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Autore: NarniaWardrobe    11/06/2013    1 recensioni
Ero seduto sul tavolo di legno scuro, con una coppetta di frutta mista in mano, ed una davanti a me, sul pavimento. Con una forchetta, presi un pezzo di cibo e lo mangiai, chiudendo gli occhi per qualche secondo. "Allora, Lou, com'è andata oggi?" Continuai ad infilzare i pezzettini freschi che conteneva la mia ciotola con la forchetta di plastica. Dalla finestra vidi un sole cocente picchiare su ogni superficie, luminoso.
Nessuna risposta, ma decisi di attendere ancora un po'.
Mi alzai, posando la mia tazza sul tavolo, ed andai ad aprire la finestra per far entrare un po' d'aria in quella stanza afosa, dove si soffocava. Girai la maniglia e la tirai verso di me, aprendo il varco che mi separava dall'esterno. Un leggero venticello mi soffiò contro, muovendo leggermente i miei capelli.
Nessuna risposta, ancora.
Genere: Drammatico, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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HE'S NOT HERE.










Ero seduto sul tavolo di legno scuro, con una coppetta di frutta mista in mano, ed una davanti a me, sul pavimento. Con una forchetta, presi un pezzo di cibo e lo mangiai, chiudendo gli occhi per qualche secondo. "Allora, Lou, com'è andata oggi?" Continuai ad infilzare i pezzettini freschi che conteneva la mia ciotola con la forchetta di plastica. Dalla finestra vidi un sole cocente picchiare su ogni superficie, luminoso.
Nessuna risposta, ma decisi di attendere ancora un po'.
Mi alzai, posando la mia tazza sul tavolo, ed andai ad aprire la finestra per far entrare un po' d'aria in quella stanza afosa, dove si soffocava. Girai la maniglia e la tirai verso di me, aprendo il varco che mi separava dall'esterno. Un leggero venticello mi soffiò contro, muovendo leggermente i miei capelli.
Nessuna risposta, ancora.
Fuori, sul prato verde, i bambini rincorrevano le bambine. Alcune si facevano prendere di proposito, per avere le attenzioni dei maschi. Le femmine avevano tutte i vestitini uguali, rosa a quadretti bianchi, mentre i ragazzini dei grembiuli tutti azzurri. Probabilmente andavano all'asilo o ai primi anni delle elementari.
Erano così spensierati, piccoli, felici. Non sapevano cos'era davvero la vita, cosa gli sarebbe aspettato una volta cresciuti. Beati loro. Potevano ancora godersi le belle giornate di sole non dovendo pensare al lavoro o a cose del genere, impegnative.
Tirai un sospiro, ricordando com'ero io da piccolo. Ero cresciuto felice, in una famiglia che mi h sempre dato amore, ma c'era un vuoto dentro di me, qualcosa che mi lacerava dentro, che mi faceva venire voglia di urlare, piangere, annegare nelle mie stesse lacrime, ma non potevo, non volevo.
Chiusi gli occhi e finsi, ancora una volta, che andasse tutto bene, che fossi al massimo della felicità.
Mi girai e vidi le coppette di frutta, la mia a metà. Tornai nel punto in cui ero precedentemente seduto e sollevai la ciotola, prendendo un altro pezzo di cibo.
Sentii dei passi provenire da fuori la stanza dove mi trovavo, poi si aprii una porta, dove spuntò Liam.
"Perchè mangi da solo?" entrò e chiuse la porta dietro di sè. Il suo viso assunse un'espressione confusa, soffermandosi sulla coppetta di frutta davanti a me, ancora piena, lasciata sul pavimento.
Io sorrisi. "Cosa?" spostai lo sguardo verso il punto in cui stava già guardando lui. "Louis è qui con me." indicai il punto in cui c'era la ciotola. Come faceva a  non vederlo? Forse, indicandolo, lo avrebbe visto. Gli sorrisi nuovamente, ma il suo sguardo era ancora interrogativo, preoccupato.
"Harry, Lou è morto nove mesi fa. Devi accettarlo."
"E' QUI." urlai. Mi alzai di scatto, corrugai le sopracciglia, guardando intensamente Liam, che si faceva sempre più vicino. Serrai i pugni, per allontanare la pressione, e chiusi gli occhi, per non pensare a quelle parole che aveva appena pronunciato il mio amico.
Lui scosse la testa, lentamente, poggiandomi una mano calda e accogliende sulla spalla. 
Sentii ancora i bambini che urlavano fuori, all'aperto. Erano felici. Da quanto tempo io non ero così?
"Harry..." Liam cercò di confortarmi, ma era tutto inutile. Lui non era lì. Non c'era. Non c'era e lui non poteva ridarmelo con delle parole buttate al vento.
Io scossi la testa, facendogli capire che era tutto inutile.
I miei occhi si riempirono di lacrime, rendendo meno visibile tutto il mondo che mi circondava. Meglio così. Non aveva più senso vedere. Louis, la cosa più bella che mi sia mai capitata, l'unica cosa per cui valesse la pena vivere, sorridere, non c'era più.
Mi vennero di nuovo in mente delle immagini dei giorni prima della sua morte, così improvvisa.
Lui che cercava di aprire un barattolo di gelato, non riuscendoci, urlando scherzosamente, per farmi ridere; lui che mi abbracciava, sussurrandomi un leggero ti amo, l'ultimo che gli sentii dire, l'ultimo che le sue labbra fini pronunciarono; lui che correva in mezzo al prato, dicendomi di prenderlo, sorridendo, come un bambino.
Tutte immagini che non torneranno più, momenti andati perduti. Al mattino non l'avrei più trovato al mio fianco, mentre aspettava che io mi fossi svegliato, con le braccia attorno al mio collo, augurandomi di passare una buona gornata; non gli avrei più potuto confidare i miei problemi e lui non avrebbe più potuto consolarmi abbracciandomi e attorcigliando una mia ciocca di capelli attorno al suo dito. Non avrei più potuto abbracciarlo, vederlo, parlargli.
Tutto quello che mi restava erano dei video, delle foto, delle voci registrate e dei bellissimi, ormai tristissimi ricordi, delle immagini impresse della mia testa e che speravo non se ne sarebbero mai andate. 
Avevo il terrore di dimenticare la sua voce quando cantava, come un angelo, sorridendo, dando il massimo in tutto e per tutto, o anche quando mi parlava, con una dolcezza infinita, mentre i suoi occhi azzurri, profondi, mi fissavano. Non volevo dirgli addio persempre, non ce la facevo. Significava accettare che il mio amore, l'unica ragione che avessi di vivere, se ne fosse andato. 
Fissai il punto vuoto dove fingevo ci fosse Louis. Il pavimento era spoglio, senza tappeti o altro. Non c'era nessuno.
Le lacrime mi rigarono il viso, scorrendo sempre più velocemente. Più cercavo di fermarle, più il dolore cresceva dentro. Un dolore che mi lacerava il cuore, me lo prendeva, lo tirava fuori dal mio petto e lo calpestava. Era un dolore lancinande che mi prendeva da nove maledetti mesi e non mi lasciava andare.
Anche gli altri ragazzi erano tristi della morte di Louis, ma io ero stato quello più colpito. Nessuno poteva immaginare il dolore che provavo.
Gli altri volevano placare il dolore della sua perdita eliminando tutte le sue foto, tutti i suoi oggetti, svuotando la sua stanza, ormai spoglia.
Io preferivo tenere i suoi oggetti, ma non molto in vista, per non richiamare il dolore ogni minuto.
Ripensai al modo in cui morì. Era stata colpa mia. Ero il colpevole, solo e unico.
Era andato a comprare le caramelle perchè io le volevo, volevo mangiarle con lui guardando un film. Doveva essere la serata perfetta, quella in cui avremmo dovuto essere tranquilli, noi due e basta, tutto il mondo fuori.
Era uscito, aveva attraversato la strada, per andare al negozio, ma non era stato attento, non aveva controllato se stessero attraversando delle macchine, così lo investì un camion. Era stato stupido, tutti continuavano a ripetere che la colpa non era di nessuno, ma ero stato io a farlo morire. Se non avessi detto che volevo quelle cazzo di caramelle, lui sarebbe ancora lì con me, sarebbe ancora a sorridere, a farmi ridere. Il cazzo di motivo per cui lui era morto era stato un mio capriccio.
Altre lacrime, sempre più fredde, taglienti. 
Liam mi abbracciò, ma io non avvolsi le mia braccia intorno a lui. Ero immobilizzato a pensare al suo volto, al suo sorriso pieno di vita. Non avevo mai incontrato una persona così fantastica.
Non avrei mai più rivisto i suoi occhi, non avrei mai più potuto fare l'amore con lui, sussurrargli ti amo. Non l'avrei mai più visto, non avrei mai più avuto alcun contatto con lui.
Il dolore si faceva strada e prendeva ogni centimetro, facendomi quasi esplodere.
Ormai ero abituato alle lacrime, scendevano ogni volta che realizzavo che lui non c'era più. Il mio cuore era, però, sempre più vulnerabile, il dolore era sempre più straziante.
Una volta avevo pensato di suicidarmi, almeno avrei potuto finalmente lasciarmi andare, raggiungere il mio cuore, che era rimasto insieme a quello della ragione per cui mi sveglio la mattina, ma avevo anche pensato al vuoto ulteriore che avrei lasciato a tutte le famiglie e ai miei amici. Non volevo che perdessero un'altra persona.
L'unico modo che avevo per restare con lui era parlare al vento, fare finta che lui fosse stato lì, abbracciare l'aria, sperando che lui potesse ricambiare dal luogo in cui era, sicuramente in Paradiso, lasciare sempre una sedia libera per lui, sperando che si potesse sedere con me, sperare che lui potesse passare un po' di tempo con me, che potesse stare con me anche da lì. Sperare, sperare, sperare. Era l'unica cosa che mi era rimasta.


Ecco la mia prima OS.
Volevo farne una triste, commovente, non so esattamente perchè. Avevo voglia di scrivere un po'.
Lasciate una recensione e mi dite cosa ne pensate?
ciao c:
Twitter: @nexttowilliam
 
  
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