Alessandro
era tornato a far parte della mia vita all’improvviso, era l’unica cosa
che
veramente non mi aspettavo, e soprattutto l’unica cosa che non pensavo
mi avrebbe
sconvolto così tanto.
Vivere
in un piccolo paese implicava che tutti si conoscevano, e a scuola non
c’erano
così tanti alunni da dover avere più sezioni, o se vogliamo esagerare,
più
scuole.
Avevo
conosciuto Alessandro più o meno all’asilo. Eravamo dello stesso anno
ed,
insieme ad altri 20 bambini, formavamo un bel gruppetto da gestire.
Ovviamente
un bambino di 4 anni non sa cosa voler dire voler bene a qualcun altro,
ma
adesso, ripensando ai gesti e ai comportamenti, devo ammettere che io e
Ale
eravamo veramente buoni amici: spesso ci ritrovavamo a giocare insieme;
lui preferiva
la palla e l’andarsi a infangare in mezzo al prato del piccolo cortile
dell’asilo. Altre volte, però, soprattutto quando la pioggia ci
costringeva a
stare dentro, riuscivamo a convincere i nostri compagni
all’intramontabile
gioco del “mamma e figlia”, e Ale era quasi sempre o mio marito o mio
figlio –
mi viene da ridere a pensarci ora. –
Sì,
all’asilo eravamo buonissimi
amici.
Poi
arrivarono le elementari. La classe era più o meno la stessa, forse
c’erano un
paio di persone in più, che avevano frequentato asili in città, però
principalmente eravamo sempre noi.
Durante
le elementari i rapporti tra i bambini cambiano molto: è proprio
durante questi
anni che ci si convince che i maschi devono giocare col pallone e le
femmine
invece si devono dedicare a ballare e fare cose “da donne”.
Questo
influì con il rapporto che avevo con i miei compagni, incluso
Alessandro: non
ero mai stata un maschiaccio, non avevo mai sentito il desiderio – come
invece
altre compagne di classe – di provare ad andare a giocare con loro:
avevo
semplicemente accettato quella decisione, che, per inciso, condividevo
(ignara
che sarebbero bastati pochi anni a farci ricredere su tutto). Poi,
ovviamente,
c’erano le festicciole di compleanno, le attività a scuola e molto
spesso ci
ritrovavamo a giocare insieme quando le nostre mamme decidevano di
passare un
pomeriggio in compagnia: quindi restavamo comunque buoni amici.
Tutto
cambiò alle medie, per ben due motivi: il primo, più che palese, è che
alle
medie gli ormoni impazziscono e si torna a considerare le ragazze come
esseri
umani attraenti, ovviamente mi riferivo a Alessandro: si era fatto un
bel
giovanotto, furbo e sveglio, che non ci aveva messo molto ad aprire gli
occhi e
a cercare nella classe una ragazzina che le potesse piacere; non ci
mise molto
a trovarla, certamente non ero io, ma una certa Valentina Gastoni, o
era
Valentina Guzzandi?
Comunque
la loro “relazione” – che durò 3 settimane – e le altre tre che
seguirono ci
allontanarono molto, fino al punto che quasi non gli parlavo più,
troppo
occupata a preoccuparmi di quanto potessero essere difficili le medie –
se
avessi saputo cosa mi aspettava dopo avrei desiderato non uscire mai
più da
quella scuola. –
E
da Valentina passò ad un’altra ragazzina,poi ad un’altra ancora, e così
via.
Ora
non eravamo più amici, il nostro
legame si era completamente spezzato.
Poi
partì.
I
suoi genitori avevano ottenuto un nuovo lavoro a Roma e si trasferirono
nella
casa di sua zia della capitale. Non fu un addio doloroso, almeno per
me:
l’ultimo giorno insieme a scuola lo passò con i ragazzi a cui sembrava
non
importare la sua partenza – anche se i giorni successivi erano
parecchio giù di
morale – e con la fidanzata del momento, Lucrezia, che passò tutta la
giornata
piangendo, come se stesse per partire il suo grande amore di tutta una
vita,
mentre in realtà stavano insieme da poco più di una settimana.
Io
non piansi, ci mancherebbe altro, non c’era nulla che mi legasse a lui,
almeno
da quando avevamo smesso di essere “amichetti”. Avrei dimenticato anche
la sua
faccia se non ci fossero state così tanto mie foto accompagnate da quel
bambino
sorridente dai capelli castano scuro.
Da
quel giorno erano passati 5 anni.
Non
avevo più sentito Ale, non che non ci avessi provato: due anni fa avevo
ottenuto da un mio amico il suo numero di cellulare: gli inviai un
semplice
sms:
“Ciao
Ale! (: Sono
Lara... va tutto bene lì a Roma? :3 “
Non
mi rispose, né dopo un minuto, né dopo un mese, quindi intuì che non lo
potevo
considerare neanche un conoscente.
Anche
questo non mi importò molto: dopotutto, non l’avrei dovuto più vedere!
Invece
su questo mi sbagliavo.
« Indovina chi
è tornato in paese? »
era un pomeriggio di fine Maggio, quando mamma tornò così allegramente
dal
lavoro, mentre io studiavo per le ultime verifiche dell’anno.
« Chi? » domandai
distrattamente, mentre cercavo di memorizzare Odi
et Amo di Catullo.
« Alessandro! » esclamò contenta,
mentre io alzavo la testa, scandalizzata.
« CHI? Quell’Alessandro? » Questo
proprio non me l’aspettavo proprio.
« Si! Oggi ho visto sua madre, che mi
ha detto che si sono trasferiti qui due giorni fa! »
« Quell’Alessandro? » La nota sorpresa
della mia voce era palese, ormai ero convinta di non averlo più dovuto
vedere.
« Li ho invitati a cena sabato! »
squittì allegra mamma.
« COOOOSA? » non riuscì a trattenermi,
come non sarei riuscita a trattenermi davanti a lui, se avesse passato
un’intera serata a casa, con me. Per 5 anni me n’ero fregata di come
non mi
avesse più parlato, ma sono perché non c’era. Sarebbe stato molto più
difficile
non insultarlo se me lo trovavo davanti.
« Merda! Non sono passata a prendere il
pane » mamma ignorò completamente la mia domanda, come al solito.
« Tranquilla, vado io » colsi la passa
al balzo: dopo una notizia come quella, il minimo che potessi fare era
distrarmi un po’ e un giro in scooter, mi avrebbe fatto solo bene.
Invece fu un pessima idea.
Una terribile idea.
Lo riconobbi subito, nonostante fosse
di spalle a me.
Era seduto su un tavolino del forno, e
chiacchierava con altri ragazzi del paese.
Per la prima volta in vita mia, avrei
preferito essere rimasta a studiare. Ormai, però, ero obbligata a
parcheggiare
vicino ai tavoli, mi sarei limitata ad ignorarlo.
Scesi dallo scooter e riposi il casco
nel sottosella.
« Lara, sei tu? » Merda. Dov’era andato
il ragazzo che mi considerava invisibile? Da quando aveva imparato a
riconoscermi pure da dietro?
Mi girai lentamente – cercavo di
temporeggiare con tutte le mie forze – verso di lui.
« In carne ed ossa » risposi acida.
Cavolo se era cambiato!
Era cresciuto, e anche bene. Ad occhio
doveva essere arrivato ad un metro e ottanta, fisico asciutto, –
probabilmente
aveva continuato con il calcio, ne era sempre stato appassionato – i
tratti del
viso erano più adulti, ma la sua espressione sorridente era la stessa
delle
foto.
I suoi occhi color nocciola mi
fissavano, con un misto di allegria e sorpresa.
Io lo fissavo scettica, cercando di
nascondere la mia sorpresa nel trovarlo -
odio ammetterlo – veramente figo.
« Wow! Sei così cambiata! Stai
benissimo! » commentò con tono ammirato. Io mi infuriai ancora di più.
Certo,
ora ero cambiata. Non ero più la ragazzina sfigata che passava i
pomeriggi a
studiare, cioè, in realtà continuo tutt’ora a studiare, e molto, ma lo
era
anche il fatto che anch’io – come lui – ero cresciuta: l’acne
adolescenziale era
sparita da un pezzo, la pallavolo stava dando i suoi frutti sul mio
fisico e
avevo finalmente iniziato a prendermi cura del mio corpo (dopotutto
mens sana
in corpore sano!).
Ci avesse pensato prima che potevo
cambiare, invece di abbandonarmi per fare il rubacuori dopo 8 anni di
amicizia
(inutile nascondere che il suo ritorno aveva riportato a galla vecchi
rancori
che consideravo già archiviati)!
« Anche tu, prima non mi parlavi »
ribattei piuttosto risentita, ed entrai nel forno.
Non tardò molto a raggiungermi dentro
al locale.
« Che ti prende, Lara? » chiese
completamente spiazzato, evidentemente aspettava un’altra accoglienza.
« Nulla, non mi va giù il tuo
comportamento » Feci spallucce e chiesi il pane.
« Quale comportamento? » ora stava
realmente esagerando: aveva alzato la voce, troppo per essere dentro un
locale.
« Abbassa la voce, - lo presi per un
braccio e lo trascinai fuori - arrivederci »
« Quale comportamento? Mi chiedi qual è
stato il tuo comportamento? – ora
ero
furente anch’io – tu, mio caro, mi
hai trattato da schifo, hai smesso di considerarmi una persona da
quando hai
messo piede alle medie e ti sono esplosi gli ormoni, ora torni qua come
se non
fosse successo nulla! Ti sembra normale? Ti ho anche scritto un
messaggio che
hai totalmente ignorato! Fammi un piacere, fai come prima, non mi
parlare. » gli
rinfacciai tutto,dalla prima all’ultima parola, con il sangue che
ribolliva e
il mio sguardo fisso sui suoi occhi.
Rimanemmo così alcuni istanti, il mio
sguardo era pieno d’odio, nonostante guardarlo mi stesse rilassando –
anche se
probabilmente era la conseguenza dell’avergli rinfacciato tutto quello
che mi
aveva fatto.
Fui io ad interrompere quello scambio
di sguardi.
« Ci si vede, Alessandro. » lo salutai,
montando sullo scooter e partendo, anche se ormai era troppo tardi:
avevo
gettato benzina vicino ad un falò, non ci avrebbe messo troppo a
prendere
fuoco.
Nota dell’autrice.
Ah,
l’ispirazione, gioca così tanti
brutti scherzi! Questa doveva essere una one-shot, frutto di un
sogno-fantasticheria che volevo mettere per inscritto. Ma andando
avanti i
personaggi hanno preso vita da soli ed hanno allungato il tutto,
trasformando
la storia in una mini storia (non so se fare due o tre capitoli, anche
se credo
la seconda!).
Spero che vi affezionate a Lara e
Alessandro quanto mi sono affezionata io! Sono stata la mia compagnia
in questi
ultimi giorni di scuola, il caratteraccio di Alessandro e la confusione
di Lara
– caratteri che si vedranno meglio nel prossimo capitolo – mi hanno
aiutato a
resistere fino a venerdì!
Penso di riuscire ad aggiornare la
settimana prossima, comunque per spoiler, annunci e per tutto il resto
mi
trovate su facebook
e sulla mia pagina!
Dopodiché vi lascio anche il contatto
di ask,
così da potermi far domande veloci su cosa volete, oppure farmi belle
domande complicate che facciano sforzare il mio cervello e non lo
facciano
andare in coma! AHAH
Wow, le note sono più lunghe della
storia xD
Alla prossima!