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Autore: stylesoxygen    13/06/2013    3 recensioni
-Sarò pure una ‘mocciosa’ ma per lo meno non sono un’ubriacona, mia cara, povera e afflitta superstar incompresa.- quelle furono le uniche parole che riuscì a dire in quel momento, e subito me ne pentì. Harry fece un ghigno, quasi cattivo e i suoi occhi cominciarono a diventare più cupi. Era sbronzo, totalmente, non era l’Harry che avevo sempre immaginato.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Another (day)


15 Giugno 2016, Londra

 

-Emma, possiamo tornare in albergo? Piove!- mi disse mia sorella minore Alex, toccandosi la sua folta e oramai bagnata chioma castana.

-Aspetta, andiamo solo a controllare da Starbucks, ti prego.-
-Dimenticatelo, adesso chiamiamo un taxi e andiamo da mamma e papà in hotel.-guardai Alex cercando di convincerla, ma il suo sguardo era deciso ed ero certa non ammettesse repliche. Era strano come a volte i nostri ruoli si invertissero, spesso ero io a sottomettermi a quella pivella.
 
-Finalmente siete tornate! Beh, ci siete riuscite?- disse nostra madre alzando appena il capo dal cuscino e lanciandoci un’occhiata dolce.
-Niente nemmeno oggi, tua figlia Alex si rifiuta di aiutarmi.- sbuffai osservando mia sorella quattordicenne.
-Meglio se andate in camera ragazze, riposatevi e domani ritenterete.-
-Diglielo tu papà, perché è come se Emma non mi capisse! A volte non riesco a credere che abbia davvero sedici anni.-
Era sempre così, ero sempre quella strana io. Ma ormai ci avevo fatto l’abitudine e poi, ero consapevole di essere speciale. Sì, perché io non mi consideravo strana, ma speciale.
 
26 Giugno 2016, Londra
 
E’ da un po’ di giorni che stavo costringendo Alex a cercare con me gli One Direction in città, ma non avevamo ancora raccolto nessuna informazione, né tantomeno incontrato i ragazzi. Era ormai da più di quattro anni che seguivo quella maledetta band, e nonostante avessi partecipato a un sacco di concerti, non avevo mai avuto la possibilità di parlarci o toccarli; forse non mi sarei accontentata nemmeno di abbracciarli, ma non ci potevo fare niente. La mia voglia di far parte della loro vita era insana ed ero diventata disperata.
 
-Basta, io davvero non ce la faccio più. Emma, non li riusciremo mai a trovare, smettiamola con questa messa in scena.- la capivo, dopotutto anche io ero stremata.
-Andiamo al Funky Buddha stasera, facciamo un ultimo tentativo.-
-Eh va bene, ma se non li incontriamo stasera, la faccenda finisce qui.-
 
Andammo in albergo e ci preparammo per la serata. Naturalmente, Alex si preparò in pochi minuti mentre io impiegai tre quarti d’ora abbondanti per poi indossare dei miserabili jeans.
-Carina la maglietta…- disse ridacchiando Alex.
-Che c’è di male? E’ originale!-
-Sì, non lo metto in dubbio, ma Emma, non ti sembra un po’ troppo sempliciotta?-
Non c’era più tempo, così evitai di dar retta a quella quattordicenne fuori dai gangheri e dissi a mamma e papà di accompagnarci al locale; notavo una certa ostilità nei miei confronti durante il tragitto verso il Funky Buddha, ma come biasimarli? Era da più di una settimana che li usavo da autisti per vagare senza meta per le vie di Londra.
 
-Alex rimani qui vicina a me, o ti potresti perdere!-cercavo la mano di mia sorella per accertarmi che fosse ancora vicina a me, ma come previsto era già scomparsa tra la folla. Beh, io ci avevo provato…ora non mi restava altro che girare per il locale in cerca dei miei ragazzi. Ma ecco, dopo un paio di metri, intravedo da lontano un cappello di lana, beige. Il mio cuore scoppiò: solo una persona in tutta Londra avrebbe potuto usare un berretto del genere in Estate. A passo svelto, mi avvicinai verso la alta ed esile figura, osservandola accuratamente: una maglietta grigia copriva la sua schiena scolpita mentre tra le mani aveva una bottiglia di birra appena stappata. Odiavo la birra, ma per lui avrei fatto un’eccezione.
-Ciao, scusami se ti disturbo, ma sono una grande directioner e…-
-…e facciamo una cosa? Ora tu te ne vai e facciamo finta di niente?- mi rispose lui, emanando un odore disgustoso.
-Cosa scusa?-
-Ti ho detto che mi devi lasciare stare, mocciosa. Sono stufo di voi ragazzette che mi ronzate intorno come mosche. Basta, vattene. Cercati qualcun altro, ma non venire a parlarmi dei tuoi problemi da adolescente che soffre perché vorrebbe un abbraccio da Harry Styles. Siete patetiche.-
Non riuscivo ad elaborare quello che mi aveva risposto, e no di certo perché lo avesse detto in inglese. Mi sembrava assurdo. Non mi sarei mai immaginata una cosa del genere.
-Sarò pure una ‘mocciosa’ ma per lo meno non sono un’ubriacona, mia cara, povera e afflitta superstar incompresa.-  quelle furono le uniche parole che riuscì a dire in quel momento, e subito me ne pentì. Harry fece un ghigno, quasi cattivo e i suoi occhi cominciarono a diventare più cupi. Era sbronzo, totalmente, non era l’Harry che avevo sempre immaginato.
 
-ALEX? ALEX? DOVE SEI?- mi facevo strada tra un gruppo di ventenni alla ricerca di mia sorella; arrivai al bancone di alcolici e vidi Alex bere circa tre bicchieri di Vodka liscio di seguito. O mio dio, la situazione peggiorava sempre di più. Era come una corsa ad ostacoli.
 
-Emma, che è successo ad Alex!?- sbraitò papà appena entrammo in camera.
-Si è ubriacata.-
-L’avresti dovuta controllare! Era sotto la tua protezione!- prese Alex sulle spalle e la portò sul suo letto, aiutandola a stendersi.
-E a me chi deve badare? Non avete visto che faccia che ho o fate solo caso se qualcuna di noi sia ubriaca o meno, eh? Non vedete che sono distrutta? Non mi chiedete nemmeno come è andata…!- scoppiai a piangere senza freni.
-Scusaci. Che è successo?- disse mia madre piegandosi all’altezza del mio viso e accarezzandomi i capelli castani.
-Ho…Ho…incontra…to…Har…r…Harry.- singhiozzavo, e non riuscivo a respirare.
-E allora dovresti esserne felice amore!-
-No, mamma, lui…lui mi ha detto che sono una mocciosa e che si è stancato di me e di tutte le fans. Era ubriaco mamma, il suo alito puzzava di birra e intorno aveva circa dieci donne.- mi girai verso Alex per controllare se stesse dormendo o no. Mio padre si limitò ad abbracciarmi e tenermi stretta tra le sue braccia, mentre mia madre cercava di tranquillizzarmi. Purtroppo nulla mi avrebbe fatto dimenticare quei minuti, bruciati dalla rabbia e dalla delusione.

   
 
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