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Autore: RobLan97    12/06/2013    2 recensioni
“Devo avvertirvi che dalla nostra parte abbiamo una potente arma.” ribatté pacatamente la figura nera. “Un’arma in grado di radere al suolo quest’intero castello con il sol movimento di un dito.”
“Sciocchezze!” sbraitò il re “Castello Cristallo è stato creato per resistere a qualsiasi calamità, protetto da incantesimi risalenti alla comparsa della magia!”
“Per tale motivo ho usato questo esempio. Sire, saprà sicuramente che esiste un’altrettanta antica magia, o per meglio dire, un arcano legame che unisce noi agli spiriti viventi.”
Il re diventò pallido come un lenzuolo e si accasciò sul trono. “N-n-non è possibile.”
“Oh, sì che è possibile. Giudicate voi stesso.”
Il messo nero mormorò una parola e si librò nell’aria facendo svolazzare il mantello. Sotto di lui, come impresso a fuoco sul pavimento, cominciò a crearsi un sigillo nero pece. Due cerchi concentrici, all’interno dei quali figure geometriche si intrecciavano, formando un’inquietante trama.
“Si fermi, si fermi, ambasciatore senza nome!” lo pregò urlando il re. “Non commetta scelleratezze!”
Ma la figura nera non smetteva la sua danza macabra, librato a mezz’aria.
Il sigillo, così come si era creato, implose in se stesso e generò un’ombra nera.
Genere: Avventura, Fantasy, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L'AMBASCIATORE NERO

 
Una strana musica, che in sé aveva qualcosa di magico e meraviglioso, risuonava per le stanze del Castello Cristallo, rendendo piacevoli al popolo della Costa Astro le lunghe ore trascorse al lavoro. Le arpe incantate, disposte simmetricamente nella sala del trono, suonavano senza mai fermarsi, ricordando a tutti gli abitanti l’imminente festa di primavera. Questa volta la stagione non si era fatta attendere e fin da subito aveva inondato l’atmosfera con i suoi odori: non capitava da ormai molto tempo che i fiori sbocciassero al secondo mese dell’anno e che l’aria fosse ricca e densa di profumi così piacevoli che persino gli animali si fermavano ad annusare l’aria e, come inebriati, festeggiavano in primordiali promiscue danze.
Tutti gli abitanti della regione erano stati invitati a corte per celebrare la primavera tanto attesa: una buona parte di essi era stata sistemata nel castello stesso, mentre la restante aveva occupato gli immediati dintorni, facendosi ospitare da contadini nelle loro capanne, o trovando rifugio presso tende montate per la determinata circostanza. Essendo periodo di festa, nessuno aveva l’obbligo di lavorare ma la maggior parte degli uomini e delle donne aveva deciso che, per ripagare re Roger di una grande cortesia come quella, aiutare con i preparativi sarebbe stato il minimo. Così si erano dati da fare per realizzare festoni, costruire ghirlande, preparare cibo in abbondanza e tessere abiti adatti ai festeggiamenti. Il dolore della guerra, da tempo dimenticato, era solo una lieve nota stridula in quell’immensità di piacevoli suoni, e non rattristava più nessuno tra il popolo, poiché le persone che avevano amici o parenti morti in battaglia avevano lasciato a loro volta questo mondo da diverse generazioni.
Tra la moltitudine che si affaccendava nella corte, camminava, cercando di non farsi notare, il principe Mark. Vestito della sua solita tunica blu adornata di schegge di zaffiri, braghe azzurre lunghe fino alla caviglia e la sua spada forgiata dal più bravo fabbro del reame, si muoveva sommessamente, attento a non farsi riconoscere. Non sopportava più che i forestieri lo avvicinassero per inchinarsi a lui e per mormorare breve frasi convenzionali manifestanti il loro rispetto.
In quel momento stava attraversando un lungo corridoio deserto al quinto piano  del castello, godendosi la quiete che cercava fin dal mattino. Al diavolo!, pensò quando un contadino uscì da una porta nascosta, lo vide e, dopo aver avvertito la moglie, si affrettò a raggiungerlo.
“Possa il suo cammino essere glorioso, nobile Mark, figlio del grande Re Roger.” esordì l’uomo, inginocchiandosi. Lo stesso fece la donna, che nel frattempo si era avvicinata.
“Grazie umile uomo, grazie cortese dama. Possa il vostro cammino risplendere di soddisfazioni.” concluse il principe, con una nota di ironia nella voce. Era tutto il giorno che ripeteva quella stupida frase ogni qualvolta si doveva spostare da una stanza all’altra. Prima per fare colazione,  poi per andar a cercare suo fratello Paul, e ora per andare nella sala del trono, dove loro padre li stava aspettando per una questione urgente. Mark rispettava re Roger sia come entità che figura paterna, ma non riusciva a comprendere la necessità dell’etichetta. Perché convenevoli tanto lunghi per mostrare il proprio rispetto? Perché essere fermati da ogni persona che mai aveva visto? Era tanto importante l’appartenenza alla famiglia reale, anche se lui non aveva ancora fatto niente per il suo popolo?
Non sapeva trovare risposte decenti a nessuna di queste domande e ciò più di tutto lo infastidiva.
Avrebbe chiesto di più a James la sera stessa. Il servo di solito era in grado di rispondere o sviare le domande, dicendo quello che Mark voleva sentirsi dire. Un po’ lo divertiva e, anche se non l’avrebbe mai ammesso, era forse l’unico essere vivente a cui teneva veramente.
Si congedò dai due e continuò il suo percorso. Prese una strada secondaria appena vide un'altra porta aprirsi, e si mise a correre per arrivare alla sala del trono.
Paul, vestito interamente di varie sfumature di verde, a partire dalla tunica fino ad arrivare agli stivali, era in attesa del fratello davanti alla soglia della sala di re Roger, loro padre. Il messo che l’aveva avvertito dell’imminente riunione era scosso e aveva destato in Paul una grande ansia mista ad uno strano istinto di estasi. Guai all’orizzonte? L’idea lo eccitava. Dopotutto era un principe e la sua massima aspirazione era essere ricordato come eroe reduce di numerose battaglie. Si immaginava già a menar fendenti a destra e a manca, mietere le vite colpevoli di essersi messe sul suo cammino, trionfare in battaglia. Fin da ora pregustava il sapore del sangue. Allan, il suo fedele servo e tutore, considerava questa sua passione per la guerra un indice di infantilità e di condizione imposta dal suo status sociale. Quando il maestro gli aveva esposto la sua teoria, Paul si era perso nel decifrare l’espressione ‘indice di infantilità’ e aveva lasciato perdere il resto. Tutte baggianate, pensava, annuendo a se stesso. Cosa ne saprà quel vecchio stolto?! Ho sedici anni, so bastare a me stesso.
Durante la mattinata si era divertito a farsi adorare dai forestieri stanziati al castello. Tutte quelle lusinghe erano la ricompensa per la sua immagine e lui le meritava tutte, dalla prima all’ultima. Al momento, però, era piuttosto annoiato, perché si trovava in uno dei reparti riservati solo alla famiglia reale, alla servitù specializzata e a qualche membro importante di gruppi di stregoni o di ambasciate di altre razze. In poche parole, nessuno che dovesse mostrare un eccessivo rispetto adulatorio ad un principe che non aveva mosso dito per il suo paese. Quanto ci mette Mark? Quando arriva mi sente!
Come in sua risposta, lontani passi rimbombarono per un corridoio adiacente a quello in cui si trovava Paul. Da dietro un angolo, sbucò il principe Mark, che immediatamente alzò il braccio in segno di saluto. Il fratello lo attese e gli rispose a sua volta con un rantolo. Poi, insieme, si avvicinarono al portone di legno che li separava da loro padre ed esortarono le quattro guardie predisposte alla sicurezza del re a lasciarli passare oltre.
Di norma una di loro sarebbe dovuta entrare ad annunciare l’arrivo di un ospite, ma, essendo i diretti eredi al trono, spalancarono le porte senza indugio. I due fratelli si mossero all’unisono ed entrarono nella sala reale.
 
Re Roger era seduto sul trono e dalla lieve elevazione che gli offriva tale posizione scrutava la sala con occhi colmi di preoccupazione. Zerr!, imprecò a bassa voce. Proprio durante la festa di primavera dovevano manifestarsi quei fenomeni. Aveva atteso a lungo un annuncio della regina Caligo, grande signora delle Terre Celate, ma mai aveva osato pensare che la sua missiva sarebbe arrivata in un periodo così importante per Punta Conchiglia. Anzi, aveva cominciato a ritenere che la sua esistenza fosse solo una storiella da raccontare a bambini timorosi per tenerli lontani dalle terre occidentali, ma evidentemente aveva sottovalutato la potente strega. Quand’era ancora poco più che un adolescente, aveva avuto la sfortuna di conoscerla e gli era sembrata estremamente vecchia tantoché ora era convinto che la sua effimera esistenza fosse giunta al termine. Evidentemente si sbagliava.
L’ambasciatore delle Terre Celate si era presentato allo scoccar della mezzanotte della notte passata. Era apparso all’improvviso nella sala reale, facendo sobbalzare re Roger, intento a dare ordini per i preparativi della festa. Una volta accortosi della sua presenza, il re aveva estratto immediatamente dalla fodera la sua spada, interamente forgiata con il diamante. L’elsa brillava dei sette colori dell’arcobaleno, ognuno dei quali corrispondeva ad una pietra preziosa. La spada risplendeva nella fioca luce del salone, inviando ai muri e alle colonne di granito riflessi colorati.
Il messaggero incappucciato non si scompose e rimase a fissare imperterrito il re.
“Chi sei, straniero? Come hai eluso la sorveglianza?” esordì re Roger. Straniero, parola carica di diffidenza. Normalmente avrebbe usato un termine più comune e accogliente come forestiero, ma la figura nera a qualche metro da lui non meritava un tale appellativo.
“Salve, re Roger” rispose il messo. La voce era gutturale e ispida, ogni lettera una nota stonata. Tenne il suo viso nell’ombra, godendo dell’oscurità offertagli dal cappuccio e dal mantello, entrambi neri. “Il mio nome non ha importanza e le mie capacità non la riguardano. Lei deve solo ascoltare ciò che ho da dirle.”
“E allora parla, senza-nome” continuò il re. “Ma prima…” e con uno sguardo eloquente ordinò ai presenti di lasciare la sala del trono. Attese che tutti se ne fossero andati, poi guardò l’ambasciatore.
“La mia regina, nonché potente strega regnante sulle Terre Celate, sta risorgendo dalle ceneri della vecchiaia e ha in serbo una gran moltitudine di piani da attuare per la conquista della terra di Vortipea. Pertanto chiedo a voi, nobile re Roger, figlio di Cesar il conquistatore, di cedere pacificamente le cinque regioni in suo possesso alla grande Caligo, onde evitare inutili spargimenti di sangue.”
Breve, coinciso. Non ha provato ad adularmi o a far sì che cascassi in un suo tranello. O Caligo è troppo sicura di se stessa, o la mia alleanza non le interessa affatto, pensò.
“Punta Conchiglia, Rigogliovento, Freschilite, Tetravalle e Montimpervio. Le regioni di Vortipea non cadranno mai in mano ad una strega!” urlò il re, ergendosi in tutta la sua stazza. “Torna nelle terre occidentali e dì alla tua padrona che per averle dovrà passare sul mio cadavere! Vattene ora, straniero, profanatore di tradizioni! Non far più ritorno su queste terre o sarò io stesso a toglierti di mezzo!”
“Devo avvertirvi che dalla nostra parte abbiamo una potente arma.” ribatté pacatamente la figura nera. “Un’arma in grado di radere al suolo quest’intero castello con il sol movimento di un dito.”
“Sciocchezze!” sbraitò il re “Castello Cristallo è stato creato per resistere a qualsiasi calamità, protetto da incantesimi risalenti alla comparsa della magia!”
“Per tale motivo ho usato questo esempio. Sire, saprà sicuramente che esiste un’altrettanta antica magia, o per meglio dire, un arcano legame che unisce noi agli spiriti viventi.”
Il re diventò pallido come un lenzuolo e si accasciò sul trono. “N-n-non è possibile.”
“Oh, sì che è possibile. Giudicate voi stesso.”
Il messo nero mormorò una parola e si librò nell’aria facendo svolazzare il mantello. Il volto rimase nascosto dal cappuccio. Sotto di lui, come impresso a fuoco sul pavimento, cominciò a crearsi un sigillo nero pece. Due cerchi concentrici, all’interno dei quali figure geometriche si intrecciavano, formando un’inquietante trama. Dopo una rapida analisi, il re comprese che quelle figure erano glifi di una lingua a lui sconosciuta.
“Si fermi, si fermi, ambasciatore senza nome!” lo pregò urlando il re. “Non commetta scelleratezze!”
Ma la figura nera non smetteva la sua danza macabra, librato a mezz’aria.
Il sigillo, così come si era creato, implose in se stesso e generò un’ombra nera.
Il re ci mise un attimo a mettere a fuoco. Identificò l’ombra come l’immagine di un corvo. Allora non mente!, pensò sgomento,gli elementisti sono ancora vivi.
Il corvo si abbatté in tutta la sua furia sui gradini che portavano al trono. Ci fu un esplosione e re Roger fu scaraventato contro una colonna di granito.
Il corvo nero gracchiò, e il messo rise. “Arrivederci, sire”.
 
 
Buongiorno lettori! Questo è l’inizio della mia prima opera fantasy, e devo ammettere che non mi piace granché perché è imparagonabile all’idea che avevo in testa riguardo alla storia.
È solo il primo capitolo, ma gradirei veramente avere consigli per modificare la struttura, correggere eventuali errori di grammatica o di altra natura.
Ne sarei veramente felice! Grazie a tutti!
RobLan97
  
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