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Autore: Logan0388    10/06/2013    2 recensioni
Bisogna davvero giudicare qualcuno solo dalle apparenze?
E se queste dovessero trarre in inganno?
Bene e male... esistono davvero? Se sì, potrebbero mai coincidere in una sola persona?
C'è solo un punto di vista nella vita: il proprio. Esso non potrà mai essere uguale a quello di un'altra persona; proprio come il punto di vista di un uomo all'interno dell'ascensore di un centro commerciale.
Chiunque può essere diverso da quel che le apparenze ci mostrano.
Bisogna solo stare attenti.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Piano 2
 
Un suono tintinnante. Vedo le portiere aprirsi davanti ai miei occhi, permettendo all’anziana donna settantenne di entrare nella cabina. La scruto con la coda dell’occhio: alta un metro e cinquantotto, più o meno, ha braccia sottili e mani tozze mentre la pelle, sebbene raggrinzita, non riesce a mascherare la perduta bellezza che un tempo ormai lontano possedeva. Non riesco a vederle il colore degli occhi, ma la mia mente inspiegabilmente crede che siano azzurri. Be’, accontentiamola: la donna ha gli occhi azzurri e i capelli bianchi raccolti in uno chignon; inforca un paio di occhiali da vista che le scivolano sulla punta del naso.
Ad un tratto la riconosco.
Dannazione! Come diamine ho fatto a non accorgermi di avere Granny al mio fianco, l’amorevole nonnina di Gatto Silvestro e Titti?
«Giovanotto, potrebbe dirmi che ora segna il suo orologio?»
“Non ridere, non ridere” penso appurando che perfino la voce è identica a quella del personaggio dei cartoni.
«Sono quasi le 18:20. Le 18:17 per essere precisi» le dico con serietà dopo aver osservato l’orologio.
«Caspiterina è davvero tardi. Ma non posso ritardare. A casa il mio piccolo gatto mi aspetta. Chissà che colpo potrebbe prendergli se non mi vedesse tornare.»
Ho una voglia matta di chiederle se il gatto in questione si chiami Silvestro e ciò non fa che aumentare la mia voglia di ridere, ma mi sforzo affinché io non lo faccia.
La vecchietta continua ancora a parlare del suo amato gatto che la rende felice, o forse sta parlando di qualcos’altro. Non posso saperlo. I miei pensieri sono rivolti verso altre direzioni, ben differenti dalle problematiche dell’anziana donna.
Sembra così cordiale e simpatica con me. Come cambierebbe la sua opinione se solo sapesse…
A volte mi chiedo cosa avvenga all’interno del cervello di un essere umano quando punta il dito contro qualcuno accusandolo di essere malvagio, o come viene usato più comunemente, cattivo. Negli ultimi tempi in particolar modo questo quesito mi rimbomba in testa continuamente e non posso far nulla per smettere di pensarci.
La mattina, appena sveglio, non faccio altro che sperare che al notiziario delle 8:00 non ci siano notizie sconcertanti: uccisioni, rapimenti, stupri, truffe e chi più ne ha più ne metta. Lo spero, non tanto per la notizia in sé – sono ormai abituato alla dura realtà della vita e coprire occhi ed orecchie sarebbe solo un pretesto per non accettare il mondo in cui viviamo – ma per non vedere i volti di coloro che accusano i responsabili di quei crimini, tantomeno per sentire le loro tediose testimonianze verbali.
Oltre lo schermo odio vedere gente con le mani davanti alla bocca, con gli occhi sgranati o con un’espressione di rabbia nei loro volti. Tutti raccolti nelle zone vicine al luogo in cui è stato commesso il reato come se ci fosse il ‘prendi tre e paghi due’ in un vecchio e squallido minimarket del centro.
Formiche. Ecco cosa sembrano. Formiche nei pressi di un formicaio. Quel buco nero nel terreno contornato da una moltitudine di puntini neri agitati che aspetta solo che una suola di scarpa si posizioni su di esso, radendo tutto al suolo e causando uno sterminio di massa. Ammetto che sarebbe divertente vedere un enorme piede fare di quella folla ammucchiata una frittata di sangue e ossa.
Le mie orecchie si rifiutano di ascoltare le loro parole di dissenso, ricche fino all’orlo di perbenismo, sputando ad un microfono la loro morale per inabissare in un mare di fangosi vocaboli colui che è reo del crimine in questione. Sono stufo delle loro schifose sentenze. Che se le tengano per loro e non facciano le loro stupende comparse davanti ad una telecamera accusando qualcuno che non hanno mai visto.
Sarebbe una soddisfazione vedere se avessero il coraggio di dire le stesse cose davanti alla persona che stanno inondando di merda. Forse non riuscirebbero neanche a collegare due sillabe, talmente grande sarebbe il timore nell’avere un criminale di fronte agli occhi. Cosa farebbero? Reagirebbero o rimarrebbero immobili con il cuore in gola per la forte paura?
Tutte reazioni probabili, ma solamente una sono certo che non avverrà. Non si chiederanno mai se l’oggetto del timore che hanno davanti sia, prima di tutto, un essere umano.
No. Sarà sempre e solo un mostro, una minaccia indefinita. Nel momento in cui la paura arriva ad un livello tale da non far capire se il tempo si sia fermato o sia trascorso ad una velocità elevata, qualunque cosa intorno muterà rendendola altrettanto spaventosa.
Ma dietro quel mostro, cosa si nasconde?
 
Piano 1
 
Ancora una volta le portiere si aprono dopo il classico suono tintinnante.
«Dammi una mano Jerry, queste buste pesano un quintale ciascuno» dice la giovane donna dai capelli rossi e lisci accompagnata dal probabile fidanzato.
«Non è un problema mio se hai deciso di comprare lattine di frutta sciroppata in quantità industriale. Non stiamo andando a vivere in un bunker» replicò il ragazzo aiutando la compagna.
Osservo in silenzio il via vai della gente negli androni del centro commerciale al di là delle porte, mentre la nonnina si rivolge ai due facendo dei vivi complimenti su come siano una coppia giovane e ancora salda, augurando loro un fantastico futuro insieme.
«Scendete?» domando senza spostare lo sguardo.
«Sì, parcheggio interrato.»
«Benissimo» dico premendo il tasto B1. «Anche noi.»
Le portiere si chiudono davanti ai miei occhi.
Un futuro fantastico… come no, lo vorrebbero tutti. Purtroppo chi viene giudicato un mostro non potrà mai averlo. Vivrà sempre con l’ansia che la gente lo veda come il personaggio di un film horror.
Anche io avevo un futuro fantastico, di quelli da fare invidia a molti. Avevo Kate, mia moglie che amavo più di ogni cosa in questo mondo, era l’unica cosa di bello che avevo. L’unica donna che fece in modo che io dimenticassi il mio passato da incubo quando da bambino assistetti all’assassinio di mia madre e al suicidio di mio padre, dopo aver beccato ovviamente una pallottola alla spalla che sarebbe stata mortale se non mi fossi spostato all’ultimo momento.
Mio padre… non riesco ancora a reputarlo una persona cattiva nonostante abbia fatto sparpagliare il cervello di mia madre nel muro e mi abbia lasciato agonizzante in una pozza di sangue per poi farmi assistere alla sua ineluttabile morte.
Ma non è mio padre il problema.
Kate venne colpita improvvisamente da un ictus cerebrale e nonostante fosse stata salvata grazie ad un’operazione d’urgenza, entrò in coma e ci restò per due anni. Due anni di sofferenza per un marito che non riusciva a vivere senza il suono della sua voce o il calore del suo abbraccio. Un giorno mi dissero che non si sarebbe mai più svegliata. Problemi di neuroni o qualche altra stronzata medica del genere: poco mi importava, sapevo cosa avrei dovuto fare.
 
Piano 0
 
Staccai la spina. La vidi morire sotto i miei stessi occhi. Mi ero sporcato di un crimine che tutt’ora sento pesante dentro di me come un macigno. Lo sento in continuazione quando aiuto gli altri ad alleviare le loro sofferenze.
Io non voglio che la gente soffra, non voglio che passino ciò che ho passato. Li aiuto come ho aiutato Kate che sarebbe rimasta incollata ad un letto d’ospedale per il resto della sua vita.
‘Prevenire è meglio che curare’ si dice.
È ciò che faccio: prevengo e faccio in modo che l’inferno ricco di tormenti non spalanchi le sue porte davanti a gente che non deve in alcun modo essere gettata in esso.
Ma chiunque potrebbe definirmi cattivo, un mostro, senza che sappiano la realtà dei fatti.
“È questo ciò che faccio” penso mettendo una mano in tasca e impugnando quel gioiellino in ferro affilato.
 
Piano B1
 
Le porte si spalancano facendo vibrare l’intero ascensore.
Esco fuori, chiudo gli occhi e prendo una grande boccata d’aria fresca, ben differente dal tanfo del sangue sgorgato dalle gole sgozzate di Granny, di Jerry e della sua fidanzata.
Mi dirigo verso l’auto e osservando le mie mani color cremisi sorrido soddisfatto.
Io non sono cattivo.
                                                   
  
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