Capitolo 2
Il mattino successivo, quando
aprì gli occhi, Mark tirò un profondo sospiro.
Forza, si disse, iniziamo
un’altra splendida giornata di merda.
Nella sua stanza regnava uno strano
silenzio, quasi innaturale : possibile che sua madre fosse già uscita e i
suoi fratellini non facessero casino come al solito ? Forse cercavano di
non far rumore per non svegliarlo. Il ragazzo richiuse per un attimo gli occhi,
sbuffando ; vi prego, ancora cinque
minuti...
Era veramente distrutto. La sera
prima, appena rientrato in casa, aveva appena salutato i famigliari e, ancora
sconvolto per l’incontro con il misterioso Evsebius, aveva deciso di andare
subito a letto senza cenare, nonostante la mamma, per festeggiare il suo
ritorno, gli avesse preparato una deliziosa cenetta.
E non l’ho neanche ringraziata...sono stato veramente una carogna. Va
beh, almeno per oggi avremo il pranzo già pronto...hey, ma cosa diavolo è
quella luce ? pensò, riparandosi gli occhi da un raggio di sole
che filtrava attraverso le fessure delle tapparelle. La luce negli occhi di
prima mattina gli aveva sempre dato fastidio. Ho capito, è ora di alzarsi...strano, però, non sento nemmeno il
profumo del tè...probabilmente sarà finito. Devo ricordarmi di prenderlo oggi,
quando vado a fare la spesa.
A tentoni, Mark raggiunse il
fondo del letto.
- Hey, chi mi ha fregato la
scaletta ? ! - esclamò il ragazzo, il quale, da sempre, dormiva al
piano superiore di un letto a castello - Dev’essere stato quella piccola peste
di Justin...appena lo becco gli do una bella lezione ! E adesso ? Qua
rischio di rompermi l’osso del collo...Justin, riportami subito la
scaletta ! -
Nessuno rispose.
- Justin ? - chiamò di nuovo
Mark, con un filo d’inquietudine.
Può...può darsi che per sbaglio mi sia addormentato sul letto di sotto,
ieri sera...ero talmente stanco...forse Kathy non voleva svegliarmi...
Mark allungò lentamente una mano
giù dal letto e toccò il pavimento. Sì,
sono proprio al piano di sotto. Ma...cos’è questa roba ? Il ragazzo si
sfregò gli occhi. Da quando in qua c’è un
comodino in questa stanza ? ! E la finestra...non è mai stata su
quella parete ! Oddio, forse non era nemmeno il letto di Katherine ma
quello di Robert...oppure...oppure sto ancora dormendo...e sto sognando...
Mark scese dal letto con il cuore
che gli batteva all’impazzata.
- Kathy ? Bob ?
Justin ? ... Mamma ? - chiamò con voce tremante dirigendosi a grandi
passi verso la finestra. Con impeto, alzò la tapparella.
Quello che vide lo lasciò senza
fiato. I due letti a castello, l’armadio in truciolato bianco, le due
scrivanie, piene di libri e quaderni, con le rispettive sedie e la piccola
libreria, cioè tutto ciò che costituiva l’arredamento della camera che Mark
divideva con i suoi tre fratelli era scomparso. Ora Mark si trovava in una
stanza grande il doppio e arredata in modo molto raffinato. Dando uno sguardo
affrettato fuori dalla finestra, vide che la casa era circondata da un enorme
parco.
- Ma dove diavolo sono
finito ? ! - esclamò. Subito dopo si portò una mano alla gola,
terrorizzato.
- La...la mia
voce ! ! ! -
Istintivamente, Mark corse verso
l’armadio e ne spalancò tutte le ante finchè non trovò quello che sperava, cioè
uno specchio grande abbastanza da riflettere la sua immagine per intero.
- Oh, cazzo ! ! -
disse, rendendosi conto che la figura che stava osservando e che lo guardava
dallo specchio con espressione sgomenta, così come la sua voce, in realtà
apparteneva a Julian Ross.
Quando Julian si svegliò, era ancora
buio. Si girò sulla schiena e si mise ad aspettare che, da un momento
all’altro, Deborah bussasse alla sua porta per annunciargli che la colazione
era pronta.
Non aveva assolutamente fame, ed
era ancora infuriato per la scenata che aveva dovuto subire la sera prima da
sua madre.
- Pensavo di andare a trovare Amy, dopo cena. - aveva detto lui.
- Stai scherzando ? Sei appena tornato dal ritiro, sarai
stanchissimo, l’ultima cosa di cui hai bisogno è fare sforzi inutili !
- aveva risposto la mamma con aria angosciatissima.
- Non mi sembra che attraversare la strada per andare a casa di Amy sia
così faticoso ! - aveva ribattuto Julian - E poi non la vedo da due settimane, ho un sacco di cose da
raccontarle... -
- E ai tuoi genitori non vuoi raccontare nulla ? - aveva
risposto sua madre in tono lagnoso, parlando anche per suo padre che, come al
solito, era fuori città per lavoro - D’accordo,
Amy è una tua cara amica, ma devi considerare che anche noi siamo stati senza
di te per tutto quel tempo...non abbiamo forse il diritto di goderci un po’ il
nostro splendido ragazzo ? -
- Mamma... - aveva replicato lui sospirando e facendo cadere le
braccia.
- E poi guardati, sei pallido come uno straccio...sei sicuro di non aver
esagerato durante gli allenamenti ? Lo so che vuoi sempre strafare !
No, no, hai proprio bisogno di riposo. Cosa dici se ci guardiamo un film,
eh ? Posso mandare Theodore in videoteca a prendere, che so, “Guerre
stellari”...o l’altro, come si chiama, “Il ritorno dello Yeti” ! -
- “Il ritorno dello Jedi”, mamma...li ho già visti tutti e due almeno
trenta volte ! Non ho voglia di guardare la tivù, voglio vedere Amy !
- Era troppo, gli sembrava di essere un bambino dell’asilo.
- La vedrai domani, tesoro, che fretta hai ? Dai retta a me, è
meglio che tu stasera non esca. -
Ma quando mai esco la
sera ? ! avrebbe voluto risponderle Julian.
Alla fine, dopo aver tentato di
insistere ancora un po’, il ragazzo aveva dovuto cedere come al solito. Allora
si era detto che, comunque, una telefonata ad Amy, almeno, poteva farla, ma
aveva scoperto, con suo ulteriore sconforto, che la ragazza era in visita da
alcuni parenti e sarebbe tornata il fine settimana.
Julian, quindi, dovette
rassegnarsi a passare una noiosissima serata chiuso in camera sua, dopo aver
detto a sua madre che era effettivamente molto stanco. Il che era una frottola,
naturalmente, e il ragazzo non ebbe il minimo senso di colpa per aver fatto
preoccupare la mamma, anzi, visto che lui non aveva fatto altro che dar corda
alle sue fisime, forse lei sarebbe stata anche contenta di aver ragione.
Almeno Amy torna tra due giorni, si era detto.
Scacciando dalla mente il ricordo
della sera prima, Julian si mise a sedere sul letto. Chissà che ore sono ?
si disse. Tanto vale che mi alzi.
Allungò una mano per afferrare la
sveglia che teneva sul comodino, ma non trovò nulla.
Dove diavolo è finito il comodino ? pensò.
Sbuffando, scostò velocemente le
lenzuola e balzò giù dal letto.
- Aaargh ! - urlò Julian
atterrando rumorosamente sul pavimento dopo un volo di circa un metro e venti.
- Ahi, ahi...ma cosa... -
- Mark, cos’è
successo ? ! - esclamò una donna spalancando la porta.
MARK ? ! ?
- Ti sei fatto male,
fratellone ? - disse una voce di bambina avvicinandosi al povero Julian
che si sentiva ancora scuotere tutte le ossa.
- Io...OOUFF ! - Un
ragazzino di circa sette anni era saltato ridendo sul petto del ragazzo che,
sdraiato di schiena, era ormai incollato alle mattonelle.
- Fratellone, fratellone, sei
caduto dal lettone ! - cantò un altro bambino tra le risate dei
fratellini.
- Ti sei fatto male,
tesoro ? Ma come hai fatto a... - disse la donna aiutando Julian a
rimettersi in piedi dopo aver alzato la tapparella.
- Veramente...non lo so...io... -
Il ragazzo era sconvolto. Ma chi sono questi ? si domandò tastandosi ogni
parte del corpo per sentire se era ancora tutto intero. Oddio, se non mi becco
un infarto questa volta...MA...
Julian si bloccò all’istante dopo
essersi toccato la nuca ; là dove avrebbe dovuto esserci solo il suo
collo, il ragazzo sentì invece una massa fluente di lunghi capelli.
Restando un attimo senza
respirare, Julian osservò le facce che lo circondavano, e che non aveva mai
visto prima ; poi si guardò le mani.
- No...no... - disse con voce
tremante mentre ricominciava a respirare sempre più profondamente, sempre più
in fretta...
- Mark, che cos’hai ? -
disse la donna, sempre più preoccupata.
Julian, disorientato, scappò
fuori dalla stanza e si guardò in giro finchè non intravide il bagno, grazie
alla porta semiaperta. Dopo esservisi fiondato dentro, sbattè la porta e,
sconvolto, si aggrappò al lavandino, ansimando, senza avere il coraggio di
alzare la testa per guardarsi allo specchio.
Poi, raccogliendo le forze,
sollevò lo sguardo ; quando capì di stare osservando la faccia di Mark
Landers, anziché la sua, si accasciò sul pavimento tremando, stringendosi
l’addome con le braccia.
-
Mark ? Mark ! Stai bene ? -
Perché quella donna continuava a
chiamare Mark ? Perché lui era lì ? Cos’era successo ? Devo pensare, pensare, pensare...
- Va tutto bene... - disse, quasi
senza rendersene conto - Tutto bene...tutto bene... -
Poi si alzò di scatto, si chinò
sul water e vomitò.
Quella stessa notte, a Hokkaido,
Philip e Jenny erano seduti sul prato della villetta di lui, teneramente
abbracciati, a vedere le stelle.
- Non poteva esserci una serata
più bella per il tuo ritorno - disse Jenny sollevando leggermente la testa
verso il suo ragazzo.
- Mai bella quanto te - disse lui
baciandole il collo.
- Mmm...scommetto che lo dici a
tutte... -
- Tutte chi ? -
- Tutte le donne con cui mi
tradisci durante la mia assenza...ma perché mi sono trovata un ragazzo tanto
irresistibile ? - rispose lei abbracciando Philip ancora più forte.
- Oooh...sono cavoli tuoi,
amore...mi hai voluto tu...e adesso ti cucchi anche gli inconvenienti ! -
disse Philip continuando a baciarla - Comunque puoi stare tranquilla... -
- Non mi tradisci ? - disse
lei ridendo.
- Certo che sì, ma sono serio
solo con te ! -
Jenny scoppiò in una risata
cristallina. - Sei stupido come una capra...ma ti amo lo stesso ! -
- Anch’io ti adoro da morire -
rispose lui, e, lentamente, avvicinò le sue labbra verso quelle di lei.
All’improvviso, l’espressione di
Jenny cambiò radicalmente.
- Che cazzo stai
facendo ? ! ? - esclamò dando a Philip un forte spintone che lo
fece cadere all’indietro.
- Ma...Jenny !
Cosa... ? -
- Jenny un cazzo, brutto maiale
che non sei altro! Lo sapevo che eri un pervertito ! - disse poi la
ragazza alzandosi in piedi di scatto, guardandosi intorno spaventata.
- Dio mio...ma cosa ti sta succedendo ? ! -
esclamò Philip, sgomento, tentando di rialzarsi.
- Stammi bene a sentire, figlio
di puttana ! Prima che ti ammazzi devi dirmi : primo, dove cazzo
siamo ; secondo, perché sono conciato cosìììììì ! Ahia ! - Jenny
(o quella che doveva essere lei) cadde rovinosamente al suolo sotto lo sguardo
basito di Philip.
- Vaffanculo ! Cosa cazzo ci
faccio con i tacchi ? ! Fa parte del gioco ? ! Ma che
razza di droga mi hai propinato, maledetto stronzo ? ! - La
ragazza girò zoppicando per il giardino, con una mano alla fronte e l’altra al
fianco.
- Ma di cosa cavolo stai
parlando, Jenny ? ! Per favore, cerca di
calmarti ! ! - Philip era davvero sconvolto. - Non...non ti ho
mai sentito dire una parolaccia da quando ti conosco, e ora hai detto “cazzo”
almeno cinque volte di fila ! -
- E chi cazzo se ne frega di
quante volte ho detto “cazzo”, cazzo ! Questa sarà la sesta ! E
allora ? -
Philip scosse la testa,
incredulo. - Tu non puoi essere Jenny - disse
- Ma noo...sono Britney Spears ! Certo che
non sono Jenny, porca puttana ! Sono Benji Price, idiota ! - La
ragazza afferrò Philip, che credeva di svenire, per il collo della camicia e lo
avvicinò bruscamente al suo viso. - E adesso ti conviene dirmi perché sono qui,
altrimenti ti spacco il culo, Callaghan ! -
La notte, in Thailandia, era
decisamente caldissima. Benji, sulla sua sdraio, ridacchiò pensando che, mentre
i suoi sfigatissimi compagni di squadra stavano boccheggiando nelle loro case,
lui si trovava sulla terrazza di uno dei più lussuosi alberghi di Bangkok a
sorseggiare un favoloso cocktail. Era partito subito dopo gli allenamenti,
quello stesso pomeriggio. Il viaggio era stato lungo e stancante, ma ne era
valsa la pena... Nonostante Freddie lo piantonasse, sicuramente avrebbe trovato
il modo di divertirsi un mondo ; in fin dei conti, non era forse Benjamin
Price, il mitico Super Great Goal Keeper, noto in (quasi) tutto
l’universo ?
Ad un tratto, Benji si sentì
molto, molto strano. Scosse un attimo la testa e si guardò attorno, come se non
riconoscesse il posto in cui si trovava. Quindi, sempre con uno sguardo
interrogativo sul volto, rientrò in camera e si sedette sul letto. Dopo un
attimo, Freddie Marshall fece capolino dalla porta.
- Benji, vai a letto e spegni
quella maledetta luce. - disse - Domani devi alzarti alle sette per gli
allenamenti ! -
Benji guardò con aria incredula
il suo preparatore atletico.
- Si può sapere che
cos’hai ? - domandò Marshall incuriosito e un po’ seccato.
- Benji ? Io non sono
Benji ! - rispose il ragazzo con uno sguardo ebete - Io sono Oliver
Hutton, signor Marshall ! Mi potrebbe dire dove sono ? -
Detto questo, cari lettori,
provate ad immaginare quale fu la reazione di Jenny quando, quella mattina, si
svegliò in una camera completamente tappezzata da poster di calciatori, a
Fujisawa...