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Autore: Cassandra Turner    08/06/2013    1 recensioni
'Mi armai di forza e coraggio e alzai lo sguardo, pronta a rincarare la dose e a ad affondare il colpo di grazia. Lo guardai per qualche secondo negli occhi prima di sussurrare le parole che avrebbero devastato irreversibilmente la nostra storia(..)'
'Lo scontro tra i miei occhi scuri e i suoi fu come il preludio di una lotta tra titani.'
Genere: Malinconico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Back to December

 
Avanzavo tra la folla con sguardo perso, il passo lento e pesante: i contorni del mondo sembravano sfumare come acquerelli sulla tela di un pittore poco esperto. La musica giungeva quasi ovattata alle mie orecchie, il battito del mio cuore, terribilmente affaticato, riecheggiava nella mia testa come i rintocchi di una campana che annunziano l’inizio della funzione domenicale. Cercavo invano di scaldare le mie mani, intorpidite dal freddo, a contatto con quel maglione di lana arancione che mia madre aveva confezionato per Natale. Questo conservava ancora quell’odore particolare di cannella e agrumi: limoni, per voler essere precisi. Quella fragranza riusciva  a ottenebrare i miei sensi e a darmi quella sensazione di familiarità che nient’altro al mondo sembrava potesse donarmi.  Camminavo tra la folla come un ubriaco che a stento poteva farsi avanti, sfinito da tutto quel bere. Il freddo era fuori; il freddo era dentro. Uno spietato gelo paralizzava le mie ossa, il  sangue nelle vene sembrava essersi freddato. Il reticolo di piccoli cristalli che adornava il mio corpo era simile a tante pietre preziose poste su di un vestito di seta del color della nivea luna. Io e quell’inverno, che si era radicato come un parassita nel mio cuore, sembravamo vivere l’uno dei respiri dell’altro, vivevamo in una perfetta simbiosi che non ci permetteva di pensare ad altro.

 

 
‘Cercava con le sue dita calde e confortanti un contatto con la mia mano che evitava accuratamente la traiettoria per non essere imprigionata. Intercettò le mie dita fredde come il ghiaccio ancor prima che potessi trattenere uno sbuffo a metà tra l’esasperato e il terrorizzato. Tenevo ostinatamente lo sguardo rivolto verso il basso. Tutto ad un tratto le mie converse rosse erano divenute assai più interessanti del mondo circostante. Sentii le mia mano chiudersi a pugno mentre la sua la stringeva forte come una trappola che non da via di scampo a un misero topolino. Ed era esattamente così che mi sentivo in quel momento: senza alcuna via di fuga.
-Hai le mani fredde.- commentò.
-Un premio speciale va a te che brilli per perspicacia e spirito d’osservazione- replicai caustica e inacidita fino all’inverosimile. Lo sentii trattenere a stento un ringhio di rabbia e mi strattonò ancora una volta per costringermi a cedere. Non riuscivo a distogliere lo sguardo dal terreno, sembrava quasi fossi attratta da quei ghirigori che l’ultima neve di marzo aveva disegnato su di esso.
-Guardami, dannazione.- Provò ad alzarmi il mento con due dita ma questo non fece altro che inviperirmi ancora di più. Mi dimenai sotto quel tocco che un tempo mi sembrava un’ancora di salvezza e indietreggiai ancora di un passo: così facendo, sarei probabilmente tornata a casa allo stesso ritmo di un gambero. –Non ci riesco- sbuffai al limite della sopportazione e cercai di spintonarlo per farlo arretrare. Non ce la facevo: ad affrontarlo, a respingerlo, anche solo a… guardarlo negli occhi. I suoi occhi scuri sembravano a volte perforarmi l’anima e preferivo tenere gli occhi incollati al suolo piuttosto che provare ancora una volta la disdicevole sensazione di sentirmi esposta e vulnerabile al suo sguardo, a volte gioviale e altre ancora così freddo da sembrare innaturale. –Sei ancora talmente imbarazzata da non riuscire a guardarmi negli occhi?- Annuii distrattamente: sentivo le guancie andare in fiamme  e il cuore battere come un forsennato contro le costole. Maledizione.
-Forse è ora di superare questo piccolo inconveniente- sussurrò a pochi centimetri dal mio viso. Sentivo un nodo in fondo alla gola e le mie labbra contrarsi in una smorfia sofferente. Come potevo sfuggire ai suoi occhi ed evitare di dar libero sfogo alle mie lacrime che premevano impazzite per sgorgare dai miei occhi?
Alzai lo sguardo, impaurita ed esacerbata. Lo scontro tra i miei occhi scuri e i suoi fu come il preludio di una lotta tra titani. I suoi occhi, profondi come l’abisso e il tormento, scrutavano avidi i miei, fissandoli con bramosia e iracondia. I miei, d’altro canto, non riuscivano a sostenere un simile impeto di rabbia e, a intervalli regolari, ero costretta ad abbassarli perché i suoi non li ustionassero. Le mie gote, anch’esse devastate dal fuoco, avevano assunto un colore così intenso che il ragazzo di fronte a me si prese la libertà di ghignare e sorridere vittorioso.
-Che hai da ridere, idiota crudele che non sei altro?- Sbottai infastidita come una bambina, gonfiando le guancie e incrociando le braccia sotto il seno poco prosperoso. Questo non fece altro che contribuire a scatenare nuovamente la sua ilarità, tanto che dovette tenersi con la mano al ramo di un albero per evitare di piegarsi letteralmente in due.
Non appena si fu asciugato le lacrime al bordo degli occhi, proseguì: -Sei particolarmente divertente stasera, Merryweather. E con ‘divertente’ intendo un gradino in più sulla scala di valori di acidità di cui ti nutri a colazione, pranzo, cena. –
Mi trincerai nuovamente nel mio silenzio, aspettando che finisse quell' agonizzante discorso a cui aveva deciso di sottopormi.  –Lucy, noi dobbiamo parlare. E lo sai.
L’effetto del mio nome pronunciato dalle sue labbra fece si che sobbalzassi e ci mancò poco che battessi la testa contro uno di quei rami invadenti del giardino della scuola. –Parlare? E di cosa?-sputai fuori con rabbia. Non avevo alcuna intenzione di prestargli ascolto ne tantomeno di ritrovarmi di nuovo prigioniera di una situazione che rendeva schiavi entrambi.
-Non fare la sciocca, lo sai benissimo di cosa. –
-I-Io… Senti Ryan, quel bacio non ha significato nulla, eravamo entrambi confusi..- trassi un respiro profondo mentre sentivo i suoi occhi vagare per il mio volto in cerca dell’elemento che mi avrebbe tradita. –Adesso non è cambiato niente, per quanto mi riguarda. Chiaro?- mentii. Mentii per codardia, per paura, per la mia totale incapacità di prendermi una responsabilità e soprattutto per l’assoluta convinzione che non sarebbe funzionata tra noi due, così simili e così insopportabilmente diversi.
-Tu menti.- Mi armai di forza e coraggio e alzai lo sguardo, pronta a rincarare la dose e a ad affondare il colpo di grazia. Lo guardai per qualche secondo negli occhi prima di sussurrare le parole che avrebbero devastato irreversibilmente la nostra storia: -Mettitelo bene in testa, io e te non staremo mai insieme.- Vidi il dolore passare come un lampo nei suoi occhi, la delusione corrodere quei lineamenti che nessuno era mai riuscito a smuovere. Vidi il suo labbro inferiore tremare leggermente, per aprirsi poi in un sorriso amaro. –Non cercarmi, Lucy. D’ora in avanti non saremo altro che niente.- Mi morsi le labbra così a fondo da sentir la consistenza ferrosa e torbida del sangue che aveva ormai irretito il mio palato. Le mie unghie si piantarono con forza nei palmi delle mani e sapevo che una volta allontanatami le cicatrici con le mezze lune mi avrebbero fatto compagnia nella mia assurda ostinazione e, forse, idiozia. Annuii stoicamente e mi voltai con il volto stravolto e la vista annebbiata. Salii i primi tre gradini della scala di marmo come un automa, finché la sua voce, roca e sofferente, non pronunciò il mio nome. Mi voltai di scatto, pronta a una riconciliazione miracolosa che avrebbe alleggerito il macabro grigiore di quei giorni stressanti. –Lucy, il tuo braccialetto.- Si sfilò delicatamente il sottile bracciale in cuoio, il nostro. La nostra amicizia nascosta dietro a quel sottile pezzo di stoffa, ormai sgretolata e distrutta per colpa di un bacio e soprattutto per colpa mia. Quando me lo porse lo rigirai tra le mani come se stessi stringendo tra le dita il cuore di un piccolo angelo. –Ci vediamo, Ry.-  Lo vidi scuotere la testa in segno di diniego e ancora una volta quel sorriso amaro fece capolino sul suo viso trasformandolo in una maschera di delusione  e umiliazione. Percorsi gli ultimi scalini con i singhiozzi che sconquassavano il mio petto e il braccialetto pieni di ricordi che mi avrebbe uccisa lentamente come il veleno di un serpente letale. Ry e io non parlammo per tutto l’anno seguente, finché un giorno si addentrò nella mia classe mano nella mano con la ragazza che amava.’

 
 
Mi mancava il suo senso dell’umorismo, la sua ironia, la sua pacata intelligenza e quel modo buffo di arricciare le labbra quando era divertito o di buon umore. Mi mancava l’odore confortante della sua pelle a contatto con la mia quando ero semplicemente troppo scoraggiata per rialzarmi sulle mie gambe. Mi sarebbero sempre mancati i suoi profondi e magnetici occhi scuri che sembravano incatenarmi e mandare  la capacità di proferir parola a farsi benedire.
 
 
 Avanzavo tra la folla con occhi colmi di lacrime. Sbandavo come l’auto di mio padre, che si divertiva a far curve pericolose e a far palpitare il cuore del mio fratellino più piccolo. Quando accadeva, il bimbo strillava divertito e batteva le manine con così tanta foga che a volte mi si mozzava il respiro per il troppo ridere. Mi strinsi nel mio maglione di lana quasi come a voler sprofondare in quel ricordo inatteso; di lontano all’orizzonte scorgevo due figure che si tenevano per mano complici. Lasciavo annegare le mie speranze pian piano: ormai avevo perso quel dono che mi era stato concesso e che per timore avevo respinto.
L’opposto dell’amore non è l’odio, è l’indifferenza. Cosa uccide di più di sguardi non a te rivolti e di sorrisi non a te destinati? Finché c’è amore, odio o entrambi viviamo su una montagna russa di significati nascosti e taciti accordi, ma è quando subentra l’indifferenza che si ferma la giostra. È come piombare nel gelo assoluto nel bel mezzo della più torrida giornata d’estate. Avrei preferito il suo odio piuttosto che una gelida stretta di mano e uno sguardo vacuo.
Avrei dato qualsiasi cosa per tornare a qualche mese addietro perché non importava quante volte avessi ribadito e giurato di averlo dimenticato, non importava quanto dolore mi creasse vederlo andare via: ci sarebbe sempre stata una parte di me racchiusa nelle sue mani. 



 

 
I miss your tan skin, your sweet smile,
so good to me, so right,
And how you held me in your arms that September night,
The first time you ever saw me cry.
Maybe this is wishful thinking,
Probably mindless dreaming
If we loved again I swear I'd love you right.
(Back to December- Taylor Swift)








 

 Questa piccola one shot, di cui molto probabilmente mi vergognerò appena sarò abbastanza lucida per rendermene conto, non è basata su una storia accaduta realmente, ma ho preso *ovviamente* spunto da un fatto che è accaduto *si nasconde per la vergogna* Anzi, datemi una vanga che vado a sotterrarmi.
2.26 Dovrebbero proibirmi di scrivere a quest’ora della notte.





 
 
  
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