Capitolo
1
Goku
avrebbe tanto voluto dire che quella sarebbe
stata una giornata favolosa come tutte le altre, in cui non faceva
altro che
allenarsi, rovinare occasionalmente il paesaggio con la sua aura e
mangiare a
sbafo come sempre. Purtroppo per lui però le cose si erano
messe male fin dalle
prime luci del mattino: la sua adorata Chichi infatti non aveva il suo
stesso
concetto di svago e, appena sveglio, gli aveva comunicato che dovevano
presentarsi ad una riunione per ammettere Goten a un prestigioso
doposcuola.
Come se non ne avesse già subito abbastanza di quelle
torture durante
l’infanzia di Gohan. Il sayan aveva erroneamente pensato che
la moglie avrebbe
dato meno importanza al loro secondogenito rispetto al primo, cosa che
già
faceva un po’ lui del resto, ma si era evidentemente
sbagliato. Ad ogni modo la
reazione di Goku non poté che essere delle più
comiche e esilaranti.
-CHE
COSA?!- strillò infatti in disperazione
totale quando gli fu comunicata la notizia.
Chichi
lo guardò furiosa per un attimo –Non
osare rovinare tutto come al tuo solito. Ah, assicurati di vestirti
bene, con
tanto di cravatta e uniforme e ricorda: i tuoi interessi sono leggere e
fare
sport! - aggiunse prima di andarsi a preparare a sua volta, sbattendo
la porta
con un po’ troppo vigore.
Al
povero Goku non restò altra scelta che
obbedire agli ordini della malefica moglie. Salì mogio le
scale che portavano
alla sua stanza e, sconsolato, aprì l’armadio per
cercare gli abiti giusti, non
capendo perché dovesse dare retta a tanto fanatismo
scolastico. Una scuola
valeva l’altra, in fin dei conti i suoi figli si
caratterizzavano per ben
altro.
D’altronde
però non poteva ribellarsi: se non
avesse fatto ciò che gli era stato detto avrebbe rischiato
una batosta così
forte che Freezer levati proprio e in più Chichi gli avrebbe
pure negato il
cibo per il resto della giornata. E quella era una prospettiva ancora
più
grigia del dover trascorrere ore e ore di fila in un edificio che
spegneva
ogni- sua- qualsiasi voglia di vivere.
Goku
scelse dal guardaroba disordinato ciò che
secondo lui si scostava di più dalla forma di una tuta, e
che quindi era più
vicino al concetto di uno smoking a detta sua, ed iniziò a
fare a botte con gli
indumenti per infilarseli. Tuttavia allo stesso tempo non poteva fare a
meno di
chiedersi: pure lui che se ne fregava ben poco di tecnologia sapeva che
ormai erano
passati anni dall’invenzione di certe macchine diaboliche che
fornivano
un’ottima assistenza didattica anche da casa, eppure
perché Chichi si rifiutava
tanto di usarle e lo costringeva a vivere queste situazioni spiacevoli?
Pure il suo bambino ne sarebbe rimasto contento e avrebbe avuto anche
più tempo
per allenarsi e imparare ciò che era davvero necessario in
questa vita.
Il
giovine finì di aggiustarsi i capelli di
malavoglia e si guardò allo specchio: non era esattamente un
bello spettacolo,
con gli abiti spiegazzati e il cravattino tutto aggrovigliato. Ma tutto
sommato
era presentabile, ci avrebbe pensato la sua amata mogliettina
a
sistemarlo per bene prima di andare.
Saccheggiò il frigo, divorando ciò che poteva
subito, e quando ebbe finito lo
richiuse con un movimento di anca. Le sue braccia straripavano di ogni
genere
di cibo che lui aveva deciso di ingurgitare seduta stante -o, in
alternativa,
di portarsi via come provvista se Chichi avesse finito di prepararsi
prima di
aver terminato la sua abbuffata- a causa della giornata grigia che gli
si
prospettava davanti.
Si
sedette un attimo sul bordo del letto e,
mentre assaltava la sesta coscia di pollo, con la coda
dell’occhio notò un
rapido movimento al di fuori della finestra. Siccome ci voleva ancora
un po’ di
tempo prima che Chichi terminasse di acconciarsi, decise di seguirlo.
Sgattaiolò fuori, le braccia ancora traboccanti di una
discreta montagnola di
stuzzichini, e inseguì l’ombra misteriosa che, a
un certo punto, scomparve
dentro una grotta. Era incredibilmente veloce: era riuscito a seminare
il
sayan, nonostante stesse volando e non avesse un peso
granché significativo
appresso.
Goku
atterrò davanti all’ingresso della grotta
con le proprie scorte che gli intralciavano un po’ la vista,
pronto a finirle
tutte in un solo boccone nel caso in cui avesse dovuto combattere, e
dopo
essersi assicurato che non ci fosse nessuno nei dintorni
entrò e si guardò un
po’ in giro. La caverna proseguiva in un tunnel molto largo
che attraversò
molto velocemente. Era quasi arrivato alla fine e ancora non riusciva a
scorgere
anima viva. Ad un certo punto notò che, appoggiato su un
muretto di pietra che
segnava la fine della grotta, c’era appoggiata una enorme
bistecca saporita e ancora
fumante, segno inequivoco di una trappola, che però lui non
colse.
Estasiato, lasciò cadere le cibarie varie che trasportava e
corse verso l’altro
piatto, molto più invitante.
-Pancia
mia fatti capanna! - gridò entusiasta
prima di lanciarsi ad addentare il cibo. Purtroppo però il
tranello si
manifestò e quello che sembrava un fascio di luce
inondò il viso del ragazzo.
Poco prima di perdere il senso della realtà Goku
giurò di aver sentito la voce
di Re Kaio dargli dello scemo con veemenza.
-
Si
svegliò in un bosco. Stringendosi la testa
che gli pulsava per il dolore, si mise a sedere e si guardò
attorno. Non aveva
idea né di dove si trovasse né di quanto avesse
dormito. Sapeva solo che si
trovava in una fitta boscaglia che non conosceva e, a giudicare dalla
posizione
del sole, molto probabilmente era mezzogiorno. Goku si sorprese e si
schifò di
se stesso: da quando in qua era diventato capace di fare certi
ragionamenti
complicati?
Notò con felicità che almeno i bocconcini che si
era portato dietro erano
ancora tutti sparsi disordinatamente dietro di lui. Conscio che prima
di
dedicarsi a un’altra abbuffata doveva prima scoprire dove
fosse finito e come
tornare indietro si tolse la giacca del completo -sì, quella
che casualmente
gli causava più fastidio e prurito- e accomodò
tutto alla bell’e meglio in un
fagotto che poi si issò in spalla.
Dopodiché si gratto un attimo la testa incerto su quale
direzione prendere,
dilemma che alla fine risolse con una scrollata di spalle decidendo che
l’una
valeva l’altra.
Si
alzò quindi e iniziò a vagare per i boschi. Ma
si stancò quasi subito e allora gli si accese una lampadina
in testa. Lui era
in grado di volare, no? E allora perché non ne approfittava?
Vedere un
territorio sconosciuto dall’alto era sicuramente molto
più utile che camminarci
dentro come un vagabondo, senza una meta precisa.
Aumentò
leggermente la sua aura e si alzò in
volo. Però, a dispetto di quanto volasse, tutto quello che
riusciva a vedere
erano solo folte chiome verdi e, saltuariamente, anche qualche breve
tratto di
pianura attraversato da carovane da cui non avrebbe ottenuto niente.
Dopo
un po’ era talmente stanco, e soprattutto
l’odore del cibo si era fatto così invitante, che
quando finalmente riuscì a
scorgere all’orizzonte la sagoma di un villaggio a malapena
riusciva a stare a
dieci metri da terra senza collassare e cadere nella tentazione
(insomma, gli
abiti che indossava non aiutavano di certo!). Quando poté
costatare dai
contorni che prendevano forma che quello era una città per
davvero, e non il
frutto della sua immaginazione come aveva temuto, cercò di
aumentare il ritmo.
Atterrò poco prima di arrivare, sapendo che in questo modo
non avrebbe
spaventato i possibili umani conservatori che vi risiedevano dentro. e
si riposò
un po’. Poi cercò di rendersi il più
presentabile possibile e infine fece il
suo ingresso glorioso nella “città”.
Era
un posto quantomeno singolare e, se poteva
dirlo, antico: la maggior parte delle case erano costruite in legno e,
a mano a
mano che si saliva, gli appartamenti sembravano diventare sempre
più poveri e
stretti. Le strade erano maleodoranti e sporche, cosa che poi
confermò di nuovo
quando gli arrivò un getto di liquidi strani
dall’alto.
All’inizio il sayan rimase interdetto ma quando, annusando
bene i suoi vestiti
ora fradici, si rese conto di quello che gli avevano lanciato
corroborò che non
era un luogo in cui voleva soffermarsi molto e cercò di
trovare presto qualcuno
che gli potesse dare qualche indicazione utile.
Gli abitanti però, se possibile, erano ancora più
strani: le donne indossavano
delle tuniche lunghe e buffe e gli uomini pure. Solo alcuni bambini
correvano
seminudi o svestiti per strada. Osservando bene si poteva notare che le
persone
che sembravano più agiate avevano tuniche più
lunghe mentre i poverelli ce le
avevano molto più corte; alcuni ragazzi addirittura si erano
legati solo un
panno attorno alla vita e correvano anche loro praticamente nudi per le
vie sudicie
e sporche di rifiuti corporali.
A
Goku non importavano molto le festività e le
celebrazioni, ma cercò comunque i ricordare se per caso
quello fosse il giorno
di Carnevale o qualche evento simile. Non gli sembrava proprio. Ma
allora
perché tutta quella gente era vestita, e si comportava, in
modo così bislacco? Goku
era molto confuso e, spinto dalla curiosità,
afferrò con un po’ troppa forza la
spalla di uno che si era trovato a passargli accanto.
Egli
cacciò un grido e si allontanò subito da
lui, visibilmente terrorizzato alla vista dei suoi abiti inconsueti. Il
suo
urlo richiamò l’attenzione del resto delle persone
ed immediatamente
tutti, bambini compresi, indietreggiarono e lui rimase scoperto e al
centro di
un cerchio con almeno venti metri di distanza dalla persona
più vicina. Ognuno
smise di fare quello che stava facendo e gli furono lanciate varie
occhiatacce
strane: quasi tutte erano intimorite o spaventate, ma c’era
anche chi osava
fulminarlo o chi gli urlava qualcosa in una lingua rude, che lui
immaginava
sulla lunghezza di un insulto.
Si chiese se non avrebbe fatto meglio a passare inosservato e togliere
il
disturbo il più in fretta possibile.
Dall’inquietudine
che serpeggiava vivace si
passò presto a uno stupore generale ed in seguito a un
vociare concitato della
folla indignata. Goku cercò di farsi piccolo piccolo mentre
il cerchio si
chiudeva minacciosamente attorno a lui e gli piovevano addosso parole
strane di
ogni tipo, di cui lui non riusciva a intuire neanche lontanamente il
significato.
Pensò che con tutta probabilità non sarebbe mai
riuscito a comunicare nella
loro lingua- che tra l’altro suonava anche parecchio
complicata- e che quindi
era inutile rimanere lì a farsi linciare dal pubblico
irritato. Ma allo stesso
tempo non voleva alzarsi in volo perché c’era il
rischio di alterarli ancora di
più e il ragazzo non era molto sicuro di se e quando avrebbe
trovato un’altra
città. E comunque niente gli assicurava che gli abitanti del
prossimo luogo non
sarebbero stati altrettanto svitati.
Con
gli occhi ormai a girandola e la testa in
preda alla confusione più totale, all’improvviso
sentì un meccanismo scattare
dentro il suo cervello. Le parole iniziarono a diventare pian piano
più chiare
nella sua testa, fino ad acquisire un senso. Goku si sentì
ancora più spaesato
e in balia degli eventi, non capendo assolutamente che cosa stesse
succedendo
né perché, ma ormai aveva dato corda a tutta la
sua riserva giornaliera di
materia grigia e decise che certi eventi ormai non li poteva
più controllare.
Seppur con la testa pesante aguzzò le orecchie e
cercò di afferrare qualcosa in
mezzo a quella valanga di parole confuse, con la speranza di poter
capire come
calmare il pubblico irrequieto.
-Disonore
del paese! -
-Sto per svenire alla sola vista di com’è
conciato! -
-Se gli dei ci puniscono a causa sua la pagherà cara! -
-Viva Bacco, le belle donne ed il vino! -
-…e questa è un’offesa per il grande
Marte, dio vincitore di ogni guerra e ogni
soldato, e pertanto di ogni romano abitante nella nostra gloriosa Roma!
-
Eh?
Che cosa stavano dicendo? Doma?
E quel condimento con cosa si mangiava?
Goku
era anche lui sempre più perplesso e, dato
che il brusio della folla continuava ad aumentare
d’intensità ad ogni secondo,
iniziava a temere pure per la sua incolumità.
Cercò di trovare un modo per dileguarsi in fretta, ma era
circondato su tutti i
fronti e le uniche opportunità di uscire da quella
situazione erano alzarsi in
volo o correre e travolgere buona parte dei presenti con la sua forza,
occasionando così un gran male a tutti e guadagnandosi
ancora più odio. Non
sapeva quale delle due opzioni li avrebbe intimoriti meno.
Comunque
ad ogni modo si sentiva pure in
imbarazzo per tutta la vicenda, ma poi fece caso ad un particolare a
cui prima
non aveva badato tanto: avevano nominato dei nomi strani, gli sembrava
che
fossero Marse e Doma, ma forse erano solo delle
celebrità o divinità a
cui stavano rendendo onore e lui era piombato proprio in mezzo delle
celebrazioni sacre. Anche se all’inizio sembrava che tutti
stessero vivendo una
normale giornata quotidiana, ma anche quello poteva essere parte del
rituale. Forse
tutti quei tipi lì non erano pazzi, ma era semplicemente lui
un po’ fuori
luogo. Sicuramente in contemporanea si stava pure svolgendo un festival
in
onore al passato, con tanto di travestimento e tutto, e la sua presenza
li
stava disturbando.
Goku
ridacchiò nervosamente e iniziò a grattarsi
la testa –Mi dispiace, mi dispiace. Non volevo interrompervi
durante i
festeggiamenti-
Le
persone lo guardarono ancora più
sbigottite e furiose.
-A
proposito… dove mi trovo? - chiese poi
ingenuamente il nostro eroe.
Silenzio di tomba per qualche attimo.
A
quell’ultima domanda la folla parve risentirsi
ancor più di prima e iniziò a marciare in massa
contro Goku, che si ritrovò ben
presto schiacciato contro la parete di un tempio. Non sapendo cosa fare
il
giovine si girò per arrampicarsi sul muro che era fatto di
mattoni e quindi
salvarsi la vita senza dover nuocere a nessuno. Fu solo quando si
trovò
abbastanza in alto e relativamente al sicuro che una voce
sovrastò tutte le
altre.
-È
una fortuna che oggi venga l’imperatore a
farci visita, così ti potrà giudicare
direttamente lui!- urlò infatti qualcuno
dalla calca di gente e presto un nuovo vocio soddisfatto gli fece eco,
insultandolo e lanciandogli piccole pietre sudice.
Imperatore...?
-Ma
che..?- purtroppo il sayan non ebbe il tempo
di formulare la sua domanda ed uscire così dal suo stato di
confusione -e
crisi- più totale. Un uomo a cavallo arrivò a
grande velocità annunciando una
terribile notizia, almeno per Goku.
-Onorate
il grande Cesare, nostro Imperatore, che
oggi ci onora con la sua presenza!
Oh
Re Kaio... fu l’unica
cosa che poté pensare Goku, deglutendo
in panico, prima che Cesare facesse il suo ingresso trionfale nella
città.
Era scortato da schiere eleganti di cavalli, nobili e soldati. Lui li
precedeva
e li guidava, mostrando in questo modo al mondo il suo grande potere
militare.
Salutava il popolo fiero, anche non riusciva a non storcere il naso di
fronte
alla puzza micidiale di quell’isolato.
Per
qualche strana ragione quel giorno aveva
deciso di non prendere la strada principale e passava quindi da quella
stradina
puzzolente, dove di solito viveva la plebe, e che non era di certo
adatta a un
sovrano così famoso e amato.
Cesare
era nobile e bellissimo: sedeva regale
sul suo cavallo bianco, elegantemente pettinato. Indossava
l’armatura di un
Gran Caporale, non grigia come quella di tutti i soldati, ma piuttosto
di un
colore tendente al rosso o comunque a qualcosa che richiamasse
vagamente al
sangue, e che quindi intimoriva solo al pensiero di quanto potesse
averne
versato durante le sue innumerevoli vittorie.
Ma c’era un piccolo particolare: abiti e cavallo a parte, era
pressoché
identico a Goku. Avevano la stessa pettinatura, la stessa fisionomia
del viso e
anche la stessa altezza e corporatura, per quanto Goku ovviamente era
senza
nessun’ombra di dubbio il più forte dei due. Tutte
queste cose furono chiare
non appena l’imperatore discese da cavallo per mettersi
proprio davanti al
nostro eroe, il quale era anche lui saltato di nuovo a terra spinto
dalla
curiosità.
Le
persone guardavano i due stupiti e spostavano
ininterrottamente lo sguardo dall’uno all’altro,
bisbigliando tra di loro e
osservando prima con reverenza il loro generale e poi con timore lo
straniero.
Intorno ai due “gemelli” si formò un
inquietante brusio, che fu messo subito a
tacere quando il Grande Cesare tuonò un arrogante -Silenzio!-
Tutti
ammutolirono all’istante ed egli squadrò
da capo a piedi il suo sosia, con occhio critico, mentre il povero Goku
si
arrovellava le meningi per sfuggire a quella situazione che stava
diventando ad
ogni secondo più paradossale e spaventosa- più
per gli altri che per lui.
Forse
il teletrasporto poteva andare bene? No,
avrebbe creato troppo scompiglio e siccome non aveva la più
pallida idea di
come andarsene da quello strano mondo e nemmeno dove l’ultima
cosa che voleva
era farsi nemico tutto quello strano paese e forse anche i dintorni che
lo
circondavano, sempre ammesso che non si stesse sognando tutto.
Dopo
che il suo alter ego più influente lo ebbe
scrutato a sufficienza, e intanto che il nostro eroe continuava a
elaborare
improbabili teorie per filarsela, Cesare diede l’ordine che
Goku fosse portato
al suo castello. Si assicurò che fosse trattato con il
massimo del rispetto e
poi si dileguò, galoppando e scomparendo dalla vista di
tutti. Molto
probabilmente stava tornando al suo castello per organizzare una buona
cerimonia di benvenuto a quell’uomo che tanto gli somigliava.
I
suoi servi, intanto, caricarono con cura Goku
su una portantina. Fecero molta attenzione a non fargli male, anche
perché non
ce n’era bisogno, e durante il viaggio si assicurarono che
non gli mancasse
niente. Ad ogni modo Goku non chiese un granché e si
assicurò di tenersi stretto
il fagotto con le provviste nel caso in cui le cose si fossero dovute
mettere
male e fosse dovuto scappare a gambe levate. Ma i servi non avevano
idea delle
pieghe che avevano preso i suoi pensieri e temevano i castighi che quel
ragazzo
identico al loro imperatore avrebbe potuto propinargli quasi quanto
temevano l’imperatore
stesso.
Forse credevano che sarebbe stato un tiranno, come il loro sovrano.
Il
viaggio si prospettava lungo e Goku era al
limite dell’esasperazione: che cosa cavolo doveva fare per
tornare a casa? A
quel punto avrebbe preferito trovarsi in un palazzo di cristallo in una
riunione con Chichi per decidere in che doposcuola iscrivere suo
figlio!
Al pensiero di sua moglie sbiancò e inizio a tremare in
preda al terrore. Forse
la prospettiva di non riuscire mai a tornare indietro non si
prospettava tanto
tragica quanto la terribile morte che lei gli avrebbe dato per essere
sparito
in un momento della massima importanza. Deglutì sonoramente
e pensò che, ad
ogni modo, se riusciva a tornare doveva far perdere le tracce di
sé per sempre.
Chichi era una eccellente madre e casalinga, era sicuro che se la
sarebbe
cavata egregiamente anche senza il suo aiuto e lui non avrebbe
rischiato la
vita inutilmente.
E
mentre si perdeva in questi pensieri concepì
un’idea geniale.
-Ma
certo! C’è solo un essere nel
mio
mondo che è a conoscenza di ogni cosa- si disse
Goku, battendosi una mano
sulla fronte e maledicendosi per non averci pensato prima.
Lo aveva pure invocato poco fa!
Provò
a stabilire una comunicazione,
posizionandosi due dita sulla fronte, e dopo appena qualche istante una
voce irritata
si fece sentire dal nulla.
-Chi
parla? -
-Oh,
Re Kaio! Come sarebbe a dire chi parla,
sono io, Goku! - disse Goku, scoppiando a ridere. Poi però
si rese conto che
aveva parlato a voce un po’ troppo alta e forse i servi che
lo stavano
trasportando lo avevano sentito e gli stavano già dando del
matto
inconsciamente.
Si
ricompose e abbassò la voce fino a farla
diventare un sussurro –Allora Re Kaio, cosa ci faccio qui?-
-Spiacente,
io non conosco nessun Goku- rispose
la voce scocciata di Re Kaio –E sinceramente non riesco a
capire come hai fatto
a metterti in contatto con me-
Goku
restò sorpreso un attimo, ma si riprese
quasi subito.
-Suvvia
Re Kaio, non c’è bisogno di scherzare!
Sono Goku, il ragazzo che Lei ha addestrato per sconfiggere Vegeta e
che poi è
riuscito anche a battere Freezer. Il suo pupillo preferito. Il terrore
del suo
frigo e della sua scimmia. Davvero non riesce a ricordarsi? -
-Senti,
dev’essere un caso se tu sei riuscito a
comunicare con me e, lo dico e lo ripeto, io non conosco nessun Goku,
nessun
Vegeta e nessun Frezo o come cavolo si dice, chiaro? E soprattutto non
ho tempo
da perdere! -
-Ma,
Re Kaio…-
-Ti
ho detto che non ho tempo da perdere! - e
con quello Re Kaio tagliò la telecomunicazione, lasciando il
povero ragazzo con
le parole in bocca. All’inizio Goku rimase un po’
rabbuiato in viso, ma poi si
rese conto di quello che era successo. L’aveva detto lui
stesso: il Re Kaio che
aveva incontrato era a conoscenza di tutto ciò che
riguardava il suo mondo.
Sicuramente questo era un altro Re Kaio, quello di questa dimensione,
che non
aveva nulla a che fare con lui e che non aveva ancora avuto il piacere
di
conoscerlo.
Andava
bene, ma se le cose stavano così… allora
a che santo doveva andare a votarsi?
Purtroppo
non ebbe più molto tempo per pensare
ai suoi dubbi e problemi esistenziali perché la portantina
si era fermata e i
servi lo stavano già aiutando a scendere, prodigandosi ad
aiutarlo anche nelle
azioni più inutili purché non avesse niente da
ridire in seguito.
Scese
e, scortato da guardie di ogni tipo, fu
accompagnato prima a cambiarsi d’abito e poi a una cena
privata con
l’Imperatore Gaio Giulio Cesare in persona, mentre dentro di
sé ancora si
domandava perché era costretto a subire tutto questo.
Ad
ogni modo la scena a cui assistì prima che
fosse congedato nelle sue stanze fu parecchio comica.
L’imperatore era seduto su ciò che lui immaginava dovesse simulare un trono o un grande posto militare, non ne era sicuro, ed era circondato da una moltitudine di servi e guerrieri.
-Il mio nome è Goku- il sayan non si sentì per nulla intimorito dalla folla presente in sala, non più di quella presente in città almeno, ma strinse lo stesso a sé il suo prezioso tesoro.
-Straniero Goku, posso sapere che cosa stringi a te con tanta disperazione? Si tratta per caso di un’arma e tu sei venuto a dichiarare guerra? -
I soldati di fronte a lui si misero subito sull’attenti e il ragazzo sfoggiò un sorriso a trentadue denti.
-Ma che guerra! Queste sono le mie scorte di cibo per quando le cose si mettono male! – ed entusiasta tirò fuori dal fagotto un enorme prosciutto -Questo per esempio è il mio prosciutto! -
All’improvviso tutti quelli presenti in sala lo iniziarono a fissare ad occhi sgranati e Goku non capì dove fosse il problema. Non avevano mai visto un prosciutto nella loro vita? Glielo chiese.
-Noi non conosciamo quel piatto. Appartiene al tuo paese? -
-Ah, capisco…- il corvino si ricordò che molto probabilmente era finito in qualche epoca del passato e che certe cose non le potevano ancora aver inventate -Allora che ne dite di questa? È una bistecca? E questa è una ciambella! -
Di nuovo nessuno sembrò riconoscere minimamente ciò che avesse in mano, anzi c’era pure chi aveva iniziato ad arretrare temendo che trasportasse chissà quali calamità.
Goku sbuffò -Va bene… che ne dite di un pollo arrosto o di una pizza? Forse una lasagna o del cioccolato li riconoscete- e via a tirare fuori ogni singola cibaria dal suo rifugio.
Dopo poco c’era stato qualche coraggioso che si era offerto volontario per assaggiare qualcuna delle strane cose che stava estraendo da ciò che per loro doveva sembrare una scatola del mistero. Il soldato rimase estasiato da ciò che aveva appena gustato e volle subito assaporare qualcosa di nuovo. Altri temerari, vedendo il suo esempio, si avvicinarono anch’essi e misero sotto i denti qualcosa.
E fu lì che il massacro cominciò.
-
Delle sue scorte non era rimasta traccia alcuna.
La cena si svolse relativamente in silenzio. Goku si sentiva tremendamente scomodo immerso in quella tunica con pieghe svolazzanti e pesanti, di una tela che gli faceva prudere il corpo e che doveva sostenere con una delle sue braccia per permettere che gli lasciasse libero almeno l’altro. Pensò che in vita sua non aveva mai indossato niente di così fastidioso e si chiese come avrebbe potuto godersi il buon cibo ridotto in quello stato.
Dopo un po’ Cesare aveva iniziato a parlare. Il sayan fungeva da semplice ascoltatore e cercava di abbuffarsi come poteva di quei piatti antichi e prelibati. Le poche volte in cui provava ad aprir bocca doveva richiuderla immediatamente perché l’imperatore si soffermava scocciato sul cibo masticato che faceva bella presenza tra i suoi denti e lui non se ne sentiva fiero.
Quando furono sazi a sufficienza il Grande Cesare lo accompagnò in una sala riservata agli uomini, in cui c’erano vari musicisti e ballerini che si stavano esibendo. Sulle lunghe fila di mense erano disposti infinità di altri piatti e prelibatezze e Goku non indugiò molto prima di buttarsi a capofitto in un altro banchetto, mentre la musica e i racconti delle prodezze dell’altro lo accompagnava.
Ma il tempo scorreva, era sicuro che fossero già passate almeno alcune ore, e nuovi alimenti continuavano a comparire dalla cucina per quanto lui assalisse ogni volta le tavola del suo anfitrione.
Ora, per quanto lo stomaco di Goku potesse sembrare un pozzo senza fine, un fondo ce l’aveva eccome. E tutto quel cibo era riuscito a colmarlo fin nel più remoto angolo di quel fondo fino alla superficie.
Ma non poteva rifiutare, la sua gola aveva la meglio sul suo -per la prima volta nella vita- stomaco pieno, e così non furono poche le volte in cui Goku dovette correre al bagno a rimettere. A volte gli venivano anche forniti secchielli e bevande che facilitavano proprio quel processo e che permettevano alle persone di continuare a mangiare.
Nei brevi intervalli in cui si sentiva bene Cesare gli chiedeva di raccontare la sua storia, rammentandogli che non era educato non sostenere una conversazione con il padrone di casa. Goku fu seriamente tentato di sputare tutto il cibo che aveva in bocca più volte per ribattere che aveva tentato di parlare in varie occasioni, ma che le sue occhiate fulminanti lo avevano dissuaso ognuna di esse.
Invece si limitava, tra un boccone e l’altro, tra un’escursione al bagno e un’altra, a raccontare della strana ombra che aveva visto e di come si era ritrovato a viaggiare nel passato. Poi gli raccontò anche del suo mondo, della sua famiglia, delle sue avventure più normali e di parte del suo passato. In sostanza quando sembrò che finalmente le scorte di alimenti si decimarono l’imperatore credeva di essere già a conoscenza di gran parte della sua vita e lo osservava pensieroso.
Dopo che ebbe ascoltato attentamente tutto il racconto, Cesare esordì –Sai, è da un po’ di tempo che cerco qualcuno che mi somigli. Così potrei fargli prendere il mio posto e io finalmente potrei andarmene in vacanza per qualche tempo. È così stressante essere l’imperatore! -
Goku all’inizio non riuscì a elaborare bene ciò che gli era appena stato detto. La prima indigestione di tutta la sua vita si stava affacciando alla sua pancia ed era troppo impegnato a cercare di capire come avesse fatto quell’uomo davanti a lui a non andare in bagno o a sentirsi male dopo tanti bocconi. Forse, somiglianza fisica a parte, anche i loro stomaci avevano la stessa consistenza e quindi la stessa apparente forma di pozzo senza fondo.
Solo dopo un bel po’ si rese conto delle parole dell’altro.
-E questo cosa avrebbe a che fare con me?- chiese, non riuscendo a capire il suo ruolo in tutto questo.
Il Grande Cesare sogghignò.
–Avrei un patto da proporti- annunciò.