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Autore: Lena Mason    11/06/2013    5 recensioni
La Guerra ha visto la Shinsengumi sfaldarsi ed i suoi componenti morire sotto i colpi di fucile e cannone. Hijikata Toshizō ha combattuto con onore anche contro Kazama Chikage che riconoscendone il valore gli ha dato un nuovo nome da oni: Hakuouki. I due combattenti giacciono sotto i ciliegi in fiore mentre una donna piange la scomparsa dell’uomo che amava. È davvero questa la fine che due combattenti si meritano?
Genere: Azione, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Chikage Kazama, Chizuru Yukimura, Hajime Saitou, Nuovo personaggio, Toshizou Hijikata
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo Primo

 

 

18 Maggio 1869. Ezo, Giappone. La battaglia di Hakodate era finita, decretando la sconfitta di Enomoto Takeaki e delle sue truppe nelle quali militava anche la Shinsengumi. O almeno quella rimasta.

Il capitano dei Lupi di Mibu Hijikata Toshizō, mentre i suoi uomini combattevano la guerra, aveva ingaggiato uno scontro con colui che era diventato il suo principale nemico da quando Chizuru Yukimura era entrata a far parte della vita della Shinsengumi: Kazama Chikage.

Lo sapeva Hijikata Toshizō: né l’uomo che combatteva né la donna per la quale lo fronteggiava erano umani. Lo sapeva, così come i suoi uomini. Erano oni. Creature che avevano sempre fatto parte delle credenze popolari. Creature spietate e sanguinarie secondo queste leggende, ma non Chizuru. La piccola Chizuru, che lo guardava battersi da lontano in apprensione per la sua sorte, era dolce e spaurita, inconsapevole della sua vera forza, poiché non l’aveva mai usata. Sapeva di essere una oni solo perché Chikage stesso glielo aveva rivelato.

Kazama Chikage, invece, era tutta altra storia: Toshizō non sapeva se provava gusto nell’uccidere gli esseri umani, ma era consapevole che non si tirava mai indietro nelle lotte, trucidando chiunque avesse l’ardire di incrociare il suo cammino. Sapeva anche quanto ritenesse gli esseri umani inferiori alla sua razza, dell’odio che provava verso la Shinsengumi stessa per aver creato l’Ochimizu e i rasetsu, mere copie di veri oni. Quindi non poteva essere biasimato per lo stupore nel sentire il suo avversario “battezzarlo” come vero oni e dargli anche un nome nuovo: Hakuouki.

La lotta fu cruenta e nessuno dei due combattenti sembrava perdere colpi: Toshizō trasformato in rasetsu teneva testa al suo avversario in forma demoniaca, ma le ferite riportate in altre battaglie, contro esseri umani, lo avevano provato.

L’esito dello scontro sembrava quindi volgere a favore dell’oni dai capelli del grano, ma il capo dei valorosi Shinsengumi riuscì, con un ultimo sforzo, a trapassare il petto dell’avversario con la sua katana, mentre questi affondava la lama nel suo.

Caddero a terra i due contendenti, riprendendo entrambi le loro fattezze umane. I capelli bianchi tornarono neri e dorati, gli occhi divennero viola e rossi celati però dietro le palpebre.

Chizuru gridò a gran voce il nome dell’uomo che l’aveva sempre protetta, dell’uomo che amava, fiondandosi verso il corpo di Toshizō.

 

«Hijikata-san! Non morire, te ne prego» gli disse, iniziando a piangere lacrime di dolore, poiché la sorte dell’uomo sembrava ormai segnata.

 

Cercò di tamponare la fuoriuscita di sangue dalla profonda ferita usando il fazzoletto bianco che portava con sé, il quale divenne immediatamente rosso.

Piangeva Chizuru e il rumore dei suoi singulti coprì i passi di corsa che si avvicinavano al luogo dello scontro.

 

«Oh santi Kami!» disse una voce alle spalle della ragazza, la quale voltandosi si ritrovò davanti a tre femmine, due delle quali erano poco più grandi di lei, mentre l’altra era evidentemente un’adulta.

Proprio questa le si avvicinò: le lacrime le rendevano la visuale sfocata e riuscì solo a capire che aveva i capelli neri, prima che si chinasse verso Toshizō.

 

«È molto grave, ma ha la tempra di un vero guerriero. Non ti preoccupare, siamo del villaggio qui vicino e sappiamo curare molte ferite. Non ti prometterò nulla: è ridotto davvero male e probabilmente non ce la farà» le disse la donna, che ricevette un semplice cenno di assenso da Chizuru, troppo sconvolta per parlare.

 

« Asako-sama!» chiamò poi un’altra voce femminile «qui ce n’è un altro!».

 

«Miyako-chan, va ad aiutare Hanae-chan. A lui ci penso io» si rivolse la donna alla terza componente del gruppo, la quale corse verso il luogo dove giaceva l’altro contendente.

Quando la ragazza si avvicinò al corpo dell’uomo vide che la spada conficcata nel petto era penetrata in profondità, trapassandolo da parte a parte, ma non aveva trafitto il cuore per un soffio. La cosa strana che la fece stupire e spaventare era vedere la troppo poca quantità di sangue perso: con una ferita del genere l’uomo avrebbe dovuto giacere su un letto di sangue, ma non era così.

Avvicinandosi ulteriormente capì che anche Hanae era particolarmente stupita da ciò che stava succedendo: lo vedevano chiaramente che intorno al punto dove la lama era penetrata nella carne sembrava quasi che la pelle si stesse richiudendo.

 

«Per tutti i Kami!» esclamò Hanae vedendo che l’uomo aveva aperto gli occhi e le fissava. Uno sguardo di brace. Occhi rossi come il sangue.

 

«Non è umano, Hanae-chan» sussurrò Miyako.

 

«Dovremmo lasciarlo qui, Miyako-chan» propose Hanae, vedendo che la sua amica scuoteva la testa.

 

«No. Non siamo delle bestie. Lo cureremo come Asako-sama sta facendo con l’altro, anche se non è umano» rispose Miyako avvicinandosi ulteriormente all’essere di natura ambigua che giaceva sulla schiena e gli disse, sicura che fosse perfettamente cosciente « Non so cosa lei sia, ma le sue capacità di guarigione le si stanno ritorcendo contro. Dobbiamo togliere la spada dal petto per permetterle di guarire».

Senza attendere nessun segno di consenso da parte del ferito, Miyako gli infilò senza tante cerimonie un pezzo di stoffa tra i denti – notando che i canini erano stranamente affilati- e gli fece stringere.

 

«Non so se sentirà dolore o meno, ma questo le impedirà di mordersi la lingua» poi ordinò all’altra di mettersi alle spalle dell’uomo e sollevarlo piano, facendolo sedere: Hanae avrebbe spinto la spada da dietro, mentre Miyako l’avrebbe estratta prendendola dall’elsa.

 

Dopo aver contato fino al tre estrassero la spada con un colpo secco: nessuna delle due aveva capito se l’uomo avesse sentito dolore o meno, perché si era limitato a chiudere gli occhi per una frazione di secondo per poi tornare a fissarle con quello che sembrava quasi disgusto.

 

«Nonostante la sua natura, quella ferita va disinfettata e bendata. Sono certa che possa camminare, quindi verrà con noi» disse la donna che si chiamava  Miyako, avvicinandosi e, aiutata dall’altra di nome Hanae, lo sollevò da terra, mettendolo in piedi. L’equilibrio non era stabile come pensavano, quindi lo sostennero notando ancora quello sguardo di disgusto.

 

Miyako era sicura che quell’essere, qualunque cosa fosse, provava un profondo e malcelato disgusto, se non addirittura odio, per gli umani ed essere aiutato da due di loro gli provocava un evidente fastidio.

Quando si avvicinarono al luogo dove Asako stava curando l’altro, l’essere dai capelli biondi emise un verso di stizza evidente.

 

« Il suo avversario, nonostante sia semplicemente un essere umano, ha la pelle dura e grazie alle cure di Asako-sama potrebbe anche farcela» spiegò la ragazza alla sua destra, di cui aveva già dimenticato il nome.

 

«Oh santi Kami! Come può quell’uomo essere già in piedi?» chiese la donna alle due ragazze guardando Chikage.

 

«Non è un uomo» sussurrò Chizuru, facendo deviare l’attenzione di tutti su di lei «È un oni, come me» confessò.

 

Le sembrava giusto che quelle tre donne, giunte in soccorso di Toshizō, sapessero con chi, o meglio cosa, avessero a che fare, perché Kazama Chikage era pericoloso.

Hanae fece per lasciare andare la presa sull’oni, ma Miyako le lanciò uno sguardo ammonitore: « Non osare lasciare la presa, Hanae-chan. L’ho già detto prima: di qualunque natura sia questo essere vivente lo aiuteremo, perché non siamo bestie».

 

«Miyako-chan ha ragione» intervenne Asako « Potete farcela a portarlo da noi?».

 

«Sì, cammina praticamente da solo. Ha solo bisogno di un po’ di sostegno per l’equilibrio. Quando abbiamo estratto la spada ha perso del sangue, molto poco a dir la verità, ma penso che ne risenta comunque. E credo che possa anche essere stanco per il combattimento con quell’uomo» spiegò Miyako, sentendo su di sé lo sguardo di brace del ferito, ma facendo finta di nulla: aveva probabilmente ferito il suo orgoglio di oni ipotizzando che fosse stanco.

 

«Per quest’uomo invece abbiamo bisogno di una mano. È totalmente incosciente. Hanae-chan» chiamò Asako «Corri in paese e chiama Keito e Arata. Ci aiuteranno senza problemi. Visto che questo oni non è in pericolo di vita, aspetteremo qui il tuo ritorno».

La ragazza aiutò Miyako a far sedere l’oni con la schiena appoggiata ad un albero, prima di inchinarsi e correre verso la sua meta.

Miyako si chinò verso l’oni: estrasse un tanto da sotto l’obi del Kimono che indossava, vedendo che il ferito non le toglieva gli occhi di dosso.

Aprì poi la giacca in stile occidentale che l’oni indossava e tagliò la camicia sottostante nel punto dove c’era la ferita: gli occhi rossi dell’oni non si perdevano una sola mossa della ragazza che sbuffò.

 

«Potrebbe evitare di fissarmi in quel modo? È abbastanza inquietante» gli disse.

 

«Miyako-chan...» la richiamò Asako, facendola voltare e sbuffare.

 

« Mi perdoni Asako-sama» rispose la ragazza, ripresa per il suo comportamento poco consono: dopo tutto era nella sua natura avere sempre la risposta pronta,ma forse, questa volta, era meglio mordersi la lingua. Non sapeva con chi aveva davvero a che fare, ma era consapevole che correva un bel rischio nel cercare di curare quello che, secondo le parole della ragazza di nome Chizuru, era un oni.

 

Nell’attesa del ritorno di Hanae, Miyako si premurò di pulire la ferita di Chikage sul petto: si sarebbe occupata di quella sulla schiena una volta tornati a casa.

Soddisfatta del risultato guardò meglio la ferita e si accorse che il processo di guarigione era già iniziato: poteva giurare di vedere i tessuti sottocutanei richiudersi a vista d’occhio.

 

« Magnifico…» sussurrò, avvicinandosi ulteriormente alla ferita, ma trovandosi una mano sbattuta in faccia.

 

Una volta allontanasi alzò lo sguardo e vide che l’oni la fissava ancora con quel maledetto disgusto.

 

«Non avvicinarti più dello stretto necessario, umana» le disse con voce bassa e roca.

 

Miyako non poté fare a meno che rabbrividire nel sentire il suono della voce dell’oni davanti a sé e dovette mordersi la lingua per non rispondergli male: umana o no gli aveva, probabilmente, salvato la pelle e poteva almeno fingere un minimo di gratitudine.

 

«Vedo che è dotato dell’uso della parola» disse, non riuscendo a reprimere del tutto il sarcasmo nella voce « Sarebbe buona educazione presentarsi».

 

«Non vedo perché debba dire il mio nome a un’umana».

 

«Perché se non le avessi tolto la spada dal petto la ferita si sarebbe rimarginata solo in parte e avrebbe avuto problemi, o sbaglio?».

 

Chikage si limitò a fissarla nuovamente con i suoi occhi di fuoco senza premurarsi di celare il disappunto per le risposte sarcastiche che quella patetica umana osava rivolgergli.

 

«Il mio nome e Miyako Fujita. La donna che si occupa dell’altro uomo ferito è Asako Watanabe-sama e l’altra ragazza e Hanae Watanabe» disse « Ora, per educazione, dovrebbe dire il suo di nome».

 

«Kazama Chikage. E come vi ha già detto Chizuru, sono un oni che detesta gli esseri umani» rispose l’altro.

 

«Per questa volta le toccherà essere grato a degli esseri umani» rispose la ragazza, voltandogli le spalle, vedendo che Hanae era finalmente tornata con i due ragazzi indicategli da Asako.

 

Keito e Arata non fecero domande, ma eseguirono gli ordini di Asako alla lettera: appoggiarono la lettiga, che avevano assennatamente portato, al fianco di Toshizō e, delicatamente, spostarono l’uomo sul mezzo di trasporto e, sempre con la massima attenzione, lo sollevarono da terra.

 

Hanae si avvicinò invece all’altro ferito vedendo che Miyako lo fissava malevola: doveva aver detto sicuramente qualcosa di sbagliato affinché la ragazza gli riservasse una simile occhiataccia.


Si raggrupparono e, con Chizuru a fianco della barella che trasportava Toshizō, si diressero verso casa.

   
 
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