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Autore: _Ly_    24/12/2007    2 recensioni
Un augurio di natale in compagnia di Lily e... BUON NATALE A TUTTI!
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Lily Evans
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Guarda papà, guarda

Perché nella vita c’è bisogno di favole,

Soprattutto a Natale.

Tanti magici auguri!

 

Fairy Christmas

Un Natale da favola

 

Guarda papà, guarda! Ha iniziato a nevicare! Non è bellissima la neve? Eh, mamma ci fermiamo al parchetto prima di casa a giocare al ritorno? Dai, dai!” un cappottino rosso di panno sormontato da una sciarpona azzurra e da una berretta del medesimo colore scorrazzavano per l’ampia via affollata di negozi e di persone festose che facevano dentro e fuori da questi di continuo.

Il piccolo cappottino rosso o, per dirla tutta, la bambina sotto di esso prese a saltare freneticamente verso il cielo plumbeo ma punteggiato da candidi puntini, agitò le mani guantate di giallo e rise di gusto. I suoi grandi occhi verdi si persero nell’incanto di quei coriandoli di cristallo. Prese a girare come una trottola agitando le mani.

Era così bello, sembrava una pioggia di petali incantati, trotterellare tra i fiocchi di neve era come giocare con le stelle. Le era sempre piaciuto, ogni inverno si lanciava nella costruzione di pupazzi di neve che si trasformavano in principi, correva su strade di zucchero filato e si buttava in cumuli di nuvole gelate.

E le luci natalizie che riempivano il cielo erano così belle!

“Avanti Lily, non restiamo qui al freddo! Tua sorella si ammala facilmente se si bagna…” un grande signore dai capelli brizzolati prese per mano una bambina di pochi anni più grande della precedente. Questa starnutì energicamente e si strofinò il nasino lungo e sottile con un grosso fazzoletto aggrovigliato. “Lo vedi? Avanti, andiamo a prenderci una cioccolata…”

La piccola Lily sentì la grande mano del padre afferrarle affettuosamente una spalla e sospingerla verso un’invitante caffetteria poco più avanti. L’idea della cioccolata era davvero allettante, trotterellò allegramente verso l’ingresso addobbato di rosso, verde e di mille luci ed entrò nel locale. Il profumo dei dolci esposti nella vetrina poco più avanti l’avvolse, spalancò gli occhi e si incollò al vetro che la divideva da squisite torte, pasticcini, dolci al cioccolato e alla crema e quant’altro.

“Petunia, vieni a vedere! C’è la zuppa inglese che ti piace tanto!” strillò in preda all’entusiasmo rivolta alla sorella.

Questa si soffiò nuovamente il naso appuntito e si avvicinò alla vetrina entusiasta. Si sfilò il berretto viola lasciando scorrere una cascata di boccoli castani e chiamò a gran voce il padre “Papà, ce lo prendiamo un dolce? Io voglio un dolce!”

I biscotti e le grosse porzioni di dolci dietro il vetro lucido sembravano danzare davanti ai loro occhi e chiamarle per davvero.

Lily sorrise e salutò un grosso biscotto glassato a forma di orsetto “Ciao piccolo orso!” fece strofinando la mano ancora guantata contro il vetro. Quando l’orso-biscotto le rispose con un occhiolino spalancò la bocca meravigliata e si guardò in giro per conferma di non aver avuto nessuna allucinazione, era ben consapevole del fatto che quel saluto non era stato uno dei suoi tanti voli di fantasia bensì una cosa reale e inaspettata. Sua sorella Petunia stava soppesando la scelta tra la sua adorata zuppa inglese e una grossa fetta di torta al cioccolato e i suoi genitori scrutavano la sala alla ricerca di un tavolino libero per tutti e quattro. Alla sua sinistra invece un bambino dall’aria divertita ridacchiava per mano a quella che doveva essere la sua mamma. La donna rivolse a Lily un sorrisone disteso che la fece arrossire vistosamente. Quella donna sembrava proprio una principessa delle fiabe! I suoi riccioli color sabbia erano raccolti a cascata dietro la testa, indossava un abito verde bottiglia di un tessuto pesante che le arrivava quasi fino ai piedi e invece di un normalissimo cappotto portava un bellissimo e morbido mantello di velluto, con tanto di cappuccio.

Rimase incantata ad osservare la sua bellezza e presto si voltò indietro per cercare il principe che per forza di cose doveva accompagnarla. Poco distante vide invece un omettino dal viso buono e dagli sparuti capelli rossicci fare cenno alla donna di raggiungerli al tavolo. Lily storse il naso, quello non sembrava per nulla il principe azzurro adatto a quella bellissima principessa, tutt’al più il suo giullare! Ben presto si dimenticò del proprio scontento e riportò la propria golosa attenzione ai bellissimi dolci avanti a lei. Scelse un grosso pasticcino ripieno di crema e lo ordinò insieme ad una cioccolata “con tantissimissima panna montata sopra” quindi trotterellò fino al tavolino dei suoi genitori, nell’angolo della grande ed affollata sala.

 

La piccola rossa strillò quando la sorella più grande con una cucchiaiata le rubò metà dell’abbondante panna montata. “Uff! Petunia lascia stare la mia panna! Tu ci hai il tuo tè, se volevi la panna te la potevi prendere con la cioccolata invece che rubarmela a me!” strillò allungandosi sul tavolo e facendo pericolosamente oscillare la teiera con la bevanda calda della sorella.

“Lily, stai attenta! E tu, Petunia, non rubare le cose a tua sorella! Lasciala in pace e non la stuzzicare di continuo” le riprese il padre interrompendo momentaneamente la chiacchierata con la moglie.

Ma papà, io la volevo solo assaggiare! E’ lei che è egoista” protestò la più grande.

Lily sbuffò “Io non sono egotisca! Sei tu che sei una brutta ladra, bastava che mi chiedevi di dartela e ti facevo assaggiare un cucchiaino!”

“Si dice egoista, non egotisca! Papà, Lily sta in prima elementare e ancora non sa parlare!” la più grande ridacchiò mostrando la lingua alla piccolina che per tutta risposta si allungò per darle uno spintone che la rimettesse al suo posto.

Ormai era guerra. I genitori le ignorarono bonariamente impegnati a salutare dei conoscenti e la situazione degenerò.

Petunia rubò con un gesto fulmineo il resto della panna montata della sorella scatenandone le ire più profonde, questa battè le mani sul tavolo protestando rabbiosamente. Subito la teiera di fronte a lei andò in mille pezzi. La più grande emise un piccolo urlo iniziando a piangere quando il liquido bollente le trapassò la stoffa pesante dei vestiti arrivando a contatto con la pelle delicata e nel resto della sala calò il silenzio.

Lily vide sua madre aggrottare la fronte preoccupata, la donna le scollò le manine dal tavolo con un’aria sconcertata “Lily, che è successo?” quindi lanciò uno sguardo a Petunia cui nel frattempo il padre stava cercando i pulire lo scamiciatino di velluto.

Anche lui guardò la piccola con fare accusatorio e di rimprovero e a lei non restò che chinare il capo sbuffando col le lacrime agli occhi mentre anche sua sorella la fissava come se fosse un’aliena.

Rimase sola qualche istante dopo quando il padre accompagnò la sorella in bagno per asciugarsi e alleviare il bruciore alla pelle lievemente scottata e  la madre si avviò al bancone per pagare il conto e gli eventuali danni. Rimase sola a pensare che non era proprio per nulla giusto che mamma e papà, Petunia e tutta la gente in sala ce l’avessero con lei. Non lo aveva proprio fatto apposta, in fondo! E poi era stata Petunia a farla arrabbiare, aveva iniziato lei rubandole la sua adorata panna e prendendola in giro perché non conosceva bene le parole difficili come la sorella che era in quarta ormai. Aveva iniziato lei come tutte le volte e poi Lily si era arrabbiata, e sempre come tutte le volte era successo un piccolo guaio. E mamma e papà erano arrabbiati e per colpa sua avevano dovuto chiedere scusa ai signori del locale. E tutti in sala non facevano che parlare di lei, ne era certa. Sentì le lacrime premere forte dietro le palpebre strizzate. Non voleva ora tornare a casa e sentirsi di nuovo sgridare. Non voleva che Petunia la guardasse in quel modo che la faceva piangere.

Seguendo un impulso insopprimibile balzò in piedi, si infilò il cappottino e calandosi il berretto fin sugli occhi sgattaiolò via senza farsi vedere. Non ci sarebbe proprio più tornata a casa finchè mamma, papà e Petunia non le avessero chiesto scusa! Non era stata colpa sua! Non lo era mai! O comunque, non lo era sempre….

Infilò le manine in tasca e tirando su col naso nel tentativo di non farlo colare e insieme ricacciando indietro i lacrimoni si avviò senza meta per le affollate vie di Londra.

Avrebbe sempre potuto fare come Peter Pan e nascondersi insieme alle fate e agli uccelli a Kensington Garden, la mamma le aveva letto tutta la storia proprio l’estate precedente. Magari avrebbe anche imparato a volare! E poi quando sarebbe stata grande un principe sarebbe venuto a prenderla a cavallo di un drago – perché avrebbe dovuto attraversare volando la Serpentina, proprio come gli uccelli – per portarla in un bellissimo castello pieno di fontane e di folletti, dove ci sarebbe stata una regina bella come la signora che aveva visto poco prima.

Sì, niente più Petunia e niente più sgridate!

Si mise a trotterellare allegramente con un sorriso vispo sulle labbra afferrando i lembi del cappotto come se fossero quelli di una bella, grande e sfarzosa gonnellina a balze fantasticando già di essere una principessa.

Non riuscendo a trovare i giardini di Kensington per quel pomeriggio si accontentò di un piccolo parco innevato lungo la sconosciuta strada. C’era, lì nel parco mezzo coperto da mucchi di neve, anche un piccolo castello di legno, di quelli con il ponte e lo scivolo, con la torretta e le corde per arrampicarsi e Lily trovò che fosse davvero incantevole come prima residenza. Si arrampicò canticchiando per la scala a pioli fino alla torre coperta, si sedette e tirò fuori dalla tasca il Signor Camaleo, il suo pupazzo di stoffa preferito che non perdeva occasione di portare con sé. Lo fece accomodare innanzi a sé e tra di loro stese accuratamente il piccolo fazzoletto a fiori a mo’ di tovaglia, badando bene di lisciare tutte le pieghe. In fondo non si era mai vista una tavola di principessa mal apparecchiata!

“Vuoi un bicchierino di tè, Signor Camaleo? Mh, mh, mh… Come dici? Certo ne vorresti un goccettino con il latte dentro? Oh, va bene! Lo chiedo alla mia cameriera che te lo porta subito. Va bene?” e sorrise amorevolmente al suo compagno di merende. Quindi portò alla bocca una tazzina visibile solo a lei e soffiò lentamente sulla bevanda calda finchè non trovò che fosse diventata della giusta temperatura quindi la trangugiò tutta d’un fiato.

“Vedi Signor Camaleo, ci devi soffiare un pochino dentro sennò ti scotti. Me lo dice sempre la mamma! Mamma…” l’espressione vispa della bambina si rabbuiò un istante ma fedele alla sua promessa silenziosa di non tornare a casa finchè non avesse ricevuto delle scuse cercò di non lasciarsi sopraffare dalla tristezza.

Cosa hai detto? C’è il mio principe azzurro fuori dalla torre? Oh, vado a salutarlo allora! Tu aspettami qui Signor Camaleo e non rovesciare nulla!”

Si alzò rapida e si sistemò il berretto sulla testa per farsi ancora più bella per il suo principe che l’attendeva. Si arrampicò più in alto e si sporse dalla finestrella della piccola costruzione. Fissò sorridendo un piccolo pupazzo di neve recente sotto di lei e salutò con una mano “Ora scendo principe mio! Aspettami che mi metto meglio la corona sennò mi cade…”

Si assicurò meglio la berretta e si lasciò scivolare lungo il palo di metallo con un grido di divertimento atterrando col sedere sulla neve soffice. Percorse il breve pontile di legno fino allo scivolo e si lasciò scivolare lentamente assieme alla neve che lo ricopriva. Rise di gusto quando cadde dal bordo ormai giunta alla fine e allora corse dal suo principe di neve e dopo un inchino mezzo storto gli baciò una guancia gelata sorridendo gaia.

Afferrando i lembi del proprio cappotto prese a danzargli attorno facendo giravolte e salti allegri, seguendo il ritmo di una melodia sconosciuta che in quel momento prendeva forma nella sua fantasia.

A interrompere le danze venne una risata cattiva da poco lontano. Lily si immobilizzò guardandosi attorno furiosa. Chi osava ridere di lei e del suo principe? Vide un bambino più grande di lei, un bambino che non credeva di aver mai visto prima, ridere e guardarla come fosse pazza, seminascosto dietro un tronco d’albero.

Strinse i pugni furiosa e gridò “Che cosa hai da ridere? Guarda che io sono una principessa e anche una fata! Se voglio ti trasformo in un ranocchio, ma in un ranocchio così brutto che nessuna principessina ti bacerà mai e non ritornerai un bambino mai più per tutta la vita!”

Annuì col capo, soddisfatta della propria terribile intimidazione ma storse il naso infastidita quando sentì il bambino ridacchiare ancora più forte e piegarsi in due in mezzo alla neve.

Sei proprio maleducato, tu! La mia mamma me lo dice sempre che non bisogna ridere in faccia alla gente! Si vede proprio che non sei un principe per niente, tu!” aggiunse inorridita. Quel bambino maleducato le ricordava tanto un suo vecchio compagno dell’asilo, Bugs, che ogni volta la prendeva in giro al grido di ‘Pisciolily’ solo perché quando era ancora piccola se l’era fatta sotto una volta che era malata. Lei li odiava i bambini così.

Da dietro l’albero il bambino si mosse rapido e presto una grossa palla di neve gelata la colpì dritta sul naso, finendole anche negli occhi e nella bocca spalancata.

Lily rabbrividì a contatto con quella materia gelida e con i guanti si ripulì rapida la faccia. Batté feroce un piede a terra e corse verso il ragazzino.

“Adesso te la faccio vedere io! Se mi tiri la neve negli occhi mi brucia! E ti do un pugno per questo, anche se a mamma non piace! Sei cattivo come mia sorella” concluse.

Ma il bambino, ancora ridacchiando, si mise a correre  “Sei una bambina scema!” le gridò dietro, correndo come un fulmine.

La piccola rossa decise che non avrebbe mai lasciato cadere questo affondo, aveva riso di lei e le aveva persino dato della scema! Lo avrebbe sistemato con un grosso calcio. Ma quello era almeno due spanne più alto di lei e aveva gambe decisamente più lunghe e presto la distanza tra i due si incrementò notevolmente.

Col visino rosso per lo sforzo e per il freddo, con la berretta azzurra ricoperta di neve Lily accelerò la propria corsa, incurante delle strade che stava imboccando, desiderosa solo di dare una lezione a quel ragazzaccio che aveva riso di lei. Che male c’era in fondo se lei desiderava così tanto essere una principessa? Era sicura che esistevano, sia le principesse bellissime che i principi a cavallo, da qualche parte c’erano! E anche le fate. Esistevano eccome le fate, ed erano bellissime! Ne era certa! Oh, se avesse potuto diventare una fata proprio in quel momento! Agitando le ali avrebbe raggiunto quel monello e poi, con un colpetto del dito e un po’ di polvere magica gli avrebbe fatto fare una capriola per aria lasciandolo atterrare sul sederone. E poi, di certo, lo avrebbe trasformato in un rospo. Oh, se le sarebbe piaciuto! Se lo sarebbe proprio meritato!

La bocca di Lily si spalancò esageratamente quando, proprio davanti ai suoi occhi e a quelli degli sparuti presente, il ragazzino rotolò ad almeno due metri dal suolo per riatterrare in mezzo alla neve esattamente sul proprio sedere. Incredibile! Il suo desiderio si era avverato in quel preciso istante!

Si voltò rapida alle proprie spalle, curiosa di vedere se in mezzo alla schiena le fossero casomai spuntate due meravigliose e colorate ali ma i suoi occhi scorsero solo uno dei due estremi della sciarpa. Si tastò allora con una mano, casomai quelle fossero rimaste intrappolate sotto al cappotto di panno, ma non sentì altro che la consistenza del proprio vestito e le ‘spacole’ all’infuori per cui Petunia non faceva che prenderla in giro.

Il ragazzino si voltò terrorizzato, ora quel sorrisino arrogante era scomparso dal viso strafottente che aveva rivolto verso di lei, shockato.

Lily colse la palla al balzo, portò i pugnetti ai propri fianchi e lo guardò minacciosa “Te l’avevo detto che ti sistemavo con la magia! E ora ti trasformo anche in un rospo!” aggiunse.

Quello corse via terrorizzato, con gli occhi fuori dalle orbite e le mani sul sedere dolorante subito dopo aver lanciato un’occhiata di puro sbigottimento verso Lily.

Lei lo guardò soddisfatta correre via finchè una donnona non lo afferrò per le spalle abbracciandolo stretto “Vernon, tesoro! Non ti allontanare mai più senza chiedere il permesso a mamma e papà…” e via tutto un predicozzo delle solite raccomandazioni tipiche da mamma.

“Uffa, è scappato e adesso non posso nemmeno provare a trasformarlo in ranocchio…” mormorò la bimba tra sé e sé.

Ma è vietato usare la magia prima di Hogwarts!” strillò una vocina squillante alle sue spalle.

Lily si voltò sorpresa e si ritrovò a fissare un bambino mingherlino dai capelli nerissimi con delle grosse lenti tonde calate sul nasino. “Eh?”, domandò lei.

Lui le puntò un dito contro “Ti arresteranno ora!” fece drammatico.

Cosa?” chiese di nuovo lei, con voce stridula. Arrestarla? IN PRIGIONE? Ma per cosa?!

Lui annuì grave “Sì, per aver fatto saltare quel tipo lì. Non si può mica. Anche se è stato un bell’incantesimo davvero…” aggiunse con un fischio di ammirazione.

M-ma… ma non sono stata io! Non voglio che mi arrestano! Io non ci voglio andare in prigione!” supplicò lei, tirando su col naso e sfregandosi gli occhi con una manina coperta dal guanto.

Ma mica si può usare la magia prima di scuola!” aggiunse quello, sistemandosi saccente le lenti sul naso.

“Magia?!” fece lei sorpresa. Forse lei aveva davvero fatto una magia allora! Uao! Era bellissimo! Era diventata davvero una fata! Aveva la magia, e magari dopo sarebbero venute anche… le ali! “Sono una fata…” mormorò tra sé.

Il bambino sbuffò “Andiamo, mica puoi essere una fata, cosa dici? Le fate sono piccole piccole, non grandi come i bambini!”

Lily rimase sorpresa. I bambini della scuola materna, e anche quelli nuovi che aveva conosciuto in prima elementare, non ci credevano alle fate e la prendevano in giro quasi tutti. Quel bambino invece ne parlava come se… “Ma tu le hai… viste?!”

Quello si pavoneggiò tutto, ne aveva viste parecchie in effetti, proprio l’estate precedente. “Sì! Mamma e papà mi hanno portato in Cornovaglia questa estate. Ce n’è tantissime lì. E ho anche visto i folletti. E sono tutti piccoli come una penna al massimo” spiegò con fare da esperto.

Lily lo ascoltava a bocca aperta mentre lui le raccontava della danza che stavano facendo, del colore delle loro ali, di come preferissero questo o quel fiore.

“Sai un sacco di cose sulle fate, tu… Che bello! A me piacerebbe vedere quelle di Kensington, ma non ci so arrivare da sola…”

Il morettino ridacchiò “Ma non ci sono fare a Kensington!”

Lily si imbronciò, le si poteva toccare tutto ma non le sue belle fate e gli uccelli di Kensington “Si che ci sono, Peter Pan gli ha viste!” si impuntò.

“Chi è? Un tuo amico? Mi sa che ti voleva prendere in giro e tu ci sei pure cascata. Non ci sono le fate in quei giardini” la informò con sufficienza.

Lei si infervorò “Non mi voleva prendere in giro e poi Peter ci ha giocato davvero con le fate. Solo che tu non lo puoi mica sapere perché si nascondono quando ci sono i bambini e escono a fare le feste solo la sera. Me lo ha letto da un libro mamma!” e mise il broncio.

Ma se si nascondono quando ci sono i  bambini allora come fa quello che ha scritto il libro a vederle? Vedi che ti vuole prendere in giro e basta. Se vuoi vedere le fate devi andare nella Cornovaglia. Bè, a me invece mi piacerebbe vedere tanto un Troll!” il bambino cambiò rapidamente argomento e sospirò di desiderio immaginando una di quelle grosse creature.

“Un che cosa?” domandò Lily, che non aveva mai sentito quella parola prima.

“Un Troll” scandì bene lui.

E che cosa è? Un animale?” domandò curiosa, ormai aveva dimenticato tutta l’ostinazione sulle fate di Kensington e il battibecco che vi era derivato.

Il bimbo con gli occhiali la guardò sorpresa, tutti conoscevano i Troll! Che bambina strana era quella. “Non lo sai? E’ una specie di uomo gigante, tutto verde e puzza un po’. E’ fortissimo però! Mamma dice che sono stupidi, ma a me piacerebbe vederli lo stesso. Sai che bello se riesci a stenderlo?”

Lily storse il naso “Ma è un uomo molto brutto! Io preferisco le principesse. Sono bellissime, non credi?” Domandò storcendo la testa e figurandosi la bellezza e l’eleganza della donna che aveva visto quello stesso pomeriggio alla caffetteria.

Però sono indecisa se essere una fata o una principessa da grande. Magari posso essere la principessa delle fate… Che bello!” e volteggiò su sé stessa immaginando di partecipare ad una delle bellissime feste che quei deliziosi esserini magici davano così spesso.

Nah – fece il bambini accanto a lei- io voglio essere un Auror da grande!”

“Un che cosa?” certo che ne conosceva di cose strane quello, tra Trolly puzzolenti e questa cosa qui che non aveva di nuovo mai sentito…

“Un Auror! Ma non sai niente tu? Sono fortissimi!” aggiunse con ammirazione.

“Oh, e che cosa fanno? Acchiappano i Trolly?” domandò curiosa grattandosi il nasino e avvicinandosi a lui.

Lui ridacchiò di nuovo. Quella bimbetta non sapeva proprio nulla! Bè, lui adorava gli Auror e conosceva ogni cosa, le avrebbe raccontato tutto volentieri. “Si chiamano Troll, non Trolly! E gli Auror sono degli agenti fortissimi che danno la caccia ai maghi e alle streghe cattive. E quando un Auror prende uno che fa magie proibite lo sbatte ad Azkaban senza pensarci. Bello, eh?” gli occhi di lui brillavano di ammirazione dietro le lenti. Le sue labbra rosse e screpolate si allargarono smisuratamente in un sognante sorriso sdentato.

“Dove?” domandò Lily, che di nuovo non aveva capito ma che era piena di ammirazione per questi Auror che arrestavano le streghe cattive che non le erano mai piaciute da quando aveva letto di quella che aveva provato a mangiare quei due bambini, Hänsel e Gretel.

“Ad Azkaban, in una prigione bruttissima dove li lasciano tutta la vita se sono stati molto cattivi!” spiegò abbassando la voce, come se si trattasse di una cosa molto, molto pericolosa.

“Oooh…” fece eco lei, figurandosi un posto buio, angusto e tremendo. Poi improvvisamente la parola prigione le riportò alla mente che aveva fatto saltare in aria quel ragazzetto di prima. E se uno di quegli Auror sarebbe venuto e l’avesse portata in prigione? Improvvisamente tirò su col naso e scoppiò a piangere chinandosi sulle ginocchia, stanca.

“Ehi, perché piangi adesso? Che hai? Ti cola tutto il naso!” disse lui sedendosi a gambe incrociate davanti a lei.

Lily tirò rumorosamente su col naso “Gli Auror mi ci portano anche a me in prigione perché penseranno che ho fatto saltare io quel bambino e tu hai detto che non si può! Però io sono piccola e forse mi perdonano… È così?” domandò speranzosa di ricevere una risposta rassicurante, quindi si fregò entrambi gli occhi con i guantini di lana.

Boh…” rispose lui incerto. Però gli sarebbe dispiaciuto se avessero messo in prigione quella bambina

Lily singhiozzò di più, tristissima. “Mi mettono nella prigione, io non vedrò mai le fate, e nemmeno i Troll! E non imparerò mai a volare…” gracchiò con la voce rauca.

“Senti, lo possiamo chiedere alla mia mamma se è tanto grave che hai fatto magie prima di scuola. Sai, la mia mamma sa un sacco di cose… Vieni con me. Se dice che ti metteranno ad Azkaban però non ti arrabbiare con me poi…” aggiunse incerto.

Lei annuì mogia, rialzandosi da terra e accettando la proposta del ragazzino “Posso sempre scappare e non farmi prendere, non credi? O usare dell’altra magia e scappare dalla prigione. Come si dice scappare dalla prigione?”

“Uhm… mi sa che si dice edavere” rispose lui, quasi sicuro.

“Ecco – aggiunse Lily speranzosa- posso sempre edaverare dalla prigione!” non era così male. Forse avrebbe ancora potuto vedere le fate.

Nah, non ci riesci mica. Primo perché gli Auror sono troppo fortissimi e ti trovano in un secondo e poi perché non si può scappare da Azkaban, non si possono fare le magie là. Mi dispiace!” precisò lui, che si era fatto raccontare tantissime volte di quel posto misterioso e terrificante. Da suo padre, naturalmente, perché sua madre diceva sempre che non erano cose da raccontare ad un bimbo prima di andare a letto. Ma lui adorava le storie sui criminali che gli raccontava.

“Vieni con me allora. Ti porto da mamma, sta a Diagon Alley laggiù a fare degli acquisti. Io me ne sono andato un po’ perché doveva parlare con Babbo Natale del mio regalo e non posso sentire. A mamma piace fare sorprese!” aggiunse tutto vispo, saltellando da un piede all’altro.

“Io ci ho scritto una lettera a Babbo Natale, dici che me li porta anche se sto in prigione i regali?” domandò preoccupata, chiedendosi se per caso Babbo Natale sapesse l’indirizzo della prigione e soprattutto se questa avesse un camino per farlo entrare.

Se sei stata buona sì, certo! Andiamo allora?” la invitò a seguirla indicando avanti a sé.

“Mh!” fece lei annuendo energicamente e raddrizzandosi il berretto sui capelli scompigliati.

Seguì silenziosamente il suo nuovo amico per le strade innevate, i grossi fiocchi che seguitavano a scendere lenti le ricoprivano le spalle. Lily rabbrividì e si annodò più stretta la sciarpa attorno al collo. Era tutta immersa nei suoi cupi pensieri quando improvvisamente si ricordò del Signor Camaleo.

“Signor Camaleo!” gridò bloccandosi di colpo in mezzo ad una stradina deserta.

Il bimbo con lei si fermò e la guardò stranito “Con chi ce l’hai, eh? Non c’è mica nessuno qui…” le fece notare.

Lei scosse la testa e iniziò a piangere di nuovo, ancora più disperatamente di prima “Il Signor Camaleo! Lui è rimasto al parco, tutto solo! Sotto la neve! E sarà tutto congelato e bagnato, gli verrà un raffreddore e sarà colpa mia! Io devo tornare a prenderlo!” spiegò, pulendosi gli occhietti verdi in una manica del cappottino.

“Senti ma può anche andare a casa da solo questo signore, no?” fece lui, come se fosse la cosa più ovvia del mondo.

Ma il Signor Camaleo non può camminare! Lo porto sempre io in braccio! Non può andare a casa da solo… E ora come ci torno al parco?” iniziò, disperata, a cercare di capire qual era la strada, senza successo.

L’altro ragazzino sbuffò, irritato “Ma scusa, non ti interessa di più sapere se finirai ad Azkaban?”

Lei scosse il capo, la berretta le si sfilò dal capo rivelando una massa di capelli rosso scuro, spettinati “No! Io devo ritrovare il Signor Camaleo! – fece ostinata – Dov’è il parco?”

L’altro alzò le spalle “E che ne so? Non capisco di che parco parli”

Quello dov’ero prima, prima che arrivasse il ragazzo che è volato in aria. Oh, ti prego, riaccompagnami là, io non la so mica la strada e il Signor Camaleo potrebbe avere tanto freddo come la piccola fiammiferaia!” piagnucolò Lily, gli occhi arrossati.

“Come chi?” domandò incerto l’altro, non capendo a chi si riferisse.

Ma a te non te le raccontano mai le favole?” domandò incredula Lily, tutti i bambini del mondo conoscevano la piccola fiammiferaia.

“No. Io mi faccio raccontare da papà le storie degli Auror, a me le favole non piacciono mica!” spiegò, quasi disgustato, come se fosse una cosa da femminucce.

“Bè, allora, mi accompagni dove eravamo prima o no?” domandò incalzante Lily, sempre più preoccupata per il suo piccolo amico, tutto solo in quel parco in mezzo alla neve gelata.

Per tutta la strada non disse una parola, trotterellò dietro a quel bimbo sconosciuto che iniziò a correre in mezzo alla neve soffice. Gli stivaletti avevano iniziato a bagnarsi e sentiva i piedini piuttosto freddi ma la fretta di trovare il Signor Camaleo la costrinse a stringere i denti e ignorare le dita che iniziavano a dolere.

Quando il bimbo disse di averla riaccompagnata dove l’aveva incrociata la prima volta, Lily si rabbuiò. Non vedeva nessun parco e non aveva la più pallida idea di dove cercarlo. Sentì le lacrime premere dentro gli occhi ma le ricacciò indietro tirando su col naso, doveva farsi coraggio per il suo piccolo amico.

E ora che c’è? Io qui ti ho trovato…” fece lui, che non ne poteva più delle lacrime di quella bimba.

“Niente di niente… Solo che non mi ricordo dov’è il parco… Può essere di là però…” fece incerta, dando una sbirciatina verso la fine della strada.

Si incamminò ostinatamente in quella direzione, sperando davvero che fosse quella giusta o che arrivasse un’altra magia che facesse improvvisamente comparire il parco con il Signor Camaleo davanti a lei. Sentì il bimbo sconosciuto seguirla silenziosamente, pochi passi addietro.

Nel frattempo aveva iniziato a nevicare forte e Lily non sapeva se esserne felice, perché adorava veder cadere dal cielo i fiocchi di neve soffice, o preoccuparsi per il povero Signor Camaleo che in poco tempo sarebbe stato sommerso.

Si domandò se per caso in quel parco non ci fosse qualche fatina che vedendolo solo e in difficoltà lo aiutasse.

“Secondo te se le fate trovano il mio amico Signor Camaleo da solo in mezzo alla neve lo aiutano?” domandò preoccupata al bimbo, girandosi verso di lui.

Lui alzò le spalle “A volte le fatine sono un po’ monelle, non lo so. Se sono buone sicuramente ma…” stava per dirle che dubitava fortemente che in un parco di Londra ci fossero le fate quando si bloccò, probabilmente sarebbe scoppiata di nuovo a piangere.

Ma cosa?” domandò lei incerta.

Lui sorrise “Niente! Vedrai che lo staranno sicuramente già aiutando!” cercò di tranquillizzarla.

Dopo un breve vagare Lily riconobbe l’ingresso famigliare del parco dove era stata diverso tempo prima, corse felicemente in direzione del castello su cui aveva giocato con il Signor Camaleo, superò il pupazzo di neve che era stato il suo principe e con cui aveva dolcemente danzato e, quando arrivò nel punto esatto in cui aveva lasciato il Signor Camaleo, lo trovò vuoto.

Si buttò con le ginocchia in mezzo alla neve scavando disperatamente, doveva essere lì!

Che cosa stai facendo?” fece l’altro bimbo, precipitandosi accano a lei.

Lily non riuscì più a trattenere le lacrime “Era qui! E non c’è più, forse è stato sotterrato dalla neve, lo devo cercare!” pianse incurante dei guantini di lana che intanto erano diventati fradici e delle calze pesanti gelate dalla neve.

Ma non può essere sotto la neve! Non ne è mica caduta così tanta da sotterrarlo!” le fece notare lui, cercando di tirarla su dalla neve in cui si era buttata come una matta.

“Il mio Signor Camaleo! Signor Camaleo! Signor Camaleo?” iniziò a chiamare Lily a gran voce, tra le lacrime, guardandosi attorno.

Ma per caso questo Signor Camaleo è un pupazzo?” domandò James, fissando un punto lontano.

“Lui preferisce essere chiamato Signor Camaleo, ma sì… è un pupazzo…” spiegò Lily, continuando a chiamarlo forte.

Il ragazzino scoppiò a ridere e, afferrata una mano di Lily, iniziò a correre tirandosela dietro.

“Aspetta! Devo cercare il mio amico!” insisteva lei, cercando di divincolarsi.

“Guarda là!” fece lui, allungando un braccio davanti a sé e additando qualcosa.

Di fronte a loro, al riparo sotto un gazebo di legno, sedeva appoggiato ad una panchina il Signor Camaleo, al caldo del fazzoletto che Lily aveva usato come tovaglia.

La bambina spalancò gli occhi dalla felicità e gli corse in contro quasi volando. Quando lo riabbracciò si sentì profondamente sollevata, poi si bloccò e si guardò attorno curiosa e meravigliata.

“Secondo te…” iniziò incerta, aguzzando la vista.

L’altro annuì incredulo, con la bocca aperta “Già, possono essere state soltanto le fate…” osservò, meravigliato.

Lily scoppiò in un sorrisone felice ma poi si bloccò, il labbro inferiore iniziò a tremarle e scoppiò in un pianto dirotto.

Che cosa c’è ora?” domandò esasperato il bambino, di fronte all’ennesimo pianto.

I-io… Voglio la mia mamma e il mio papà!” strillò Lily, stringendo più forte il suo amico di pezza con le manine gelate.

“Senti, vieni con me. Andiamo dalla mia mamma, lei ti riporterà a casa sicuramente”

La prese per mano e la trascinò verso la strada, diretto dove sapeva di trovare la madre intenta a fare acquisti. Lily non smise di singhiozzare per tutta la strada ma sembrò più calma.

Raggiunsero una via piena di gente e Lily continuò a seguire il bimbo che la tirava per la mano fino a quando si fermarono davanti ad un pub scuro e anonimo. Lily ebbe paura e trattenne il bimbo per la manica.

“Non voglio entrare lì, mi fa paura…” confessò lei, mettendo il broncio.

Il bimbo alzò gli occhi al cielo “Senti, dobbiamo passare di qui per andare a Diagon Alley da mia mamma…” le spiegò.

“Io non voglio andare a diagonale, voglio tornare a casa mia!” iniziò a piangere di nuovo Lily.

Il bimbo la tirò ma lei oppose tutte le proprie forze, a mettere fine a quel tira e molla fu una signora bellissima, indossava un lungo vestito fino ai piedi e un mantello che somigliava tanto a quello della principessa che Lily aveva visto alla caffetteria diverse ore prima.

“Piccolo monello che non sei altro! Dove eri finito? Mi hai fatto preoccupare da morire!” fece quella, abbracciando e prendendo in braccio il bimbo dai capelli neri che la abbracciò tutto sorridente.

“Ero con lei, mamma!” confessò lui, indicando Lily che continuava a fissarli con le lacrime agli occhi. Quella scena infatti le aveva fatto venire ancora più voglia di mamma.

Ciao piccina! Ma sei tutta bagnata!” osservò la donna, mettendo a terra il figlio e chinandosi davanti a lei.

Quello che successe dopo Lily non seppe spiegarselo per anni, la donna estrasse da una tasca un lungo bastone sottile e Lily si ritrovò immediatamente asciutta e calda come se un vento d’estate avesse soffiato su di lei.

“Si è persa mamma, la possiamo portare a casa sua? Non la smette più di piangere” spiegò il bimbo, tirando una manica della madre.

“Dove abiti, piccina?” domandò la donna, affabile.

Lily balbettò l’indirizzo tra un singhiozzo e l’altro e poi successe qualcosa di ancora più incredibile.

La donna la prese in braccio assieme all’altro bambino, le disse di tenersi forte forte a lei e di chiudere gli occhi e un attimo dopo, quando li riaprì, Lily era esattamente di fronte a casa.

“E’ la tua casa questa?” domandò la signora che aveva un profumo buonissimo.

Lily annuì a bocca aperta, scese dal braccio della bella signora e corse alla porta chiamando la mamma a gran voce.

Quando la porta si aprì fu letteralmente travolta dall’abbraccio della sorella che si era catapultata fuori appena aveva udito la sua voce.

Lil, stai bene? Dove eri finita? Mi sono spaventata da morire!” disse, rimettendola in piedi.

Un secondo dopo sua madre e suo padre fecero capolino sulla soglia di casa, Lily si buttò letteralmente fra le loro braccia che la strinsero fortissimo.

“Mi ero persa! Scusa mamma, scusa papà! Scusa anche tu, Tun!” disse, asciugandosi gli occhini.

“Mi ero persa ma una signora gentile mi ha riportato qui” si voltò ma non c’era nessuno. Dette uno sguardo da una parte all’altra della via illuminata dai lampioni e delle luci di Natale ma era deserta.

“Era proprio qui, papino…” disse con un fil di voce. Era una fata! Una fata bellissima!

“L’importante è che sei a casa!” disse lui, stringendola forte e portandola dentro al caldo.

La felicità di Lily fu così tanta che improvvisamente quando lei strizzò gli occhi, in un attimo, tutte le luci interne ed esterne della casa si accesero contemporaneamente regalando alla piccola famiglia una vigilia di Natale colorata e luminosa.

“Chi è stato?” fece Petunia incerta e un po’ impaurita.

Lily aggrottò le sopracciglia “Credo di essere stata io…” commentò colpevole.

Ma… come?” domandò la madre, perplessa.

Lily cercò di trattenere le lacrime e fissò il grosso Babbo Natale che se ne stava immobile sopra il camino. Si concentrò e improvvisamente quello strizzò un occhio a tutti loro.

“Così… anche se non so come” rispose, sempre più preoccupata, la piccola Lily.

Lil, sei… magica!” commentò Petunia, incredula e meravigliata.

“Sai Lily, prima o poi ti cresceranno davvero le ali come alle fate…” disse sua madre spettinandole i capelli e dandole un bacio sulla fronte.

“Non siete arrabbiati con me? Per il the di prima?” domandò lei, insicura.

“No, tesoro. Siamo felici di sapere che la nostra bambina è davvero una fata magica…” il padre le accarezzò una guancia.

Quello fu il primo Natale magico di Lily e della sua famiglia, uno tra un più belli della sua vita.

 

Fine!

 

 

Buon Natale a tutti!

Spero che questa favoletta vi sia piaciuta! ^^ In realtà avevo iniziato a scriverla un sacco di tempo fa (una cosa come due o più anni, figuratevi! Dopo la conclusione di WAL&J) ma poi mi ero bloccata. L’ho ritrovata l’altro giorno e ho deciso di spolverarla, sistemarla e concluderla come regalo di Natale.

Certo è improbabile che Lily e James (avevate capito che era lui, vero?) si fossero mai incrociati prima di Hogwarts, ma perché no? E poi erano così piccoli che una volta cresciuti potrebbero essersi tranquillamente dimenticati di questo episodio.

 

Ovviamente è dedicata a tutti i lettori de “Le Cronache di Godric’s Hollow e ovviamente alle mie meravigliose amichette Vale e Ale, tanti auguri di buon Natale e Buon anno nuovo a tutti voi!! Spero di aver portato una bella favola e un po’ di magia nel vostro Natale…

 

Ora, aspetto di trovare tante belle recensioni sotto l’albero assieme ai regali di Natale, mi accontenterete, vero?

 

Un bacio grandissimo,

 

La vostra Ly (con capello di Babbo Natale in testa)

  
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