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Autore: Reira Serizawa    21/12/2007    8 recensioni
Draco sogna quello che non è accaduto. Harry chiacchiera come al solito.
Genere: Romantico, Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Coppie: Draco/Harry
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Quello che non è accaduto -

Questa storia mi è venuta in mente all'improvviso e mi è venuta una voglia incredibile di scriverla. Ci ho messo quattro giorni in tutto e posso assicurare che per me è un record assoluto, scrivere così tanto in così poco tempo.

E' un esperimento, quindi prendetelo con le pinze. Va letto con molta attenzione.

Buona lettura,

Reira

Edit: sono costretta a ripubblicare questa one-shot per via del ripristino del server di EFP che me l’aveva cancellata. Chiedo scusa a chi l’ha già letta e se la trova di nuovo di fronte.

- Quello che non è accaduto –



Draco pensò che quella mattina il cielo fosse insolitamente terso. Neanche una nuvola a offuscare i suoi occhi. Si alzò con movimenti lenti e calibrati, spostando cautamente il lenzuolo, come se avesse paura di svegliare qualcuno dall’altra parte del letto. In realtà, se si escludeva la presenza dell’elfo domestico che si era appena materializzato nell’angolo, la stanza era completamente vuota.

Un cambiamento piacevole rispetto al solito. Draco cominciava a essere stufo di sconosciuti che crollavano esasusti nel suo letto dopo una scopata massacrante e non si rialzavano fino al mattino dopo. Le persone iniziavano a dargli prurito, una volta superato il livello accettabile di ore in loro compagnia. E questa regola valeva per chiunque.

A quanto pareva, il ragazzo della sera precedente aveva avuto il buon gusto di scomparire dalla sua vista in tempi decenti. Tanto meglio.

Draco si stropicciò gli occhi con il dorso della mano in un gesto infantile. Se lo concedeva solo quando era l’unico spettatore di se stesso. Soffocando uno sbadiglio, chiamò l’elfo domestico e gli spiegò nel dettaglio cosa voleva per colazione, specificando quando e dove dovesse portargliela. Raramente mangiava due giorni di seguito nella stessa stanza. In verità, era altrettanto raro che dormisse nello stesso posto per due notti di fila, ultimamente.

Palazzo Malfoy offriva enormi possibilità per quanto riguardava la varietà delle camere e Draco era convinto che il cambiamento potesse in qualche modo soffocare la piega inquietante che stavano prendendo i suoi sogni in questi giorni.

La cosa stava seriamente iniziando a seccarlo.

All’inizio si era solo stupito. Non gli era mai capitato di sognare di se stesso neonato. Ad un certo punto, nella notte, gli era comparsa davanti agli occhi l’immagine leggermente sfocata di un bambino appena nato, la pelle pallidissima, la bocca spalancata in un pianto disperato, mentre si dimenava in una culla, scalciando via una coperta di cotone. Da principio Draco non aveva capito che si trattava di lui, ma lo stemma dei Malfoy inciso sul legno della culla non lasciava adito a dubbi.

C’era qualcosa di strano nei colori del sogno, avevano un sapore di vecchio e stantio, come di un ricordo tirato fuori da chissà dove. Il giallo si stendeva come un velo opaco su ogni cosa, le immagini non riuscivano a rimanere nitide e, di tanto in tanto, perdevano la messa a fuoco.

Eppure a turbarlo non era stata la vista di quel se stesso frignante e scomposto o la stranezza dei colori, bensì la voce che ad un certo punto aveva sentito distintamente nella testa.

“Questo sei tu.”

Non poteva dire di riconoscerla. Certo gli ricordava qualcosa, ma era un pensiero vago e indistinto, che non sarebbe rientrato nella schiera delle certezze.

“Draco Malfoy, nato il 5 giugno del 1980.”

Senza dubbio non era la voce di una persona anziana. Era un uomo, probabilmente tra i venti e i trenta. Il tono era incredibilmente rilassato e c’era un’aria di intima confidenza con cui Draco faceva fatica a rapportarsi. Se avesse voluto immaginare il misterioso narratore, probabilmente gli avrebbe piazzato un mezzo sorrisetto in faccia. Ma, essendo completamente addormentato e nel bel mezzo di un sogno quantomai assurdo, non aveva certo modo di scegliere cosa immaginare.

“Ah, capriccioso e viziato fin da piccolo, eh Draco?”

La voce aveva un tono di rimprovero, ma il sospiro che aveva seguito le parole suggeriva che, in realtà, il narratore si fosse estremamente intenerito. Probabilmente aveva subito anche lui l’effetto devastante di quei batuffoli di carne chiamati bambini. Non si rimane mai uguali, quando se ne vede uno. Alcuni non sanno che pesci prendere di fronte a un esempio di essere umano non ancora formato, altri si lasciano vincere dal fascino dell’innocenza, altri ancora regrediscono fino a ridursi essi stessi a larve non ancora cresciute. Draco avrebbe potuto giurare che la voce narrante corrispondeva esattamente al terzo tipo.

L’immagine poi era cambiata repentinamente e davanti agli occhi chiusi di Draco era comparso un altro neonato. Questo era sorridente e con ciocche sottili di capelli scuri in testa. Muoveva simultaneamente braccia e gambe, come se stesse oscillando, in un ritmo veloce, e strizzava gli occhi, scoprendo le gengive in un sorriso senza denti.

“E questo sono io.”

Il filtro dei colori nella sua mente doveva avere un qualche malfunzionamento, perchè anche in questo caso l’immagine era poco nitida e attraversata da linee scure, come fossero interferenze.

“Harry Potter, nato il 31 luglio del 1980.”

Draco, a quel punto, aveva spalancato gli occhi. Era ancora nella sua stanza. Per sicurezza aveva fatto un rapido giro di perlustrazione. Nessuna traccia di Potter. Quindi si trattava solo di uno scherzo malsano della sua mente. Per quanto estremamente fastidioso, Draco pensava che, almeno, un episodio del genere sarebbe rimasto isolato.

La notte seguente, tuttavia, la situazione non era affatto migliorata.

Era ricomparso il neonato sorridente e la fastidiosa voce di Potter. Se non fosse stato addormentato, Draco avrebbe alzato gli occhi al cielo e sbuffato rumorosamente. Invece, essendo nelle mani spietate dell’incoscienza, era costretto a rimanere immobile ad ascoltare qualunque cazzata Potter avesse da dirgli.

“Sono nato nella casa a fianco alla tua. Giardini adiacenti, separati solo da una staccionata. Non trovi anche tu che l’estate sia la stagione migliore per nascere? ”

L’immagine era cambiata ancora. Adesso Draco poteva vedere una versione ridotta di Palazzo Malfoy, intatta nel bianco delle pareti, ma di dimensioni considerevolmente minori. Anche il giardino era piccolo, e circondato tutt’intorno da una semplice staccionata in legno. Il cancello d’ingresso rimaneva in ferro, lo stemma dei Malfoy che sigillava l’entrata.

Proprio di fianco a questa versione per elfi di Palazzo Malfoy, faceva discreta mostra di sè un cottage. Mattoni scuri e tegole rosse sul tetto. Un giardino ben curato, anche se poco più grande di un fazzoletto. Draco pensò che, presumibilmente, fosse la topaia dov’era nato Potter.

Le due case erano adagiate sulla cima di una collinetta e spiccavano isolate sul resto delle abitazioni che si raccoglievano ai loro piedi. Un’unica strada conduceva in basso, costeggiata ai lati da platani e cespugli cresciuti senza controllo.

“Ci siamo conosciuti proprio in questo momento.”

Draco vide nuovamente se stesso, placidamente adagiato nella culla, questa volta con gli occhi grigi spalancati verso l’alto. Notò, con un moto di lieve disgusto, che stava sbavando. Non c’era nulla da fare, non sopportava la vista di essere umani non ancora avvezzi alla regole della buona creanza. Non riusciva a fare un’eccezione neanche per se stesso.

Poi la scena si era ampliata e Draco aveva potuto notare una donna, abbassata sulla sua culla, con in braccio un fagotto celeste. Un massa informe che muoveva senza sosta le mani intorno a sè, stringendo nel pugno qualunque cosa riuscisse ad afferrare.

Lo sguardo da ebete di Potter non era affatto cambiato nel tempo. E persino in questo mondo parallelo era rimasto identico, pensò Draco con una punta di stupore. Il sogno stava prendendo una piega sempre più stravagante. Lui e Potter certo non erano mai stati vicini di casa e Draco ricordava con assoluta chiarezza la prima volta che si erano incontrati. Erano abbastanza grandi da poter compiere delle scelte autonomamente. E Potter non aveva scelto lui.

Nel sogno, tuttavia, Harry ridacchiava, guardando nella sua direzione e la donna che lo teneva in braccio, una ragazza giovane e dai lineamenti delicati, con lunghi capelli rossi, faceva il solletico a Draco sulla pancia.

“Questo è l’inizio di tutto,” diceva la voce di Potter nella sua testa. “Cavolo, Malfoy, hai un’espressione da stronzetto anche a sei mesi!”

E poi Draco aveva sentito una risata soffice rieccheggiare nella sua mente, ricolma di un affetto di cui non riusciva a spiegarsi la presenza. Eppure ne poteva percepire la vibrazione, il ripercuotersi irregolare negli anfratti della sua testa.

Nel frattempo l’immagine era cambiata di nuovo. Ci aveva messo un attimo a schiarirsi, e, nonostante la nitidezza fosse notevolmente migliorata, continuava ad oscillare lievemente. Draco riconobbe il posto. Era una delle stanze al pianterreno di Palazzo Malfoy, sulla cui parete di sinistra erano appese le fotografie di ogni componente della famiglia con indosso un’uniforme Slytherin, il primo giorno di scuola. Ragazzini e ragazzine di undici anni, alcuni con l’aria seria di chi vuole impressionare, altri con un sorriso soddisfatto, si muovevano appena nelle cornici d’argento. Certe foto sapevano di antico, il color seppia che dominava l’atmosfera, le divise diverse da quelle che Draco era abituato ad indossare. Tuttavia, tutti esibivano orgogliosamente uno stemma con il serpente verde argento sul lato destro del mantello, senza nessuna eccezione. Era tradizione dei Malfoy farsi scattare una foto il giorno dopo lo smistamento, in modo da far sapere a tutta la famiglia che erano finiti nell’unica casa che fosse degna del loro nome.

In basso, sotto alle cornici, a Draco parve di scorgere qualcosa.Un ciuffo di capelli biondi.

“Questo sei tu a tre anni. Già uno Slytherin nel cuore!”

Il piccolo Draco saltellava, cercando di sfiorare i vetri delle cornici più in basso. Nonostante lo sforzo che stava facendo, aveva un’aria incredibilmente compiaciuta. Il campo poi si era allargato, e Draco aveva notato un bambino con gli occhiali, dall’aria scarmigliata, che ridacchiava al suo fianco. Quel coglione di Potter. Sorridete, aveva detto qualcuno, e loro si erano girati di scatto con un’aria confusa.

Click.

“La nostra prima foto è orribile, a dire il vero. Tua madre ci ha praticamente tagliato a metà la faccia e per il resto non si vedono altro che generazioni di Malfoy in divisa scolastica. Non che sia andata molto meglio gli anni successivi. Ho l’impressione che tua madre non abbia mai imparato ad abbassare il cavalletto, perchè ha continuato a tagliarci fuori dall’inquadratura finchè non siamo diventati abbastanza alti da poterci finalmente entrare.”

Il tono sconcertato di Potter lo divertiva. In effetti sembrava proprio una cosa da sua madre.

“E poi, onestamente, non ho mai capito la sua fissazione per quella parete piena di vecchie foto. Ha continuato a fotografarci lì ogni anno, il giorno del tuo compleanno.”

A quel punto si erano susseguite una serie di immagini in sequenza veloce. Harry e Draco a quattro, sei, sette, dieci anni, sempre davanti a quella parete. Nelle prime foto era difficile decifrare la loro espressione, visto che più di metà del viso era tagliata, e l’unico indizio poteva essere dato dalla sopracciglia, che entravano a malapena nell’inquadratura. Quando finalmente erano cresciuti a sufficienza da essere visibili, le loro espressioni erano quanto di più dissimile si potesse immaginare. Harry dava quasi sempre l’impressione di uno colto di sorpresa, Draco faceva del suo meglio per assumere un contegno degno dei Malfoy alle sue spalle. Tuttavia la foto dei sette anni faceva eccezione. Harry si girava verso destra con un’aria scocciata, abbassando il mento sul petto, e Draco ghignava guardando dritto verso l’obiettivo, aggiustandosi la cravatta che sua madre gli aveva fatto indossare.

“Cavolo, Draco, non sai quanto ero incazzato con te quel giorno! Perchè diavolo hai dovuto chiedere l’ultimo modello di scopa giocattolo come regalo di compleanno? Merlino, io ci sbavavo dietro da mesi e te non sapevi neanche che esistesse prima che te ne parlassi io!!”

Draco avrebbe sghignazzato senza ritegno, se fosse stato sveglio. Evidentemente questo mondo parallelo del suo sogno aveva forti analogie con la realtà. Tutta questa faccenda stava cominciando a divertirlo. Era curioso di sapere dove sarebbe andato a parare Potter. Da sveglio probabilmente la cosa gli sarebbe apparsa sotto un’altra luce, ma, finchè era addormentato, non lo preoccupava minimamente.

L’immagine era cambiata di nuovo e stavolta sotto gli occhi chiusi di Draco era apparso un ragazzino che dormiva in un letto a due piazze. Draco aveva riconosciuto nuovamente il luogo, era la sua camera a Palazzo Malfoy, quella che aveva occupato fino all’undicesimo compleanno. Leggermente più piccola rispetto alla sua, in realtà, ma il letto era delle stesse dimensioni enormi, con un baldacchino da cui scendevano tende di cotone sottile, in modo che la luce proveniente dalla finestra potesse penetrare all’interno, anche se affievolita dal tessuto.. Sembrava che fosse mattino molto presto, a giudicare dal bagliore appena percepile che filtrava dalle tapparelle.

E, ad un certo punto, la porta si era spalancata ed erano entrati i suoi genitori, entrambi in pigiama, suo padre con un pacco enorme tra le mani. Buon compleanno Draco, avevano detto e si erano seduti in fondo al suo letto, aspettando che si svegliasse.

“Ecco, questa è un’altra cosa che non capisco. Che bisogno c’è di svegliare un bambino alle sei del mattino, l’ora esatta in cui è nato, per fargli gli auguri? Draco, lasciatelo dire, le tue tradizioni familiari non hanno alcun senso.”

Draco avrebbe potuto giurare di aver visto Potter scuotere la testa e sospirare. Gli venne il sospetto che fosse semplicemente invidioso. Nel frattempo, il suo alter ego di sette anni si era svegliato e si era avventato sul pacco come un animale sulla sua preda. Come un animale che non mangia da una settimana, sarebbe più corretto dire. Suo padre non faceva che ripetergli di darsi un contegno e sua madre lo guardava con aria comprensiva. Nel frattempo, sulla soglia della porta era comparso un piccolo Potter con gli occhiali storti sul naso e i capelli in condizioni disastrose. Era ancora in pigiama.

“Il punto è che alla fine dovevo alzarmi anch’io a quell’ora per farti gli auguri! Lo so, ora mi dirai che non te ne fregava nulla se c’ero o meno, l’importante era che ci fosse il tuo regalo. Ma la verità è che non mi avresti più parlato per una settimana se non fossi stato lì. Ero pur sempre il tuo migliore amico.”

Anche se avesse potuto farlo, Draco non avrebbe saputo che rispondere. Non riusciva proprio a seguire il filo del discorso di Potter. Migliore amico? Quando mai erano stati migliori amici? Poi si ricordò che era solo un sogno e allora si rilassò di nuovo.

La scena si era spostata di nuovo. Draco riconobbe il giardino sul retro di Palazzo Malfoy. Sull’erba fresca appena tagliata, un bambino biondo aveva appena buttato la cravatta per terra e la stava calpestando pieno di rabbia. Dopo essersi sfogato, aveva preso in mano la scopa, che sembrava essere stata gettata sul terreno morbido poco prima, e l’aveva inforcata. Ma nel momento in cui aveva provato a librarsi in aria, aveva vacillato, instabile sul bastone di legno, ed era miseramente crollato a terra con tutta la scopa. A giudicare dalle macchie di terriccio sulla camicia e sui pantaloni non doveva essere la prima volta che cadeva. Draco notò, nonostante l’immagine fosse chiaramente malferma e poco nitida, che il se stesso in miniatura aveva gli occhi lucidi per la rabbia e la frustrazione.

Poi, all’improvviso, si era rialzato, si era diretto verso la staccionata che separava casa sua da quella di Potter e aveva chiamato il nome di Harry a gran voce.

E in quel momento Draco si era svegliato. Era completamente sudato e si accorse di aver dormito un numero di ore spropositato. A mente lucida, questa storia del sogno lo infastidiva non poco. Era come se Potter si fosse infilato nella sua testa e stesse riscrivendo la sua infanzia come voleva lui.

Ma il vero timore di Draco non era che Potter gli leggesse i pensieri, era che fosse la sua stessa mente ad aver creato questa sorta di mondo alternativo. Non riusciva a capire che senso avesse e rifletterci troppo a lungo gli faceva venire l’emicrania.

Così aveva adottato la soluzione di cambiare ogni notte la stanza in cui dormiva, possibilmente portandosi a letto qualcuno che lo sfiancasse così tanto da non aver neanche la forza di sognare. Ma a quanto pareva aveva sottovalutato le sue capacità di resistenza. O forse aveva sopravvalutato la potenza sessuale dei suoi partner.

Qualunque fosse il caso, il sogno di Draco era ripreso esattamente dove lo aveva lasciato la notte precedente.

In piedi davanti alla staccionata di legno bianco, quel ragazzino biondo sporco di terra chiamava Potter, che se ne stava immusonito dall’altra parte del giardino. Harry esitava, ciondolandosi sulle gambe e lanciando, di tanto in tanto, occhiate adoranti alla scopa che Draco teneva in mano. Alla fine crollò. Pur con una buona dose di sospetto, si avvicinò alla staccionata. Prova tu, erano state le uniche parole di Draco.

Potter si era letteralmente catapultato al di là dello steccato, chiaramente fuori di sè per la gioia. Aveva lanciato un sorriso radioso a Draco, che, invece, continuava a guardarlo con le sopracciglia corrugate, e aveva afferrato la scopa. Un attimo dopo, galleggiava nell’aria, almeno un metro da terra. Draco aveva spalancato gli occhi per la sorpresa, accigliandosi il secondo successivo. Il labbro inferiore tremava appena. Potter aveva fatto un giretto di prova intorno al giardino, poi aveva rallentato, avvicinandosi nuovamente a Draco. E gli aveva teso la mano.

“E’ questo il momento, Draco. Alcune persone passano tutta la vita a chiedersi quando capiterà, altre, pur avendolo vissuto, non riescono ad individuarlo. L’istante in cui una persona entra a far parte della tua vita in modo indelebile.”

Harry non aveva fermato il movimento della scopa, e così Draco ci era saltato sopra, un piede sul legno e la mano stretta in quella di Potter, mentre scivolava dietro di lui. E, ad un tratto, si era ritrovato in volo.

Quel sogno stava prendendo una sfumatura inaspettata. Draco si accorse che i colori vibravano e per un istante pensò di sentire sul viso il vento che sferzava la pelle di quei due bambini sulla scopa. Era una strana sensazione, stare fermo in un letto e sentire il vuoto sotto di sè al tempo stesso.

Harry aveva accellerato e impennato verso l’alto, costringendo Draco a stringersi ai suoi fianchi per non cadere. Non si erano sollevati per più di tre metri da terra, le scope giocattolo avevano i loro limiti. Ma Harry stava puntando dritto verso la strada in discesa che portava in paese. Draco vide in lontananza sua madre e suo padre che uscivano in giardino, urlando qualcosa.

“Mi sono sentito invincibile. Non era solo la sensazione di volare, la velocità o l’aria gelida tra i capelli. Erano soprattutto le tue dita strette sulla mia maglietta, come se contassi su di me. Finalmente ho pensato di averti raggiunto.”

Senza alcun preavviso, Harry si era lanciato giù per la discesa, abbassando il corpo sul manico di scopa e accellerando al massimo. Draco lo aveva imitato, avvolgendo completamente le braccia intorno alla sua vita e chiudendo gli occhi.

“Ti sei fidato di me. Avevi talmente paura che mi hai stritolato le costole, ma non ti saresti mai tirato indietro. Sei un orgoglioso del cazzo, ammettilo!” Potter aveva ridacchiato. “E una volta che ci siamo lanciati a tutta velocità non siamo riusciti più a fermarci.”

Draco poteva sentirlo. Non sapeva come fosse possibile, ma gli si stava aggrovigliando lo stomaco in un miscuglio di sensazioni che non gli appartenevano. C’erano paura, invidia, eccitazione, brandelli di pura felicità. Riusciva persino a sentire il cotone leggero della maglietta di Potter sotto le dita.

Lo sguardo di Harry era assolutamente concentrato, notò Draco. La bocca era una linea sottile, le palpebre leggermente abbassate per proteggersi dal vento, il collo proteso in avanti e la mascella serrata, sembrava che stesse sfruttando ogni briciola della sua energia per volare sempre più veloce. E al tempo stesso c’era qualcosa di incredibilmente vivo in lui, quel fendere l’aria come se fosse stata di sua proprietà, con uno sprezzo del pericolo che sconfinava pericolosamente nell’idiozia.

Draco sentiva la paura montargli dentro man mano che si avvicinavano alla fine della discesa, ma era troppo impegnato a godersi la sensazione di quella spirale di eccitazione crescente che gli stringeva il petto, per farci caso. Gli venne un’improvvisa voglia di alzarsi, prendere la sua scopa e volare da qualche parte, non importava dove. Sfortunatamente, svegliarsi non era un’opzione realizzabile al momento, quindi si rassegnò a rimanere dov’era.

Ormai erano arrivati alla fine della strada e Potter aveva deviato improvvisamente a sinistra per evitare di andare a sbattere contro lo steccato di una delle villette. Aveva rialzato il busto e teneva le braccia rigide sul manico di scopa, mentre abbassava le gambe verso terra. Sollevando un incredibile polverone, aveva poggiato i piedi al suolo cercando di frenare in qualche modo la scopa. Erano andati avanti per almeno un paio di metri, finchè, finalmente, quel pezzo di legno non si era deciso a fermarsi.

Poi entrambi erano rimasti immobili per un attimo, aspettando che la polvere calasse, e Draco aveva visto sua madre in cima alla strada. Gli stava strillando, apparentemente spaventata a morte. Doveva averla notata anche Harry perchè, con un sorriso enorme in volto, le aveva urlato di rimando.

Salvi!

E poi erano smontati dalla scopa e avevano iniziato a ridere come pazzi. Draco sentiva le ginocchia tremare ed era convinto che avrebbero ceduto da un momento all’altro, ma Harry l’aveva abbracciato, completamente stravolto dalla gioia, e aveva iniziato a saltellare, stringendo forte il collo dell’amico.

Sdraiato sul letto di casa sua, Draco sentì un’ondata di calore travolgergli le viscere, per poi scomparire improvvisamente. Ebbe come l’impressione di essere stato abbandonato, lasciato solo a confrontare le blande sensazioni che la vita quotidiana gli offriva con quelle di quel ragazzino, così intense da riempirlo fino all’orlo.

Nel frattempo, la scena era cambiata di nuovo. Draco riconobbe il suo letto a baldacchino e i due bambini che ci stavano saltando sopra. C’era una luce stranamente innaturale nella stanza, bianca e soffice, che stonava decisamente con il blu pallido del cielo visibile dalla finestra. Poi, osservando con più attenzione, Draco si accorse che la luce proveniva dal centro del letto. La mano di Harry, in un’esplosione di magia spontanea, li illuminava entrambi. Indossavano ancora il pigiama, le magliette che si sollevavano leggermente ad ogni salto. Harry esibiva un sorriso sdentato, gli erano caduti entrambi gli incisivi da latte, mentre Draco stava ridendo con un trasporto che gli mozzava il fiato. Ogni tanto saltavano con lo stesso ritmo, facendo scricchiolare le molle del letto, ogni tanto lo perdevano e ognuno cercava di riprendere il passo dell’altro, in un rincorrersi senza sosta.

La sua espressione era così irriconoscibile, carica di una spontaneità sorprendente, che, per un attimo, Draco pensò che non potesse trattarsi di lui. Sentì una pugnalata di invidia colpirlo alle spalle, ferocemente, e una punta di inaspettato rimpianto minacciarlo appena sotto le palpebre chiuse. Non riusciva a crederci, che la vita potesse scorrerti sotto la pelle in quel modo, come sangue nelle vene e nelle arterie.

“Eravamo inseparabili. Neanche me lo riesco a ricordare quante volte ci siamo buttati giù per quella discesa! Tua madre voleva uccidermi ogni volta che mi vedeva vicino alla tua scopa!”

La risata lieve di Potter rieccheggiò flebilmente nella sua testa, mentre le immagini si susseguivano ad un ritmo vertiginoso. Lui ed Harry che si inseguivano nel giardino di casa sua, che si avventavano su una torta, che crollavano a dormire esausti nel letto di Draco, che provavano a far fluttuare i loro giocattoli, che ridevano talmente forte da doversi tenere la pancia con le mani, ma, soprattutto, c’erano loro due sulla scopa, insieme, che si lanciavano a tutta velocità nell’aria, rischiando di spaccarsi le ossa.

“Per me volare vuol dire volare con te” diceva la voce di Potter. “Con il tuo petto che si adatta alla mia schiena ogni volta che faccio una curva e le tue mani che mi stringono quando mi lancio in picchiata.”

Tutte quelle sensazioni stavano rischiando di spezzarlo in due e Draco si era dovuto svegliare. Si era sollevato di scatto, ansimando. Uno sconosciuto lo stava fissando con occhi assonnati dall’altra parte del letto. Draco gli aveva sibilato un paio di insulti e quello si era smaterializzato all’istante.

Era incazzato nero. Non poteva credere che Potter stesse manipolando in questo modo i suoi sogni. Si diresse a passo rapido verso la vasta biblioteca di Palazzo Malfoy, sperando di riuscire a trovare qualche libro che potesse spiegargli che cazzo stava succedendo.

Dopo due ore passate a rovistare tra manuali di magia dei sogni, Draco non era arrivato a nessuna conclusione. Esistevano incantesimi in grado di pilotare i sogni, ma non si conosceva alcun modo per costruire un sogno da zero e tantomeno di farlo riprendere la notte successiva dal punto dove si era interrotto quella precedente. Inoltre non si faceva menzione di realtà alternative o di voci che chiacchieravano con il sognatore.

Quello stronzo di Potter doveva aver trovato un qualche incantesimo segreto per entrare nel suo cervello. Non c’era altra spiegazione. Perchè lo stesse facendo rimaneva un mistero, ma a quanto pareva non era intenzionato a dargli tregua.

La notte successiva Draco si sistemò sul divano in salotto, sperando che la scomodità potesse impedirgli di raggiungere uno stato di rilassatezza tale da arrivare alla fase rem.

Ovviamente, appena chiusi gli occhi e perso coscienza di sè, Draco si era trovato nuovamente di fronte gli ormai familiari colori appassiti del sogno. Si riconobbe immediatamente, mentre tentava di appendere qualcosa alla parete. Osservando con più attenzione si rese conto che era la stessa stanza dove lui e Potter erano stati fotografati, quella con le foto dei Malfoy in divisa scolastica. Appena il se stesso undicenne si era scostato dalla cornice, finalmente inchiodata al muro insieme alle altre, Draco era riuscito a vederne il contenuto: un ragazzino biondo e con la faccia appuntita, la divisa Slytherin indosso, che esibiva un ghigno compiaciuto e indicava il serpente sul suo mantello con il dito.

“Poteva andare diversamente?” Quella di Potter era chiaramente una domanda retorica.

La bocca di Draco si contrasse in un sorriso mentre dormiva.

Poi vide Harry avvicinarglisi con aria furtiva. Aveva una cornice di legno in mano. Sogghignò in direzione di Draco e raccolse il martello e i chiodi che erano per terra. Draco alzò gli occhi al cielo e sbuffò.

I miei genitori ti uccideranno, lo sai vero? sussurrò con aria palesemente divertita.

Harry era impegnato ad appendere la cornice al muro e non si voltò per rispondergli, ma il suo ghigno si allargò ancora di più.

Vorrà dire che dovrò trovarmi nelle vicinanze della tua scopa quando lo scopriranno, rispose, mentre osservava soddisfatto la foto oscillare lievemente, proprio a fianco a quella di Draco.

Draco rise e gli diede un pugno poco convinto sulla spalla. Sei proprio un Gryffindor, blaterò, scuotendo appena la testa, e poi erano corsi via entrambi, mentre la voce di Narcissa si faceva strada dall’ingresso.

A Draco vennero in mente i vaghi cenni che Snape aveva fatto sul padre di Harry, sulla sua arroganza e spavalderia. Mentre guardava la foto dell’undicenne Potter che mostrava fieramente i colori rosso-oro della sua divisa, pensò che, in questa vita, quei tratti della sua personalità dovessero essere venuti a galla con estrema facilità.

Fosse stato sveglio, avrebbe probabilmente posto a Potter la stessa domanda che era stata rivolta poco prima a lui.

Poteva andare diversamente?

“Te lo ricordi quanto si è incazzato tuo padre? Ho disonorato generazioni e generazioni di Malfoy con i miei colori Gryffindor su quella parete!”

Potter pareva star divertendosi un mondo e Draco non potè fare a meno di sentirsi contagiato da tanta leggerezza. Mentre dormiva, non poteva certo incolparsi per essersi lasciato coinvolgere dal suo sogno. Non dipendeva da lui, dopotutto.

La scena cambiò improvvisamente e di nuovo Draco vide la sua camera immersa nella penombra. Nel suo letto dormivano due persone: Harry, con una gamba sopra il lenzuolo e una sotto, completamente scomposto persino nel sonno, e Draco, con la mano sotto la testa a mò di cuscino e i capelli biondi che gli ricadevano ordinatamente sugli occhi. Quando i suoi genitori erano entrati nella stanza, sussurrando buon compleanno, Draco si era alzato a malapena dal cuscino biascicando Harry è rimasto a dormire. Potter non si era degnato nemmeno di svegliarsi. Lucius lo guardò sospirando e poi lasciò il pacco ai piedi del letto, mentre l’appena tredicenne Draco si riaddormentava pacificamente.

“In estate dormivamo sempre insieme. A dire la verità, non mi sono mai abituato al dormitorio di Hogwarts. Non vedevo l’ora che finisse l’anno scolastico per potermi godere tutte quelle ore di sonno ininterrotto nel tuo letto.” Potter sospirò soddisfatto. “Mai dormito più comodamente in vita mia.”

Draco non poteva certo dire lo stesso. Quel divano gli stava massacrando la schiena. In compenso si sentiva inspiegabilmente tranquillo. Tranquillo e protetto. E per un attimo non realizzò che le sensazioni che stava provando erano in realtà di qualcun altro.

Nella sua testa continuavano a susseguirsi immagini in sequenza veloce. C’erano sempre loro due, nel letto a baldacchino di Draco, ma ogni volta che la scena cambiava sembravano più grandi. Harry aveva le mascelle più compatte e i muscoli delle braccia meglio definiti, mentre il viso di Draco si era fatto ancora più fino e aveva perso del tutto quella rotondezza tipica dell’infanzia. Inoltre avevano preso entrambi l’abitudine di dormire a torso nudo, con solo i pantaloni del pigiama indosso. Draco notò che, ad un certo punto, le dita di Harry stavano sfiorando il suo avambraccio. Lui non si era ritratto al tocco, anzi, si era spostato leggermente in avanti in modo che la mano di Harry aderisse completamente al suo corpo.

Draco sentì una scossa di profondo timore scivolargli sotto le palpebre e andarsi ad insinuare pericolosamente tra le pieghe della tranquillità.

Nella scena successiva era Draco stesso ad aver poggiato una mano sul petto di Potter. In quella dopo ancora, la sua fronte era talmente vicino alla spalla di Harry che credette di sentire l’odore tiepido della sua pelle nelle narici.

La tranquillità fu sostituita da uno strano miscuglio di eccitazione, paura, confusione, desiderio, un flusso potente di emozioni che confluiva direttamente nel basso ventre di Draco, in attesa di trovare uno sbocco. Non potè più negare l’evidenza. Era attratto da Potter. Sentì un rivolo di sudore gelido attraversargli la schiena e spalancò gli occhi.

Cazzo.

Questo era davvero troppo. Potter stava esagerando. Draco si alzò istantaneamente dal divano e cominciò a fare avanti e indietro, attraversando il salotto a passo di marcia.

Ogni volta che si svegliava sentiva gli strascichi delle emozioni provate nel sogno rimanergli sulla pelle come una patina oleosa. Per quanto cercasse di scrollarsele di dosso, ne poteva sentire la consistenza insidiosa sul corpo, non c’era verso di liberarsene.

Il respiro leggero di Potter continuava a infrangersi sulle sue dita e Draco seppe che non c’era via di scampo.

Si sedette nuovamente sul divano, accigliandosi. Non sapeva a che gioco stesse giocando Potter, ma di sicuro l’aveva incastrato per bene.

Non vide altra via d’uscita se non arrivare alla fine di quello stramaledetto sogno.

Così si trascinò al piano di sopra, verso la sua camera, e si lasciò cadere sul letto a baldacchino. Almeno dormirò comodo, fu il suo ultimo pensiero coerente prima di lasciarsi avvolgere dalla morsa dell’incoscienza.

Stavolta le sensazioni lo invasero all’improvviso. Stava volando, le braccia incollate ai fianchi di Potter, i suoi capelli scuri che gli solleticavano il naso, il vento freddo che gli colpiva le guance, mentre salivano in alto, lasciandosi alle spalle le figure sempre più piccole dei suoi genitori.

Harry si girò un attimo verso di lui, guardandolo da sopra la spalla, e gli sorrise scoprendo una fila di denti bianchi. Era un sorriso intimo e Draco si ritrovò a dover combattere quel calore tiepido che gli avvolgeva lo stomaco.

Appoggiò la fronte sulla schiena di Harry e chiuse gli occhi, lasciando che fosse la fiducia ad avere la meglio sulla paura.

“Non sono riuscito più a volare senza di te. Volevo solo andare il più veloce possibile e sentire la tua presa farsi sempre più forte, senza lasciarmi mai. Tu non sai com’è, Draco, rubare ogni briciola della tua fiducia e stringere tra le mani la vita di entrambi.”

Draco sentì la propria capacità di giudizio annebbiarsi, mentre si concentrava unicamente sulla sensazione dei muscoli di Potter, tesi sotto la camicia. Guardò per un secondo in basso e vide le case ridursi a puntini indistinti e i movimenti di ogni cosa rallentare, mentre loro accelleravano sempre di più. Sentì un lampo di eccitazione attraversargli il corpo, proprio come la prima volta che avevano volato insieme.

“Non ho idea di come sarebbe stata la mia vita senza di te. Di che persona sarei stato, se mi avessero tolto ogni istante passato al tuo fianco.”

Draco si sentì sommergere da due sensazioni opposte che non riusciva a spiegarsi. Sentiva la gioia spandersi come un liquido nelle ossa, ma, al tempo stesso, una sostanza pesante e compatta gravitava sul fondo e Draco ne percepì il sapore amaro sulla lingua.

Erano due emozioni provenienti da punti distinti nella sua testa, non solo la consistenza, persino la vibrazione che emanavano era completamente diversa. C’era una sorta di sfasatura tra le due che Draco non riusciva a spiegarsi.

“Buon compleanno, Draco. Lo so, non fare quella faccia! Ti ho comprato anche il regalo vero. Ma fai almeno finta che questo ti sia piaciuto, non sai quanto mi ci è voluto per mettere insieme tutti i ricordi!”

E poi improvvisamente quel liquido, denso come piombo fuso, gli invase i polmoni e Draco non riuscì più a respirare.

Rimpianto. Pesante come catrame.

Pensò che sarebbe precipitato al suolo e sarebbe morto, invece l’immagine iniziò a sbiadire, le forme a farsi confuse, fino ad esplodere in una bolla di colori. E non c’era più nulla, finchè dal buio non emerse una voce.

“Prima di morire, Dumbledore mi ha consegnato un oggetto. Un’ampolla di ricordi che diceva provenisse da molto lontano.”

La voce era quella di Potter, Draco l’aveva riconosciuta, ma il suono era più duro, cupo e tagliente. Non c’era familiarità e non c’era spensieratezza.

“Quando li ho visti la prima volta non sono riuscito a capire. Nessuno di quei ricordi era autentico. E la mia voce non aveva mai pronunciato quelle parole. Dumbledore non mi ha mai spiegato come ne fosse venuto in possesso, mi ha solo detto che si trattava di ricordi che io stesso avevo messo insieme per te. La vita è un bivio continuo, Harry, alcune scelte si compiono, altre rimangono possibilità inespresse. Se Voldemort non fosse mai esistito, forse tutto questo sarebbe successo. Dumbledore pensava di farmi un favore, facendomi avere ricordi appartenuti a una vita che non ho mai vissuto. La verità è che mi ha portato solo rimpianti.”

Draco capì a chi apparteneva l’altra sensazione, quella che l’aveva soffocato, tanto era intensa.

“E non so perchè, di tutte le persone al mondo, dovevi essere proprio tu a rendermi felice. Ma, un attimo prima di sprofondare nuovamente nel rimpianto e nella nostalgia di avvenimenti mai capitati, mi è venuta in mente una cosa. Voldemort è morto. E noi siamo vivi. La vita è un bivio continuo, ma questa possibilità non voglio lasciarla inespressa, Malfoy.”

Quando riaprì gli occhi, Draco si rese conto di essere nuovamente sveglio.

Si sollevò sui gomiti, meravigliandosi di come riuscisse facilmente ad inalare aria. Poi si avvicinò alla finestra, fissando il cielo.

Era insolitamente terso e Draco pensò che, osservando con attenzione, sarebbe sicuramente riuscito a vedere Potter, se avesse deciso di volare in quella direzione, uno di questi giorni.



Fine.

  
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