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Autore: Hi Fis    11/06/2013    1 recensioni
Si dice che gli errori dei padri ricadano sui figli: ma cosa succede a Kryta se il padre in questione è in realtà la madre di un'intera razza? E se gli errori che nasconde farebbero meglio a rimanere celati al mondo? Una mia possibile interpretazione sull'origine dei Sylvari, non connesso alla trama di GW2 in alcun modo (che io sappia).
POV multipli.
Genere: Drammatico, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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"Ciò che siamo è solo ad un passo, da quello che possiamo diventare."


Fu nella stagione dello Zefiro, alle prime luci di una fredda alba, che lei giunse al Bosco.

Avevamo sentito i racconti, ovviamente, giunti sotto le nostre fronde per bocca dei mercanti e dei nostri Primogeniti ambasciatori presso le altre razze: i Campioni degli antichi Draghi stavano morendo.
Una guerriera solitaria era emersa dalle ombre per affrontarli e perseguitarli, i suoi motivi sconosciuti: nessuno sapeva chi fosse.
Passavano gli anni e i racconti continuavano: nel gelido nord e nell'est cocente, potenti entità del ghiaccio e del fuoco erano già cadute di fronte a lei. L'Artiglio di Jormag, il Distruttore, gli Orsi Norn... campioni di Draghi più antichi della memoria e della lingua, abbattuti uno ad uno dalle spade fiammeggianti di questa nuova Distruttrice.
Avevamo sentito i racconti: dove la battaglia infuriava più disperata, là, lei sarebbe comparsa, senza riconoscere alcuna bandiera come propria, senza pronunciare alcuna parola, tingendo la terra di rosso al suo passaggio e sparendo subito dopo. Avevamo sentito i racconti, ma non li temevamo: perché noi siamo i Sylvari, i figli del Bianco Albero, e le paure delle altre razze non hanno presa su di noi.
Fu nella stagione dello Zefiro, alle prime luci di una fredda alba, che lei giunse al Bosco, silenziosa e inattesa come un incubo.
 
"...un elmo come un cupo teschio d'acciaio ne cela il volto, adornato con lunghe corna di metallo. Un grottesco rosario di teschi attorno al collo, e una corazza di lucida tenebra, ornata di spine e spuntoni affilati. Incrociate sulla schiena, due grandi spade spinate, dalla forma rozza ed imperfetta, brillanti come braci infuocate: quasi che siano state tratte dal magma fuso di un vulcano pochi istanti prima..."
 
Avevamo sentito i racconti e la riconoscemmo subito: era impossibile confondersi. E mentre la Distruttrice avanzava lungo la via che conduceva sotto le nostre fronde alla nostra sola città, tutti le cedemmo il passo: giunse nel silenzio più completo, osservata e temuta, indifferente alle occhiate che le rivolgevamo. Ricordo che la piazza del mercato, di solito così viva, sembrava essere stata svuotata di ogni rumore: perfino gli uccelli trattenevano il respiro. La Distruttrice non si curava di noi: compresi che noi le eravamo più indifferenti delle formiche sugli steli. Noi Sylvari, di seconda o dodicesima generazione che fossimo, non eravamo importanti per lei, così come non lo erano i mercanti giunti dalle altre razze e dalle città più lontane.
La Distruttrice camminava in una realtà diversa dalla nostra: una realtà sanguinaria, a cui ancora oggi non desidero avvicinarmi.
La guerriera non si sarebbe fermata nemmeno, se sulla sua strada non fosse giunta Niamh, capo dei Guardiani, le nostre uniche truppe e le prime e ultime sentinelle del Bianco Albero. Fu Niamh la Primogenita, imbattuta con le armi fra tutti noi, a sbarrarle il passo: alle sue spalle, ricordo un'intera compagnia di arcieri, pronti a scoccare a comando.
Sotto le fronde del Bianco Albero, mentre foglie cadevano leggere a terra e il calore del sole iniziava ad arrivare fino a noi, ricordo il profumo dei fiori nel freddo di quella mattina.
Niamh, legno di quercia e fronde di betulla, che piantò la sua grande spada di rovi nella terra prima di rivolgersi alla Distruttrice:
"Io sono Niamh, settima primogenita dei Sylvari, e proteggo il Bosco..." disse come sempre con voce dolce e calma: "...dichiara i tuoi intenti, tu che giungi a noi foriera di battaglia."
La Distruttrice non rispose a Niamh, non con le parole: alzò solo un braccio, indicando il Bianco Albero che svettava alle sue spalle e sopra di noi.
"...Sono pochi coloro a cui è permesso di comunicare con la madre della nostra razza: io non ti riconosco fra coloro che hanno questo privilegio." rispose Niamh a quel gesto.
Se sotto il suo elmo di teschio il volto della Distruttrice cambiò, nessuno lo seppe mai: ignorando anche Niamh, la Distruttrice ricominciò ad avanzare, indifferente al suo avvertimento.
"La linfa si accende facilmente in me, Distruttrice: non fare un altro passo o..." ma la Primogenita non finì la frase: con un salto, un balzo d'incomprensibile forza e misura, la Distruttrice arrivò alle spalle della Primogenita, una delle sue spade già in mano.
"Così sia." disse Niamh, levando la sua grande spada e mulinandola con un grido feroce attorno a se.
Quella era, ed è ancora oggi, Niamh: Primogenita e una dei quattro grandi Luminari della nostra razza, feroce e sempre pronta alla battaglia.
Ricordo distintamente anche quando la spada della Primogenita cozzò contro quella della Distruttrice, lama contro lama. E ricordo come fu fatta in due pezzi: alla nostra Primogenita rimase solo l'elsa e un frammento di metallo, mentre il resto le fu tolto, perdendosi nell'erba sotto le fronde.
Incontrando lo sguardo di quell'elmo senza espressione, io credo che Niamh provò paura: o almeno, questo è ciò che provai io.
Ciò che successe dopo, non so dirlo: forse la Distruttrice sussurrò qualcosa, o forse Niamh la riconobbe, perché subito dopo il suo grido arrivò in ogni angolo del bosco.
"FERMI!" ordinò la Primogenita agli arcieri.
Per i Sylvari, l'ordine dato da uno dei dodici Primogeniti è legge: essi sono per noi quanto di più vicino le altre razze abbiano a re o capi.
Nella quiete sotto le fronde, ricordo che Niamh fissò il suo sguardo nelle orbite vuote dell'elmo di colei che l'aveva sconfitta, cercando un indizio che confermasse i suoi sospetti:
"... Sei proprio tu?" le chiese.
Per la seconda volta, la guerriera non rispose a Niamh: la spada che brandiva però tornò sulla sua schiena e i suoi passi la diressero nuovamente verso il Bianco Albero.
"Lasciatela passare." ci disse la Primogenita, e il popolo sotto le fronde fece strada alla Distruttrice.
Nessuno seppe chi fosse mai la guerriera che giunse nella nostra città in una fredda alba, nella stagione dello Zefiro.
 
***
 
Esiste un luogo, quasi sulla cima del Bianco Albero, un luogo molto speciale: un luogo dove la madre di tutti i Sylvari può prendere forma fisica e parlare ai suoi figli attraverso un Avatar.
Quando la Distruttrice arrivò scalando i suoi rami, il Bianco Albero la stava già aspettando: una figura di bianchi petali di pesco, somma dei desideri della madre di tutti i Sylvari fatti sostanza, accolse la Distruttrice con un sorriso.
"È passato davvero troppo tempo. Cominciavo a pensare di averti perduta... Albien, figlia mia." L'Avatar della Madre Albero era bella ed eterea quanto un sogno.
Mani corazzate sollevarono il teschio di metallo della guerriera, svelando la carne che c'era sotto: carne verde pallida, interrotta da corteccia laddove armi spietate del nemico l'avevano ferita. Bianchi petali carnosi caddero sulla fronte della Distruttrice, arricciati come quelli di una rosa.
"... Ho combattuto nel Nord. Ho combattuto nell'Est. Ho smesso di crescere la mia corazza dal legno della mia carne e ho imparato a plasmare il metallo come gli Uomini ed i Charr. E oggi, per la prima volta in venticinque anni, ritorno al luogo che mi ha generato. Immagino che lo sguardo di mia madre non possa essere ingannato da simili stratagemmi."
"Il mio sguardo può essere ingannato Albien. Ma solo tu, l'ultima dei miei Primogeniti, solamente tu, hai mai tremato al mio cospetto. Mi sei mancata." disse l'Avatar dell'albero, protendendosi verso Albien.
La Sylvari però si ritrasse, rifiutando il contatto: l'elmo di teschio tornò a nasconderle il volto, in modo da negare se stessa al suo genitore. Se questo ferì sua Madre, l'Avatar non lo mostrò.
"C'è una parte di me... una parte che io non potrò mai estirpare, Bianco Albero. La canzone del tuo legno mentre la mia coscienza prendeva forma... io non potrò mai scordarla: ancora oggi, come allora, il suo ricordo mi fa tremare al tuo cospetto."
L'Avatar di petali di pesco sospirò melanconica:
"Dopo tutti questi anni, figlia mia, sei rimasta così uguale a te stessa: fin da quando muovesti i primi passi dal mio tronco sei sempre stata così... inflessibile e assetata di verità. In tutti questi anni, sei mai stata felice come allora?"
"... I ricordi dei miei primi duelli con Niahm, quando incrociavamo bastoni spuntati sotto le tue fronde, brillano ancora oggi luminosi. Ma ho altri ricordi, altrettanto preziosi ora: ricordi di Uomini, Norn, Charr ed Asura che mi hanno accolta. Nuovi volti, così tanti da non poterli contare, e ad ognuno di essi corrisponde una nuova esperienza. Non rimpiango la vita che mi hai dato ma..."
"...Ma non tornerai da me." concluse per lei la Madre.
"Non posso... e non voglio."
"Si parla di te in ogni mercato, lo sapevi? Ci sono alcuni che darebbero anche un braccio per scoprire chi si celi sotto quella fredda corazza che porti. Alcuni dicono che tu sia Melandru, quella dea degli uomini, giunta a Kryta per dare loro giustizia. Altri dicono invece che non ci sia nulla sotto quel metallo, solo uno spirito di vendetta." L'Avatar del Bianco Albero tacque per un momento, prima di continuare con un caldo sorriso:
"...Venticinque anni: un tempo davvero troppo lungo senza mai dare notizie: mi chiedo quali esperienze tu abbia vissuto, tutta sola, lontana da quelli della tua razza... ma non importa, ora sei finalmente a casa: bentornata."
"Sono tornata perché non avevo altra scelta. Non intendo rimanere a lungo..."
"No? Eppure sei qui, di fronte a me, dopo così tanto tempo, figlia mia. Le tue azioni e le tue parole si contraddicono..."
"Madre, dove dorme Mordremoth?" la interruppe improvvisamente la Distruttrice.
Quel nome... di fronte a quel nome, il Bianco Albero si azzittì: l'illusione di petali di pesco appassì in un momento rivelando ciò che si nascondeva sotto di essa. L'Avatar fu scosso da un brivido, cadendo in ginocchio sul suo stesso legno, tenendosi la testa fra le mani e frusciando al vento preda di un acuto dolore.
"Per questo non posso tornare, Madre." disse la Distruttrice, posandole una mano sulla spalla, non senza pietà.
"... Come? ... quando?" sibilò il Bianco Albero: non attraverso il suo Avatar, ma dal legno stesso su cui la Guerriera camminava.
"Gli indizi sono ovunque se si sa dove guardare: ho appreso come cercarli in questi anni."
"Mostrami." la pregò l'Avatar: "Ti prego..." sussurrò ancora mestamente il Bianco Albero, quando la guerriera si ritrasse.
Fu per pietà filiale che Albien la accontentò: liberando una mano dalla sua corazza, la Sylvari aprì per la prima e ultima volta l'animo a sua Madre. Accogliendo quella mano nella sua, il Bianco Albero scrutò per la prima e ultima volta dentro quella figlia del suo legno. E la Madre vide e sentì: molte voci, che si inseguivano nella mente di sua figlia; molte immagini spezzate, di varie razze e persone, sparse su molti anni, ma che assieme formavano una storia sola. La sua. Una storia che il Bianco Albero avrebbe voluto tenere nascosta al mondo.
 
Al terminare di ogni Era, sei Draghi Antichi sorgono dal loro sonno millenario per porre termine al mondo...
Sei Draghi, sei personificazioni di Distruzione: Zhaitan che regna sui morti...
...Jormag del Nord, che ci ha cacciato dalla nostra patria ancestrale...
...Primordus della roccia, intrappolato nelle viscere della Terra solo grazie al sacrificio della mia intera razza: per causa sua, i nani non sono più carne e sangue, ma pietra e spirito...
...Kralkatorrik, che domina sul Deserto di Cristallo e il Drago senza nome delle profondità, da cui fuggono i popoli del mare...
..."Mordremoth è l'ultimo drago e comanda le giungle e le foreste!"
"Tu menti Asura!"...
...Sei Draghi sorgono, e con loro e da loro sorgono i campioni, esseri corrotti ed imbevuti del loro antico potere, capaci però di pensiero e incaricati di portare in guerra le schiere degli altri corrotti minori...
...Conosciamo almeno un caso di un campione che si è ribellato al suo signore: Glint che ha ripudiato Klarkattorrik.Ma è un caso più unico che raro...
Sei Draghi sorgono a Kryta assieme ai loro campioni....
...E così è sorto il Bianco Albero e dal Bianco Albero sono sorti i Sylvari...
I Sylvari sono gli unici fra tutti gli abitanti di Kryta, che non possono essere corrotti dai Draghi....
...I Sylvari che non invecchiano, come i corrotti: i Sylvari che sono sterili, come i corrotti...
...Quando due oggetti si assomigliano così tanto deve esistere per forza una relazione fra i due.
 
"I Sylvari che non sono persone, ma emanazioni di un campione dei Draghi, dotati di intelletto. I Sylvari, che sono stati salvati dall'influenza dei Draghi per un miracolo: perché tu madre sei cresciuta bevendo le lacrime e il sangue di un uomo pentito e hai ascoltato la saggezza di un centauro che ha ripudiato la violenza della sua razza."
"...Se loro sono riusciti a cambiare la loro natura, perché io non posso fare altrettanto? Perché invece di distruttore, io non posso essere invece un creatore? Una Madre, invece di un campione? Eppure... eppure non tutti i miei figli seguono il mio cammino: alcuni ricadono nella tenebra del loro scopo originario, alimentati dalla sete di distruzione che dorme in me."
"La Corte dell'Incubo. Faolain."
L'Avatar della Madre annuì piangendo e battendosi il petto:
"Miei figli. Miei figli anche loro, ma nemici dei Sylvari e di ogni razza. Eppure non posso fare a meno di amarli."
La Guerriera sospirò: non riusciva ad immaginare cosa potesse significare vivere vedendo i propri figli combattersi fra loro. Non l'avrebbe mai saputo. Ma questo non le impediva di provare ad immaginarlo: solo la speranza può sostenere una simile e dolorosa esistenza. La speranza e forse una segreta ambizione.
"Madre dov'è Mordremoth?" ripeté Albien: se c'era la possibilità di individuare uno degli antichi Draghi prima che si ridestasse, essa doveva essere colta al volo. Il futuro stesso di Kryta poteva dipendere da questo.
"...Io... io non lo so. Io ho ripudiato la parte di lui che è in me, ma non posso estirparla. Io non so dove riposi, ma so che il risveglio si avvicina. Cercalo... cercalo a ovest. Non so più di questo."
La Guerriera sospirò: aveva scosso la coscienza del BIanco Albero. Quanti dei suoi simili non ancora nati avrebbero pagato per le sue domande?
"Povera Madre mia. Siamo così simili." disse infine.
"Così come ogni madre e ogni figlia..." rispose il Bianco Albero, attraverso il suo Avatar: "Albien, io non so cosa potrebbe accadermi quando lui si sveglierà: io sono parte di lui e lui di me. Se anche venisse abbattuto... non so se la distanza che ho posto fra me e lui in questi anni sarà abbastanza da proteggervi."
"...Io non rimpiango la vita che mi hai dato, madre." ripeté di nuovo Albien: "E se anche noi tutti dovessimo cadere assieme a Mordremoth, io credo che ne sarà valsa la pena, se avremo vissuto le nostre vite con pienezza."
"E ti basta?"
"... Un tempo no. Quando ero giovane ed ho cominciato ad avere questa consapevolezza... per questo motivo ho dovuto lasciarti: avrei trascorso la mia vita chiedendomi se ognuna delle mie scelte potesse mai essere davvero mia, o il prodotto della tua influenza. O quella di Modremoth."
La Guerriera osservo l'orizzonte per un attimo, raccogliendo i suoi pensieri:
"...Ma oggi comprendo che questa mia vita è un regalo prezioso: avrei dovuto essere un'arma senza emozioni, al servizio di una delle forze che desiderano mettere fine a questo mondo. Tu ci hai dato una scelta e una possibilità: non ho ragione di chiederti altro." Albien inspirò a grandi polmoni l'aria profumata del mattino:
"...Mi piace questo mondo e non desidero che finisca con la mia morte: combatterò per esso fino a quando la vita che mi hai dato mi sosterrà. Questa è la mia decisione."
"Ma non puoi farlo qui..."
Albien scosse il suo elmo.
"Ho passato troppo tempo lontana da questo luogo: ora ho una casa e responsabilità. Persone che dipendono da me: come Arconte del Priorato di Durmand, posso fare di più che come Albien dei Sylvari..."
"Mi mancherai." l'interruppe sua Madre: sua figlia era convinta della sua strada. E nemmeno lei, o forse soprattutto non lei, avrebbe potuto convincerla a considerarne altre.
"... Anche tu. Ma noi siamo legate: se e quando tutto questo sarà finito, ci rivedremo."
"Ti auguro buona fortuna nei tuoi viaggi, Guerriera."
"Addio, Madre Albero."
Si salutarono così, come estranee, perché il peso di quella consapevolezza era troppo grande per tenerle unite.
 
Fu nella stagione dello Zefiro che Albien lasciò per la seconda volta il luogo in cui era nata. Mentre discendeva le pendici del Bianco Albero, nessuno osò mettersi sulla sua strada: scomparve, lasciandosi alle spalle molte domande senza risposta. I suoi racconti però continuarono: battaglie vinte, campioni sconfitti.
L'epoca degli Antichi Draghi sembrava volgere al termine.
 
Mentre comunicava con sua madre, Albien non si era accorta però, dell'ombra che aveva continuato a spiarla: non se ne era accorta, oppure non le era importato.
"Avresti potuto almeno salutarla, Caithe..." sussurrò l'Avatar del Bianco Albero.
Dalle ombre, diventando di nuovo visibile, avanzò un'altra Sylvari, un'altra Primogenita: Caithe, fiore di loto.
"... dopotutto è tua sorella minore."
"Io e lei non siamo mai andate d'accordo, Madre. Se mi fossi rivelata, avremmo finito senza dubbio per litigare: non volevo lasciarle questo ricordo della sua prima visita da... sempre. Anche se rimango convinta che stia sbagliando."
Caithe sospirò:
"... Almeno sembra stare bene. E sembra felice: hai saputo madre? Ha spezzato la spada di Niamh con la sua."
Caithe scosse la testa:
"È davvero rimasta uguale a se stessa in tutti questi anni..."
Madre Albero strinse a se sua figlia:
"Dei miei primogeniti, siete ora in quattro a conoscere la verità: tu e Treaharne siete rimasti. Albien e Atreus hanno scelto strade diverse. Possiamo solo augurarci fortuna a vicenda e credere nel nostro successo..."
"Madre?"
"Sì, Caithe?"
"Ti voglio bene."
"Ti voglio bene anch'io, figlia mia."



Ben arrivati!
Prima le cose importanti: che cosa avete appena letto? Questo pezzo è basato su una  possibile interpretazione sull'origine dei Sylvari: non è la verità assoluta, ma dopo aver ascoltato la teoria di partenza (non è mia, ma mi ha sedotto, lo ammetto), sono stato spinto a
scriverci sopra questo capitoletto, che scava in profondità nel Lore cercando di attenervicisi il più possibile.
Per esempio, dei dodici primogeniti Sylvari, 3 non sono mai nominati, una ghiotta occasione che mi ha permesso di creare ad hoc Albien, la rosa bianca.
Perché la Rosa Bianca? Perché le rose bianche significano morte nel linguaggio dei fiori, e quando ho immaginato Albien per la prima volta era mooolto più sadica: un'emofila praticamente, che ama tingersi di rosso coi suoi nemici.
Sono felice che (de)scrivendola sia venuta fuori meglio di quanto avessi inizialmente immaginato... molto felice.
E se vi interessano armi e corazze che mi hanno ispirato visivamente, cercatevi sulla wiki di Guild Wars "Destroyer sword", ed "Exotic Karma Armor" (ma cosa prendono quelli che curano il design? O_o')

Terza domanda: vi è piaciuto quello che avete letto? Spero di sì!
In questo caso recenite, recensite, recensite! ( In ogni caso, penso di non essere dato poi così male per qualcuno che non possiede una copia di GW2, non credete? ;-)
Quarta e ultima: ho intenzione di scrivere altro su Guild Wars? NOOOOOO (forse)!

Infine, sono solo felice di aver preso a picconate il mio ennesimo blocco da scrittore: ci sono stati giorni in cui credevo di avere a che fare con una piramide di granito da abbattere con un pennino. Uno ziggurat. Un tempio maya. Bah, spero di aver reso l'idea.
Bye,
HI Fis
  
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