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Autore: Loner    26/12/2007    2 recensioni
Una storia forse come tante altre o forse totalmente diversa. La storia di un'estate speciale, di un anno importante. La storia di una ragazza che si ritroverà ad affiancare un gruppo musicale nascente e a condividere con loro segreti, avventure, amori. [Nota: Yuri!]
Genere: Romantico, Commedia, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yuri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Tamburellavo annoiata le dita sul tavolo metallizzato del locale, sorseggiando il mio succo alla pesca mattutino. Il J-Club, questo il nome di questo pub intimo nel cuore di Viareggio, dove lavoravo da circa 2 anni. Non sapevo nemmeno dire cosa facessi esattamente lì, ero una sorta di tuttofare: all'occorrenza Lucas (il padrone nonchè barista) mi chiedeva di aiutarlo con le ordinazioni, o di organizzare qualche serata con un gruppo musicale, o di ballare su un tavolo, qualsiasi cosa.
La paga non era granchè, ma stavo lì solo nei weekend e mi legava una profonda amicizia con tutti i ragazzi che ci lavoravano. Per una ragazza di 18 anni che viene mantenuta dai genitori, un part time di questo tipo era più che ottimo.
Sollevai il bicchiere osservando per un attimo il contenuto che ondeggiava ai miei movimenti, e assetata me lo portai alla bocca finendolo in un sorso. Con soddisfazione espirai sonoramente riponendo con un pò di forza il vetro sul tavolo.
- Dio mio Diana, sembri una camionista! Stento a credere a volte che sei una donna!-
Lucas. Il mio migliore amico. Gran pezzo di mer...
- Lucas sei qui da 2 minuti e già mi hai rotto sai?- lo guardai incenerendolo, stava asciugando dei piattini da dietro il bancone. Mi sorrise divertito scuotendo la testa, tornando a concentrarsi sull'impilare tutte quelle stoviglie attento a non farle cadere. Io restai un attimo a fissarlo prima di distogliere lo sguardo e posarlo su di me: mini pantaloncini di jeans, una camicetta annodata in vita a quadri, i capelli raccolti con un elastico, una gamba poggiata stancamente sulla sedia di fronte, io stravaccata sulla mia con ancora in mano il bicchiere vuoto sul tavolo. Si okey, forse un pò grezza lo sembravo! Ma non avevo dormito per tutta la notte, il caldo soffocante non mi aveva fatto prendere sonno, giugno qui in città era qualcosa di fuori di testa.
Mi alzai sentendo la pelle che si scollava dalla sedia, ciondolando tentando di riprendere lucidità portai il bicchiere al bancone, Lucas si rivolse a guardarmi divertito. Dio non capivo come riusciva a stare con quella maglietta aderente, soffocavo solo guardandola. Per non parlare dei jeans, scuri per giunta! E il cappellino? Eppure non una goccia di sudore, non un centimetro di pelle leggermente lucido.
- Dio Lù ma come fai a non morire di caldo?-
- Semplice tesoro, la maggior parte degli alcolici sono sotto ghiaccio, e il mini frigo mi da un refrigerio stupendo....mmmh....-
Sgranai gli occhi alla parola ghiaccio e frigo, e partì correndo per raggiungere il suo angolo di paradiso, già pronta a ficcarci dentro l'intera testa, ma fui bloccata da lui che sbarrò la strada.
- Ehi ehi, questo è il posto per i soli baristi...- mi rivolse uno sguardo di sfida.
Voleva la guerra, era chiaro. - Io ci lavoro qui scemo, e togliti dai piedi, non puoi essere così sadico!-
- Tu credi?- mise le mani sui fianchi alzando un sopracciglio.
- Lucas, tu stasera hai una grande serata vero? Uuuuh quanti clienti dovrebbero venire, e il nuovo gruppo, e ti servirà aiuto vero? Se mi vuoi, spostati- dissi perentoria, e il suo sguardo vacillante mi fece capire di stare andando sulla strada giusta. - E non dovrebbe venire stasera anche...aspetta come si chiamava...Daniele?- il suo sguardo guizzò un istante. - E non vorresti poi avere la possibilità di appartarti con lui? O forse vuoi essere costretto a dirgli di aspettare perchè non hai aiutanti al bancone? Mh?-.
Diana tira, e segna! Quando si tratta di ragazzi lui parte già sconfitto. Si spostò sospirando, io raggiante corsi e mi inginocchiai scivolando sul parquet finto, fermandomi esattamente davanti alla mia salvezza, la aprii impaziente godendomi l'ondata di freddo che mi investiva. - Aaaaaaaaah....Sssssiiiiii....grazie amore!-
- Tsk! Fottiti...- disse tutto risoluto prima di andare a controllare le luci sul piccolo palco in fondo alla sala. Io ridacchiai accoccolandomi meglio vicino alla "scatola della salvezza". Già, dimenticavo quasi di dire che per un qualche scherzo del destino, quel bel tipo di Lucas era anche gay. Come al solito i più belli son sempre omosessuali, è una legge di natura. Eravamo amici sin da quando eravamo piccoli, lui era il fratello maggiore della mia ex migliore amica, e per quanto la cosa sembrasse strana visto che l'intero mondo ci vedeva già perfettamente accoppiati, nessuno dei due aveva mai preso in considerazione l'idea di pensare all'altro come ad un partner. Quindi il giorno in cui mi venne a confessare che era gay, per me non fu un colpo profondo, tutto continuò come sempre era stato.
Dopo un tempo per me infinito passato rintanata lì sotto, sentii la porta del locale aprirsi e un gran vociare avvicinarsi. Il gruppo di stasera era arrivato. Dalla mia posizione non riuscivo a vedere granchè, intravidi solo quattro paia di piedi che scendevano le scale per arrivare nella sala dove c'eravamo noi. Ridendo e prendendosi in giro a vicenda, arrivarono nello stanzone, sentii Lucas dargli il benvenuto e indicargli dove fossero i camerini. Una di loro disse che voleva prima bere qualcosa di fresco, data la camminata sotto il sole del pomeriggio con gli strumenti in spalla. Così scattai in piedi con un "Ehilà!" appoggiandomi con i gomiti sul tavolo, la ragazza sobbalzò insieme alle altre vedendomi comparire dal nulla, il mio sorriso si allargò ancora di più, divertita. Ora che le vedevo per bene dovevo ammettere che non erano per nulla male: tutte più o meno sui 22 e i 24 anni, due erano more, una corvina e l'altra bionda, e un fisichetto che non passava inosservato.
Da quel che potevo vedere attraverso le canotte e i jeans, ovvio.
Ah, dimenticavo, già...con Lucas era più che ovvio il motivo per il quale non avrebbe mai funzionato una relazione tra noi: si dichiarò gay a 17 anni.
Io a 14.
Una delle quattro mi si avvicinò accalorata, posò il borsone nero per terra e si sedette sullo sgabello.
- Qualcosa di freddo, voglio congelarmi il cervello-.
Si, l'immagine di una che l'avrebbe fatto davvero ce l'aveva. Così guardandola un pò perplessa presi un bicchiere, lo posai sul bancone, aprii il mini frigo d'un tratto provando il forte desiderio di tornarci dentro,e presi la bottiglia d'acqua fresca. Un ultimo sguardo a lei mi convinse che non dovevo riempirgli il bicchiere o addio componente della band.
Così ne versai nemmeno un dito.
Mi guardò come se fossi un boia.
- E questo? Perchè?-
- Ehi non ti ho rubato i regali di babbo natale, bevi un pò per volta o dovranno fare senza di te stasera.-
Per un attimo sembrò mi stesse prendendo per un'idiota, poi spostò lo sguardo colpevole, e lentamente sorseggiò quel mezzo dito di acqua che le avevo versato. Soddisfatta gliene misi un altro pò, finchè non si fu dissetata.
- Che brava mamma chioccia!- esclamò divertito Lucas tornando accanto a me, a sistemare piattini e tazze.
- Tu attento o verso del Valium nel bicchiere di chi sai tu- nemmeno lo guardai, sapevo gli sarebbe bastato per irritarlo quel tanto che serviva per farlo stare zitto. Non capitava spesso che potessi ricattarlo così bene, sapevo l'avrei pagata cara successivamente, ma non riuscivo a resistere alla tentazione di godere di quel momento di potere!
La ragazza davanti a me sorrise per la piccola scenetta a cui aveva assistito, ringraziò posando il bicchiere vuoto e raccogliendo il borsone raggiunse le altre che erano già andate dietro a visitare i camerini.
Lucas restò muto e indaffarato, io mi feci prendere dai sensi di colpa, così gli schioccai un bacio sulla guancia prima di andare verso il palco a provare le luci.
In effetti non ero davvero una professionista in quella roba, mi limitai a schiacciare tutti i pulsanti e tirare tutte le levette a casaccio, con fare molto dotto però.
Ormai erano le 6 di pomeriggio, mezzora dopo avremmo aperto il locale, per far entrare gli spettatori della serata, e alle 8 sarebbe partito il concerto. Un sabato più movimentato dello scorso perlomeno, odiavo stressarmi con i clienti senza che avessi il minimo modo di svagarmi. Almeno questa volta potevo o prestare attenzione alla band, o spiare Daniele per tutta la sera.
Dio, dovevo trattenermi dallo scoppiare a ridere quando Lù m'avrebbe chiesto di fare anche la sua parte per una mezzoretta. Ma tanto non mi sarei trattenuta, lo sapevo già.
Quando mi svegliai dai miei pensieri accorgendomi di stare già sorridendo all'idea di lui e Daniele che s'imboscavano, vidi proprio lui che mi osservava perplesso mentre ancora trafficavo sul pannello di tasti senza capirci niente.
- Da qua và prima che fai saltare la corrente- mi spinse via prendendo il mio posto, io ridacchiai ancora colta dallo stesso pensiero di prima. Poi realizzai che non avevo la più pallida idea di cosa mettermi per la sera.
- Cristo, Lucas devi aprire da solo, io devo fare un salto a casa per cambiarmi-
- Cosa? Stai scherzando vero? Hai idea di quante cose devo già fare?-
- Lo so benissimo, ma non posso farmi vedere in queste condizioni andiamo! E' una serata importante- mi misi davanti a lui a gambe e braccia divaricate per dargli la piena visione del mio corpo, lui guardandomi inclinò velocemente la testa storcendo un pò la bocca.
- E va bene, ma fa veloce-
- Grazie grazie!!- gli urlai già fuori dalla porta. Arrivata quasi all'auto m'accorsi d'aver lasciato dentro al locale le chiavi, così corsi indietro e mi precipitai dentro, agguantando le chiavi con slancio e riprendendo la rincorsa per le scale. Forse c'erano anche un paio del gruppo usciti dai camerini, ma speravo non avessero visto questa entrata alla Speedy Gonzales, mi avevano già inquadrata abbastanza da pazzoide, e la cosa non mi dispiaceva affatto. Era bello ogni tanto farsi conoscere in veste così estroversa. Di mio ero decisamente più riservata, ma il lavoro al pub mi aveva insegnato ad aprirmi con le persone, e ogni tanto quando ero di buon umore, mi concedevo anche di divertirmi a scapito degli altri. O di far divertire loro a scapito mio, dipendeva dal punto di vista.
M'infilai nella Lancia blu metallizzata (una piccola auto per una piccola donna, così mi aveva detto mia madre...bastarda...) e ingranai la prima per partire alla volta della mia dimora.


Questa altro non era che un appartamento nella zona residenziale della città, nulla di particolarmente impegnativo, ma l'ennesima comodità leggermente eccessiva per quel che il mio patrigno poteva permettersi senza fare straordinari assurdi al lavoro. Invece pagavano un affitto leggermente ridotto per i lavori e le modifiche apportate a beneficio del posto, che loro stessi avevano pagato almeno il quadruplo di quel misero sconto, tecnologie e comodità delle quali potevamo fare tranquillamente a meno, tanti capricci di mia madre e tanti di lui, per poi arrivare al lunario e chiedersi qual è il problema.
Classico.
Parcheggiai di fretta davanti al cancello senza nemmeno metter dentro l'auto, e corsi verso la porta.
Per poco non mi scontrai contro il marito di mia madre che usciva con volto truce, incamminandosi a mascelle strette verso la sua auto. Io guardai di fretta dentro casa nel timore che avesse dato sfogo alla sua rabbia come ogni tanto faceva, ma c'era solo mia madre seduta sul divano con altrettanto volto irato. Le urla di lui mi fecero sobbalzare, mi stava sbraitando contro perchè avevo ostruito il cancello.
"Capirai che ne potevo sapere che avevi da fare la tua passeggiata serale del dopo incazzo?" Sbuffando camminai verso la mia povera macchinetta sempre mal voluta da tutti compresa me, ma lui aveva già attivato l'apertura del cancello automatico e aveva messo in moto la sua mercedes. Mi corse un brivido lungo la schiena, lui fece rombare il motore.
Ok, messaggio chiaro, affrettai il passo verso il mio piccolo gioiellino, c'entrai senza nemmeno chiudere lo sportello e con una retromarcia velocissima virai verso destra proprio mentre lui partiva in quarta per poco non sfasciandomi tutto il paraurti.
Rimasi a bocca aperta per qualche minuto, poi mi prese lo sconforto e la rabbia.
La solita scena che si ripeteva in perpetuo. Litigavano, e io ci andavo di mezzo come sempre.
Scesi dall'auto riluttante, la chiusi a chiave e tornai verso la porta d'ingresso rimasta ancora aperta. Mia madre nella stessa posizione di prima. Entrai senza guardarla, un solo incrocio di sguardi le avrebbe dato il diritto (secondo lei) di potermi raccontare tutto l'accaduto e proprio quella sera non volevo saperne di crisi familiari e simili.
Così andai dritta verso la mia camera senza spiaccicare una parola, e se non ricordavo male, senza nemmeno chiudere la porta d'entrata.
Una volta nel mio nido mi rilassai finalmente sul letto.
Io in quella casa non ci sarei rimasta molto, non potevo restarci ancora senza perdere il senno. Ormai era un bed and breakfast per me, anzi, un motel proprio, perchè appena possibile mangiavo fuori.
A 18 anni non li sopportavo più, e non vedevo l'ora di poter andarmene. Ormai abbandonavo anche l'idea dell'università, mi servivano i soldi per mantenermi, e un lavoro di soli 2 giorni alla settimana non mi bastava.
Altro che prima il dovere e poi il piacere.
Io le mie priorità le avevo bene in mente.
Prima la mia salute mentale, poi tutto il resto.
Sdraiata sul letto feci il veloce inventario del mio armadio, non volevo tardare ancora, erano già quasi le 7. Feci un balzo e aprii le ante, tirando fuori ogni singolo capo e lanciandolo sul letto. Dopo una doccia e molte indecisioni riuscii a scegliere un pinocchietto bianco e una canotta con i teschi disegnati su.
Converse bianche, trucco con matita e ombretto viola intonato al colore di quelle teste morte. Capelli per tre quarti alzati e legati in un tuppo morbido che lasciava le ciocche sparate, effetto che accentuai con gel, della parte restante sulla nuca ne feci due trecce ai due lati del collo. Due piccoli fermagli con teschi dorati ad immobilizzare morbidamente la frangia laterale, ed ero abbastanza somigliante alle punk lolita giapponesi.
Più che soddisfatta m'improfumai e m'avviai verso l'uscita, incontrando a metà strada mia madre che parlava amabilmente al telefono sorridente e civettuola. Alzai gli occhi al cielo per poi raccogliere le chiavi dell'auto e andare lontano da lei, il suo amante di turno, e tutta quella merda.
"Cosa ho appurato dopo tutte queste sedute? Che lei, signorina Diana, ha bisogno di una cura immediata. E io so cos'è mia cara. Gliela dirò in confidenza e con uno sconto senza precedenti solo perchè mi fa impazzire con tutti quei teschi addosso ed è bellissima. Lei ha bisogno di un lavoro al supermarket e un mini appartamento, e sparire dalla sua casa attuale vita natural durante. Ecco cosa le serve mio bellissimo fiore di loto"
Ridacchiai entrando in auto per l'imitazione esagerata del mio psicologo inventato. Era un giochetto tremendamente soddisfacente, a volte ci passavo un'ora intera senza rendermene conto, meno male che non chiedeva davvero la parcella!
Ancora coccolandomi con tutti quei riferimenti a fiori ammirati da tutti, mi misi in moto verso il pub, sperando che Lucas non mi accoltellasse per il leggero ritardo.
  
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