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Autore: KuroLilith    09/06/2013    0 recensioni
Le lacrime le stavano riempiendo gli occhi. Ma non voleva piangere, non voleva lasciarsi andare alla disperazione.
"Tanto si che tutto passerà. Come riesco and andare avanti ogni giorno anche questa volta ce la farò".
Ma ne era veramente sicura? No, in realtà sentiva che qualcosa era cambiato. Che in quel momento i suoi piedi erano a un millimetro dal cadere nell'abisso.
Genere: Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Era arrivata al confine con l’abisso, dove poi sarebbe iniziata una lunga caduta, che avrebbe portato solo infinita tristezza. Seduta in quello stretto angolo si sentiva protetta da tutto ciò che si trovava oltre il muro che aveva costruito intorno a se. Non aveva più forze per fare qualche passo verso un futuro più felice, non aveva più una motivazione per alzarsi in piedi e ricominciare a vivere.

Era passato già qualche anno da quando non si sentiva più così; un giorno di ottobre aveva deciso di terminare la sua lenta agonia senza fine e smettere di soffrire come aveva fatto in quei lunghi mesi. Si era decisa semplicemente a cambiare la sua vita, e ce l’aveva fatta. Era diventata una persona più felice.

Non aveva però pensato a eliminare il suo passato, a cancellare per sempre i dolori che il suo cuore aveva sofferto. Inconsciamente aveva creduto che bastasse nascondere tutta la tristezza e dimenticarsene per poter dire per sempre addio a quel senso di impotenza che la stava affliggendo. I demoni però non si dimenticano mai di un conto in sospeso, e le sue mura erano state abbattute.

Solo che ora era diverso. Non piangeva più per il cuore spezzato da un ragazzo di cui non si ricordava nemmeno il nome, ora le sue lacrime lasciavano scie sul viso solo al non saper rispondere a una domanda.

In quei diciotto anni della sua vita aveva dovuto lottare molto contro se stessa, cercando di essere una persona più forte, di farsi una strada attraverso il futuro. Ma all’età di dodici anni aveva già capito che in realtà tutto ciò per cui stava combattendo non aveva senso. Dopo varie cadute si era sempre alzata in piedi, e a testa alta non aveva dato ascolto alle voci maligne dentro di se. Quelle voci che sussurravano insistentemente di smetterla di vivere per niente, di lasciarsi semplicemente abbracciare dalla morte. Anche lei sapeva che così sarebbe stato tutto più dolce, semplice. Infatti aveva pensato a lungo sul perché non si era ancora suicidata, ma alla fine aveva sempre chiuso gli occhi e scacciato quei pensieri.

Perché alla fine l’unico vero motivo per interrompere la sua vita, era solo che vivere non aveva senso.

Lei era una ragazza insicura di se stessa. Da bambina non si preoccupava per nulla di tutto ciò che c’era intorno a lei, era felice e parlava sempre, era una persona molto espansiva. Ma crescendo aveva costruito delle barriere intorno a se. Aveva dovuto imparare a non fidarsi delle persone, e a lungo andare non raccontava più a nessuno dei segreti che si portava con sé. Quindi con il passare degli anni non riusciva più a dire i suoi problemi agli amici, nemmeno al punto di confidare il ragazzo che le piaceva. Non aveva una migliore o un migliore amico, perché se ne erano tutti andati quando aveva iniziato a frequentare la scuola media. Così ora era circondata da alcune amiche con cui si divertiva ma con cui non riusciva più a parlarci veramente.

Inoltre non aveva mai avuto un migliore amico, nemmeno un amico con il quale andava più d’accordo che con il resto dei ragazzi che conosceva. Ogni volta che vedeva un ragazzo e una ragazza parlare tranquillamente insieme si chiedeva come mai lei non ci riuscisse, non riuscisse a conversare normalmente con un maschio. Ora però tutto questo non importava più, del resto non era fondamentale nella sua vita.

Il problema è che non si era mai accettata, non riusciva mai a guardarsi allo specchio pensando che fosse bella l’immagine che vi era riflessa. Non le erano mai piaciuti i suoi capelli biondo cenere, che non erano né lisci né ricci, che non le stavano bene né sciolti né legati, e corti ancor di meno. I suoi occhi erano troppo piccoli, e la sua bocca carnosa, ma non bella. Ultimamente odiava anche la sua altezza, ogni giorno che passava il desiderio di non essere un metro e ottanta cresceva, e il fatto di essere troppo magra le faceva odiare sempre di più il suo corpo. Nemmeno la sua pelle lattea, cosa che apprezzava, la soddisfaceva alla fine, perché non era quello che si poteva definire bella.

Quindi, dopo aver capito di non essere una bella ragazza e di non avere neanche un carattere espansivo come desiderava, i suoi problemi causati dalla mancanza di autostima erano aumentati.

Sapeva bene di essere brava in molte cose. A scuola non aveva mai avuto problemi, sapeva disegnare, era molto brava nelle lingue, aveva imparato a cucire, ed era brava negli sport. Ma nonostante avesse tutti questi hobby, il fatto di non essere particolarmente portata per qualcosa le pesava. Vedersi sempre superare da qualcuno era pesante, perché odiava essere impotente. Desiderava riuscire bene a fare qualcosa, solo una cosa, ma infine era solo mediocre.

Il suo subconscio le stava urlando di non dare importanza a tutte queste sciocchezze che la affliggevano, cose che sapeva bene anche lei che non erano veri problemi. Infatti quello vero era appunto la domanda a cui non avrebbe mai trovato una risposta.

“Perché devo vivere?”si stava chiedendo in quel momento. Pensava spesso a cosa ci facesse lei lì, per quale motivo era sopravvissuta per ben diciotto anni.

La risposta non esisteva, o almeno la risposta vera. Non poteva dare più ascolto ai suoi sogni, non poteva ancora cercare l’impossibile. Era arrivato il momento di smettere di fantasticare e chiedersi cosa voleva realmente, cosa sarebbe diventata, cosa avrebbe fatto della sua vita.

Tutto questo però ora non aveva senso, perché appunto la vita non ha senso; e sentiva una grande rabbia dentro di sé, una furia che le avrebbe fatto rompere tutto ciò che si trovava davanti, un odio contro se stessa e contro il mondo, un odio profondo per tutte le persone che esistevano.

Ogni tanto le accadeva di essere triste per un motivo di cui non conosceva l’esistenza e piangeva fino a rimanere senza respiro finché il dolore non si era placato. In questo momento però sentiva la testa pulsare, aveva bisogno di non pensare a niente, di distogliere l’attenzione dalla tristezza che provava. Davanti a se c’era solo il suo pianoforte, che non avrebbe mai toccato, e non c’era altro che poteva distruggere in preda alla rabbia senza poi pentirsene.

Alla fine prese un’altra decisione. Si avviò verso la cassettiera e aprì una scatola, cercando una spilla. Al momento non le veniva in mente altro che avrebbe potuto trovare in camera sua di più tagliente. Non voleva farsi del male davvero, e non avrebbe mai preso qualcosa di affilato come il rasoio che c’era in bagno. Non voleva rischiare di procurarsi una vera ferita. Aveva paura di ciò che stava facendo, ma la sua mente ordinava solo di incidersi poco a poco la pelle, di far uscire qualche goccia di sangue dal taglio che stava cercando di fare.

Fortunatamente però una spilla non può fare molto male e così riuscì solo a pensare al dolore che il grattare contro la sua mano le procurava e a tranquillizzare le emozioni funeste che si agitavano dentro di lei.

Sulla sua pelle c’era solo un piccolo segno rosso, che non aveva nemmeno sanguinato. Un po’ pensava che le dispiaceva di non aver potuto vedere quel liquido dal sapore ferroso.

Era la prima volta che voleva farsi del male, non aveva mai pensato di poter arrivare a essere autolesionista. Infatti non voleva diventarlo; aveva comunque paura di tutto quello che aveva fatto, quindi ripose la spilla nella scatola. Non riusciva a capire il suo desiderio di vedere il sangue uscire dalla sua ferita, perché in quel momento il pensiero la stava assillando.

Comunque non continuò oltre. Era sbagliato ciò che voleva fare, e poteva portare a dolori ben peggiori.

In un attimo si calmò e decise di fare una doccia. Era sull’orlo del pianto e doveva rilassarsi. L’acqua calda sulla pelle l’avrebbe aiutata. Le piaceva sempre sentire la sensazione del calore che scorreva su di sé.

Infilatasi sotto il getto d’acqua cercò di pensare ad altro, divagare con la mente su questioni più allegre.

“Perché? Io non ho chiesto di nascere. Non voglio portarmi il fardello di dover vivere. Niente alla fine ha più senso per me. Sono stanca di sforzarmi per niente. Voglio sapere come mai devo ancora vivere, a cosa mi servirà impegnarmi ancora. Fino a qui non mi ha portato a niente. E’ inutile continuare. ”

“Allora cosa vorresti fare?”

“Niente. Sprecare i giorni che mi restano fino alla morte. Anzi, vorrei essere abbastanza forte da uccidermi, ma non so come potrei fare. Non ne ho il coraggio.”

“Beh, stai parlando con te stessa ricordatelo. Io non posso fare niente che essere d’accordo con te”.

Le lacrime le stavano riempiendo gli occhi. Ma non voleva piangere, non voleva lasciarsi andare alla disperazione.

“Tanto so che tutto passerà. Come riesco ad andare avanti ogni giorno anche questa volta ce la farò”.

Ma ne era veramente sicura? No, in realtà sentiva che qualcosa era cambiato. Che in quel momento i suoi piedi erano ad un millimetro dal cadere nell’abisso.

Tornò nel suo angolo, seduta a terra con la schiena appoggiata al muro. Si infilò le cuffie nelle orecchie ascoltando le sue canzoni preferite, stando semplicemente ferma con le braccia sulle ginocchia fissando il nulla. Alla fine era sempre lì, a cercare la forza per far avverare i suoi sogni. Non voleva arrendersi, ma l’aveva già fatto. Finora non si era resa conto che aveva perso la partita. Da quando il cuore aveva perso un battito era stata sconfitta.

Aspettava, invano, aspettava qualcosa. La sua salvezza probabilmente. Così come il giorno aveva bisogno della notte, l’inverno della primavera, la rosa delle sue spine, il mare del sale, il verde aveva bisogno del giallo, o il viola del rosso.




Stamani facendo pulizia nel computer ho trovato casualmente questa storia, scritta chissà quanto tempo fa; e anche se non ha un senso preciso ho deciso di pubblicarla. 
Vabbè, tanto visto che non so cosa dire me ne torno a studiare giapponese. 
Sayonara! :D
__Haru__
  
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