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Autore: Dahmer    09/06/2013    2 recensioni
Ma quel ragazzo tanto triste era più che un semplice fan, era un’anima innocente che per colpa sua sarebbe finita all’Inferno, solo per aver trovato rifugio nella musica dell’Anticristo.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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THE BITTER SMELL OF DEATH

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-Da piccolo non riuscivo ad addormentarmi la notte per paura che il Diavolo mi portasse con sé  perché ero stato cattivo, poi ho capito che il Diavolo non poteva essere peggiore di me-

Ecco cos’era veramente Marilyn Manson. Il Diavolo. La gente pensava che amasse Satana, il motivo era semplice. La paura dell’Anticristo che gli avevano impresso nella mente quando era bambino si era trasformata in attrazione. Era allettato da quella figura malvagia, ma allo stesso tempo incapace di provare dolore, così insensibile e noncurante di ogni cosa, al punto tale di rendere il male una via di fuga.
Andy fuggiva, la sua vita era un continuo scappare, tentare di crearsi un proprio mondo per non poter sentire più niente. Non credeva in Dio, secondo lui Marilyn Manson era Dio.
Sua madre non sapeva che lui ascoltava il Diavolo, non sapeva che lui si rifugiava nella musica del Demonio per potersi sentire invincibile, non dava importanza alle sue trasformazioni.
Lei lo vedeva semplicemente cambiato. Aveva diciassette anni. Fino a qualche anno prima aveva i capelli biondi ricci e dei bellissimi occhi azzurri e si vestiva con abiti semplici, sportivi.
Ora portava i capelli neri, piastrati sull’occhio sinistro, coprendolo, le iridi color cielo risaltavano grazie a un pesante makeup nero, il suo guardaroba era completamente cinereo, indossava solo pantaloni di pelle strappati, abbelliti con qualche cintura borchiata e qualche catena. Le magliette sportive colorate erano state sostituite con  canotte a rete e giacche di pelle, anche d’estate.
La gente contribuiva a mantenerla tranquilla, le diceva che era solo una fase transitoria, lui stava bene, l’importante era quello.
Ma Andrew non stava bene. Ogni giorno moriva dentro, ogni giorno odiava sempre di più se stesso e la gente.
Anche il padre non aveva mai dato molta importanza ad Andy e, le uniche volte che gli prestava attenzione, lo faceva per picchiarlo. Già, Andy era vittima di abusi e nessuno se ne interessava.
Stava in camera sua, ascoltando Marilyn Manson, l’unico che potesse capirlo veramente. Guardava il fumo uscire dalla sigaretta, mentre se la premeva sulla pelle, sentendo un dolore lancinante, senza però volerlo fermare. Voleva punirsi, lui era un errore, lui era sempre stato uno sbaglio.
Premette più a fondo. Nella stanza si diffuse un forte odore di carne bruciata, ma la cosa non lo infastidì. Continuò, finché la Marlboro si spense completamente su di lui.
Il dolore cominciò ad attenuarsi, dopo essere arrivato all’apice, facendogli bruciare tutto il braccio, come se ci fosse un fuoco al suo interno.
Il dolore che scemava troppo velocemente lo fece irritare. Doveva trovare qualcosa che potesse di nuovo distruggere la parte che odiava della sua personalità. Se stesso.
Si levò la maglietta, restando a torso nudo.
Prese un coltellino dal cassetto. Infiammò la lama e rapidamente se la strisciò sul petto, premendo, con la speranza di raggiungere un organo qualsiasi, possibilmente il cuore. Cominciò a sanguinare copiosamente. Il sangue che gli scivolava sul corpo lo fece sorridere, lo fece sentire appagato.
Riprese a tagliarsi il petto, le braccia e le gambe. Sul polso destro, in prossimità delle vene incise la parola WAR, perché c’era una guerra dentro di lui, una battaglia continua contro la morte, destinata a vincere. Vinceva sempre.
Sullo sterno invece scrisse LOVE, proprio in vicinanza del cuore. L’amore. L’amore era l’unica cosa a tenerlo ancora in vita. L’amore per Marilyn Manson, l’amore per il dolore, l’amore per lui, James, il suo ragazzo.
Andy era gay, ma nessuno lo sapeva, nessuno tranne suo padre, per questo lo picchiava. Lo chiamava “disonore”, gli parlava come se fosse indegno, come se non si meritasse la vita.
Quando l’aveva scoperto lo aveva sfigurato con una bottiglia di vetro, facendogli quasi perdere la vista. Il suo occhio sinistro, infatti, ora era attraversato da una cicatrice che andava dal sopracciglio allo zigomo, ma nessuno l’avrebbe notata grazie al suo nuovo stile.
James non aveva avuto più fortuna di lui. Già, quando l’uomo era venuto a conoscenza dell’omosessualità del figlio i due erano insieme. Lo aveva colpito fino a fargli perdere i sensi, lasciandolo poi steso sull’asfalto, in attesa che qualcuno trovasse il suo cadavere, ma per fortuna James non morì e continuò ad amare Andy come prima.  
James era l’unico ad amare Andy, nemmeno lui si amava, anzi, dentro di lui c’era solo odio per quella figura che gli si prospettava davanti ogni volta che si guardava allo specchio.
Sul suo corpo c’erano solo cicatrici, segni della violenza del padre, segni della violenza di se stesso. Entrambi volevano fare del male ad Andy ed Andy avrebbe solo accettato, con la convinzione di non essere meritevole di qualsiasi cosa.
In uno scatto d’ira gettò il coltello sporco di sangue a terra. Si udì solo un lieve tintinnio, mentre l’atmosfera si imbrattava di sangue e di un odore metallico, che andava a mescolarsi con quello di bruciato.
Si alzò e si piazzò davanti allo specchio. Il suo corpo era un libro. Su ogni lembo di pelle c’era incisa una citazione o una frase del suo idolo, Marilyn Manson. Sul braccio sinistro c’erano diversi simboli satanici.
Raccolse il coltello e si rimise davanti a quell’oggetto metallico che rifletteva impassibile il suo dolore.
Il sangue scendeva lungo il suo corpo, senza fermarsi mai. Iniziò a sbiancare, impallidendo notevolmente, cominciando a dissanguarsi.
Il suo petto non si vedeva già più. Il sangue che scendeva dalle gambe andava a formare una pozza sotto i suoi piedi, un lago che sarebbe stato destinato a lasciare il segno indelebile sulla moquette.

NO SALVATION, NO FORGIVENESS.

Queste furono le ultime parole che si incise addosso, prima di cadere a terra, nel suo stesso sangue, macchiandosi del peccato del suicidio.
La canzone di Marilyn Manson fu l’unica cosa a rimanere viva nella stanza. The reflecting god. Proprio la canzone da cui aveva tratto quelle parole disperate.
Non c’è salvezza, non c’è perdono. Quelle parole erano scritte ovunque su di lui.
- I went to god just to see, and I was looking at me …-
La voce satanica di Manson coprì le urla disgraziate della madre che aveva appena trovato il gelido corpo auto mutilato del figlio, morto sul pavimento gelido della sua camera, l’unico posto che lo aveva visto felice perché era il suo rifugio dalla crudeltà del mondo.
Quelle parole confermavano la religione di Andy, venerava Manson come un Dio, come il Dio della Morte.
Il funerale fu breve, silenzioso, nessuno parlò, fece fatica anche il prete. Non c’era nessuno a dire qualche parola su Andy, nessuno che parlasse bene di lui, ma anche nessuno che ne parlasse male.
C’erano solo lacrime, lacrime e urla disperate di chi aveva perso qualcuno di importante in un’atmosfera di glaciale angoscia.
Forse non era odiato dal mondo come credeva, forse a qualcuno importava di lui, ma ora era troppo tardi. Andrew aveva posto fine alla sua vita con l’eterna convinzione di non essere abbastanza, di essere indegno, proprio come gli avevano fatto pensare.
La sua tomba rimase spoglia per i giorni successivi. Nessuno gli aveva portato fiori, c’era solo una lettera. Una lettera di James, in cui scriveva che avrebbe voluto salvarlo dall’oscurità che si era impossessata di lui, in cui gli confidava che lo capiva, che aveva cominciato a tagliarsi dopo la sua morte, che Andy era entrato a fare parte di lui, proprio come quando erano insieme. Andy era dentro di lui, come quando facevano l’amore. Sempre in quelle poche righe, sbiadite dalla pioggia, James affermava di aver cominciato a confidare in Manson, di aver iniziato ad amarlo, come amava Andrew.
Era passato un mese dalla sua morte. La lettera era ancora lì, ma accanto ad essa ora c’era un fiore, solo uno. Una rosa rossa con un biglietto che diceva semplicemente:

-One shot and the world gets smaller. Let’s jump upon the sharp swords and cut away our smiles. Without the threat of death there’s no reason to live-

La firma era quella del suo idolo. Marilyn Manson. Secondo Andy, l’unico a cui importasse veramente qualcosa del suo dolore e quel gesto ne era la conferma.
Ai piedi della tomba si ergeva una figura nera, immobile sotto il tocco delicato della pioggia.
Manson era fermo ad osservare la lapide di quel suo fan morto, distrutto dalla crudeltà della vita. Il cuore gli faceva male, si contorceva in un male inspiegabile, i suoi occhi erano tristi per una persona che lo aveva lasciato, senza sapere nemmeno chi fosse, senza averla mai incontrata.
Ma quel ragazzo tanto triste era più che un semplice fan, era un’anima innocente che per colpa sua sarebbe finita all’Inferno, solo per aver trovato rifugio nella musica dell’Anticristo. 


Ok, questa volta non mi sono concentrata su Marilyn Manson, ma su un fan qualsiasi, su una persona che sta male, che trova conforto solo in lui, un po' basandomi su esperienza personale. Spero che vi piaccia anche se il personaggio principale non è Manson. 
Un'altra cosa: all'inizio del racconto ho voluto parlare come una persona che non conosce Manson come artista, quindi lo descrive come Satanista, la storia quindi passa volontariamente dal'idea del mondo alla vera idea che ho di Marilyn Manson nella mia testa :) 
Bacio
*Black Devil*
  
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