Anime & Manga > Il mistero della pietra azzurra
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Autore: Delirious Rose    03/06/2013    2 recensioni
“C’è qualcosa che posso fare per lei, signorina Electra?”
“No, ma grazie per il pensiero Palinuro.”
“Non mi dica che anche lei sta pensando a... a
dopo.”
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Medina Ra Lugensius
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Dopo

Oceano Pacifico, 23 ottobre 1888

Non c'era nulla intorno a lei, solo il cielo stellato sopra la testa sotto cui si stendeva pigramente l'immensità dell'oceano, non c'era altro suono oltre lo sciabordio delle onde sulle fiancate del Nautilus e l'aria aveva l'odore iodato del mare. La giovane sospirò, spostando il peso da una gamba all'altra e osservò la volta celeste: da un lato c'era la stella polare all'orizzonte, ma se voltava la testa ecco che riusciva a vedere una parte della Croce del Sud.
Dopo aver inseguito un Arfish per dieci giorni ed averlo distrutto dopo una battaglia che era sembrata più che altro una partita a rimpiattino, l'equipaggio del Nautilus si godeva un momento di pace: avevano fatto uno scalo sulla terra ferma, un'isoletta dove avevano potuto mangiare frutta fresca e della carne, un'alternativa al pesce sempre benvenuta ogni volta che ne avevano l'occasione. Era stato piacevole mettere per qualche giorno i piedi su una superficie ben ferma e di respirare un po' d'aria che non fosse viziata, nonostante i rigeneratori: sorrise a quel pensiero, ricordando che, prima che la loro battaglia contro Gargoyle iniziasse, le bastava aprire tutte le finestre di quella che era diventata la loro casa e lasciare che la brezza attraversasse le stanze per respirare dell'aria fresca. La sua espressione s'indurì ricordando che era stata proprio mentre arieggiava quella casa in riva al Nilo, che aveva scoperto la verità sulla distruzione di Thartesos, la verità sulla morte della sua famiglia.
Un moto di qualcosa cui non era stata ancora in grado di dare un nome, ma che sapeva di rabbia delusione e forse tradimento, le strinse il cuore e sentì le lacrime salire come l'alta marea: serrò i pugni facendo una smorfia, un Vice Comandante non poteva permettersi dei momenti di debolezza o di eccessiva emotività, anche se era una donna! Scosse la testa e reclinò il capo, chiudendo gli occhi e cercando di sgombrare la mente da quei pensieri inopportuni, lasciandoli portar via dalla voce del mare.
"Vice Comandante, si sente bene?" L'addetto alla rotta la fissava, il busto fuori dal portellone, e quando vide la donna rispondergli con un cenno della testa, uscì e la raggiunse appongiandosi anche lui al parapetto. "C'è qualcosa che posso fare per lei, signorina Electra?"
"No, ma grazie per il pensiero Palinuro."
"Non mi dica che anche lei sta pensando a... a dopo," mormorò lui con circospezione.
Electra inarcò un sopracciglio, voltandosi appena verso il compagno. "Che cosa vuol dire con dopo?"
Lui sospirò e prese a fissare il mare. "A dopo, a quello che lei farà dopo che avremo sconfitto la Neo Atlantide," mormorò dopo una lunga pausa con una voce sottile e un po' malinconica. "Gli altri ne parlano spesso, sa? C'è chi ha una moglie e un bambino che non ha mai visto, chi ha una casa cui tornare... Echo afferma che sposerà l'infermiera di bordo e che addirittura chiederà la sua mano al dottore non appena la guerra sarà conclusa. Ma noi... noi non abbiamo una casa... una patria cui tornare."
Electra colse il punto della questione: Palinuro aveva ragione, loro (lei, lui, il Capitano Nemo ed il macchinista capo) erano gli unici sopravvissuti alla distruzione di Thartesos, a parte Gargoyle e l'Imperatore Neo. Lei non ci aveva mai pensato a dopo. O meglio, qualche volta ci aveva pensato, ma si trattava solo di stupide fantasie che cercava di tenere ben lontane dalla sua mente e che di tanto in tanto riaffioravano alla fine della giornata, mentre si prendeva un meritato bagno caldo o prima che si addormentasse.
Nelle fantasie di Electra, Gargoyle era morto, Thartesos era ritornata al suo antico splendore e lei ne era la regina affianco al suo Capitano: erano tutti felici e le persone che aveva amato erano di nuovo attorno a lei, e soprattutto lui l'amava con un sentimento profondo come il mare. Nelle fantasie di Electra c'era pure la Principessa Nadia, nell'aspetto di un infante fra le braccia del fratello Venusis, il quale aveva chiesto ed ottenuto il perdono paterno e con zelo si occupava non solo della sorellina, ma anche di... ciò che sarebbe venuto.
Ma quelle erano solo fantasie ed Electra sapeva fin troppo bene che non si vive d'illusioni.
"Non mi piace fare progetti cui forse non potrò mai mettere mano," rispose secca. Palinuro la fissò stralunato e lei riprese. "Mi sembra ovvio che per pensare a dopo bisogna partire dal presupposto che la Neo Atlantide sia stata distrutta, ma non solo: bisogna anche presupporre che si sia ancora vivi."
Palinuro si rabbuiò. "Perché è così pessimista?"
"Sono semplicemente realista, c'è una gran differenza.
Mi dica un po', quanti dei nostri compagni abbiamo visto morire da quando questa guerra è iniziata? Quante persone sono morte per colpa di Gargoyle e delle sue manie di grandezza? Non crede sia giusto fare più del possibile per fermarlo? Io non esiterei un solo istante a sacrificare me stessa e tutto l'equipaggio del Nautilus se questo significa liberare il mondo dalla Neo Atlantide e... e vendicare la mia famiglia."
Lui non ribatté, si limitò a stringere le labbra e a fissare lo sguardo sul mare, davanti a lui la luna aveva iniziato a sorgere, donando un luccicchìo argenteo alla superfice acquea. "La vendetta non è un buon motivo per vivere, non lascia tanta soddisfazione," mormorò dopo un po'. "L'ho capito la prima volta che ho ucciso un soldato della Neo Atlantide: ho provato odio per lui, ma dopo aver sentito la sua vita scivolare via sotto le mie dita mi sono sentito... vuoto. Io... io vorrei poter avere qualcosa per cui valga davvero vivere e combattere, qualcosa che..."
"Sono solo sciocchezze!" lo interruppe lei con malagrazia ed avviandosi verso il portellone. "Questo genere di discorsi ci fa solo venire delle strane idee in testa. Le consiglio di andare a dormire: domani faremo rotta verso la base e lei deve essere in grado di svolgere il suo compito." Detto questo rientrò nel sottomarino, seguita dallo sguardo di Palinuro.

Quella notte, le fantasie di Electra furono stranamente più realistiche delle altre volte.

* * *

Thartesos, 2 febbraio 1890

Electra si morse le labbra, indecisa se bussare o meno: aveva stilato il rapporto sulla riattivazione dell'Exelion il più lentamente possibile proprio per evitare il momento in cui l'avrebbe consegnato al Capitano Nemo, aveva perfino fatto un paio di belle copie per guadagnare qualche giorno. Era dal giorno della battaglia di Karmadek Tonga che cercava di limitare i contatti con lui al minimo indispensabile: dopotutto aveva tentato di ucciderlo e allo stesso tempo gli aveva confessato quali fossero i veri sentimenti che provava nei suoi confronti e... e ormai non aveva più fantasie su quella che avrebbe potuto essere la sua vita una volta sconfitto Gargoyle, si era giocata tutto quello stramaledetto giorno.
"Entri pure." La voce del Capitano la fece trasalire: deglutì prima di aprire la porta.
Il Capitano lesse silenziosamente il rapporto, senza guardarla. "Fra quanto tempo le riparazioni dovrebbero essere concluse?" le chiese infine, la sua voce era scevra da emozioni.
"Non avendo a nostra disposizione tutto il materiale necessario alla messa a punto dell'Exelion, il Capo Meccanico stima di aver concluso fra sei settimane, Capitano. Se desidera un mio parere, una volta riattivata la nave, sarebbe opportuno muoversi verso la base in Antartide per poter aumentare gli armamenti presenti a bordo." La donna si congratulò con se stessa per il tono informale che era riuscita a mantenere, come se quello che c'era stato fra lei ed il Capitano il giorno della battaglia di Karmadek Tonga non fosse mai successo.
Il Capitano si limitò ad annuire, gli occhi fissi sui fogli riempiti della calligrafia pulita ed elegante del suo vice. "Dovremmo sfruttare i tunnel sottomarini per evitare che la Neo Atlantide c'intercetti.
Com'è l'umore dell'equipaggio?"
"Ottimo, Capitano: è opinione comune che la riattivazione dell'Exelion dia una svolta a noi favorevole e che la Neo Atlantide possa essere sconfitta in breve tempo."
"Sarà necessario sfruttare al meglio l'elemento sorpresa: Gargoyle ci crede morti e, conoscendolo, avrà abbassato la guardia. Bisognerà assicurarsi che Nadia non sia sua prigioniera prima di lanciare il nostro attacco… Echo ha rilevato un segnale da parte del sensore nascosto nel suo bracciale?"
Electra strinse inconsciamente le labbra: era inutile, tutti i pensieri del Capitano erano rivolti a sua figlia. "No, Capitano," rispose secca, "inoltre le ricordo che il segnale può essere rilevato in un raggio di trenta miglia marine."
Il Capitano Nemo sospirò, poggiando il rapporto sulla scrivania e premendo gli indici uniti contro le labbra. "Non è necessario ricordarmelo, ma vorrei solo ritrovarla dopo che la Neo Atlantide sarà sconfitta: ho…"
"Dopo, dopo, dopo! Ma è possibile che tutti quanti non facciate altro che pensare a dopo e che parliate come se fosse scontate che ci fosse un dopo!" sbottò la giovane, irata: quante volte aveva sorpreso i membri dell'equipaggio parlare del loro ritorno a terra, delle mogli e delle fidanzate e delle madri che li aspettavano a casa, chi già si immaginava a coltivare un orto e chi un negozio in città. Tutti che avevano una speranza, un sogno in cui cullarsi, persino Palinuro ed il Capo Meccanico che, come lei, non avevano più né una famiglia né una patria. Ed ora anche il Capitano Nemo se ne usciva con tali discorsi e che forse già si vedeva in quella casa sulle rive del Nilo assieme a Nadia.
"Vice Comandante, non tollero che lei usi questo tono con me." Il Capitano la rimproverò con voce dura, guardandola per la prima volta da quando era entrata nella sua stanza.
"Mi… mi perdoni Capitano, ma non era mia intenzione mancarle di rispetto. Con il suo permesso, vado a fare degli altri test con il calcolatore di bordo," mormorò Electra, cercando di controllare il tono della sua voce e salutando l'uomo con un battito di talloni.
Ma prima che lei potesse aprire la porta, il Capitano Nemo l'aveva afferrata per un polso e l'aveva costretta a sedersi. "Ho avuto modo di riflettere, in questi ultimi giorni," disse sedendosi davanti a lei e guardandola intensamente, "e sono giunto alla conclusione che sia necessario mettere delle cose in chiaro fra lei e me, signorina Electra.
P rima che sia troppo tardi."

* * *

Bristol, 15 settembre 1902

"E poi che cosa è successo, Mrs. La Arwall?"
"E poi, e poi… e poi il Capitano mi chiese di sposarlo."
Le due bambine sospirarono, guardando con gli occhi che brillavano la loro istitutrice. La donna sorrise, un po' amaramente, ripensando a quegli eventi e a come li aveva modificati: era bastato trasformare Thartesos in un regno distrutto da un terremoto, il Capitano Nemo in un principe indiano partito alla caccia del famoso mostro marino e lei era diventata la figlia di un sottoufficiale inglese di stanza in India. Aveva glissato sul fatto che fosse proprio lei, una donna, il vice comandante. In fondo non erano neanche delle vere bugie, solo dei dettagli cambiati alla verità per renderla più accettabile per le persone comuni.
"E allora? Continui a raccontare, per favore!"
"Pamela, Lucy, smettete di importunare Mrs. La Arwall: è indelicato ricordarle eventi tanto tristi," il Commodoro Ramsay rimproverò le figlie, fulminandole con lo sguardo, poi si rivolse alla donna: "Le chiedo scusa, ma a quanto pare non sono mai sazie di sentirla parlare di quello che faceva prima di entrare al nostro servizio."
Lei scosse la testa. "Non è necessario scusarsi, sir, e poi anche a me piace raccontare quello che è accaduto, anche se mi fa male." Quindi tornò a rivolgersi alle bambine. "E allora, dopo una settimana di navigazione, sbarcammo a Singapore, dove un missionario ci sposò." Era stato Echo a sposarsi a Singapore per mano di un missionario: aveva chiesto la mano dell'infermiera di bordo proprio mentre il medico gli ricuciva una ferita. "Restammo in porto per qualche giorno, il tempo necessario per fare un rifornimento di viveri, acqua dolce e carburante, e poi salpammo alla ricerca del mostro marino: riuscimmo a trovarlo dopo molti giorni di navigazione, nel bel mezzo dell'Oceano Pacifico ed il capitano diede subito l'ordine di attaccarlo." La voce concitata del Capitano Nemo risuonò ancora una volta nella sua mente. "La lotta fu ardua e alla fine, l'unico modo che avevamo trovato per sconfiggere il mostro marino, era di farlo saltare in aria assieme a tutta la nave…" Ancora dopo otto anni, sentiva il suo cuore battere come allora, mentre si rifugiavano in una delle navette di salvataggio del Noe Rosso, la sua corsa con il peso del Capitano Nemo diviso fra lei e Palinuro. "… ed un capitano non abbandona la sua nave…" Un pizzicore alla radice del naso interruppe il racconto: era sempre così, quando arrivava a quel momento, e sapeva che doveva fermarsi e chiudere gli occhi e pensare a nulla per non piangere. Per non accusarsi di non aver fatto abbastanza per salvare il suo Capitano.
"Su, adesso basta: è già tardi e voi dovete andare a dormire." L'intervento del Commodoro arrivava, quando era necessario, provvidenziale come sempre.
Pamela e Lucy protestarono, puntando la pendola che segnava le otto e mezza e affermando che non era ancora l'ora di andare a letto, che non era giusto che Noah, il figlio della loro istitutrice, si ritirasse dopo di loro nonostante avesse la loro età. Il Commodoro fece segno alla donna di non scomodarsi: si sarebbe occupato lui di portare le bambine nella loro stanza, cosa insolita per un padre.
Noah aveva osservato quella scena, ormai quotidiana, dal poggiapiedi accanto alla poltrona in cui era seduta sua madre. "La signorina Pamela oggi ha detto che è un peccato che non sia più un maragià."
Sua madre non rispose subito: anche se il Capitano non fosse morto, anche se Thartesos esistesse ancora, Noah non avrebbe mai potuto avere delle pretese sul trono. In fondo, lo sapeva bene, lei era e sarebbe rimasta una popolana che al massimo avrebbe potuto aspirare al rango di concubina reale. E il figlio di una concubina poteva solo sperare nella benevolenza dei figli legittimi del re. "Quel regno non esiste più, Noah, per cui non pensare a quello che avrebbe potuto essere: con i se e con i ma non si conclude nulla. Bisogna essere realisti, figlio mio, e concentrarsi sull'adesso e non sul dopo."

 

   
 
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