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Autore: Lollola    03/06/2013    2 recensioni
Charlotte è una ragazza con un passato e un adolescenza difficile che ha perso i genitori in un incidente d'auto. Da quel giorno il fratello si prende cura di lei, pagandole gli studi e tutto il resto grazie al lavoro di meccanico in una piccola officina. Per Charlotte è tutto difficile e quando sarà a costretta a ritrovarsi sola, senza più suo fratello a fianco perde qualsiasi cosa, ritrovandosi persa...
Genere: Dark, Drammatico, Erotico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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«Vedrete sarà un sogno! È una casa grandissima con un giardino enorme per Boxer e Lily, e ci sono anche le altalene, vedrai Lottie ti piacerà da morire! Ci saranno tante bambine con cui giocare!»
«E bambini? Ci saranno anche bambini della mia età papà?»
«Certo campione, tanti bambini! E potrai andare a giocare a calcio con loro tutte le volte che vorrai»
«George, amore, per favore guarda la strada mentre guidi, i bambini ti ascoltano ugualmente.»
«E un pony? Papà mi comprerai un pony?»
«Certo principessa, uno tutto bianco, cosa ne dici?»
«Si!»
«George la strada! George! Frena!»

I ricordi di quel giorno mi perseguitavano, era sempre la stessa storia. Mi ritrovavo in lacrime, con le ginocchia contro il petto, tentando di tenere insieme tutti i pezzi di me stessa che cercavano di sgretolarsi.
Dovevo essere forte, dovevo resistere, ma non riuscivo a non permettere a quei ricordi di sopraffarmi e ogni volta mi ritrovavo con mio fratello che doveva stringermi e calmarmi, mentre mi rassicurava che tutto si sarebbe sistemato, che sarei stata meglio. Ma erano passati 14 anni e io non stavo meglio.
Era tutto uno schifo, un completo e perfetto schifo. L’unica cosa che mi teneva ancora aggrappata alla vita era mio fratello Simon, anche se sapevo che per lui era ancora più difficile.
Aveva sette anni quando avvenne l’incidente e lui ricordava meglio ogni cosa, i suoi ricordi erano più vividi. Lui si prendeva cura di me.
Alzai il viso che tenevo appoggiato alle ginocchia e portai lo sguardo vitreo fuori dalla finestra. Pioveva. Nonostante fossimo in pieno Marzo il cielo era grigio, pieno di nuvole. Rispecchiava il mio umore, e la sensazione di tristezza aumentava.
Mi feci coraggio e mi alzai dal letto ritrovandomi in piedi, anche se non sapevo dove trovavo la forza per rimanere alzata. Avevo indosso solamente il reggiseno e un paio di slip, quindi mi diressi verso l’armadio e tirai fuori una maglietta, e un paio di Jeans, infilai un paio di converse e poi mi diressi in bagno.
Mi sciacquai il viso con gesti meccanici, per evitare di pensare, strofinai bene gli occhi per cercare di far sparire il rossore e poi andai in cucina a preparare la colazione per me e per Simone che sarebbe tornato da un momento all’altro, aveva fatto il turno di notte.
Davanti a mio fratello tentavo sempre di non farmi vedere triste, lui faceva sempre così tanto per rendermi felice. Anche io potevo riuscire a fare uno sforzo per lui.
Da quando erano morti i nostri genitori eravamo rimasti chiusi in un orfanotrofio fino a quando una zia non venne a reclamarci, zia Elizabeth. Lei ci odiava, noi odiavamo lei. Non appena mio fratello fu diventato maggiorenne mi aveva presa con se e ce ne eravamo andati.
Lui aveva smesso di studiare per darmi da vivere e ora faceva studiare me, era la mia ancora di salvezza. Faceva di tutto per rendermi felice e io lo amavo profondamente, con tutto l’amore possibile che una sorella poteva dare a suo fratello se non di più.
Mi avvicinai al frigo e ne estrassi due uova con del bacon, poi li misi a friggere in una padella mentre bevevo del succo d’arancia. Altri gesti meccanici, per tenere i pensieri lontani.
Una botta contro la porta d’ingresso mi fece sobbalzare, mi girai di scatto e vidi comparire Simon con in mano una bottiglia di latte. Subito un luminoso sorriso si aprì sul mio volto, ridando un po’ di luce agli occhi che si erano spenti dopo tutte le lacrime versate quella mattina.
«Lottie sono a casa!» La voce solare di Simon era più alta del solito, evidentemente non aveva notato la mia presenza in cucina, ma quando lo fece sorrise anche lui e io gli corsi incontro, andando a buttarmi tra le sue braccia, travolgendolo letteralmente. Mi prese al volo lanciando distrattamente tutto ciò che aveva in mano –latte compreso- sul divano.
«Buongiorno principessa.» Sussurrò lui contro il mio orecchio dopo avermi baciato la fronte.
«Buongiorno lattaio.» Gli risposi allora io ridendo, adoravo prenderlo in giro.
«Così mi ferisci.» Brontolò allora lui.
«Oh stai zitto e vieni a tavola che la colazione è pronta.»
Gli stampai un bacio sulla guancia e dopo aver afferrato il latte me ne tornai in cucina mettendo ciò che avevo preparato in due piatti che poi sistemai sul tavolo. Ci sistemammo entrambi e cominciammo a mangiare la colazione.
«Com’è andata a lavoro? È stato faticoso?» Gli domandai io dopo un boccone.
«No, non c’è stato nessun incidente e le macchine che avevamo in officina non erano urgenti, praticamente ho dormito tutta la notte, sono sveglissimo.»
Come lavoro faceva l’assistente di un meccanico, avendo dovuto smettere di studiare non era riuscito a trovare altro, comunque i motori gli erano sempre piaciuti e era felice, lo ero anche io. Gli feci un sorriso enorme e poi notai un enorme macchia rossa sulla sua fronte, corrugai le sopracciglia gli feci segno verso quella macchia con aria interrogativa.
«Che hai fatto alla testa?»
«Non hai sentito che botto alla porta prima? Sono entrato in rotta di collisione con quella, mi ero distratto a guardare il sedere della vicina.»
«Sei un competo scemo Simon! E anche un maniaco!» Scoppiai a ridere e lanciai una rapida occhiata all’orologio. Le 7.38. «Cazzo sono in ritardo!».
La scuola. Mangiai in fretta quello che avevo nel piatto mentre Simon si gustava la scena divertito, non gli capitava spesso di vedermi tardare, ero sempre piuttosto precisa, quando lo facevo si divertiva sempre a sfottermi.
«Io scappo, toccano a te i piatti  la pulizia di casa, ci vediamo oggi pomeriggio. Mi raccomando.» Mi alzai di scatto dalla sedia, lasciai un bacio veloce sulla guancia di Simon, afferrai la tracolla con i libri, un giacchetto di Jeans e senza dargli tempo di rispondermi afferrai anche l’ombrello e mi catapultai fuori.
L’autobus l’avevo di sicuro perso, quindi cominciai a correre più velocemente possibile, tentando di arrivare –seppur sudata- in orario per le lezioni, sarebbe stata un’impresa piuttosto complicata. Ma niente era impossibile per Charlotte Spencer.


Angolo autrice.

Eccoci qui, con un tipo di storia completamente diversa da quelle che sono abituata a scrivere xD. Spero vi piaccia e ricordate che una recensione è sempre gradita!
Alla settimana prossima. :)
  
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