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Autore: CUCCIOLA_83    27/12/2007    4 recensioni
[...]Non riusciva a capire da cosa dipendessero quelle fitte, in fondo il giorno prima non aveva mangiato niente di strano, quindi, di sicuro non era stato il cibo. Allora cosa poteva essere? Casualmente il suo sguardo si posò sul calendario che Remus teneva sul comodino e fece un rapido conto mentale. No, non poteva essere, eppure[...] Quale sarà il vero motivo del malessere di Tonks? Leggete e scopritelo! (dedicata a Nonna Minerva)
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio | Coppie: Remus/Ninfadora
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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Eccomi qui! Allora la storia di questa ff è molto semplice. Da molto tempo la nostra cara Nonna Minerva, mi assilla con il fatto che il terzo figlio/figlia ci starebbe benissimo. E da lì ho pensato, “ok, glielo regalo per natale”.

ne avevo già dato un piccolo assaggio nella precedente ff di Natale “una famiglia da sogno”, ma non mi sembrava abbastanza. Volevo raccontare come lo avevano scoperto. Tutto qui. Questa è la storia di come è nata la ff che state per leggere.

La cosa divertente è che anche lei ne ha scritta una sullo stesso argomento, usando i miei personaggi, quindi correte a leggerla, ma solo dopo aver letto la mia e aver lasciato un commentino ;;) (occhi luccicosi). la sua s'intitola "Unexpected surprise".

Vorrei fare un ringraziamento alla Beta della situazione, Alektos, che mi ha fatto sudare 10 maglioni (siamo o no a natale…). Ma almeno grazie a lei ho scoperto regole di cui non sapevo l’esistenza.

Nonna questo è il tuo regalo di natale, goditelo ;;)

ma ora basta annoiarvi, vi lascio leggere in pace questa mia nuova ff. Buona lettura.







L’autunno aveva ormai tinto il paesaggio con i suoi colori caldi, da Hogwarts a Londra, tutto aveva quella strana atmosfera che solo quella stagione sapeva donare.

Alexandra e Maximilian Lupin giocavano in giardino sorvegliati da Tonks e da sua madre Andromeda, sedute su delle poltroncine da esterno, poco distanti dai bambini. Alexis girava per il piccolo spiazzo erboso con la sua bicicletta, mentre Max cercava, con passo ancora un poco incerto, di raggiungerla, senza riuscirci. Alla fine, probabilmente stanco, si sedette a terra in lacrime,

«Cosa c’è piccolo mio?» chiese Tonks, andando verso di lui.

«Io bici!» disse tra le lacrime.

«Ma sei ancora piccolo per una bicicletta...» Rispose Tonks, chinandosi verso di lui.

«Non ti preoccupare, tra poco ne avrai una anche tu», disse a sua volta Andromeda.

«Sentito? Basta avere un po’ di pazienza», Max smise di piangere e sorridendo protese le braccia verso la madre per farsi prendere in braccio, Tonks fece per sollevarlo ma, nello stesso istante, sentì una fitta al basso ventre talmente dolorosa da farle perdere la presa sul figlio, e persino l’equilibrio.

Fortunatamente, Andromeda prese al volo Max, evitandogli una rovinosa caduta. Alexis lasciò andare la bici e corse vicino alla madre, visibilmente allarmata,

«Mamma! Cosa ti succede?» urlò, mentre i suoi capelli avevano assunto una tonalità rosso cupo.

«Niente piccola, non ti preoccupare. È già passato», cercò di tranquillizzarla, mettendosi seduta.

«Cara, forse dovresti entrare e sdraiarti. Non è normale avere queste fitte, lavori troppo secondo me. Ora vai, mi occupo io dei bambini», si offrì la madre.

«Grazie mamma. Giusto un’ora, poi devo andare al lavoro», disse alzandosi e ripulendosi i vestiti.

«Dovresti smettere di lavorare, hai due bambini di cui occuparti. Tra loro e il lavoro non hai un attimo libero, ci credo che poi ti senti male», la rimproverò, accompagnandola dentro casa e lasciando Maximilian nel suo box dei giochi.

«Mamma, ne abbiamo già parlato. Non intendo lasciare il mio lavoro», rispose salendo le scale, ma un’altra fitta improvvisa la fece piegare in due.

«Ninfadora, resta a casa oggi. Non puoi andare al lavoro in queste condizioni».

«Vedremo come starò quando mi sveglio», la madre annuì.

Sdraiata a letto nella stanza, in penombra, Tonks cercava di prendere sonno.

Non riusciva a capire da cosa dipendessero quelle fitte, in fondo il giorno prima non aveva mangiato niente di strano, quindi, di sicuro non era stato il cibo. Allora cosa poteva essere? Casualmente il suo sguardo si posò sul calendario che Remus teneva sul comodino e fece un rapido conto mentale. No, non poteva essere, eppure... Incredula, si mise seduta,

«Oh Merlino!!» urlò, con occhi sbarrati, mentre i suoi capelli cominciarono a variare in tutte le tonalità dell’arcobaleno. Dopo pochi istanti Andromeda si precipitò nella stanza.

«Cosa c’è? Ti senti male?» chiese allarmata, Tonks scosse la testa, incapace di parlare, «allora, perché hai urlato?» chiese ancora la donna, Tonks indicò il calendario.

«O.. oggi è il tredici… e..» Cominciò a dire.

« “E” cosa?» chiese ancora la donna.

«E, devo assentarmi per qualche ora. Puoi rimanere con i bambini?» chiese a sua volta Tonks, uscendo dal letto e cambiandosi d’abito alla velocità della luce.

«Certo, ma cosa devi fare di così urgente?» chiese la madre.

«Niente di preoccupante, ti spiego quando torno. Puoi restare con loro?» chiese spazientita.

«Certo! Anche se non capisco da cosa dipenda tutta questa fretta» esclamò stupita.

«Non ti preoccupare saprai tutto a tempo debito» così uscì dalla stanza.

Le corsie del San Mungo erano affollate come sempre di guaritori e pazienti affetti dalle più disparate ferite magiche.

Tonks non passò dall’accettazione, ormai la strada per lo studio di Libby la conosceva a memoria. Una volta arrivata nella sala d’attesa, notò che c’erano almeno otto persone prima di lei: fu in quel momento che si pentì di non averle mandato prima un gufo per chiedere se aveva tempo di riceverla. Sconsolata, prese posto vicino ad una donna in avanzato stato di gravidanza e attese il suo turno. Quella sala le ricordò quando aspettava il piccolo Max con le comode poltroncine rosse e i quadri di bambini sorridenti appesi alle pareti che salutavano le donne in attesa, Quella volta però, al suo fianco c’era Remus a tenerla per mano. Ora, invece, era sola proprio come quando aspettava Alexis e attendeva che Madama Chips si liberasse per visitarla.

L’ultima donna uscì dallo studio verso le quattro di pomeriggio con un grosso sorriso stampato in volto,

«Femmina, femmina, femmina!» continuava a ripetere mentre, quasi, saltellava dalla gioia. Tonks la guardò e sorrise.

Poco dopo un’infermiera le si avvicinò annunciandole che la guaritrice Galt poteva riceverla.

Entrata nello studio si soffermò ad osservare le foto dei bimbi appese al muro: riconobbe subito quella di Maximilian che si nascondeva il viso con le piccole manine per non farsi fotografare, Tonks sorrise pensando a quella notte di capodanno di due anni prima. Poco distante c’era quella di Alexandra che, invece, sorrideva felice.

«Ciao Tonks, scusa se ti ho fatta aspettare. Mi ha sorpreso molto sapere che eri qui. Ti senti bene?» chiese la guaritrice.

«Scusami tu per essere piombata qui senza avvertire, è solo che… Oggi ho sentito due fitte molto forti al ventre, non mi era mai successo una cosa simile. In oltre mi sono accorta di avere un ritardo e devo sapere se i miei sospetti sono fondati» disse Tonks.

«Delle fitte hai detto? Beh sì, non è normale, dai vieni, andiamo a scoprire se è tutto a posto e se dobbiamo aspettarci una nuova foto sul mio muro», disse accompagnandola nell’altra stanza.

La visita durò circa mezz’ora e quando Tonks uscì dallo studio, si ritrovò la mente piena di pensieri che si susseguivano in modo confuso ma assillante. La notizia che aveva appena ricevuto meritava una giusta riflessione visto che, probabilmente, le cose sarebbero radicalmente cambiate per tutti loro.

Passeggiò per la città, pensando e ripensando, poi qualcosa dentro di lei si sciolse appena: pensò all’immagine di Remus con in braccio un altro bambino. Decise di tornare a casa, ben sapendo che sua madre, probabilmente, era in uno stato che rasentava la pazzia, a causa dell’ansia.

Andromeda se ne stava seduta sul divano, rigirandosi freneticamente tra le mani un giocattolo del piccolo Max. Appena Tonks comparve in salotto le andò in contro,

«Eccoti! Ero preoccupata, dov’eri finita?» Chiese.

«Mamma, calmati, ti prego», cercò di tranquillizzarla, mentre si toglieva stancamente il mantello.

«E come faccio a calmarmi?? Sei sparita da più di tre ore» disse sempre più agitata.

«Ok, ok. Va bene, sono andata al San Mungo, quelle fitte mi hanno allarmata» disse.

«E cosa ti hanno detto? E’ grave? Avanti parla» chiese con voce stridula Andromeda. «Ecco, Libby è stata molto gentile. Mi ha detto che le fitte dipendono dallo stress accumulato nell

’ultimo periodo: devo cercare di starmene tranquilla a casa per qualche giorno. In oltre, mi ha confermato un sospetto che avevo» disse.

«Quale sospetto? Libby hai detto? La guaritrice Galt? Ma è la stessa che ti ha seguita quando…» balbettò.

«Quando aspettavo Maximilian. Sì mamma, proprio lei» confermò.

«Non sarai di nuovo…»

Tonks non rispose subito, poi notando che lo stato d’agitazione della madre aumentava di secondo in secondo, annuì. Ancora incredula Andromeda scoppiò in lacrime e abbracciò la figlia. In quel momento arrivò Alexis tenendo per mano il fratellino.

«Mamma, perché la nonna piange?» chiese.

«E’ che ho appena ricevuto una bellissima notizia» rispose Andromeda.

«Quale notizia?»

«Venite qui» disse Tonks tirandoli a sé.

«Oggi sono stata da Libby, e mi ha detto che, tra qualche mese, la nostra famiglia si allargherà» continuò, Alexis rimase zitta per qualche istante.

«Sorellina o fratellino?» chiese.

«Non lo sappiamo ancora, è presto» rispose.

« Mmm, ok. Va bene. Anche la zia Molly dice sempre che non c’è due senza tre. Forse si riferiva a questo» disse pensierosa la piccola, aggrottando la fronte proprio come faceva il padre quando rifletteva su qualcosa d’importante, Andromeda e Tonks, vedendola, scoppiarono a ridere, mentre Max continuava a spostare lo sguardo dalla sorella alla madre e poi alla nonna, decisamente sconcertato,

«Sì, probabile», rispose la madre dandogli un bacio sulla guancia, e poi uno anche al fratellino.

«E papà, cosa ne pensa? » Chiese la bambina, Tonks sgranò gli occhi.

«Oh Merlino, Remus!» urlò.

«Mandagli un gufo», suggerì la madre.

«Non è certo una notizia che si può dare via lettera. No, ci vado di persona» disse.

«E quando?» chiese stupita.

«Ora! Sempre se non ti scoccia restare ancora qui» si affrettò ad aggiungere.

«Ma certo, non ti preoccupare. Vai pure» Tonks annuì in segno di gratitudine e, dopo aver salutato i figli, si smaterializzò.

Si materializzò poco distante dal grosso cancello d’entrata del castello. L’aria era molto più frizzante che a Londra, e fu in quel momento che si accorse d’aver lasciato il mantello a casa. Fece una corsa lungo il viale che portava al castello, totalmente ricoperto di foglie secche che scricchiolavano ad ogni suo passo. Una volta arrivata davanti al grande portone d’entrata bussò insistentemente e, dopo circa cinque minuti, Gazza aprì.

«Finalmente, stavo per congelarmi», disse Tonks sfregandosi le mani sulle braccia per scaldarsi, entrando.

«Basta indossare un mantello», commentò sarcastico l’uomo, richiudendo il pesante portone.

«Lo so benissimo. Ma nella fretta l’ho dimenticato a casa. Devo parlare con Remus, subito. Dov’è?» chiese, guardandosi in torno.

«Alle 18.30 sono tutti radunati nella sala grande per la cena, come sempre. Vado ad annunciare il suo arrivo, aspetti qui», disse con tono piatto, cominciando ad incamminarsi lentamente, molto lentamente, verso la sala grande. Tonks si guardò in giro, le grandi clessidre delle quattro case le fecero intuire che Grifondoro era nettamente in vantaggio seguito a ruota da Corvonero, Serpeverde ed infine la sua Tassorosso. Molte decorazioni per la festa di Halloween erano già state appese per l’imminente festa, mentre i personaggi dei quadri la osservavano incuriositi, per quell’arrivo improvviso.

Dopo altri cinque minuti Gazza, col suo passo ciondolante, non era arrivato nemmeno a metà della suddetta sala. Spazientita, Tonks si precipitò dentro, sorpassando il custode, tra il vociare degli studenti che la seguirono, stupiti, con lo sguardo.

Appena Remus la vide si alzò di scatto e le andò in contro,

«Dora, cosa ci fai qui? È successo qualcosa? I bambini stanno bene?» le chiese preoccupato mentre la stringeva tra le braccia. Tonks annuì con la testa, lasciandosi avvolgere dall’abbraccio: Merlino quanto amava stare tra le sue braccia.

«Stanno bene, anzi benissimo. Puoi uscire un attimo? Devo parlarti. Mia madre mi aveva suggerito di mandarti un gufo ma preferisco dirtelo di persona» disse alzando lo sguardo verso di lui.

«Certo, andiamo» rispose facendo strada, dopo esserci congedato dai colleghi.

Visto che fuori l’aria era fredda e Tonks, come gia detto, era senza mantello, decisero di restare all’interno del castello;

«Allora, cos’hai di così urgente da dirmi, da non poter aspettare fino a venerdì sera?» chiese incuriosito, avvolgendola con un braccio in torno alla vita.

«Ora che ci penso, direi che possiamo rimandare a venerdì, tanto abbiamo…»

«E no, ora sputi il rospo» la interruppe.

«Dicevo, tanto abbiamo altri sette mesi per parlarne» disse tranquillamente lei, posandosi le mani sul ventre. Remus si bloccò di colpo, incapace di muovere un solo muscolo, «Amore, ti senti bene? Ho detto qualcosa di strano?» chiese divertita, sventolandogli una mano davanti agli occhi sbarrati.

«D.. Dora, stai forse dicendo che.. noi.. avremo….» balbettò incredulo.

«Sì, Remus, avremo un altro bambino, o bambina, ancora non si sa» finì per lui la frase.

«Dora, è una notizia stupenda!» disse stringendola forte a sé, con le lacrime agli occhi.

«Ora hai capito perché non potevo aspettare venerdì, e volevo dirtelo di persona?» chiese, Remus annuì incapace di dire altro, era talmente felice da non curandosi dei personaggi dei quadri che si erano radunati nel grande dipinto dietro di loro, incuriositi e vociando tra di loro.

Passarono insieme un po’ di tempo, per godersi a pieno quel momento, poi Tonks decise di tornare a casa dai figli.

«Ciao amore, torna presto a casa, ti aspetteremo tutti e quattro con ansia» sorrise, fermandosi sulla soglia del cancello.

«Questi tre giorni saranno più lunghi del solito, dai un bacio ai bambini da parte mia» disse baciandola, per poi vederla scomparire con uno schioppo.

Tornato al tavolo dei professori si sentì gli occhi di tutti puntati addosso,

«Remus, come mai Tonks è piombata qui così all’improvviso?» chiese Silphie, la professoressa Babbanologia, Remus però non rispose, ricominciando a mangiare come se nulla fosse.

«Remus, ti vuoi decidere a parlare?» chiese ancora Silphie.

«Lupastro, per quanto vuoi ancora tenerci sulle spine?» chiese a sua volta Sirius, altrimenti detto “professore d’incantesimi”. Remus, che fino a quel momento aveva tenuto a stento una faccia impassibile, sorrise compiaciuto.

«Sapete, tre è proprio il numero perfetto» disse, lasciando tutti i presenti con dei grossi punti di domanda dipinti in volto.

   
 
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