Personal Tokyo
A un caro amico, augurandogli buona fortuna e
ringraziandolo di tutto. Perché entrambi possiamo brindare ai nostri successi.
Questa
Firenze sembrava Tokyo allora, ricordi? Ricordate?
C’era
tutto quello di cui potessimo aver bisogno per immaginare di essere là. La
nostra pallida e ridotta varietà di manga e strane cibarie colorate sembrava
davvero bastarci. Voi avete mai sentito il bisogno di qualcosa di più? Io no,
stavo bene.
Ricordo
strane jazz fantasies, uno strano aperitivo sul fare della sera, la premiazione
del mio operato.
Quei
film sembravano tutti veri. E arrivammo in fretta a credere che potessero
esistere morti che camminano cantando, e che le bande yakuza fossero proprio
dietro l’angolo, al primo bivio che avessimo incontrato saremmo riusciti a
vedere una sparatoria o un inseguimento, un figlio che seppellisce il padre, un
regolamento di conti.
Tu
non lo puoi sapere, non arrivavi mai in tempo per potertene accorgere, ma il
caro vecchio dottor D. ascoltava sempre dischi jazz prima delle proiezioni. E
mi faceva sentire importante, mi faceva vestire nel modo più elegante che
avessi potuto. Mi nutriva col suo jazz e con quelle assurde schede riassuntive.
Ne hai mai capita una? Confessa, dai. Non ci sente più nessuno.
Io
quella stanza l’ho amata.
I
film, adesso, ci sono ancora.
Ma
non c’è la sala. Si sono trasferiti, lo sai anche tu.
Quante
parole capivi?
Io
dicevo di capirne qualcuna di più di quante non ne capissi in realtà.
Spero
che mi vorrai scusare per questo.
Ricordo
caramelle in graziose scatolette metalliche. Ti avrei chiesto dove le avessi
comprate. Non si trovano in tutti i bar, lo sai?
Quelle
parole sembravano davvero nuove, sembravano dovermi ricordare chi ero sempre
stato. Chi non avevo mai mostrato prima d’ora, se non in lampi di jazz-bebop
fantasies. Non le riconoscevo, quelle parole, a lei dissi che erano nuove, che
le volevo ascoltare, che mi sarei scottato con l’acqua che vedevo bollire su di
te. Sono grato al caso, e questo lo sai, che all’inizio di Aprile con una
meravigliosa sberla mi fece girare, e le piogge smisero di colpo. Non sono mai
più ricominciate, anche tu hai visto che sono felice, che siamo felici. Deve
averti messo fuori strada e sollevato, quel 3 Aprile del 2004. Dove eri mentre
io rinascevo? Vedesti brillare la mia più grandiosa jazz fantasy, dall’alto
delle Rampe? Dove sarai quest’anno? Non perderti, hai chi ti aspetta, anche tu.
Soprattutto,
mostrami che è possibile.
Ricordo
sorpresa nei tuoi e nei suoi occhi. La gioia nei miei ancora non mi abbandona.
Ah,
quel ghiaccio. E tutto era ancora lontano dall’accadere.
Ah,
quel silenzio. E tutto poteva ancora accadere.
Ah,
quel pavimento. E potevo fissare solo quello.
Ah,
quel nuovo arrivato. E potevi quasi ucciderlo.
Mi
avevi chiesto di aiutarti, di non permettere che la tua natura influenzasse
ancora le relazioni con le persone a cui tenevi. A quella richiesta, non seppi
dire di no, non per amore, perché viviamo tutti in questo mondo fluttuante.
Ah,
il mondo fluttuante. Quelle pitture le vedesti prima di me. Le vidi anch’io, ma
in nome di un’altra persona. Quel giorno di verità e sincerità.
E
questa Firenze divenne Firenze.
Non
sentii i grattacieli di Tokyo crollare.
Credo
che tu li abbia sentiti, però.
Triste.
Ti
credei triste.
They fell short this time.
Non
l’ho mai desiderato, e lo dico per tutti.
Per
te, per te, per te. Proprio tutti.
Restano
canzoni.
Un
tuo ultimo slancio, che mi pare dolce
Disincantato.
Triste,
ma ci credi.
Sai,
io credo che
Non
siamo soli, io e te
Amico
mio.
Hai
visto che
Non
sono più
Solo?
E
che
All’amore
Ci
ho creduto?
Capisci
perchè
Cadono
i grattacieli?
Siamo
in salvo, lo sai?
E
adesso,
ti
prego di continuare.
Non
siamo soli
L’amore
ci accompagna
Il
mio è giovane ed esuberante,
il
tuo avanza stabile e costante.
Adesso
raggiungi i moli
Vedrai,
l’acqua non stagna.
La
mia laguna è prosciugata.
Qualcuno
l’ha resa un oceano.
Se ce la fai
Se
ce la faccio io
E
se ce la faranno anche loro
Sai,
io credo
Che
non sia impossibile
Riavere…
pensaci…
La
nostra Tokyo.