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Autore: Capricornina    23/12/2007    18 recensioni
DIVINA COMMEDIA. VirgilioxDante. Se amate il testo sacro così com'è e non vi piace l'idea di veder rovinata la divina commedia da me, non leggete. XD Mi sembrava strano far parlare Dante in italiano corrente così ho tentato di dargli un po' un linguaggio simile a quello originale. Ripeto: non sono un genio e né una poetessa perciò è quel che è. Chiedo scusa anche al Sommo Dante per aver osato usare e rovinare la sua opera. XD Perdono! (Chissà in che girone mi mette se la legge)
Genere: Romantico, Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Lo duca e io per quel cammino ascoso
 intrammo a ritornar nel chiaro mondo;
 e sanza cura aver d'alcun riposo,
salimmo sù, el primo e io secondo,
tanto ch'i' vidi de le cose belle
che porta 'l ciel, per un pertugio tondo.
E quindi uscimmo a riveder le stelle. "

Poi che uscimmo dalla bocca infernal, lasciandoci addietro fiamme e strazio di spirti dolenti,
io e lo duca mio raggiugnemmo la vetta dello gran squarcio che lo dimonio generò in sua caduta.
Tanto era il disio di rifuggir delle disperate grida e dei lamenti,
che nessun riposo ci concedemmo per tutto lo passo
e quando infin toccammo l'aer leggiero e di stelle compunto, le membra mie, spossate per la lunga traversata, colse stanchezza
e contra una roccia presso la diserta piaggia mi accasciai.
Poscia che lo duca mio tutto affannato mi vide e intese,
venne meco a restar contra la roccia bruna ond'io stava.
Li occhi del color del cielo suso ei ficcò nei miei,

e per uno istante allotta parvermi sì belli, e sì profondi,

da contener tre volte tanto l'immenso ciel di stelle profuso.

E mentre ch'ei, senza ch' alcuna parola pronunziasse,

con tale sguardo seguitava a me e in me osservare, il cor sentii dimenar nel petto, e paura improvvisa tosto mi colse.

Per cui lui mi chiese:

" Che pense? "

A cotali parole il verbo e il fiato mi fuor gravi, e in gola moriro,

rifuggendo manifestar lo vergognoso stato in cui io, senza saper per come e cosa, rovinava.

" Non di me devi paventare. Io son tuo amico e son tua guida."

Rispuosemi lui come intra le pagine del mio cor leggendo, e leggiera la mano in su la mia, gentile strinse.

Io non so ben dir cosa m'accadde in quello momento.

Uno gran foco tosto accese lo corpo mio; in sì infocato rogo mutòssi che rimembrar mi fece quel calor maligno

che dal loco donde io venni impera e l' anime malnate cigne.

Perch'io dissi:

" Poeta... io non cognosco la cagion di questa mia pena.

Puote esser stanchezza di animo spossato dal lungo viaggio sì doloroso e aspro."

Poscia ch'io ebbi queste parole pronunziato, sentii sua mano lieve la mia a sé trarre,

ed egli trassemi con essa a sé e accolsemi in sue braccia forti.

E quivi riconobbi i segni de lo foco antico che spinsemi alla lettura de' suoi testi infra mortali.

Quivi riconobbi il desio e la virtute che l'animo tutto scalda e rende nobil nella miseria.

Quivi riconobbi ciò che io paura pensava, mutarsi in veritade di dolce sentimento.

Amor vi riconobbi infra su braccia,

amor contra il tepor che concedettemi mia sola e unica guida.

Amor, ch'al cor gentil ratto s'apprende,

Amor, ch'a nullo amato amar perdona.


  
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