la prima volta, muove un passo da solo. Senza l’ausilio di qualcuno che lo trascini via, e che gli faccia girare la città, lo faccia correre.

Corre rapido, Zarba, al vetro brillante e lustro di una finestra. Un’immagine lo fa sussultare. E’ sfocata ma… i contorni sono quelli. Quelli di…

 

- Un umano…?!- balbetta incredulo, aguzzando i suoi nuovi occhi in quella vetrata limpida. Non può essere vero. L’anello n’è più che convinto. C’è uno specchio in quella stanza. Zarba lo intravede e ci si butta a capofitto, correndo a più non posso. I suoi piedi si fermano non appena l’immagine chiara dall’altra parte dello specchio, gli si riflette contro. Parte un secondo urlo, da quella bocca così spalancata e carnosa, con tanto di denti bianchi e canini lievemente pronunciati, che si ritrova.

Un umano. Ha davanti ai suoi occhi un umano in piena regola. Una pelle normale come quella del suo padrone, dei capelli scuri messi perfettamente in piega dal gel con ciuffi sbarazzini che gli si alzando qua e là, e senza un briciolo di abito che gli ricopra il corpo.

Istantaneo è il suo imbarazzo. Svelto, si volta in direzione di una cassapanca posta sulla sua destra. Solleva l’asse, il baule si schiude e gracchia acuto. Comincia a frugare all’impazzata, muovendo un braccio in quell’incavo profondo. Eccoli lì, dei vecchi indumenti di Kouga, pronti per essere nuovamente indossati. Li afferra rapido, cercando alla meglio di ricomporsi come può, come sa fare. Una maglietta bianca a lunghe maniche, e un pantalone scuro dal drappo lucido di pelle. Nulla più. Ah! Naturalmente, ai piedi un paio di scarpe nere, da ginnastica e con i lacci.

Un vero supplizio, per un Madougu come lui, che a stento è stato capace di tirar su la lampo del pantalone!  

- Come farò ad allacciarle, se non sono neppure in grado muovere queste dita?! – si preoccupa prontamente l’essere magico, prendendo un po’ sottogamba la situazione. In cuor suo, spera che questo sia in realtà un sogno, un gradito sogno, però. Sotto sotto, ha sempre desiderato, almeno una volta, di correre e passeggiare con le sue gambe.

La situazione non è certo delle migliori, per il povero anello parlante!

Il sole è sorto. E’ ormai alto nel cielo. Sono le 8, e Kouga tuttora non arriva. Zarba si fissa ancora una volta allo specchio, poco prima di correre via, verso l’atrio. E’ strano. Non c’è ancora nessuno, lì dentro. La casa sembra in un primo momento vuota, deserta, come se non ci fosse vita in quell’enorme maniero. Kaoru molto probabilmente starà ancora dormendo. Lei non ama svegliarsi presto la mattina ma… Gonza? Il fedele maggiordomo a servizio dei Saejima da generazioni, proprio come l’anello, dov’è? Di solito quel buon uomo è alquanto mattiniero. Alle 7 è già per casa, a riordinare, rassettare, preparare il caffè prima che lo faccia Kaoru, e che immancabilmente, rovini la giornata al suo cavaliere, colui che tratta come se fosse un giovine normale, Kouga Saejima.

Già… ma proprio Kouga, sì, lui che si sveglia sempre presto, che del filo da torcere a quella bella pittrice che ama così, ma non troppo, segretamente, che fine ha fatto?

Zarba si guarda in giro, con la faccia ancora sconcertata, senza capire il perché. Corre di sopra, spedito come un fulmine. Per la prima volta avverte il vento attraversagli la pelle, farlo sentire vivo.

Una ad una, pomello dopo pomello, asse dopo asse, spalanca tutte le porte che si trovano ai piani superiori, ed atterrisce. Non c’è nessuno nel vasto maniero.

Saranno forse a fare colazione?

Già, perché non in cucina? Perché non andare proprio là? Senza pensarci su due volte, il caparbio anello che di anello adesso ha ben poco, fila dritto in cucina. La soglia è là, davanti al suo sguardo atterrito. Il lungo tavolo è completamente vuoto, le sedie riposte perfettamente, il pavimento lucido, e le finestre ancora sbarrate.

Non resta che controllare il giardino.

Apre svelto la porta, lui, con quelle dita che ancora non riesce a governare a dovere, e finalmente il sole. Quei caldi raggi che gli riscaldano la pelle, un lieve venticello mattutino che gli scompiglia la zazzera sbarazzina, e la terra sotto i suoi piedi. Poter sentire tutto ciò, è una magia. Un sortilegio bizzarro.

Con suo disappunto, il piazzale è vuoto. Deserto come non lo è mai stato in tutto quel tempo.

A Zarba tutto ciò non piace. Non piace per niente.

E’ come se il tempo si fosse improvvisamente fermato… E adesso? Che si fa? Lui è un umano, il mondo fuori da quel palazzo è immenso. A chi rivolgersi in un memento così inatteso ed inverosimile?

I Cani da Guardia dell’Est! Perché no? Quelle tre monelle gli sapranno senz’altro dare una risposta! Che sia opera di un Orrore?

Inutile restare lì, a riflettere. Bisogna agire proprio come farebbe il suo proprietario taciturno.

Corre via, Zarba, come un brusco e novizio vento, con quel corpo scattante, agile e pieno di vita che in un certo senso comincia a piacergli.

Percorre tanta strada, prima di giungere a destinazione. Il fiatone comincia a farsi sentire. Infondo, non ci è abituato, lui! E’ Kouga a muoversi, a spostarsi. Zarba si limita a “seguirlo” senza muovere un dito. Lui sul dito, c’è già!

La strada, l’asfalto sotto le suole di gomma delle scarpe, i ramoscelli delle fronde che si muovono appena, e un paio di ragazze in divisa scolastica, che lo squadrano di sottecchi per poi ammiccargli una smorfia strana. Lui le osserva spedito, senza fermarsi. Adesso è un umano. E a giudicare da come lo guardano quelle due donnette in gonnella, anche di bell’aspetto, probabilmente.

Rapportato in canoni umani, avrà circa venticinque anni… o forse anche meno, chissà.

L’età di Kouga, per l’appunto.

L’ingresso per accedere al Palazzo dei Cani da Guardia, è prossimo. Zarba lo vede in lontananza, e sorride.

C’è una figura, però, in prossimità della celata entrata. E’ di spalle, immobile, come se stesse aspettando qualcuno. Non si vede granché. Zarba assottiglia la vista. Sembrerebbe una donna. Almeno per gli abiti che indossa. Un paio di stivali lunghi, sull’argento o grigio assai chiaro, ed un abito corto, dal taglio semplice, sul rosso scuro, la rendono molto femminile ma pur sempre misteriosa.

Zarba attraversa la strada per portarsi dall’altro lato, senza badare alle macchine che transitano da quelle parti e sfrecciano via divorando l’asfalto. Il clacson di una di quelle autovetture, lo intima a prestare più attenzione. Lui si volta, di scatto, pur continuando a correre come un matto, per scorgere la carrozza, e l’impatto con quell’ignota figura giratasi nel frattempo ed attirata dal trambusto dell’automobilista arrabbiato, è pressoché inevitabile.

Zarba cade rovinosamente sulla figura che in un certo senso gli attutisce l’impatto. Per la prima, quel magico gioiello sente dolore.

- Per la miseria! – sbotta seccato lui, con la mano leggermente sbucciata perché graffiata dall’asfalto compatto. – Non pensavo che un misero taglietto facesse così male! – mugugna in seguito, quasi con la lacrima agli occhi.

 

- Vuoi forse assaggiare lo schiaffo di una donna furente? – esclama la povera figura travolta, che nel frattempo gli fa ancora da comodo materasso.

 

Il giovane si scuote, è confuso. Solleva il capo verso la misteriosa individua, per poi osservare in seguito la donna fare altrettanto. Si guardano dritti in viso, come due sconosciuti che sembrano però conoscersi da millenni.

Si scuote ancora, lui, per poi alzarsi da quel duro asfalto. Misteriosa, la donna si solleva.

Si sistema, lei, con qualche colpetto delle mani, il vestito leggermente sgualcito.

Due occhi grigi, dei capelli lunghissimi raccolti da un semplice elastico in una bassa coda, come se fossero fili eterei di una collana, ed una carnagione bianca, assai pallida.  

 

Che bello sentire le guance che si arrossano, e provare tanto calore alla vista di quell’essere sconosciuto che gli sta proprio di fronte.

Zarba suda. Sulla sua fronte, decine di goccioline di sudore, lo bagnano.

Eppure… quella misteriosa ragazza, di circa vent’anni, o poco più, gli ricorda qualcuno. La sua voce, in particolare. Ha già sentito quel timbro così perfetto e diligente, nella sua lunghissima vita.

Poi, eccola parlare, la misteriosa ragazza, mentre i suoi grigi occhi si vanno a posare sul faccino perplesso di lui: - Sempre il solito, Zarba! – commenta disinvolta, e con una punta di imbarazzo forse a causa dell’impatto irruento di pochi istanti prima.

 

- Co-come scusa?! – balbetta a stento lui, incredulo. Poi improvviso è il ricordo – Tu… tu sei – dice incespicando più volte, mentre osserva da capo a piedi la figura – Silva?!    

 

- Già. – dice lei, guardandosi attorno per reprime il disagio che le crea il suo nuovo aspetto. – Sono molto diversa dal solito… così come lo sei anche tu. – commenta infine la bella Silva, collana e guida di Rei, il Cavaliere Mistico dell’Ovest.

 

Zarba non perde tempo, e scuote il capo: - Non so cosa diavolo sia successo ma… tra poco lo scopriremo! – assente tutto deciso, preparandosi a varcare il portone nascosto che conduce al palazzo dei Cani da Guardia dell’Est.

 

- Ci ho già pensato io, calmati! – lo seda Silva, invitandolo a darle ascolto con la sua voce precisa.

 

- Impeccabile come sempre, collega! – scherza appena, per poi divenire incalzante - Cosa diavolo è successo?! – domanda all’istante Zarba, facendosi vedere sempre più agitato.

 

- Nulla. Esattamente nulla.

 

- Nulla? – il ragazzo è dubbioso, la fronte gli si fa piena di grinze. – Ma come?!

Per lui, c’è sempre una spiegazione ad ogni cosa.

 

- Cerca di calmarti! – esorta ancora una volta lei, più dura di prima- I Guardiani dell’Est non ci sono. Non c’è nessuno nel castello. E come se…

 

- Se tutto si svolgesse su un tempo parallelo a questo? – enuncia una voce, all’improvviso, cogliendo i due alla sprovvista.

Un ragazzo, poco meno di trent’anni, dall’aspetto elegante, i capelli scuri, legati da un piccolo codino, portati con cura, la pelle chiara, gli occhi castani e pacifici, ed il passo tranquillo, si avvicina ai Madou dubbiosi, che in un primo momento, sentono la necessità di indietreggiare.

Una lieve brezza di vento muove appena il colletto della camicia bianca che indossa, con movenze eleganti e tutt’altro che strampalate. Silva lo osserva di sottecchi, così come Zarba in seguito osserva lei arrossire di nascosto, e farsi strana.

 

- Le donne! – sibila a denti stretti, con una faccia di disgusto e forse chissà, di gelosia.

Un Madou geloso? Sarebbe una bella novità!

 

- Chi sei? – gli chiede Zarba, sulla difensiva, mentre lo squadra accuratamente.

 

- Speravo proprio che almeno uno di voi mi riconoscesse, ma evidentemente ho fatto male i miei calcoli… Infondo, anche voi non siete identificabili. – dice l’individuo, abbozzando leggermente un sorriso quieto. – Goruba, vi ricordate?

 

- Goruba?! – tuonano in coro Silva e Zarba, sgranando gli occhi dallo stupore. 

L’antico Goruba, il Madougu del Cavaliere della Notte Bianca, Dan. Tsubasa Yamagatana, l’intrepido e valoroso ragazzo, che protegge il territorio del Kantai, grazie ai poteri del Cavaliere Mistico bianco, è il proprietario di Goruba, antichissimo oggetto dalle sembianze di un bracciale, perfino più vecchio di Zarba.

 

Il saggio ragazzo dall’aspetto elegante è incalzante:

- Non c’è tempo da perdere! Dobbiamo agire prima che sorga il sole, e compaiano le stelle.

 

- Stelle? Spiegati meglio. – chiede Zarba, esortandolo a dire qualcosa.

 

- Sai cos’è successo, vero? – si accoda presto la bella Silva, avendo già intuito la situazione. L’intuito di una donna è centomila volte più sviluppato di quello dell’uomo.

 

- C’è un posto migliore dove poter parlare? Questo mi sembra il meno adatto… - appunta Goruba, dandosi appena uno sguardo attorno.

Macchine, umani che camminano, confusione… Tutto ciò per lui è inammissibile. La vita pacifica di un gioiello gotico del Makai, difficilmente si saprà adattare a quella frenetica di quel popolo così complesso e vario.

 

Zarba ci riflette su, ma non tanto. In effetti, un posto tranquillo ci sarebbe.

- Venite con me! – esclama d’un tratto, esortando i suoi compagni a venirgli dietro.

 

 

 

La Saejima Estate, ampia villa immersa nel verde, e ora completamente deserta.

Un luogo perfetto, come base momentanea per i tre Madougu magici.

Nella cucina del silenzioso maniero, i tre discutono animatamente sulla situazione. Zarba scuote il capo. Tutta questa faccenda lo turba. Per lui, non esistono cose così illogiche.  

 

- Come sarebbe a dire “è colpa di una stella”? Di Betelgeuse, poi… ! – vocia cercando di mantenere la calma, da bravo anello guida, millenario ed imponente.

 

Goruba è ancora una volta categorico:

- Gli Orrori non sembrano centrare, per il momento.

 

Silva, seduta in mezzo tra i due, è pensierosa. Con lo sguardo perso chissà in quali pensieri, e i capelli lunghi che scendono giù fino a sfiorare una gamba della sedia, pare scavare nei meandri infiniti della propria mente, per cercare qualcosa.

- Betelgeuse, è la spalla destra di Orione, giusto? E’ rossa, è brillante, una delle più brillanti in assoluto… eppure… - Silva scava, cerca di ricordare la sera poco prima dell’accaduto. Rei dormiva già da un pezzo, ma lei no. Gli occhi, dal retro della maschera d’argento che le celava il viso, stavano osservando una stella che in lei aveva suscitato una fatale attrazione. – Io quella stella l’ho vista ieri! A questo punto non ho dubbi! Era proprio la spalla destra di Orione, Betelgeuse!

 

Zarba ascolta attento, e finalmente anche lui ricorda. Il puntino luminoso, visto attraverso i vetri di quella finestra. Sospira inevitabilmente, senza scomporsi.

- Betelgeuse…! Un Madougu antico come me, sopraffatto da una stella! – sulla sua faccia gli appare un sorriso teso, tutt’altro che soddisfatto.

 

- Tutti noi, siamo stati attratti dal suo mistico splendore.

 

- Uno splendore che ci è costato caro. – commenta Silva, subito dopo le parole di Goruba. – Prima che tramonti il sole, dobbiamo svelare il mistero, hai detto così, giusto?

 

Goruba assente, con il viso perplesso e le braccia incrociate al petto. Zarba non se la sente per niente di imitarlo. Dentro di lui c’è una voglia incommensurabile di capire, di scoprire.

Scuote il capo, lui, il magico anello guida. Non sembra convinto da tutto ciò.

- Non può essere solo opera di una stella. – dice secco e sbrigativo – Provate a pensarci molto attentamente… nessuno di voi ha percepito anche pochi istanti prima, la presenza di un Orrore?

 

Silva si mette pensierosa, storcendo un po’ quelle labbra carnose, da donna, tutt’altro che gelide, che la trasformazione le ha piacevolmente donato. Zarba non può impedirsi di osservarla. E’ attirato da quell’immagine, così come lo è da quella stessa donna.

L’anello e la collana si conoscono da molto tempo. Non c’è mai stato tuttavia un contatto vero e proprio tra i due. Che lui, sì, l’ironico Zarba che tanto si ostenta a schernire Kouga e Kaoru sui sentimenti che i due fingono di non sentire, si stia a sua volta innamorando?

Adesso ne avrebbe l’occasione, di stare insieme alla sua bella. Di prenderle per la prima volta la mano, e chissà… di sfiorarla con un bacio provocatorio che solo lui è capace di dare.

Eppure no, l’anello è deciso. A lui piace osservare il comportamento degli umani, capire le loro movenze, scoprire i lati nascosti che hanno. Non ha di certo intenzione di finire lui stesso vittima di tale e vile sentimento! E’ il Madougu di Garo, il più importante Cavaliere Mistico di tutti i tempi. Il lupo dorato dell’Est, colui che veglia e si batte con onore, credendo fermamente nella giustizia, e in quegli esseri umani che tanto soccorre e ama. 

La bella ragazza purtroppo non ha un’espressione raggiante.

- Niente. Non ho percepito niente.

 

- Lo stesso vale per me. – afferma l’antichissimo Goruba, affranto dalle sue stesse parole.

 

- Eppure… ci deve essere qualcosa… - Zarba non si dà per vinto, continua a riflettere, a pensare. Cosa farebbe il suo proprietario, in una tale situazione? D’un tratto eccolo scattare, il viso acceso, come se l’uscita del labirinto fosse ormai davanti a lui – La biblioteca dei Saejima!

Ecco che cosa farebbe il suo Kouga. Tutto ciò che riguarda gli Orrori, i misteri sconfinati del Makai, e perfino dei Cavalieri Mistici, sono racchiusi in quei tomi araldici, antichi, preziosi, che aiutano spesso il ragazzo a fronteggiare al meglio i pericoli che incombono e minaccio la città, lui stesso, e soprattutto, anche la sua bella!

Spedito, corre Zarba, con quelle gambe lunghe, come se fosse stato sempre un umano. Silva e Goruba lo inseguono, curiosi ma pur sempre perplessi da cotanto momento.

La biblioteca, i tanti scaffali, il tavolo. Tutto è lì, come sempre.

 

- Qui ci sono gli antichi tomi dei Saejima, e qui troveremo anche una risposta! – esclama sicuro di sé, il saccente anello guida. – Basterà solo cercare. Non ci vorrà molto. Una mano in più, però, potrebbe fare la differenza. – commenta in seguito, con quelle sue così spontanee allusioni che colpiscono subito il bersaglio.

Cercano i tre colleghi mistici, in quei libri antichi, pagina dopo pagina. Qualsiasi cosa riguardi le stelle, e quei tanto odiati Orrori, sarà un passo in avanti, verso l’enigma irrisolto che li avvolge.

Passa rapido il tempo, in quella giornata tutta strana, nuova. Corrono inesorabili le lancette dell’orologio a pendolo che c’è sulla parete della stanza, senza fermarsi.

Era mattina quando, sia Zarba che Silva, si sono incontrati ricoperti da quella nuova veste.

Uno scontro, più che incontro, direbbe Zarba che di volta in volta, le lancia un’occhiata.

- Non ti sta male quel vestito. Anche se scopre troppo le gambe. – commenta come fa sempre, senza peli sulla lingua.

 

Silva si sente avvampare. E’ la prima volta che prova una simile sensazione. Le guance calde, la inducono a posarsi una mano, ed accarezzare quella pelle così morbida del viso.

 

- So a cosa stai pensando… - dice Zarba, intuendo al volo i pensieri della ragazza – Essere umani, provare calore, sfiorarsi con le dita, non è poi così male!

 

Silva s’illude per pochi attimi di poter restare così, in quel corpo senza poteri ma vivo, caldo.

Poi, da brava perfettina qual è, il sogno si frantuma, svanisce nel giro di pochi secondi. Tutto prende una piega più rigida.

- Siamo dei Madougu, Zarba! Abbiamo un…

 

- Lo so! – la anticipa lui, sorridendo- Abbiamo un contratto da rispettare. Dei Cavalieri Mistici da guidare. E poi… arrossire ogni qualvolta si prova qualcosa di strano, per me sarebbe un vero tormento! Ho una reputazione, io!

 

Zarba scherza, sorride e fa sorridere in qualche modo anche la collega, che non può impedirsi di replicare: - Non cambi mai, tu!

 

Goruba intanto è occupato più che mai a trovare una traccia, un qualcosa che gli dia la possibilità di ritornare il bracciale di sempre, di riavere i suoi poteri. Il suo viso s’imbrunisce di poco. Sembrerebbe spazientito da quei Madou che ridono sprecando del tempo prezioso.

- Datevi da fare, piuttosto. – ribadisce successivamente, sotto quel portamento elegante e quieto.

 

- Chi ti ha detto di Betelgeuse? – domanda curiosa Silva, mantenendo costante lo sguardo sulle pagine di un tomo.

 

- Nessuno. E’ risaputo che la spalla destra di Orione, abbia la capacità di tramutare gli oggetti mistici fin dalla notte dei tempi. Tuttavia…

 

- Ciò è possibile solo con l’influsso e il magico potere di qualche Orrore. – conclude Zarba, proseguendo il discorso di Goruba. Ma le parole appena dette, non sono di certo dell’anello! Il tomo che stringe tra le mani, è la chiave di tutto. – Eccolo qui, il nostro Orrore assetato di stelle!

 

Come un lampo, Goruba e Silva gli vanno incontro per gettare un’occhiata a quel tomo.

Lo posa sul tavolo, Zarba, per poi continuare la lettura: - Betelgeuse può entrare in contatto con i Madougu, solo se essi la osservano. E’ per questo, che la famosa stella dal colore rossastro diventa più luminosa. Il Madougu ne è da subito attratto, non può fare a meno di osservarla, di rifiutare il suo invito. Così, la mattina seguente, senza che esso rammenti nulla, prende le sembianze di un umano.

 

- Perché lo fa? – domanda svelto Goruba, cercando in tutti i modi di risolvere il caso.

 

- Dammi un attimo! Mi ci devo ancora abituare, a leggere attraverso questi occhi. – sbotta seccato Zarba, cercando di trovare la parte del manoscritto interessata.

 

Silva è molto più rapida di lui. Veloce ha fatto scorrere lo sguardo su quelle scritte, e veloce ne ha subito decifrato il significato.

- Eccolo qui! E’ scritto qui! – esclama puntando un dito sulla parte della pagina. – Quando Betelgeuse entra in contatto con un Madougu mistico, è perché essa a sua volta è entrata in contatto con un Orrore che vuole impossessarsi della sua luce.

 

- Ordensis! Come ho fatto a non pensarci prima! – esclama improvviso Goruba, sbattendosi una mano sulla fronte.

 

- Colui che si nutre di stelle? – si accoda Silva, alquanto perplessa dal caso.

 

- Ma è… impazzito?! Betelgeuse è troppo grande per lui! Finirà col fare una gran brutta indigestione. E’ sicuro. – commenta Zarba, abbozzando un sorriso ed una smorfia di scetticismo.  

 

- La stupidità di certi Orrori, è davvero incommensurabile. – Silva n’è pienamente certa. Quelle creature, per una come lei, non varrebbe nemmeno la pena menzionarle.

 

L’orologio rintocca, e fa sobbalzare i tre che si voltano verso la parete accanto.

Le lancette segnano le cinque.

 

- Se Betelgeuse venisse divorato, noi resteremmo intrappolati in questa dimensione parallela, per sempre. Dobbiamo trovare quella creatura prima che il sole tramonti! – esorta svelto Goruba.

Silva è d’accordo, Zarba un po’ meno.

Perplesso si incrocia le braccia petto.

- Nessun problema ma… in che modo la troviamo? Ti ricordo che ora siamo dei comuni mortali senza un briciolo di potere, per giunta. – sbuffa seccato, storcendo le labbra in una smorfia strana.

 

- In verità… un potere lo abbiamo. – Goruba slaccia un sacchettino di velluto rosso, dalla cintura dei suoi pantaloni. Scioglie il laccio che tiene ben chiusa l’apertura, e successivamente estrae una cosa. Tre, per l’esattezza.

 

Sulla faccia di Silva compare una smorfia di stupore. Zarba storce all’insù un sopracciglio, poi si fa avanti: - I pugnali di Haja, eh? Penso proprio… che ci divertiremo! – assente alla fine, sollevando un lato della bocca all’insù, in un ghigno soddisfatto.

 

 

 

 

 

- Manca all’incirca un’ora, prima che il sole tramonti. Non c’è molto tempo, ormai. – commenta la donna collana, servitrice di Zero, il Cavaliere D’argento dell’Ovest.

 

- Tu prega che il piano vada a buon fine, piuttosto! – risponde prontamente Zarba, ben nascosto dietro una pila di tubi e ferraglie varie, in un piazzale adibito a parcheggio, completamente desolato.

Di fianco a lui, Silva ogni tanto si adopera a lanciare un’occhiata attorno, in direzione di Goruba, messo al centro dello spiazzo, a fare da esca all’Orrore.

 

- Sei scettico, per caso?

 

- No, ma non sono neppure sicuro che quel pugnale di Haja possa attirare l’attenzione di Ordensis.

 

Silva scuote il capo, in risposta alle parole del collega.

- Quel kunai è carico di potere mistico. Un Orrore con poca intelligenza, non tarderà molto ad uscire allo scoperto, e cadere nella trappola.

 

- Ammesso che questo Ordensis, ne abbia davvero poca, di intelligenza! – sottolinea il ragazzo, tenendo sotto controllo l’altro compagno al centro dello spiazzo.

 

Il ruggito famelico di un’improvvisa creatura apparsa da un mucchio di polvere, porta i rispettivi collaboratori di Kouga e Rei, a sussultare.

 

Silva non può lasciarsi sfuggire la battuta:

- Ordensis, a quanto pare, appartiene a quella categoria!

 

Zarba sospira, ora tutt’altro che scettico, per lanciarle un’occhiata poco cordiale. Si solleva di scatto, dal suo nascondiglio, tenendo saldo tra le mani l’arcaico pugnale. La donna lo segue a ruota, affiancandosi perfettamente alla figura del compagno. Paralleli sono entrambi.

 

- Pronta? – chiede l’anello gotico, sollevando il kunai all’altezza del capo.

 

- Pronta! – assente decisa lei, con un cenno del capo sicuro.

 

Zarba ghigna, e a quanto pare, di gusto. 

- Occhio a non sbagliare bersaglio, allora! –risponde svelto e abbastanza teso, pur mantenendo un tono di scherno nella sua inconfondibile voce.   

 

L’Orrore punta dritto verso Goruba, o più di ogni altra cosa, verso il mistico pugnale che il ragazzo tiene alto in una mano. La punta del kunai di Haja, è rivolta al cielo. Un cielo che tra non molto, muterà d’abito. Il sole lentamente tramonta, un viola pallido e sfumato ha preso il posto dell’azzurro pastello che tinge la volta durante le ore del giorno. Tra non molto la notte scenderà su quel territorio urbano, e sarà il buio.

Goruba deglutisce, mantiene fredda ed inalterata la calma. L’Orrore è vicinissimo ormai, le sue fauci spalancate in un gesto disgustoso, pronte a divorare ogni cosa.

Il kunai magico lanciato da Silva, con una precisione millimetrica, colpisce il bersaglio: la gamba destra dell’Orrore. Quest’ultimo, bloccato dalla letale lama di quell’oggetto prezioso, non può impedirsi di urlare. Sale svelta l’ira furente di quell’essere spregevole. La cosa che più lo fa arrabbiare, è il fatto di essere caduto in trappola. Proprio come un Orrore dall’intelligenza negata.

L’astio e l’odio s’intensificano fino a farlo reagire pericolosamente. Dalla sua terrificante bocca, parte un pericoloso getto di liquido bluastro e corrosivo.

E’ il turno di Goruba, adesso. Rapide sono le sue falcate per evitare che quel liquido rischioso, lo colpisca in pieno. La sostanza acida si a schiantare dritta sull’asfalto polveroso che produce subito del fumo abbondante. Il quieto Goruba, servitore di Tsubasa, dopo aver evitato l’attacco, passa celere alla controffensiva. La mano che stringe forte l’arma affilata, si muove furtiva. Il kunai vola diretto verso il bersaglio semiparalizzato, e lo colpisce. La lama di Haja, si conficca così nella spalla destra di Ordensis.

Goruba lancia un’occhiata d’intesa in direzione di Zarba. Spetta a lui, ora, completare l’opera.

 

- Vediamo se riesco a fare di meglio…! – la saccente guida di Kouga, prende la mira. Un lancio rapido, preciso, che affonda nella dura fronte di quel mostro divoratore di stelle. – Ho fatto centro! – esulta gaio, mentre Silva di sottecchi sospira piena di gelosia.

 

- Fortuna, Zarba. Non scaldarti per così poco. – commenta rigida, incrociando con spregio le braccia al petto.

 

L’Orrore si frantuma, diviene sabbia. Una sabbia mossa via dal vento, che ripulisce impeccabile quel suolo.

I due corrono incontro a Goruba, che nel frattempo si asciuga la fronte con un gesto veloce della mano.

- Quante emozioni, oggi! – esclama lui, concedendosi il lusso di sorridere.

 

- Quando lo racconterò a Rei, sono sicura che stenterà a crederci. – dice Silva, con una bella e soddisfatta espressione.

 

- Anche sotto forma di umani, non siamo poi così inutili. – si accoda Zarba, per poi confermare in seguito – Però io mi preferisco nella mia forma originaria. Detesto l’idea di non essere il mistico ed imponete anello che sono!

 

Silva e Goruba lo scherniscono con una sana risata. Quei due si prendono sempre beffa di lui.

Il cielo adesso è blu. Blu notte.

La spalla destra nonché servitore antichissimo del Cavaliere della Notte Bianca, inizia a dissolversi.

Una luce avvolge pian pianino il suo corpo.

- Che sta succedendo?! – si affanno l’unica donna del terzetto e Zarba, a ribattere inquieti.

 

- Ritorno nel mio territorio, nel Kantai. Il mio proprietario mi aspetta. – risponde con semplicità, e la calma voce, Goruba, pochi istanti prima di sparire del tutto, e salutarli con un sorriso.

 

Zarba si gratta il capo, un po’ indolenzito.

- A quanto sembra, abbiamo ancora del tempo, prima di riacquistare il vero aspetto e ritornare alle nostre dimore. – il giovane tossicchia, per poi portarsi un braccio dietro la schiena e inchinarsi leggermente in avanti per volgere elegante una mano in direzione di Silva. – Mi concede questo ballo, madame?

 

I lunghi capelli di Silva ondeggiano scossi dal vento. Timido ed impacciato è il suo sorriso. Permette alla fine, al cavaliere che le sta d’innanzi, di ghermirle la mano e farla danzare sotto un cielo sereno, e carico di stelle.

C’è né una,lassù, che li osserva volteggiare in quello spazio aperto, rossa più che mai, dal bagliore carico di energia.  

E’ Betelgeuse, spalla destra di Orione, che in qualche modo pare avergli donato di proposito qualche istante in più per restare insieme. Un modo come un altro per ringraziarli per averla protetta a dovere, da bravi guardiani millenari.

 

 

 

 

E’ alto il sole nel cielo. Dei raggi sfavillanti, pieni di tepore.

Zarba è nel suo appoggio metallico, ma fuori dalla teca, dormiente.

Una voce però, lo porta di colpo a svegliarsi, a riprendere finalmente conoscenza.

Si guarda attorno, l’anello, confuso. Tutto attorno a lui è mostruosamente gigante. Non avverte più il calore del suo corpo. Non sente più la necessità di muoversi con le sue gambe, anche perché di gambe, lui non ne ha. E’ tornato il solito gioiello saccente di prima, antico e dai poteri solenni.

Si guarda ancora attorno, e sorride nel vedere che c’è Kouga d’innanzi, che però non sembra avere un’espressione distesa.

Kaoru è lì, proprio affianco, che discute animatamente con quell’eroico Cavaliere del Makai.

Per Zarba, l’anello, sentire le loro liti culminanti, dopo un’avventura di quel genere, è musica!

 

- Te lo ripeto, Kouga! Non ho ficcato il naso nelle tue cose! – reagisce Kaoru, con sguardo sincero e caparbio, mentre stizzita non fa altro che corrucciare la fronte.

 

- Come lo spieghi, allora, questo casino? – ribatte prontamente il giovane, additando la cassapanca aperta, ed un infinito mucchio di cianfrusaglie varie sparse qua e là, sul lucido pavimento che gli sta attorno.

 

La replica della bella pittrice è immediata:

- Non lo so! Ma non sono stata io! Non mi interessano le tue cose, e poi, se anche avessi voluto frugare nei tuoi affari, non sarei stata così sciocca da non rimettere le cose apposto!

 

Kouga annotta l’espressione. Lento, si avvicina chinando la schiena per portare il viso in parità dell’altro crucciato della giovane, ed osservarla minuziosamente con gli occhi. Non sembra mentire, tutto sommato, quell’artista monella.

- E di chi è la colpa? – le chiede cercando di assumere un tono gentile. Tuttavia, lo sguardo di sfida tutt’altro che quieto con il quale la scruta, tradisce il suo intento.       

 

Zarba osserva la scena. C’è un macello nella stanza. Un macello creato da lui stesso, nella foga di trovare degli abiti, e che lo rende colpevole. Anche se, nessuno potrà mai intuirlo.

Tossicchia lui, il saccente anello, di proposito per attirare l’attenzione di quei due giovani litiganti.

Ci riesce senza troppe pretese, senza scomporsi di più. Kouga e Kaoru lo fissano, mentre lui da bravo gioiello parlante qual è, esclama sogghignando: - Tutta colpa di Betelgeuse!

 

                                  

                                                                                                        Fine

 

 

 

 

Eccola qui, una fanfic tutta incentrata sui magici Madou dei Cavalieri Mistici!

Era da tempo che sognavo di scriverla, anche perché in un certo senso mi sarebbe piaciuto vedere un episodio simile alla mia storia. Lo immaginereste, voi, Zarba in versione umana? Io ci ho provato, e alla fine è venuta fuori questa fanfic. Una sorta di episodio extra, proprio come tutte le altre che ho scritto. 26 puntate, sono un po’ pochine, vero?

Io non sono ancora arrivata a vederle tutte. Già so però, che quando arriverà quel momento, la mia faccia si righerà di copiose lacrime! ;___; La favola di Kaoru e Kouga è tanto poetica…! Non può finire…!

Ci tenevo in particolare a ringraziare tutte le persone che hanno recensito le mie storie su Garo. E’ grazie a voi, se continuo imperterrita e con il sorriso sulle labbra, a scriverle.

Lo faccio per voi, per farvi sognare (lo spero tanto), divertire, per farvi vivere ancora una volta un po’ di quella magia che solo il Cavaliere Dorato, è capace di trasmettere.

Vi ringrazio di immenso cuore, sia per il sostegno che mi state dando, e sia per le belle soddisfazioni che mi state facendo provare!

Se vi va di scambiare quattro chiacchiere sul telefilm, mandatemi pure una mail! Fa tantissimo piacere trovare della gente che apprezzi questa serie così come la apprezzo e stimo io!

Niko niko

 

                                                                                                         Botan

 

    

 

 

   
 
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