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Autore: Maddy Pattz    11/06/2013    6 recensioni
Questa one-shot racconta una serie di "fuori onda" della 2x13 dal punto di vista dei diversi personaggi, attraverso cui ho tentato di rendere il modo in cui hanno vissuto la morte di Bart Bass. Come ogni racconto che su Gossip Girl che si rispetti il tutto è accompagnato dai maliziosi e pungenti commenti della blogger. I protagonisti assoluti?? Ovviamente Chuck Bass e Blair Waldorf e la loro complicatissima storia d'amore. Aspetto i vostri commenti positivi o negativi che siano. Grazie in anticipo a chi leggerà, sperando che lasci anche un segno del suo passaggio.
xoxo Maddy
Genere: Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Blair Waldorf, Chuck Bass, Nate Archibald, Serena Van Der Woodsen | Coppie: Blair Waldorf/Chuck Bass
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Seconda stagione
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A Miriam, che mi sopporta e mi supporta, nonostante io sia spesso odiosa e pesante. A Miriam, che ha un grande sogno, che riuscirà sicuramente a realizzare, perché ci crede davvero. Ti voglio bene (anche se non te lo dico spesso). Grazie per tutto.  <3
 
Blair e Chuck volteggiavano leggiadri al centro della pista da ballo sotto gli occhi ammirati ed invidiosi delle sue minions e dell’intera sala. Le luci soffuse del ballo Snowflake avvolgevano le loro figure rendendoli quasi irreali, come se l’intera sala stesse contemplando un sogno.
<< Temo di non essermi ancora complimentato>> disse improvvisamente Chuck facendole compiere un’elegante giravolta su se stessa.
<< Per cosa, Bass?>> chiese Blair con uno sguardo indagatore, ma un sorriso leggero sulle labbra, mentre lui la faceva nuovamente scivolare nella morsa dolce e protettiva delle sue braccia. Le piaceva ballare con Chuck, la presenza di lui aveva il potere di innervosirla e calmarla al contempo e le piaceva quella sorta di intimità, che accompagnata dal ritmo dolce di un lento, si creava fra loro.
<< Sei divina stasera>> le soffiò intensamente sulle labbra, con un sorriso affascinato sulle labbra e un luccichio dannatamente serio negli occhi. Blair era abituata ai complimenti di Chuck, lui non aveva mai mancato di fargliene, ma da un anno a quella parte, oltre a provocarle un’ondata di orgoglio e stuzzicare la sua vanità, le coloravano le guancie di qualcosa, che se non fosse stato abilmente celato dal phard di Chanel, sarebbe potuto essere facilmente individuato come rossore.
<< Solo stasera?>> chiese indignata e allacciandogli le braccia al collo, segno che a dispetto del tono non si era affatto offesa. Era curiosa di conoscere la risposta di Chuck, che sarebbe stata certamente galante.
<< Tu sei sempre divina, Blair>>  le disse Chuck con un sorriso a metà tra il divertito e l’esasperato, alzando gli occhi dal cielo.
<< Bugiardo>> lo rimbeccò divertita lasciandogli uno scappellotto sulla nuca. Chuck scoppiò a ridere, avvicinandola ancora un po’ a lui. Blair si sentiva come una ragazza che scherza con il proprio fidanzato, ma dovette cancellare quel pensiero, con la stessa rapidità con cui questo aveva fatto capolino, nel constatare quanto loro due fossero in realtà molto lontani dall’essere una coppia. L’amarezza e l’incertezza le zampillarono nel petto, ma furono rapidamente dimenticati, quella sera non aveva voglia di pensare e anche la finzione le andava bene. Non era pronta ad affrontare il labirinto di Creta che erano i suoi sentimenti, né tantomeno quelli di Chuck, perché quella sera, erano solo loro due sospesi nella loro bolla.
<< Blair …>> mormorò Chuck appoggiando la fronte contro la sua e trapassandola con un’occhiata penetrante, che le fece accelerare precipitosamente il battito cardiaco. La voglia di baciarlo e di perdersi con lui, la sommerse, annebbiandole la mente di una rossa foschia, che non la spaventava, al contrario la possedeva dolcemente. Blair deglutì appena, tentando  di celare l’emozione, quando una mano di Chuck si posò sulla sua guancia. Le loro labbra si fecero più vicine e i loro respiri si confusero in quel mix dolce, pungente, forte, amaro, sconvolgente, che li rispecchiava profondamente. A rompere il loro Eden fu la voce di Serena, che esclamò: << Chuck!>>.
Le dita di Chuck abbandonarono di mal voglia la sua guancia, ma un braccio rimase attorno alla sua vita mentre entrambi si voltavano verso Serena con la medesima espressione irritata dipinta sul viso. Blair sentì l’irritazione scemare rapidamente quando vide l’espressione sconvolta della sua migliore amica. L’ultima volta che l’aveva vista in un simile stato le aveva confessato di aver ucciso un uomo.
<< S che è successo?>> le domandò preoccupata corrugando le sopracciglia.
<< Bart ha avuto un incidente, è ricoverato al Lenox Hill Hospital>> rispose Serena torturando nervosamente la pochette color crema fra le mani. << I medici dicono che le sue condizioni sono gravissime>> aggiunse con le lacrime agli occhi. 
Blair si portò una mano alla bocca e alzò immediatamente lo sguardo, allarmato e  ansioso, sul viso di Chuck, che pareva pietrificato.
<< Chuck …>> mormorò dolcemente dopo qualche istante di immobilità e silenzio assoluti sfiorandogli un braccio. Lui sussultò e abbassò lo sguardo sconvolto e scioccato su di lei. << Vai con Serena. Tuo padre ha bisogno di te>> continuò cercando di controllare il tremolio della propria voce.
Chuck si avvicinò a Serena, mormorando deciso: << Andiamo>>. Blair li guardò allontanarsi fra le coppie che danzavano sulle ultime note del lento, annuendo al gesto di Serena, che le prometteva di chiamarla più tardi. L’assenza di Chuck e la preoccupazione per lui la condussero sull’orlo delle lacrime, ma tragedia o no, era pur sempre la Regina di Ghiaccio e non avrebbe permesso a nessuno di vederla piangere, si voltò su se stessa e, facendo appello agli ultimi rimasugli del suo autocontrollo, si fece ridare il cappotto e uscì nella fredda aria newyorkese in attesa della propria limousine. Solo quando fu al sicuro dagli sguardi altrui nell’abitacolo di questa si concesse il lusso di far scorrere le lacrime, sperando con tutta se stessa che non succedesse niente che potesse distruggere completamente il già precario equilibrio di Chuck.
 
Nate si stava godendo la piacevole compagnia di Vanessa nell’intimità di un locale, dalle luci soffuse, sulla settantaquattresima strada, quando la suoneria pimpante del suo telefonino interuppe la loro conversazione sussurrata e intervallata da baci.
<< Scusa, mi sono dimenticato di spegnerlo>> sbuffò separandosi dalla sua ragazza a cui accennò un sorriso di scuse. Estrasse il telefono dalla tasca, fermamente intenzionato a spegnerlo, quando il nome che lampeggiava sul display attirò la  sua attenzione, convincendolo a rispondere. Dopotutto Blair non lo chiamava mai ad un’ora così tarda.
<< Ciao Blair>> disse aprendo la comunicazione e non sapendo bene cosa aspettarsi. Non gli sfuggì la vena di irritazione che serpeggiò negli occhi di Vanessa al sentir nominare la sua ex fidanzata.
<< Nate grazie al cielo!>> esclamò sollevata la voce di Blair. Il tono di lei lo sorprese non poco, non era da Blair essere così poco composta e posata.
<< È successo qualcosa?>> le chiese ansioso, improvvisamente preoccupato per le loro comuni e più strette conoscenze.
<< Bart Bass ha avuto un incidente. È ricoverato al Lenox. Le sue condizioni sono piuttosto gravi>> rispose Blair.
<< Oh mio Dio>> rispose solo. Bart Bass non gli era mai piaciuto particolarmente, soprattutto quand’era bambino, ed aveva sempre provato un moto di irritazione e fastidio nel vedere come trattava Chuck, ma sapeva che se gli fosse successo qualcosa il suo migliore amico ne sarebbe rimasto devastato.
<< Nate cosa facciamo?>> gli domandò Blair, i cui sentimenti probabilmente non erano poi così differenti dai suoi.
<< Aspettiamo, se le cose peggiorano lo raggiungiamo all’ospedale. Tienimi aggiornato mi raccomando>> rispose, scuotendo leggermente la testa alla domanda muta e piena di perplessità negli occhi azzurro ghiaccio di Vanessa.
<< Okay>> sospirò lei. Nate lasciò scivolare nuovamente il telefono nella tasca del cellulare e si sfregò le tempie, abbandonandosi contro lo schienale imbottito della sedia.
<< Qualcosa non va?>> domandò Vanessa con dolcezza, prendendogli una mano fra le proprie.
<< Bart Bass ha avuto un incidente e le sue condizioni sono decisamente gravi. Se dovesse morire, non credo che Chuck riuscirebbe ad accettarlo>> rispose aprendo gli occhi e fissandoli in quelli comprensivi di lei.
<< Andrà tutto bene Nate. In qualunque caso Chuck ha te, Blair e Serena>> lo rassicurò sorridendo con quella sua purezza, così palese ed introvabile nel suo mondo. Forse era questo  che amava in Vanessa, il suo essere così diversa da tutto ciò che lo aveva sempre circondato. Si sentì risollevato dalle sue parole, perché aveva ragione qualunque cosa fosse successa Chuck avrebbe potuto contare su di loro, con un filo di pessimismo si ritrovò a chiedersi se sarebbe stato abbastanza.
 
Serena odiava gli ospedali fin da quando era bambina. Odiava l’odore di disinfettante che impregnava l’aria, odiava il loro essere asettici e così terribilmente angoscianti. Seduta su una poltroncina accarezzava i capelli di Eric, che teneva la testa appoggiata contro la sua spalla alla ricerca di conforto. Sua madre era seduta accanto a lei e fissava con vana concentrazione la porta, lanciando di tanto in tanto un’occhiata a Chuck, che misurava il corridoio a grandi passi. Non si erano scambiati neanche una parola da quando avevano messo piede in ospedale e il silenzio fra di loro era pesante, intervallato solo dal rumore ovattato dei passi di Chuck e dai sospiri tesi di sua madre.
<< Signora Bass?>> chiese una donna sulla cinquantina con il viso scavato dalle rughe e dalla fatica.
<< Si mi dica>> rispose sua madre alzandosi di scatto e guardando la donna ansiosamente. Per Serena non fu difficile intuire che le notizie che la donna portava non era affatto buone. I passi di Chuck si arrestarono.
<< Forse sarebbe meglio parlarne in un luogo più appartato>> suggerì la donna accennando con il capo a lei, Eric e Chuck. Sua madre li guardò per qualche istante e poi volgendosi nuovamente alla donna, con la calma e la compostezza tipica di una Rhodes, disse: << Sono i nostri figli. Hanno il diritto di sapere>>.
<< Suo marito è morto>> disse, senza alcun preambolo, cortese e decisa. << Mi dispiace>> aggiunse. Sua madre, che aveva soffocato un singhiozzo, non parve affatto toccata dalle parole di cordoglio del medico e domandò se potevano vederlo. Con un cenno affermativo del capo la donna acconsentì. Serena si morse il labbro, fermamente decisa a non piangere, voleva essere forte e sostenere la sua famiglia come non aveva fatto nei mesi in cui era stata in collegio. Si alzò e, tenendo Eric per mano, seguì sua madre nella stanza, non ebbe bisogno di guardarsi indietro per vedere se Chuck  era con loro, sentiva il suo respiro affannoso. Non aveva il coraggio di guardarlo in faccia per vedere la sua espressione e fu per questo che tenne lo sguardo ostinatamente rivolto dinanzi a sé.
 
Se Chuck  ripercorreva i suoi ricordi, non riusciva a trovarne neanche uno in cui suo padre fosse rilassato o disinvolto, figuriamoci poi affettuoso. In diciotto anni non aveva mai visto il viso di Bart Bass modellato da qualcosa che non fosse arroganza o la sempiterna freddezza, neanche quando aveva sposato Lily. Fu forse per questo che vedere il suo viso assolutamente rilassato e sereno in quel momento lo sconvolse così tanto. Lo odiò, di un odio feroce e violento. Lo odiò, perché solo da morto gli aveva permesso di intravedere la sua umanità, ma più di chiunque altro odiò se stesso e il dolore, che lancinante gli dilaniava il petto. Bart non era mai stato un “padre modello”, a dir la verità non era mai stato un padre, si limitava a firmare ingenti assegni e a ricordargli, ogni qualvolta che ne avesse l’occasione, che era il suo  più grande fallimento.
Nonostante tutto, Chuck aveva imparato, in modo contorto e ben nascosto, ad amarlo, benché spesso sentisse di odiarlo con ogni singola cellula del suo corpo. Negli ultimi tempi aveva deciso di migliorare, di diventare l’uomo di cui suo padre potesse essere orgoglioso, perché almeno una volta nella vita desiderava vedere negli occhi gelidi di Bart la stessa luce fiera e paterna che aveva sempre visto negli occhi del Capitano quando parlava di Nate o in quelli di Harold Waldorf ogni qualvolta guardava Blair, ma lui era morto e non avrebbe più potuto dimostrargli alcunché.
Guardò Lily, Serena ed Eric, che in qualche modo negli ultimi mesi erano diventati una sorta di famiglia per lui e sentì di non appartenervi più. Del resto perché avrebbero dovuto volerlo? Nessuno di loro era legato da un qualsiasi obbligo nei suoi confronti adesso. Suo padre non gli era mai stato vicino, eppure adesso che era morto si sentiva straordinariamente solo, privato della sua illusione di poter trovare in Bart un genitore.
I singhiozzi di Eric saturarono l’aria ed improvvisamente si sentì come soffocare. Non poteva più stare lì, doveva andarsene, scappare dalla realtà e dal suo dolore. Iniziò ad arretrare, forse troppo bruscamente, perché Serena e Lily si voltarono di scatto verso di lui.
<< Charles non andartene. Siamo una famiglia>> lo implorò Lily allungando una mano, come a volerlo trattenere. Arretrò ancora andando a sbattere contro lo stipite della porta.
<< Chuck stai con noi>> ripeté Serena con gli occhi lucidi. Si voltò di scatto, incamminandosi per il corridoio, non voleva la loro pietà o il loro dolore, voleva solo l’oblio.      
 
Blair, che si era limitata ad indossare il cappotto sopra il pigiama firmato La Perla, risalì il corridoio dell’ospedale, decisamente poco affollato a quell’ora della notte, insieme a Nate, ancora in smoking. Si era quasi addormentata quando il messaggio di Serena, che la informava della morte di Bart, l’aveva riscossa. Aveva immediatamente avvisato Nate, sconvolta, i suoi pensieri dominati solo dall’angoscia per Chuck, e lui era andato a prenderla per raggiungere Serena e la sua famiglia in ospedale. Non si erano scambiati neanche una parola durante il viaggio in limousine.
<< Eccoli>> esclamò Nate improvvisamente indicandogli un punto poco lontano da loro. Serena era stretta fra Humphrey e il suo fidanzato, soffocata ed infastidita dalle inopportune attenzioni di entrambi.
<< Aria>> decretò Blair, riacquistando la sua attitudine al comando e rivolgendosi a Humphrey e fidanzato, quando fu vicina a Serena. I due la guardarono sorpresi, ma si scostarono.
<< B>> sussurrò la sua migliore amica con gli occhi pieni di lacrime, che aveva sicuramente trattenuto.
<< S>> mormorò abbracciandola e mordendosi le labbra per non scoppiare a piangere lei stessa come la sua migliore amica. Rimasero allungo strette in quell’abbraccio soffocante, dondolando leggermente sul posto.
<< Grazie>> le sussurrò Serena quando si separarono.
<< Per cosa?>> le chiese stupita inarcando le sopracciglia ed asciugando con un gesto veloce della mano una lacrima che, dispettosa, aveva fatto capolino.
<< Di essere la mia migliore amica e di esserci sempre, anche nei momenti dannatamente schifosi>> le rispose Serena con un sorriso increspato di tristezza, sedendosi su una sedia.
<< Ti voglio bene>> le sussurrò pianissimo, timorosa che qualcuno la sentisse, appoggiando la testa sulla spalla di Serena, che le prese la mano.
<< Chuck?>> domandò Nate guardandosi intorno ed accucciandosi davanti a lei e Serena.
<< Fuggito chissà dove con chissà chi>> rispose Serena. << Mi dispiace B>> aggiunse rivolgendole uno sguardo triste.
<< Non mi aspettavo qualcosa di diverso S, è esattamente come da copione Bass. Dopo diciotto  anni ci sono decisamente abituata>> rispose scuotendo la testa.
<< Tornerà. Sarà sicuramente al Palace ad affogare nel Single Malt>> sospirò Nate passandosi una mano nei capelli.
<< O con qualche squillo d’alto borgo o dal suo spacciatore di fiducia>> aggiunse Blair con amarezza. Sapeva bene che lui non avrebbe permesso a nessuno di stargli accanto e tentare di proteggerlo dalla sua autodistruzione, non subito almeno. Né Serena, né Nate ribatterono entrambi sapevano che stava dicendo la verità. Serena si appisolò sulla sua spalla dopo qualche minuto e Nate sprofondò nella sedia al suo fianco, pensieroso, lanciandogli un’occhiata per assicurarsi che non la stesse guardando e estrasse il suo cellulare digitando velocemente un messaggio: “Dove diavolo sei, Chuck? Sono preoccupata. Tutti siamo preoccupati. Chiamami, per favore. B”.
<< Lo sai che non risponderà, vero?>> chiese Nate. Sussultò come una bambina colta con le mani nella marmellata.
<< Tentar non nuoce>> replicò abbassando gli occhi, quella notte non voleva essere Blair, la fredda ed implacabile Regina dell’Upper East Side, ma solo Blair Waldorf, follemente preoccupata per una delle persone che amava.
 
Lily Roldsh, ormai vedova Bass, non ricordava neanche quante volte nelle ultime ore avesse chiamato il cellulare di Chuck e quante altrettante si era sentita annunciare dalla sua voce, con  un lieve accenno di sarcasmo, l’attivarsi della segreteria telefonica.
<< Tesoro non dirmi che quello è il vestito che portavi al ballo>> esordì Cece facendo elegantemente la sua comparsa sulla soglia di quello che era stato l’ufficio di Bart. I capelli grigi con una lieve ombra biondo grano erano raccolti in un imbeccabile chignon dall’aria austera, il corpo snello, nonostante l’età avanzata, era avvolto in un tallieur di Gucci color tortora e gli occhi illuminati dalla consueta ironia, tagliente e carezzevole.
<< Mamma>> sospirò semplicemente alzandosi e poggiando il telefono sulla scrivania di mogano scuro.
<< Eric è andato a dormire e con Serena ci sono Blair e Nathaniel>> disse Cece andandole incontro e stringendola in un abbraccio morbido, ma caratterizzato dal consueto distacco.
<< Non è per loro che sono così preoccupata>> replicò separandosi dalla madre ed osservandola stancamente.
<< Immagino che sia perché Charles è sparito>>. La noncuranza con cui Cece pronunciò quelle poche parole generalmente l’avrebbe fatta infuriare, ma in quel momento era troppo stanca e svuotata dagli avvenimenti delle ultime ore.
<< Mamma so che è difficile capirlo, ma io voglio bene a Charles e mi sento responsabile come un genitore nei suoi  confronti>> le disse seriamente trapassandola con un’occhiata decisa, erano ormai lontani i giorni in cui sua madre aveva il potere di mettere in discussione la sua vita e le sue scelte.
<< Visto che sono anche io una mamma, cara e anche io, a modo mio, mi preoccupo dei miei figli, facciamo una cosa: vai a riposare qualche ora e io cerco Charles, abbiamo abbastanza cose in comune, non avrò certo difficoltà a trovarlo>> le disse Cece con il sorriso di chi la sapeva lunga. Lily sapeva che quello era il modo di sua madre di comunicarle il suo affetto e il suo sostegno.
<< Va bene>> sospirò avviandosi fuori dallo studio, ma la voce di sua madre la richiamò facendola tornare sui propri passi.
<< Fatti una doccia e cambiati assolutamente d’abito. Il lutto come il divorzio si deve sempre affrontare con un tubino nero di Chanel>> le disse Cece sorridendo altezzosamente.
 
<< Ho trovato Chuck>> esordì Blair entrando a passo deciso nell’attico dei Van der Woodsen che trovò riuniti al gran completo a tavola, intenti a fare colazione. Il suo look era formale e molto sobrio: giacca blu scuro, sagomata e firmata Armani, abbinata a una gonna al ginocchio del medesimo colore e a una camicetta di seta grigia, che ricordava per l’elaboratezza gli abiti di Maria Antonietta, regina di Francia e maestra d’eleganza.
<< Dov’è?>> le domandò Lily alzando gli occhi su di lei e la preoccupazione che li animava colpì profondamente Blair.
<< Al Palace. Rintanato nella sua suite con un una buona dose di alcool>> rispose poggiando la borsetta ed accomodandosi alla destra di Serena. Nonostante le sue insistenti telefonate, a cui Chuck non aveva risposto, non aveva scoperto dove fosse fino a qualche ora prima, quando aveva chiamato il Palace scoprendo che si era rifugiato nell’ultimo posto in cui avrebbe pensato che si eclissasse. In un certo senso aveva tirato un sospiro di sollievo alla notizia, almeno Chuck non aveva abbandonato New York.
<< Grazie al cielo>> sospirò Lily rilassandosi contro lo schienale della sedia.
<< Come sta?>> le domandò Eric, sporgendosi in avanti e mordendosi il labbro. Blair sapeva che Chuck, nonostante la sua personalità eccentrica e spesso totalmente immatura, era diventato un punto di riferimento nella vita affettiva del giovane Van der Woodsen  e non stentava a crederlo, dopotutto aveva toccato il suo cuore in modo tanto sconvolgente da far apparire l’amore per Nate una mera cotta adolescenziale.
<< Non lo so. Ho bussato per più di mezz’ora, ma naturalmente non mi ha aperto e Nate non ha avuto più successo di me, ma almeno sappiamo che mangia. Il direttore mi ha informato che, ieri notte dopo essere tornato in albergo, ha immediatamente ordinato da mangiare>> rispose guardando Lily negli occhi e tentando di scacciare il ricordo di lei e Nate, che avevano pateticamente e inutilmente sperato che Chuck aprisse loro la porta, convinto dalle loro parole.
<< Almeno sappiamo che è in città>> commentò con leggerezza Cece, a cui Blair lanciò un’occhiata scettica e un filo sprezzante.
<< Dovrebbe stare con le persone che lo amano in questo momento, non da solo in un’anonima camera d’albergo>> rispose tagliente sfidando apertamente con lo sguardo Cece, che si limitò a un sorriso accondiscendente, replicando: << Indubbiamente, ma è un Bass. Ha bisogno di tempo>>.
Le parole di Cece la colpirono troppo affondo, anche lei sapeva che Chuck aveva bisogno di tempo, ma se riuscisse ad accettarlo era altra cosa.
<< Ora devo andare. Chiamami per qualsiasi cosa, S e a qualsiasi ora>> disse alzandosi e sorridendo dolcemente alla sua migliore amica, che annuì con un sorriso mesto. << Humphrey e fidanzati di troppo compresi>> aggiunse facendole l’occhiolino, che strappò a Serena un sorriso divertito.
<< Grazie B>> rispose stampandole un bacio sulla guancia.      
 
Chuck aveva sempre pensato che l’Inferno fosse un luogo che gli apparteneva di diritto e se era davvero come l’aveva descritto quel lontano poeta italiano, si immaginava a regnare indiscusso sui lussuriosi. Aveva pensato, con un certo e sempiterno compiacimento, che era l’unico luogo a cui poteva essere destinato. Non aveva mai pensato che sarebbe invece precipitato fra le spire nebbiose ed anonime del limbo. Limbo in cui improvvisamente fece la sua comparsa un angelo con una morbida cascata di boccoli di mogano, fasciata in un tubino nero di Chanel e con ai piedi un paio di ballerine Louboutin  in tinta.
<< Chuck>> mormorò dolcemente la voce dell’angelo fra la nebbia che avvolgeva la sua mente. << Apri gli occhi per favore>> continuò la voce e un paio di dita sottili, che avrebbe riconosciuto ovunque, gli sfiorarono la fronte. Ebbe improvvisamente la percezione del suo corpo, che sentiva saturo d’alcool e spossato, e riuscì ad aprire gli occhi, ritrovandosi davanti al delizioso viso di Blair, corrucciato per la preoccupazione.
<< Nate non è in coma etilico. Non ci serve un medico>> commentò sollevata alzando lo sguardo.
<< Hey amico non hai una bella cera>> disse il suo migliore amico, tentando palesemente di sdrammatizzare e comparendo nel suo campo visivo.
<< Stai bene?>> gli domandò Blair guardandolo teneramente da sotto le folte ciglia, benché i suoi occhi non fossero valorizzati da ombretti ed eye-liner, Chuck sapeva che prima di uscire si era truccata, forse per coprire le occhiaie e i segni della stanchezza, che, tuttavia, lui non aveva fatto fatica a distinguere nonostante fosse ancora annebbiato dall’alcool e dalla droga. Sapeva essere straordinariamente lucido, a prescindere dalla situazione, quando si trattava di Blair Waldorf.
<< Starei meglio se tu fossi nuda fra le mie lenzuola>> rispose lascivo con un sorriso amicante e malizioso. L’espressione di Blair passò repentinamente dalla tenera preoccupazione all’irritato disgusto.
<< Direi che sta meglio, è il solito depravato>> disse Blair sbuffando delicatamente, ma nei suoi occhi c’era qualcosa di molto simile al sollievo.           
<< Direi che ha bisogno di una doccia>> osservò Nate.
<< Concordo. Santo cielo Bass, ma cosa hai bevuto? Puzzi da morire>> sbottò lei, arricciando il nasino aristocratico.
<< Non ricordo francamente. Ho smesso di farci caso dopo la prima sniffata di coca>> rispose, guardandola e sentendo nuovamente la nebbia trarlo in ostaggio.
<< Coca?!?>> esclamò Blair sbarrando gli occhi e guardandosi in torno. Non fece fatica a trovarla, benché Chuck non ricordasse affatto  di averla lasciata sul comodino. Non si aspettava minimamente che Blair la ributtasse con decisione nella bustina e la gettasse nel gabinetto con tanta nonchalance. Non poté fare a meno di paragonarla a una creatura angelica mentre lo faceva, nonostante stesse gettando alle fogne ottocento dollari di eccellente polvere bianca.  Una creatura angelica, che varcate le porte del suo personale inferno vi si muoveva con grazia e candore irreali, abbagliando ed inghiottendo l’oscurità. Si chiese se quella luce sarebbe stata abbastanza forte da sopravvivere all’oscurità o se questa l’avrebbe inghiottita e macchiata, privandola della sua purezza.
<< Forse dovremmo farlo vomitare>> disse Blair.
<< Lo sai che a volte la tua capacità di affrontare simili situazioni con tanta nonchalance talvolta mi terrorizza?>> domandò Nate sbalordito.
<< Dimentichi che sono la migliore amica di Serena Van der Woodsen. Sono abituata a simili scene>> rispose Blair, mentre Chuck sentiva le mani di Nate scuoterlo e risollevarlo. Il suo migliore amico lo trascinò in bagno, il cui odore di pulito gli rivoltò completamente lo stomaco, già seriamente scombussolato. Non seppe neanche come riuscì a liberarsi della presa di Nate e chinarsi sul water in preda ai conati. Vomitò violentemente sentendosi sempre più spossato e svuotato, l’unica fonte di sollievo nel bel mezzo di quel tormento furono le mani delicate di Blair, che gli accarezzavano la fronte.
<<  Hey>> mormorò lei preoccupata carezzandogli una guancia. Quello che lesse negli occhi di lei, che amava così tanto, lo sconvolse, vi era quanto di più simile all’ amore avesse mai conosciuto. Non poteva permetterlo. Non doveva.
<< Smettila di fare la crocerossina Waldorf. Non ho bisogno della tua compassione>> sputò sprezzante. Le dita di lei si ritrassero come scottate e si alzò ferita, quasi con le lacrime agli occhi.
<< Lavalo e vestilo Nate>> mormorò prima di chiudersi la porta alle spalle.
 
Blair dovette respirare più volte a fondo e ripetersi che Chuck era fatto ed ubriaco per impedire alle lacrime di trasbordare. Si sentiva terribilmente fragile e sciocca. “Maledetto il giorno in cui mi sono innamorata di te, Bass”, pensò e si immobilizzò stupita dal suo stesso pensiero. Non era mai riuscita a confessarsi tanto chiaramente di essere innamorata di Chuck Bass, timorosa che quelle parole potessero farle dannatamente male. Amava Chuck e voleva stargli vicino in quel momento, anche se questo comportava dover soffrire. Il suo dolore, per quanto grande ed intenso, in quel momento non poteva assolutamente equiparare quello di lui, per cui decise che sarebbe stata assolutamente calma ed impeccabile.
<< Hai di nuovo un aspetto umano>> osservò scuotendo appena i boccoli scuri quando Chuck, fasciato nel suo completo nero di Gucci, riemerse dal bagno sostenuto da Nate.
<< Dovresti sistemargli i capelli, sono un disastro>> disse Nate facendo accomodare Chuck su una poltroncina.
Sotto le sue dita rapide e sapienti i capelli di Chuck furono asciugati e sistemati accuratamente. Si godette il più possibile quel momento, tentando di non concentrare i propri pensieri su come le sue dita si divertissero a torturarli mentre facevano l’amore.
Nella hall del Palace, dove fecero la loro comparsa una decina di minuti dopo, attirarono gli sguardi della maggior parte dei presenti. Li osservavano, tentando di cogliere la minuzia di ogni più piccolo loro gesto, che sarebbe stata sicuramente analizzato, con un filo di perfidia e critica, nell’opulenza dei loro salotti e dei loro club. Blair ricambiò ogni sguardo che aveva occasione di incrociare con onnipresente superiorità e elegante freddezza, stringendo la presa attorno al braccio di Chuck, che evidentemente ritenne decisamente inopportuni ed insopportabili gli sguardi altrui, infatti urlò:<< Che diavolo avete da guardare?!?>>. Tutti si affrettarono a distogliere lo sguardo, profondamente imbarazzati, commentando a bassa voce fra di loro. Blair, sussultò quasi alla rabbia nel tono di lui e gli carezzò premurosamente un braccio. Lui abbassò solo per qualche istante gli occhi su di lei e per un attimo le parve di scorgervi una dolorosa e muta richiesta di aiuto, ma prima che potesse esserne certa lui distolse lo sguardo.
<< La suite del signor Bass deve essere pulita e riordinata>> ordinò imperiosamente alla receptionist bionda, che strinse gli occhi, memore probabilmente del loro scontro di quella mattina, ma annuendo ossequiosamente.
<< Signorina Waldorf l’hotel è letteralmente assediato dai giornalisti e non credo che il signor Bass voglia incrociarli oggi>> disse il direttore facendo la sua comparsa a fianco della ragazza bionda.
<< La limousine del signor Bass è in garage?>> domandò dopo qualche secondo di silenzio.
<< Naturalmente>>.
<< Perfetto. Partiremmo direttamente da lì senza dover uscire fuori>> disse decisa. Il direttore annuì, solerte.
Benché la limousine fosse stata presa d’assalto da alcuni fotografi, i vetri scuri dell’auto li avevano celati agli sguardi e tenuti al sicuro. A rovinare l’atmosfera quieta, fu tuttavia Gossip Girl.
A giudicare dalle urla il nostro Chuck non sembra affatto amare gli sguardi altrui come al solito oggi. Fortuna che al fianco del nostro cavaliere oscuro, ormai definitivamente orfano, c’è B che, insieme a Nate Archibald, l’ha scortato fuori dal Palace. Che i sentimenti della nostra Regina per C siano qualcosa di più di una semplice amicizia? Solo il tempo potrà dircelo. Xoxo Gossip Girl”.
Blair strinse il telefonino, mordendosi le labbra per non imprecare come una sciacquetta qualsiasi dei bassi fondi newyorkesi, ma si distrasse improvvisamente quando Chuck abbandonò la testa sulla sua spalla intrecciando le dita con le sue e chiudendo gli occhi. Ricambiò la stretta, ignorando lo sguardo piacevolmente stupito di Nate.
 
<< Sei sparita prima, dov’eri?>> chiese Serena a Blair, quando sprofondarono sul divano dei Van der Woodsen al termine del funerale di Bart.
<< Ho cercato di convincere Chuck a rimanere>> rispose la sua migliore amica abbassando gli occhi. << E lui se ne è andato, nonostante gli abbia detto “ti amo”. Mi sento così sciocca S, perché per un momento ho pensato che ricambiasse i miei sentimenti>> continuò con un sospiro, gli occhi gonfi di lacrime ed improvvisamente Blair le parve insolitamente delicata, un fragile giglio e non la tagliente ed elegante spada, che era solita essere.
<< Ti sei innamorata sul serio, non è vero?>> le chiese dolcemente accarezzandole lievemente un braccio.
<< Si>> sospirò guardandosi attentamente le unghie perfette. Serena lo sapeva da tempo, ma sentirglielo dire con tanta arrendevolezza e consapevolezza, la sorprese. Blair aveva amato Nate, ma il loro amore era stato qualcosa condizionato perlopiù da una serie di incondizionate paure di entrambi piuttosto che da un sentimento potente. L’amore per Chuck era intenso e drammatico, un fuoco, che annientava entrambi e li faceva rinascere ogni volta ancora più gloriosi e potenti dalle loro ceneri. L’amore di Blair per Chuck era maturo, nonostante i palesi ed enormi difetti di entrambi.
<< È innamorato di te Blair. Molto più di quanto tu possa immaginare>> esordì Nate, sedendosi dinanzi a loro e guardando profondamente Blair, con una serietà che rare volte aveva sfiorato il suo giovane viso.
<< Non è necessario che tu menta Nate>> lo seccò bruscamente Blair con gli occhi improvvisamente fieri. Serena in tanti anni trascorsi insieme a Blair aveva imparato che poche cose potevano farla seriamente arrabbiare e una di queste era certamente l’altrui compassione nei suoi confronti.
<< Non sto mentendo. Mi ha confessato di essersi innamorato di te al matrimonio di Lily e Bart>> replicò Nate e Serena lo guardò sbalordita, sbattendo le ciglia. Chuck Bass, il diavolo dell’Upper East Side e la persona più chiusa che avesse mai conosciuto, aveva ammesso apertamente di amare Blair?
<< Importa qualcosa? Se n’è andato Nate, evidentemente  non mi ama abbastanza>> replicò Blair amaramente, affondando con decisione i denti nel carnoso labbro inferiore, come se quel gesto potesse arginare le lacrime, che premevano per essere versate.
 
Lily si passò stancamente una mano sul viso mentre scendeva le scale diretta in salotto, dove trovò una figura maschile avvolta in un completo scuro. Nonostante la stanza fosse in penombra non le riuscì difficile riconoscere la figura, l’odore di scotch che impegnava l’aria era un inconfondibile marchio di Chuck.
<< Conosco il tuo segreto Lily. Non sapevo ne avessi di tanto scabrosi nascosti nell’armadio fra i tuoi innumerevoli abiti da sposa>> esordì Chuck voltandosi e osservando con un sorriso perfido la busta gialla fra le sue mani.
<< Mia madre …>> balbettò Lily, sentendosi quasi mancare. Quel segreto era davvero troppo grande e non poteva permettersi che venisse alla luce proprio ora che lei e Rufus si stavano riavvicinando.
<< Mentiva>> la interruppe Chuck con un sorriso trionfante. << Devo ammettere che mi piace il suo stile, davvero diabolico>> aggiunse divertito, con gli occhi pieni della vittoriosa tracotanza di chi è sicuro di vincere. Lily aveva sempre provato una certa empatia per Chuck e in quel momento comprese perché, entrambi avevano avuto due genitori incapaci di sostenerli ed amarli per ciò che erano, costringendoli ad inseguire ciò che volevano che fossero.
<< Cosa pensi di fare adesso, Charles? Puoi annientarmi con quel segreto, definitivamente, ma lascia che ti dica una cosa non cambierai le cose. Tuo padre non era capace di amare, non amava me e neanche te. Gli importava solo di se stesso e di avere il mondo ai suoi piedi e ai suoi comandi. Non fare il suo stesso errore, puoi ancora diventare un uomo migliore>> gli disse guardandolo dritto negli occhi, che vide farsi confusi e angosciati. << Non allontanare le persone che ti amano, Charles. So che per te è difficile, ma provaci. Io ti aspetterò per tutto il tempo che sarà necessario>> concluse lanciandogli un sorriso e uno sguardo materno. Aveva imparato a voler bene a quel ragazzo, forse perché le riportava alla mente se stessa e la solitudine in cui, come lui,  si era dibattuta per anni. Voleva essere la sua famiglia e quella madre che non aveva mai avuto, ma che era sicura avesse amato. Gli voltò le spalle, perché aveva imparato, dopo i suoi innumerevoli errori con Eric e Serena, che una volta indicata ai figli la giusta strada, bisognava dar loro la libertà di scegliere se imboccarla.
 
Chuck non sapeva esattamente come si fosse ritrovato ad essere seduto sul letto di Blair. Ricordava solo di essere salito sulla limousine, di aver dato ad Arthur l’indirizzo dei Waldorf come destinazione e la mise, insolitamente elegante, con cui Dorota gli aveva aperto la porta di servizio.
<< Cosa ci fai qui?>> domandò graffiante e carica di astio la voce di Blair, berciando nell’aria come un dardo. Chuck voltò lentamente il capo verso di lei, la cui figura gli si parò dinanzi come quella di un angelo redentore avvolto in volute di morbida seta color champagne. I suoi occhi, stanchi e brucianti, incrociarono quelli sospettosi e duri di lei e, come di sovente accadeva quando si parlava di Blair Waldorf, le sue difese crollarono miseramente e ogni argine o freno venne spazzato via. Una lacrima gli solcò la guancia e gli occhi di lei la seguirono con incredulo stupore, ammorbidendosi e colmandosi di tristezza. Alla prima lacrima ne seguirono altre e Blair lo abbracciò di slancio, poggiando il mento sulla sua spalla. Una volta lasciato affiorare il dolore lo sommerse come un fiume in piena, sballotandolo come un fantoccio privo di volontà o forza alcuna. Quel dolore che avrebbe potuto distruggerlo accanto a Blair sembrava solo lo sfogo e la liberazione di un’anima martoriata e si aggrappò, come un naufrago alla zattera, al braccio di lei. Non ricordava l’ultima volta che aveva pianto, ma era certo di non aver mai pianto davanti a nessuno, perché lui era un Bass e i Bass non mostrano debolezza.
<< Dove vai?>> trovò la forza di chiedere quando Blair sciolse l’abbraccio e fece per alzarsi. Gli occhi di lei lo scrutarono con tenerezza e le piccola dita candide, che solo il  giorno prima aveva allontanato bruscamente da se, gli si posarono con delicatezza sulla guancia, scacciando gli ultimi rimasugli di lacrime, che si erano esaurite portando via con loro un po’ del suo dolore.
<< Devo solo chiudere la porta>> lo rassicurò lei scivolando via e chiudendo la porta. I suoi occhi non abbandonarono neanche per un istante la figura di lei, quasi temesse che potesse sparire, lasciandolo solo in quel limbo. Gli occhi di Blair non abbandonarono neanche per un istante i suoi, che tentarono di raccontargli ciò che non sarebbe mai stato i grado di dirle. Blair si sdraiò sul letto e lo trascinò con se, facendolo accoccolare contro il suo petto e facendogli scorrere le dita nei capelli scomposti, in quella tacita promessa di rimanergli accanto. Tante volte si erano abbandonati, vinti dalla passione, su quel letto e se le prime volte sgusciava via rapidamente, pian piano aveva scoperto l’immenso piacere di dormire allacciato al suo corpo nudo e caldo. Eppure c’erano state alcune volte quando Serena era in collegio e Nate troppo perso a compiangere il suo errore e la partenza di lei, in cui non erano amanti, ma solo amici, che Blair aveva pianto fra le sue braccia su quello stesso letto. Ora era lui a piangere fra le braccia di lei, in cui vi era un tale calore e un tale senso di casa, che sarebbe potuto rimanervi in eterno.
<< Non mi ha mai amato>> disse Chuck schiarendosi la voce, che sentiva terribilmente secca e sentendosi molto più lucido di quanto non fosse stato nelle ultime quarantotto ore.
<< Non ha mai avuto la minima idea di cosa si stesse perdendo>> disse Blair, algida e sicura, con una luce quasi bellicosa negli occhi. Chuck la guardò allibito, sentendo un impeto di rabbia, prontamente lenito dal suo stesso dolore e dalla stanchezza, montargli nel petto. L’aveva lasciata soffocare nelle sue ceneri dopo la sua soffiata a Gossip Girl circa la loro relazione clandestina; l’aveva lasciata partire in Toscana da sola e non l’aveva mai raggiunta; l’aveva abbandonata sul bordo di un marciapiede dopo che lei, accettando finalmente i suoi sentimenti, aveva confessato di amarlo. Aveva ferito lei più di chiunque altro. Come poteva sentenziare con la consueta sicurezza che amarlo fosse quasi un privilegio?
<< No, forse ha visto il marcio che c’è in me e ha preferito starmi lontano>> mormorò in risposta, la voce lievemente soffocata dal tessuto morbido del vestito di lei.
<< Forse non ha saputo guardare al di là di quel marcio. Ho imparato che spesso le persone sono molto più di quello che mostrano e il non volerle scrutare profondamente è solo sintomo della nostra incapacità di affrontare l’immenso>> gli disse Blair sciogliendo l’abbraccio e appoggiando la testa sul cuscino, i loro visi erano tanto vicini che i loro nasi si sfioravano.
<< Importa davvero qualcosa?? Lui non c’è più ed io ho perso la cosa più simile a una famiglia che mi rimaneva>> sbottò con amarezza e rincrescimento, specchio dei sentimenti contrastanti per Bart.
<< Non sei solo Chuck. Hai Nate, Eric, Serena, Lily … hai me. Non è forse abbastanza?>> sbottò determinata  lei . Sul suo viso di porcellana, nonostante gli occhi lucidi, vi erano una tale dignità e compostezza che improvvisamente l’appellativo di regina, che più volte le aveva dato, gli sembrò appropriato come non mai.   
<< Rovino tutto ciò che mi circonda Blair, non dovreste …>> iniziò amaro, ma le sue parole furono troncate sul nascere dalle labbra di lei, che si poggiarono sulle sue.  
 
Blair non avrebbe saputo spiegare cosa l’avesse spinta a baciare Chuck, non era solo la volontà di troncare le sue parole, ancora una volta cupe e dispregiative per se stesso. C’era qualcosa di più profondo che la spingeva verso di lui, come un meteorite contro un pianeta, e Blair non sapeva se fosse amore o attrazione, o semplicemente entrambe le cose, che si fondevano insieme in un mix micidiale. Sapeva solo che nell’esatto momento in cui lo baciò, tutto il resto divenne nulla e si dissolse come le nuvole in un pomeriggio d’estate. Chuck schiuse le labbra con un gemito e la baciò come mai aveva fatto prima, come se volesse tenerla per sempre con sé. Le mani di lui la attirarono con decisione al suo corpo, contro cui la immobilizzò, tenendola per la vita. Furono travolti dai loro sentimenti e il bacio divenne appassionato e privo di alcun controllo. Le loro mani si cercavano, le loro bocche si divoravano avide e nei brevi istanti, quasi effimeri, in cui si separavano lui sussurrava il suo nome, con un misto di supplica e tenerezza, che la sconvolgeva. Blair dimenticò qualsiasi cosa non avesse a che fare con Chuck, con il modo in cui la lingua di lui le vezzeggiava il palato e con il modo in cui il profumo di lui le annebbiava i sensi, facendola completamente abbandonare contro di lui. Non le importava che non avesse risposto alla sua dichiarazione; non le importava che lui avrebbe potuto ferirla ancora; non le importava del suo orgoglio, perché, per una volta, aveva deciso di mandarlo al diavolo. Forse una parte di lei sperava che quel contatto potesse durare per sempre. Il “per sempre”, però esiste solo nelle favole e non nella vita reale.
Si separarono ansanti e Chuck la fece accoccolare contro il suo petto, accarezzandole dolcemente i capelli. Blair sollevò gli occhi su di lui, che, con sua grande sorpresa, trovò preda di Morfeo. Il viso di Chuck era ancora solcato da una leggera sofferenza, ma nel complesso esprimeva tranquillità. Le era sempre piaciuto guardarlo dormire, forse perché le sue difese cadevano e poteva osservarlo spogliato della veste di Diavolo dell’Upper East Side. Si addormentò anche lei. Il suo sonno fu piuttosto profondo, sicuramente a causa delle forti emozioni della serata ed accompagnato dalla fragranza dell’ Hugo Boss di Chuck.
Si svegliò di soprassalto solo diverse ore dopo. In un primo momento, pensò che Chuck se ne fosse andato, ma, riemergendo pian piano dall’incoscienza, si tranquillizzò sentendo le braccia di lui attorno al suo corpo. Ne sbirciò il viso, con la stessa curiosa tenerezza e la stessa timorosa audacia con cui Psiche doveva aver sbirciato quello di Amore. In cuor suo temeva, proprio come Psiche, di far fuggire l’uomo che amava. Si riaddormentò sperando che lui fosse lì il mattino seguente e che non le chiudesse il piccolo varco, che le aveva aperto nella propria corazza.
 
Chuck aprì gli occhi ed istintivamente fece per stiracchiarsi, ma si bloccò accorgendosi della piccola grande donna, che dormiva fra le sue braccia. Sfiorò dolcemente il viso di Blair, che nell’incoscienza pareva davvero quello di un angelo. Ricordò l’incredibile e coraggiosa forza con la quale lo aveva consolato poche ore prima, impedendogli di distruggersi; ricordò la dolcezza con cui aveva risistemato i pezzi della sua anima lorda e dannata; ricordò il bacio mozzafiato a cui si erano abbandonati. Non la meritava, non l’aveva mai meritata, eppure ogni volta che ne aveva bisogno lei c’era, altrettanto non si poteva dire di lui. L’aveva egoisticamente strappata all’Eden a cui apparteneva per trascinarla fra le fiamme dell’inferno, con cui lei, spesso e volentieri, si era scottata. Su una cosa Bart aveva avuto ragione: lui rovinava e distruggeva tutto ciò che toccava. L’aveva fatto tante volte, ma stavolta non poteva permettersi di farlo con lei. Blair meritava di più. Meritava qualcuno che riuscisse ad amarla e a dirglielo, meritava di sorridere, di essere felice, di avere accanto un uomo che fosse degno di lei. Non era lui quell’uomo, nonostante l’amasse con tutto se stesso. Chuck sapeva che la morte di suo padre lo avrebbe affondato, ma non poteva permettere che lei affondasse insieme a lui.
Le sfiorò dolorosamente  la bocca, chiudendo gli occhi e tentando di imprimere il suo sapore afrodisiaco nella propria mente, conscio che, per lungo tempo, non l’avrebbe sentito. Rimase aggrappato per qualche secondo a quel bacio appena accennato e al profumo di lei, un eclettico misto di Chanel n°5  e peonie. Poi, con tutta la delicatezza, che sentiva di avere sciolse il loro abbraccio, ma le mani di Blair si aggrapparono, nell’incoscienza, alla sua camicia, quasi percepissero il suo allontanamento. Deglutì, abbassando lo sguardo su quelle mani delicate, e per un istante, dominato dalla tenerezza, pensò di rimanere, perché insieme a lei poteva vincere se stesso e il suo dolore. I suoi precedenti propositi di concederle la possibilità di vivere serenamente la propria vita accanto a una persona, che non fosse lui, però scacciarono prepotentemente il senso di colpa. Sciolse con dolcezza la presa delle sue dita e si alzò, scendendo dal letto. Le scrisse un biglietto, tentando di non sentirsi un vigliacco mentre lo faceva, e lo poggiò sul cuscino.
La osservò per diverso tempo, nella penombra della stanza, rischiarata dalle luci della città che non dorme mai. Era abituato a dirle addio, eppure gli faceva male come se fosse la prima volta.
<< Ti amo anch’io Waldorf>> disse dolcemente, sulla bocca di una Blair dormiente. Fu un sussurro quasi inconsistente nel silenzio profondo della stanza. Un sorriso amaro gli sfiorò le labbra, solo mentre dormiva riusciva a confessare di amarla. “Un giorno saprò dirtelo”, pensò mentre con passo felpato usciva dalla camera.
Le luci di Tokyo sfilavano fuori dai finestrini della limousine illuminandogli il viso di una fiocca luce. Il Giappone era un buon posto dove sparire, nessuno l’avrebbe cercato lì, tantomeno a Natale. Non poteva rimanere a New York, non avrebbe saputo rimanere lontano da Blair e tutti i suoi propositi sarebbero andati in fumo.
Un’avvenente ed elegante ragazza, abbordata in aeroporto, gli baciava il collo, graffiandogli con foga il petto mentre steso sul letto, lasciava che lei si muovesse come meglio credeva sul suo corpo. Sperava che il sesso riuscisse a cancellare per un breve istante ciò che, né l’alcool né la droga, erano riusciti ad appannare.
<< Ti piace la città?>> le domandò la ragazza dopo che ebbero concluso, mentre, ancora steso sul letto, contemplava il Midtown Tower, che imperioso dominava sulla città,dalla finestra del suo albergo. Le luci delle grandi città si assomigliano tutte, ma se quelle di New York sapevano in qualche modo di casa, quelle di Tokyo gli ricordavano ancora una volta che era solo al mondo. Le dita della ragazza gli sfiorarono la schiena e il suo profumo dolciastro lo avvolse, nauseandolo.
<< Preferisco l’Inferno>> mormorò voltandosi. Un inferno in cui però, stavolta, non avrebbe fatto la sua comparsa nessun machiavellico angelo redentore con la classe di una regina a salvarlo.  
 
“ Buongiorno Upper East Side! Il sole del nuovo giorno porta alla luce tante esaltanti novità! La nostra luminosa S è volata a Rio de Janeiro con il suo artista tormentato, che ancora non sappiamo quanto riuscirà a sopportare la nostra It-girl. Il ragazzo solitario? Relegato a Brooklyn a contemplare sul web le foto della sua cometa bionda. Nate Archibald e la sua fidanzatina a quanto pare hanno rotto, ma noi tutti sappiamo che il nostro Golden – boy non rimarrà solo a lungo, o forse sbaglio little J?
Blair Waldorf trascorrerà le vacanze con la squadra di padri, deliziosamente sola visto che il suo amato cavaliere oscuro si è eclissato chissà dove. Dove sei, Chuck Bass??
In attesa di aggiornamenti sapete di amarmi. Buon Natale Upper East Side. Xoxo Gossip Girl”.    
 
“Angolino”  (mi ostino a chiamarlo così, benché si protragga per molte righe) autrice:
 

Ambientata nell’epica, celeberrima e raccontatissima 2x13, con un breve inizio che riprende la 2x12, questa shot racconta (o perlomeno tenta di farlo) una serie di “fuori onda” della puntata. Era abbastanza impegnativa da scrivere, in particolar modo era difficile rendere il dolore di Chuck per la morte del padre. Non sono convinta di esserci riuscita appieno, credo che la mia scrittura per descrivere certe situazioni sia ancora acerba ed immatura. Parlando della trama, ovviamente i protagonisti assoluti sono Chuck e Blair, affiancati dagli immancabili Nate e Serena. Anche in questa shot, come in quella precedente, compare Lily e il suo rapporto con Chuck, benché qui sia ancora agli inizi e decisamente da definirsi. La scena in cui Blair consola Chuck è stata un travaglio da scrivere e spero di non aver toccato le vette della banalità e del retorico nel farlo. Se di fatto così dovesse essere vi prego ditemelo. La scelta di Chuck di andare a Tokyo vuole essere un piccolo omaggio alle mie migliori amiche, che amano alla follia il Giappone e che spero non me ne vorranno male se non gli ho reso, in poche  righe, la giustizia che merita. Aspetto con ansia i vostri commenti, positivi o negativi che siano, non potete neanche immaginare quanto mi spronino a continuare a scrivere. Come sempre spero di non annoiarvi e di non essere stata troppo prolissa. Grazie mille a chi ha commentato l’altra shot, ha chi l’ha messa fra le ricordate (o addirittura nelle preferite!). Grazie mille a chi recensirà questa. Grazie anche a tutti coloro che leggono, silenziosi o meno. Xoxo Maddy <3 
 
Note ( o, se preferite, inutili precisazioni):
µ       Il consiglio di Cece a Lily circa il tubino nero di Chanel per il funerale, si deve al fatto che fu proprio Coco Chanel a cucire il primo tubino, con i suoi vecchi vestiti da collegiale, per il funerale dell’amante Etienne Balsan. Il tubino fu poi reso celebre da Audrey Hepburn in “Colazione da Tiffany”   
µ       Il Lenox Hill Hospital esiste davvero e si trova nella 77th  Street a Manhattan, in pieno Upper East Side
µ       Il Midtown Tower è il grattacielo più alto di Tokyo 

    
  
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