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Autore: Sassi    08/06/2013    1 recensioni
[Teikou!Aokise]
Aomine non era assolutamente un grande osservatore. Fu per questo che si meravigliò non poco nel rendersi conto di aver imparato a conoscere nel profondo qualcuno che non fosse lui stesso, a prevederne i piccoli gesti dettati dall'abitudine, a distinguere la realtà dietro l'apparenza.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Daiki Aomine, Ryouta Kise
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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This smile wearing thin





Aomine non era mai stato un grande osservatore, né tanto meno un profondo conoscitore dell'animo umano, e nemmeno era interessato ad esserlo. Era una di quelle persone che prestano attenzione solo a ciò di cui importa loro davvero, uno di quelli in grado di ripetere esattamente i risultati di ogni partita dell'NBA dell'ultimo anno, ma che non sono in grado di dirti come si calcola l'area di un trapezio, qual è la declinazione del verbo sum e tutte quelle altre cazzate che fanno studiare a scuola. Era una di quelle persone da cui non puoi aspettarti un commento sulla maglietta che hai comprato il giorno prima o un complimento per il tuo nuovo taglio di capelli – tutte cose che, anche nella remota possibilità che se ne accorgesse, non erano certamente in grado di suscitare il suo interesse.
Aomine non era assolutamente un grande osservatore. Fu per questo che si meravigliò non poco nel rendersi conto di aver imparato a conoscere nel profondo qualcuno che non fosse lui stesso, a prevederne i piccoli gesti dettati dall'abitudine, a distinguere la realtà dietro l'apparenza. Non che diede molto peso a questa scoperta: non era nella sua indole preoccuparsi di qualcosa così a fondo; lui era più una di quelle persone che prendono ciò che viene come viene, senza badare alle conseguenze o alle implicazioni. Per questo non si curò più di tanto del fatto che gli bastava vedere Kise di sfuggita nel corridoio per rendersi conto del suo umore, che gli era sufficiente vedere il modo in cui camminava per entrare a scuola per capire se si era alzato bene o male, nonostante quel sorriso decisamente stupido che rivolgeva a tutti quelli che lo salutavano e a quelle oche che gli giravano sempre intorno.

Insomma, era normale iniziare a conoscerlo bene, visto tutto il tempo che trascorrevano insieme, fra gli allenamenti in programma e quelli extra, fra i pranzi tra compagni di squadra e i gelati mangiati in gruppo. Che poi fosse un po' meno normale ricercarlo continuamente con lo sguardo in ogni momento della giornata nonostante tutto il tempo che trascorrevano già insieme normalmente era solo un dettaglio irrilevante, a cui non diede mai il giusto peso.

Fu probabilmente per questo che la situazione finì per sfuggirgli di mano. Perché era ok arrivare a conoscere bene qualcuno, era sopportabile anche essere in grado di coglierne le sfumature dell'umore, ma diventava tutto estremamente fastidioso nel momento in cui quest'altra persona era convinta che bastasse uno stupido sorriso per nascondere tutto ciò che provava. In realtà probabilmente la cosa che più innervosiva Aomine era un'altra: trovava estremamente disturbante – anche doloroso, per certi versi – rendersi conto di come effettivamente Kise non fosse in torto nel credere di potersi nascondere dietro quello stupido sorriso, dal momento che sembrava che tutti si fermassero a quell'espressione idiota senza neanche tentare di scavare più a fondo. Eppure ad Aomine sembrava lampante che qualcosa non andasse, pur non sapendo quali problemi, inquietudini o chissà ché nascondesse il compagno. Tutto quello che sapeva era che vederlo recitare in quel modo gli faceva contrarre lo stomaco dal nervoso, tanto che era sicuro che questa faccenda l'avrebbe condotto a un'irrimediabile ulcera – e non voleva assolutamente rischiare di interrompere gli allenamenti per colpa di uno stupido ragazzino – per cui decise di fare qualcosa.

È nozione comune il fatto che Aomine fosse una persona impulsiva, che tende ad agire senza prima riflettere molto sulle sue azioni, che prende le situazioni così come vengono senza starci a rimuginare più di tanto. Per questo, dopo aver deciso che doveva fare qualcosa, non ci mise molto a prendere Kise di petto; gli fu sufficiente aspettare di essere loro due da soli, e, per via di quei continui one-on-one che l'altro gli chiedeva, era qualcosa che accadeva piuttosto spesso. Naturalmente non ci si può nemmeno aspettare che Aomine ponga davanti al basket una qualsiasi questione. Infatti fu solo dopo aver battuto Kise una, due, tre volte, quando ormai erano entrambi stremati, che si decise a parlare.

«Oi Kise, che c'è?»

Kise si staccò dalla bottiglia da cui stava bevendo, per guardare Daiki con la sua migliore espressione stupita. «In che senso Aominecchi?»

Aomine sbuffò. «Te ne vai in giro tutto il giorno con quella faccia da cane bastonato, dispensi sorrisi finti a destra e a manca e poi ti meravigli anche se qualcuno di chiede cosa c'è che non va!»

Le orecchie di Kise arrossirono subito. Nonostante questo mantenne il suo contegno – rimaneva pur sempre un modello, e a recitare la sua parte di adolescente senza alcun problema ci aveva davvero fatto l'abitudine. Più che altro rimase stupito dal fatto che qualcuno avesse visto le crepe che cercava in tutti i modi di camuffare, e che fosse stata proprio quella persona da cui avrebbe voluto maggiormente nasconderle. In ogni caso sorrise: un sorriso con i denti, che gli illuminava tutto il volto ma che non riusciva proprio a estendersi anche agli occhi. «Ma non c'è niente davvero, Aominecchi! Magari ero solo stanco, e poi lo sai che davanti alle mie fan devo mostrarmi sempre sorridente!», e fece una strana smorfia, come se tutta quella popolarità fosse per lui un peso.

«Appunto, io non sono una delle tue fan, non mi merito questo trattamento! Se con loro vuoi fingere che vada bene non mi importa, ma almeno a me dovresti dirlo, io sono tuo amico!».

Per un attimo la maschera perfetta sul volto di Kise si deformò, come se qualcosa lo avesse turbato; fu questione di un secondo, però, e la sua espressione tornò ad essere la più rassicurante possibile. «Ti stai preoccupando troppo Aominecchi, guarda che non è niente davvero! Però è tardi, credo che andrò a farmi una docc..»

«E no, non vai da nessuna parte!». Aomine lo afferrò per un braccio; Kise si girò, e lui si ritrovò il corpo del compagno più vicino di quel che pensava. «Non hai idea di quanto mi innervosisci, cazzo!».

Kise lo guardò negli occhi, e aveva ormai perso tutto il suo contegno di poco prima.
Il punto era che lui non era perfetto, e non lo era mai stato. Era discretamente intelligente, a scuola aveva dei bei voti, eccelleva negli sport, pur non essendo il migliore in quell'unico che gli interessava davvero; era bello, aveva orde di ragazze che gli andavano dietro e una carriera già avviata come modello. Ma nonostante questo non era felice, e non se lo sapeva spiegare neanche lui perché. Sapeva solo di essere insoddisfatto di sé, di essere apatico, come se tutto gli fosse dovuto e ogni cosa lo riguardasse solo da lontano. Aveva smesso relativamente da poco di trovare tutto noioso – c'erano una sola cosa e una sola persona a farlo sentire vivo: il basket e quel ragazzo iperattivo che gli stava davanti in quel momento. E il confronto continuo con lui non faceva altro che farlo sentire ancora più inadeguato, e non importava che obbiettivamente fosse impossibile che riuscisse a tenergli testa, visto che Aomine giocava da sempre mentre lui aveva cominciato da pochi mesi. Kise non era obbiettivo, era abituato a primeggiare, e il fatto che questa volta non ci riuscisse lo confondeva. E poi ci si aggiungeva il fatto che col tempo si era stancato di fingersi ciò che non era, di indossare una maschera che era sempre più opprimente. Vedere che qualcuno se n'era accorto lo spaventava, e al contempo lo esaltava: era come essere salvato da se stesso, e dal peso delle aspettative che gravavano su di lui.

Un giorno ne avrebbe parlato con Aomine, se lo promise col cuore, ma in quel momento non riusciva più a mettere una parola dietro l'altra. Sapeva solo che la stima e l'ammirazione che provava quel ragazzo avevano già raggiunto livelli altissimi, e rendersi conto che si preoccupava per lui riusciva a scaldargli il cuore. Lo sconforto era tale che non resistette all'impulso di poggiare la fronte sulla spalla di Daiki, a cercare quel conforto che il compagno sembrava volergli offrire spontaneamente. Aomine rimase spiazzato per qualche istante, prima di poggiare una mano sulla schiena dell'altro. Il tutto si concluse con un abbraccio troppo stretto, di quelli che tolgono il respiro e che sono voluti da entrambe le parti. Quando si sciolsero da quella morsa, si guardarono negli occhi, e Aomine non ci mise molto a notare gli occhi lucidi dell'altro. Senza neanche rendersene conto portò una mano al viso di Ryouta, accarezzandogli delicatamente la guancia, in un gesto talmente dolce che razionalmente non si sarebbe mai attribuito.

Anche Kise razionalmente non avrebbe mai compiuto il gesto che seguì a quella mossa: si sporse leggermente, e diede un lungo bacio a stampo sulla bocca del compagno. Davvero, non saprebbe spiegare come mai proprio in quel momento non fosse riuscito a trattenersi: probabilmente l'amore che sapeva di provare aveva superato il limite, e a quel punto poteva solo traboccare. Più che altro si stupì sentendo Aomine che premeva con più forza le labbra sulle sue, e che gli portava una mano su un fianco per spingerselo addosso. Kise allacciò le mani dietro al suo collo, e schiuse le labbra per permettere l'accesso alla lingua dell'altro.

Fu un bacio irruento, forte e desiderato. Fu uno sbattere di denti dettato dall'impazienza, uno scambio di saliva e uno respirarsi a vicenda. Fu uno stringersi sempre più forte, un artigliare la maglietta l'uno dell'altro, un lasciarsi andare davvero. Fu un qualcosa a cui Aomine non aveva mai pensato e che Kise sognava da quella che sembrava una vita; in ogni caso per entrambi fu semplicemente bello.

Quando si staccarono si guardarono l'un l'altro: tutti e due avevano le guance arrossate, tutti e due erano confusi e imbarazzati, e nessuno di loro sapeva cosa dire. E tutte quelle emozioni – la tensione che si scioglieva, la contentezza, la stanchezza – furono così tante che Kise pianse, prima piano e poi sempre più forte man mano che anche l'abbraccio di Aomine si faceva più stretto. Mentre singhiozzava Aomine gli sussurrava che tutto andava bene, che lui era al suo fianco, che era solo un bambino idiota per disperarsi così senza motivo. Gli disse che lui andava bene così com'era, che era perfetto anche senza bisogno di tutte quelle finzioni. E non si sa come, ma alla fine Ryouta si rese conto che, con Aomine al suo fianco, avrebbe anche potuto cominciare a crederci.

 

 

 

 

 

 

Allora, l'idea per questa shot mi è venuta dopo aver letto una frase di Palahniuk: “Puoi mantenere un sorriso autentico solo per un po', dopodiché è solo denti”, che mi è sembrata subito particolarmente adatta a Kise. Tra l'altro è il frutto di buona parte del tempo in cui avrei dovuto scrivere la tesina, ma avevo voglia di scrivere qualcosa per il Teikou!Aokise day, e questo è il risultato. E a proposito, buon Aokise day a tutti!
In realtà non sono molto convinta del risultato, soprattutto ho paura di aver fatto casino con la caratterizzazione di Kise, perché a me personalmente Kise piace tanto, ma ho paura di aver sconvolto il suo carattere. Più che altro ho paura di averlo reso troppo paranoico rispetto a come poteva essere alle medie, dove tutti erano più spensierati e sereni rispetto che alle superiori (basta pensare al Pure!Mine, che nostalgia ç___ç). Credo che comunque non sia del tutto impossibile che sentisse questo disagio sin dalle medie, e se così non fosse mi scuso per l'eventuale OOC!
Tra l'altro ho notato che in praticamente tutte le mie Aokise faccio piangere Kise: non è colpa mia davvero, e non capisco perché, visto che vorrei vederlo felice e sorridente, per una volta!
Grazie a chi ha letto fin qui :)

   
 
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