Libri > Beautiful Creatures
Segui la storia  |      
Autore: RainPluffa24456    12/06/2013    2 recensioni
Lena è cambiata. Ha perso sé stessa. Ethan è sempre lì, ma non sa come fare. La sua ragazza lo ignora. Non pensa di poter andare avanti a lungo. Quindi si butta in una cosa che non avrebbe mai fatto, "il tranquillo ragazzo che ha perso la madre l'anno scorso.". Rischia di morire. Ma Lena è sempre con lui. Costantemente.
#BEATIFULDARKNESS SPOILER!
Se non avete ancora letto la diciassettesima luna, non so cosa farci, la mia storia attizza. u.u
Genere: Drammatico, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
FEEEERMO. PRIMA DI LEGGERE, DEVI ESSERE SICURO DI BEN TRE COSE.
1)            ESSERE ENTRATO SU YOUTUBE E AVER FATTO ANDARE “IN THE END”.
2)            ESSERE AL CORRENTE DEL SECONDO LIBRO, LA DICIASSETTESIMA LUNA, ALLA PAGINA 123, CAPITOLO “TOPO DA BIBLIOTECA”, COSI’ CHE NON CI SIANO SPOILER.
3)            AMARE PROFONDAMENTE LA SAGA, E I LETHAN.
 
BUONA LETTURA! :D
 

 
 

"Non poteva comportarsi come Macon per me, e non era mia madre.

Ero solo."

 
 

 
 
 
 
 
Si, completamente solo. Senza Lena, senza mia madre e senza Marian. Senza mio padre e senza Amma.
O comunque, già sapevo di non poter contare sugli ultimi tre.  Senza Lena. Mi sentivo svuotato.
Sentivo di provare di nuovo quella brutta sensazione che avevo, quando qualche mese prima, nelle vacanze di Natale, Lena mi aveva lasciato.
Sembravano passati secoli, invece di mesi. Come ogni cosa che riguardava lei, dopotutto. Mi sentii nuovamente così.
Male.
Solo che questa volta a Lena non importava assolutamente nulla di me.
Questo non è vero, Ethan.
Sentii una voce, dentro la testa. La sua voce. Non ci credetti, e continuai a camminare, con il pacco che Marian mi aveva chiesto di spostare, in mano. Non poteva essere vero. Non aveva contatti con me da settimane. Di nessun tipo, che non fosse fisico. E l’ultima volta mi aveva quasi ucciso.
Lo sai che non avrei voluto farlo.
Nuovamente lei. Ecco, la Lena che mi sembrava di aver intravisto, nella voce precedente, se n’era andata. Di nuovo. Perché io sapevo riconoscere la differenza. Sapevo qual era la Lena delle Tenebre, con gli occhi gialli, e la mia, con le iridi verdi.
Io non sono cambiata, Ethan.
Eccola di nuovo, la voce. Ma io ancora non ci credevo. O non ci volevo credere. Non poteva essere lei. Non poteva essere la mia Lena. Io non ci speravo più. Era frutto della mia immaginazione.
Io sono qui.
Perché continui a torturarmi così?
Nessuna risposta. Stavolta avevo replicato, perché era troppo strano. Troppo fantasioso. Mi ripresi, non dovevo stupirmene. Solo qualche giorno prima, -settimana- avevo sentito un coltello infilarsi nel mio stomaco. Con una cicatrice, ma niente sangue. Quella, era la prova inconfutabile che Lena non c’era più. Era stata sostituita dalla Lena delle Tenebre. E io non potevo parlarne con nessuno. Improvvisamente, un mal di testa lancinante cominciò a torturarmi anch’esso. Dovevo essere impazzito. –Mi dispiace zia Marian, Liv, ma non mi sento molto bene. Vorrei tornare a casa.- Dissi, poggiando lo scatolone sul tavolo. Non potevo restarmene lì. Marian annuì, io rivolsi un sorriso sgangherato a Liv, che già chiamavo da amico, e poi mi diressi verso l’uscita a passo spedito.  Ebbi una sottospecie di visione, ma più veloce e più dolorosa. Mi fermai di botto davanti alla Volvo grigia. La macchina sbandava e tutti i suoi passeggeri venivano sbalzati all’esterno. Compresa Lila Evers Wate. Mia madre. Mi accasciai a terra, sulle ginocchia. Una forza maggiore mi stava spingendo giù. Una fitta lancinante alla testa mi fece credere di stare per morire. L’immagine di Lena mi passò davanti agli occhi. Quell’ologramma immaginario cominciava a bruciare sulle punte, come se fosse una foto. Più bruciava e più io mi sentivo trascinato nelle viscere del buoi con la foto. Poi tutto finì. E io mi alzai, barcollante, appoggiandomi incerto sulla macchina. Non sapevo cosa fosse stato. Non sapevo chi fosse stato, o perché avesse voluto farmi vedere quelle cose. Ancora una volta il pensiero andò a quella che non sapevo ancora, se dovevo o no chiamare ragazza. Lena s’insinuo con facilità nella mia mente.
Non sono stata io.
Rispose ai miei muti pensieri con circospezione, come se le importasse ancora qualcosa di me. Di noi. Basta. Dovevo smettere di pensare a lei, smettere di sperare, smettere di credere.
Smettere di amare.
Non dire così.
Di nuovo mi sembrò che la voce flebile quanto spaventata, di Lena mi entrasse nella testa. Non mi andava di rispondere alle melense conversazioni da pazzo che facevo con me stesso. Entrai in macchina, e accesi la radio. I finestrini erano tutti chiusi, così che Gatlin non si scandalizzasse troppo, se “l’Ethan Wate che ha perso la mamma, e anche la ragazza pazza e bipolare, nipote del Vecchio Ravenwood.” Teneva la musica molto alta, in auto. Non volevo sentire nessuno. Non volevo pensare a niente. Non volevo cadere nelle mie stesse illusioni. Feci retromarcia, e una volta sulla strada, spinsi forte sull’acceleratore. La macchina di Lena non era l’unica ad andare veloce, a Gatlin.
Non esagerare con la velocità.
Di nuovo lei. Perfetto, ero costretto alla tortura per il resto dei miei giorni. Perché mi stavo dicendo una cosa del genere?
Parli tu, che con la Fastback vai molto piano, giusto?
 Stavolta risposi a me stesso. Non capivo il motivo per cui lo stessi facendo. Ma lo feci. Lei, parlava lei, che andava veloce anche solo a guardarla, con quella macchina. Veloce per evitarmi. Veloce per non vedermi e non parlarmi.
 Non è così, Ethan.
Questa volta fu un sussurro flebile a levarsi dalle mie orecchie. Non sapevo dove stavo andando. Quando arrivai al bivio, secondo casa mia, o casa Ravenwood, non sapevo dove andare. Non volevo andare da nessuna delle due parti. Probabilmente, a Ravenwood Lena stava architettando un piano su come farmi altro male. Su come ferirmi ancora. Non era già stata molto brava, in questo? L’altra possibilità era che fosse stesa sul letto. Assieme al nuovo idiota in Harley, ovvio. John Breed, quanto lo odiavo. Questo pensiero mi fece ribollire il sangue nelle vene più degli altri. Non andai da nessuna parte, tirai dritto. Verso l’autostrada. Mi sentivo una vittima, in tutta quella situazione. Ma Lena non avrebbe mai dovuto saperlo. Io le ero sempre stato unicamente di intralcio. E di sicuro se ne sarebbe accorta ancor più velocemente. Le Tenebre erano in agguato, e lei le stava facendo entrare senza nessun tipo di protezione. Poteva dimostrarlo il fatto che magari a quest’ora, prendeva il tè assieme alla sua nuova amica del cuore. Colei che aveva dato una bella mano a uccidere l’unico genitore che le era rimasto. Ridley. Ricordai quando solamente quattro o cinque mesi prima, a cena da loro, aveva quasi ucciso Ridley. E solo perché si era avvicinata a me. Altra prova che la mia Lena non esisteva più. E che io, per quel che le riguardava, potevo andare all’inferno.
Smettila di farti questo. Lo sai che non è vero.
Non era vera la voce che avevo in testa, quello si. Forse era quello che volevo sentirmi dire. O forse era il mio buon senso, che mi si parava davanti sotto forma di voce di Lena. Non sapevo nemmeno questo. E stavo ancora più male. Il nodo che avevo in gola da giorni. Quello. Si spezzò. Così, come se non ci fosse mai stato. Lasciò il posto a un terribile peso, che non so perché, immaginai come nero, sul petto. Non riuscivo a respirare e mi girava la testa. Avevo un estremo bisogno di Lena. E non capivo il perché.
Io sono qui, Ethan!
Eccola di nuovo a torturarmi i pensieri. Io ancora non credevo a nulla. Non credevo possibile che lei fosse tornata la mia Lena. Se non l’avevano risvegliata i miei baci, le mie carezze, i miei pensieri, cosa poteva farlo? Mi sentii di nuovo il ragazzo più solo di Gatlin. Avevo voglia di andarmene. In qualunque modo possibile, non potevo resistere un altro anno. Che fossero altri stati o che…O che fosse la morte.
NON FARE CAVOLATE.
Di nuovo la voce di Lena. Questa volta era determinata, decisa, ma anche affannata, come se fosse in viaggio. Io mi concentrai sulla strada. A dire la verità non sapevo perché mi fosse balenato per la mente. Volevo forse uccidermi, e togliermi ogni possibilità di andarmene da Gatlin? Avevo ricominciato a fare il conto alla rovescia solo di recente. Solo da quando avevo capito, che in un modo o nell’altro era finita la mia storia con Lena. E mi aveva lasciato lei. Ancora una volta. Quella volta, però, non si disturbò a dirmelo. Era una spaccatura del nostro rapporto, completamente muta. Che mi annebbiò la mente.
Ti sei divertita a uccidermi dentro, L?
 Ero sicuro che non mi stesse ascoltando. La mia voce suonò arrogante, ma spezzata, ferita nella mia testa. Fino a quel momento ero stato così occupato, a pensare a quanto mi facesse male, a quanto stessi, male, che non mi ero accorto. Non mi ero accorto di quella familiare scarica di calore che non sentivo da quattro mesi. Lena era lì con me. Aveva sentito tutto. Io fui scandalizzato per un attimo. Poi la rabbia mi montò dentro. Schiacciai sul pedale, andavo ai centoventi. Il limite era trenta.
Ethan smettila.
La voce di Lena era implorante, lo sentivo, ma cercava di darsi un’impronta che si imponesse quantomeno nella mia mente.
Perché? Che succederà, pensi di venire qui e fare cosa? Sei troppo lontana, L.
E lei avrebbe capito cosa intendevo.
Lontana in tutti sensi. Mi aveva lasciato solo.
La radio sparava nelle casse malmesse della macchina una canzone dei Linkin Park. “In the End”. Ecco, perfetta. La canzone che avevo voglia di sentire. Ce l’avevo sul mio iPod da una vita, e a differenza di tutte le altre, era sempre stata quella che non avevo associato a nessuno. Ora sapevo a chi associarla. A me stesso. Ethan Wate non esisteva più. Io non esistevo più. Non senza Lena Duchannes. E dopo quasi cinque mesi insieme, lei questo ancora non riusciva a capirlo. Non riusciva a comprendere, che io avevo bisogno di lei per vivere. Perché ero follemente innamorato di quella Maga, che lei lo volesse o no.
Smettila subito.
…Ethan Wate. Si, mancavano quei due ultimi dati fondamentali perché la voce assomigliasse ad Amma. Centocinquanta chilometri orari.
No, Lena.
Ero cosciente. Di quel che facevo, con chi parlavo. Capivo, ma non capivo. L’autostrada si prostrava liscia e vuota, ai miei piedi. Per ora niente e nessuno in vista. Dovevo essere a Summerville, oramai. Dieci minuti. E la media, era di mezz’ora, per Summerville.
Ethan, devi fermarti.
Non l’ascoltai. O comunque, cercai di non farlo. Lanciai uno sguardo fulmineo ai boschi che sfrecciavano ad una velocità mai vista nemmeno con la Fastback, ma poi riposai lo sguardo sulla strada. Avevo mollato tutto per Lena. La mia vita. Completamente andata, tranne Link.
Non ti ho chiesto io, di farlo.
Ho scelto da solo, L.
Replicai di nuovo. Non sapevo nulla. Nemmeno quello che stavo facendo. Non sapevo, perché spinsi di nuovo l’acceleratore con più vigore, quando sentii le sue parole. La sua voce. Io non mi ero pentito di niente. Ma ora ero nuovamente solo. E non volevo sembrare un povero disperato. Come dovevo essere sembrato a tutta la città, quando mia madre morì. Come dovevo essere sembrato ad Amma, qualche sera prima. Le brillavano gli occhi. Mi concentrai sulla canzone.
 
 
I tried so hard
And got so far
But in the end
It doesn't even matter
I had to fall
To lose it all
But in the end
It doesn't even matter
 
D’un tratto, gli occhi saettarono verso le casse della Radio. Non era certo “Diciassette Lune”, ma la riconoscevo benissimo. O meglio, riconoscevo me stesso in quella canzone.
 
Ho provato così tanto,
e ci sono quasi riuscito,
ma alla fine,
non importa nemmeno.
 
Ecco, quello che pensai. La verità. Che non era diretta a nessuno in particolare.
Avevo cercato più che potevo, di amare Lena, di sostenerla, e di farla aprire con me. E questo era accaduto quattro mesi prima. Per un’ora buona. E poi, nel tempo. L’avevo persa. Ancora. E ancora. Come nel sogno.
Lena non rispose.
 
 
 
 
You kept everything inside
and even though I tried,
it fell  apart.
 
Lasciai scorrere qualche altro verso della canzone, indifferente. Poi afferrai anche quella strofa. Era vera anche quella. E parlava di me, di noi, degli ultimi tempi.
 
Hai tenuto tutto dentro
E anche se ci ho provato
Era tutto inutile.
 
Non rispose nemmeno stavolta. Ero al corrente del fatto che la stavo ferendo. E intendevo anche, che non avrei dovuto farlo, che avrei dovuto capirla. Ma anche io, mi ero tenuto dentro tutto quello per un tempo indeterminato. Stavo scoppiando. E Lena doveva sapere quello che avevo provato prima che…
 
Non pensarci nemmeno.
 
Questa volta, il pensiero arrivò. Arrivò come una lama, che tagliò di netto le parole che erano state sospese per aria. Io sarei morto comunque. In un modo o nell’altro. Perché il compleanno di Lena era prossimo. E stavolta non avrei permesso che perdesse nessuno. Io mi sarei offerto come prezzo da pagare. Comunque. E lo sapevo dal primo giorno che la vidi.
 
SMETTILA!
 
Il timbro era spezzato. Trafitto. Come se stesse piangendo e io avessi appena detto la cosa più brutta del mondo. Ora ero meno arrabbiato con lei, e più con me stesso. Per tutte le cose che non avevo fatto e che non avrei fatto comunque. Centonovanta. Sentivo il motore della macchina spingersi fino al limite. Un altro po’, e ne avrei perso il controllo.
 
 
There’s only one thing you should know.
I tried so hard
And got so far.
 
C’è una sola cosa che devi sapere.
Ci ho provato così tanto,
e ci sono quasi riuscito.
 
Di nuovo, ripetei nella mia mente quelle parole. E forse anche in quella di Lena. Come se avessero importanza. Come se volessi che quelle parole significassero qualcosa per qualcuno. Duecentoventi. Il motore avrebbe ceduto dopo poco.
 
E devi anche sapere che..
 
Mi bloccai a metà del pensiero. Un’auto saltò fuori da chissà dove, e mi fu subito davanti. Non avevo contato le uscite. Sterzai nel miglior modo possibile, per i duecentoventi di velocità, che facevo. Non avevo speranze, lo capii subito. Andai a sbattere pesantemente contro il muretto dell’autostrada, ma continuai a guidare. La macchina non si era fermata. Il tutto accadde in pochi secondi. Lena non aveva avuto nemmeno la possibilità di rispondermi, probabilmente. La radio saltò, causando un corto circuito generale. Io mi accorsi del rivolo di sangue che mi scendeva dalla fronte. E anche del fatto che c’era una curva davanti a me. Solo centocinquanta metri. La macchina non guidava più, persi il controllo, ma l’abitacolo non perse velocità.
 
ETHAN!
 
L’urlo si espanse nella mia testa, e mi raggelò il sangue. Fu come vedere una scena a rallentatore. L’automobile che sbandava. Cinquanta metri di distanza. Lena che spuntava con la Fastback dalla stessa uscita dov’era sbucata quella macchina fantasma. Lena che frenava di colpo e scendeva, appena in tempo per godersi gli ultimi secondi. Beh, non proprio. Incrociai il suo sguardo a pochi metri di distanza mentre l’auto oramai era in verticale. Trenta metri. Era finita.
 
Ti amo, Lena d’Avena.
 
Fu l’ultima cosa che ebbi il coraggio di dire. L’ultima di cui ebbi la forza per pensare. I trenta metri si consumarono in nanosecondi, la cintura non aveva voluto saperne di sganciarsi per tutto il tempo. Lena urlava. Si piegò a metà, quasi che così urlasse più forte. Cominciò a correre verso di me, in preda al panico. E questa fu l’ultima cosa che vidi. Perché poi l’auto cozzò contro il muretto duro, e io sbattei la testa contro il finestrino chiuso, spaccandolo.
 
 
 
 
 
Angolo della povera pazza:
 
So perfettamente di avere una long in corso. Ma ho avuto tanti problemi personali. Ho avuto il blocco per parecchie settimane. Ed ora eccomi qua. Beatiful Creatures mi ha aperto gli occhi. E presto riprenderò anche la long.
 
-RainPluffa
 
PS: Se dovesse interessare a qualcuno, calma e sangue freddo, continuerò con un altro capitolo. Non lasceremo la vita di Ethan sospesa, se così si può dire. J
  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Beautiful Creatures / Vai alla pagina dell'autore: RainPluffa24456