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Autore: BlueWhatsername    14/06/2013    11 recensioni
Era nella sua natura insistere e farla esasperare, dopotutto.
Finché non l’aveva vinta, anche a costo di esaurirla e portarla ad urlare, alla fine l’aveva vinta lui.
Era insopportabile, petulante, maledettamente sicuro di sé e pieno di sorrisetti scemi – come lui – che la portavano costantemente a chiedersi se non fosse il diavolo, quello che aveva davanti, anziché il ragazzo di cui si era innamorata.
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Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Zayn Malik
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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You-ou said ‘Hey,
what’s your name?,
it took one look
and now I’m not the same,
yeah, you said ‘Hey!’
and since that day
you stole my heart
and you’re the one to blame…
 

 
 
 
L’odore del mare non le era mai piaciuto.
Né l’odore della sabbia o della salsedine, né tantomeno l’odore che lasciava sulla pelle, anche dopo la doccia.
Quella fragranza secca e pura, come di qualcosa di levigato e allo stesso tempo profumato ed invitante.
No, non le piaceva comunque.
Certo, non le piaceva nemmeno sulla sua pelle.
Specie sulla sua pelle.
No, era impossibile.
Non poteva esserci cosa che le piacesse più della sua pelle.
C’era un qualcosa di così particolare e… Strano.
Qualcosa di così drasticamente surreale, come di un profumo eterno ed incrollabile, fuori dal comune, ma allo stesso tempo familiare e unico, non c’erano vie di mezzo per descriverlo.
Quello era il profumo di casa sua.
Il profumo della sua pelle era il profumo degli abbracci e delle carezze, quelle che si scambiavano sotto le lenzuola o che si davano alla mattina, era il profumo di tranquillità e passione insieme, era il profumo della sua quotidianità e della sua perfetta armonia col mondo.
Era il suo profumo, niente e nessuno avrebbe mai potuto sostituirlo, nemmeno la salsedine di mare.
E lo aveva sentito, anche quella notte, con la guancia contro la sua spalla e le mani dolcemente premute sul suo petto, mentre il sonno la coglieva ed il suo respiro la cullava.
Aveva un sonno così cadenzato, lui, che sembrava scandito su qualche pentagramma.
Alexis si volse dall’altra parte, le lenzuola attorcigliate attorno alle gambe nude.
Tese le mani verso l’altra parte del letto, trovandola vuota.
Il coprimaterasso era leggermente sgualcito e ancora tiepido, segno che quello scemo doveva essersi alzato da poco.
Sorrise, tra sé e sé, mentre la voglia di rimanersene a poltrire puntava alle stelle, e la luce del sole filtrava dalle tendine gialle della stanza.
Socchiuse gli occhi scuri dove, vicino all’iride, una lieve linea verdastra li schiariva un poco, dando loro uno strano tocco esotico che nessuno era mai riuscito a spiegarsi.
Mugolò, infastidita, quando l’arietta fresca del mare la raggiungeva, attraverso la finestra aperta: lei nemmeno ci sarebbe voluta andare in vacanza in quel posto, ma lui, come al solito, aveva insistito fino allo sfinimento.
Era nella sua natura insistere e farla esasperare, dopotutto.
Finché non l’aveva vinta, anche a costo di esaurirla e portarla ad urlare, alla fine l’aveva vinta lui.
Era insopportabile, petulante, maledettamente sicuro di sé e pieno di sorrisetti scemicome lui – che la portavano costantemente a chiedersi se non fosse il diavolo, quello che aveva davanti, anziché il ragazzo di cui si era innamorata.
Alexis mugugnò ancora, affondando la testa nel cuscino, la canotta – di lui – che aveva preso per dormire le si arrotolò attorno al busto, facendola gemere di fastidio, mentre le lenzuola fresche sfregavano contro la morbidezza delle sue gambe nude.
Sorrise, tra sé e sé, avvertendo l’odore di caffè che le arrivava fino al naso.
Lo stomacò brontolò piano, i muscoli a poco a poco ripresero vita, mentre le labbra si spiegavano in un’espressione lievemente contenta.
Toccò ancora la parte di letto vuota accanto a sé, spostando la testa verso il suo cuscino.
Vaniglia, muschio, qualcosa di anomalo tra il lampone e l’amarena.
Eppure gli aveva detto milioni di volte di non mischiare i bagnoschiuma con lo shampoo.
Di non mischiarli ai suoi, oltretutto, che di maschile avevano ben poco.
Scosse la testa, stiracchiandosi e scansando le lenzuola con i piedi, fino a farle cadere sul pavimento di legno della casetta in riva al mare che lui si era scelto per quella vacanza.
Perché diamine aveva dovuta trascinarla fino alle Canarie, costringerla a vivere in una casupola che aveva a malapena elettricità ed acqua calda e convincerla a sopportare quell’odore di mare che quasi la stordiva?
Quando poi nemmeno sapeva nuotare, lui.
Alexis si tirò in piedi, la massa fluente di capelli di una strana tonalità tra il castano e l’amaranto  erano arricciati lungo le spalle, discendenti fin quasi alla vita, ma leggeri e lucidi, come tanti fili di morbida seta vermiglia.
Li scosse piano, dirigendosi in bagno, con la lentezza raffinata che possedeva ogni mattina appena sveglia: la frustrante stanchezza dell’alzarsi dal letto, insomma.
E quando si accostò al lavandino, per lavarsi il viso, per poco non sussultò: certo che era un vero disordinato, lui.
Il rasoio – che poi usava tanto per dire, considerato il modo in cui la barba rada le solleticava sempre e comunque la pelle – era abbandonato vicino al sapone, accanto il dopobarba e poco più in là, quasi in bilico verso il pavimento, quell’odioso gel per capelli che –perché era un vanesio cronico, lui – non lasciava mai, nemmeno davanti all’Apocalisse lo avrebbe abbandonato.
Alexis scosse il capo, mentre si rinfrescava e si passava un sottile strato di crema mattutina.
Certo che aveva delle occhiaie da far schifo, constatò, avvicinando ancora di più il viso allo specchio.
Ed i capelli… Ad un occhio inesperto sarebbe parsi ordinati e perfetti, ma a lei sembravano un indomabile cespuglio di rovi rossastri e castani.
Si morse un labbro, mentre lo stomaco brontolava, insistente.
Certo, se lui fosse stato delicato, con quelli mani, e le avesse usate piano, quelle dita, e…
… Si sciacquò di nuovo il viso, dandosi una leggera sistemata a quei boccoli senza speranza e facendo un gran sospiro, testando poi l’efficacia del suo sorriso allo specchio: poco convincente, senza dubbio.
Ancora scalza, e con solo gli slip e la canotta – troppo grande – di lui si diresse in cucina, già cosciente dello spettacolo che l’avrebbe accolta.
Solo quando si rese conto di essersi appoggiata allo stipite della porta capì che no, una cosa del genere non se la sarebbe mai nemmeno sognata.
Lui era di spalle, solo il suo costume nero al ginocchio, scalzo, la schiena nuda che risplendeva di qualche goccia d’acqua.
Ed ora che lo notava meglio, Alexis non poté fare a meno di sorridere nel constatare che i suoi capelli erano bagnati, tirati all’indietro, ma zuppi.
Lo dicevano chiaramente le gocce d’acqua che gli stavano scivolando sul collo e poi finivano a terra.
Sorrise, incrociando le braccia, annusando il dolce profumo di caffè, nelle due tazze poggiate sul tavolino di legno.
Si illuminò quando vide che proprio al centro c’era un bicchiere pieno d’acqua per la metà con dentro un fiore viola.
Sembrava essere stato messo lì apposta e spiccava decisamente con l’arredamento spartano di quella casetta di legno.
Alexis sorrise, prima di schiarirsi la voce con finta serietà.
<< Ti sei fatto la barba e sistemato i capelli quando comunque sei andato a giocare in acqua come un bambino? >> domandò, facendolo sobbalzare.
Rise di gusto quando lo vide scattare, i biscotti che teneva fra le dita gli saltarono dalle mani, finendo all’aria.
Alexis si portò la mano alla bocca, ridendo di gusto.
E quando incrociò il suo sguardo, rimase paralizzata.
Si sentì prendere da un nodo alla gola, un qualcosa di delizioso e dolcissimo, come una pugnalata di zucchero filato dritto al cuore, come un bacio bollente o una carezza delicata.
Smise di ridere, sentendo un calore familiare invaderle le guance ed il solito tremolio di ginocchia prenderla alla sprovvista, come sempre, anche a distanza di così tanto tempo era questo l’effetto che lui le procurava.
Si morse un labbro, avvicinandosi per aiutarlo a raccogliere tutti i biscotti a terra e quasi si sentì in colpa quando notò che erano semiricoperti di cioccolato… Allora era questo che stava facendo, così di spalle!
<< Ehy… >> tentò di dirgli, scoppiando comunque a ridere << Io… >>
<< C’era bisogno di spaventarmi così, mmh? Nanerottola… >>
Alexis sbarrò gli occhi, costernata.
<< Non chiamarmi in quel modo, sai… Io… >>
<< Come? >> la interruppe lui, sorridendo beffardo << Nanerottola, forse? >>
La ragazza si sentì arrossire fino alla punta dei suoi capelli castano amaranto, ma non fiatò.
Si sedette, acciuffando una delle tazze di caffè e prese a bere con gli occhi bassi, quasi sembrava stesse mordendo la ceramica anziché poggiarci lentamente le labbra sopra.
Sbuffò una, due, tre volte, quando si accorse che quel coso non era zuccherato.
Fece per alzarsi, ma trovò il barattolo all’altezza della sua faccia, come per magia.
Sobbalzò, puntando gli occhi in alto, per incrociare i suoi, che ribollivano d’ambra e sembravano alquanto divertiti.
Come se anche le lunghe ciglia scure e marcate la stessero deridendo, disegnando un sorriso a quegli occhi che l’avrebbe sempre mandata in crisi profonda.
Con se stessa.
Con il mondo.
Acciuffò il barattolo, facendo per voltarsi, quando sentì due braccia fermarla di colpo.
Si ritrovò schiacciata contro di lui, il barattolo dello zucchero che cozzava inevitabilmente in mezzo a loro.
Alexis sbarrò gli occhi, sorpresa ed irritata, mentre tentare di non guardarlo sembrava essere diventata un’impresa quanto mai impossibile.
Ci annegava sempre in quei due pozzi di petrolio e oro, così caldi e profondi da tenerla al sicuro e confortarla, ma anche tanto vorticosi da confonderla e ammaliarla.
Tentò di scrollarsi, avvertendo contro di sé l’acqua del costume di lui, l’umidità della sua pelle, dei suoi capelli ancora bagnati, della sua bocca su cui ancora spiccava qualche goccia salata.
<< Mi lasci? >> domandò, con un tono di voce che poco le si addiceva, specie quando erano insieme << Devo zuccherare il caffè. >> concluse, credendosi convincente.
E solo quando lo vide ridere di gusto, gettando la testa all’indietro e arricciando il naso in quel modo che solo lui sapeva fare capì che aveva detto la prima stupidaggine della mattina, quella per cui lui, molto probabilmente, l’avrebbe presa in giro tutto il giorno.
Alexis sbuffò, contrita, tentando sgusciare dalla sua presa, ma senza molto successo.
Lui la fece voltare verso di sé, mentre le toglieva di mano il barattolo e lo poggiava sul tavolo.
Le sue mani grandi e bollenti le attraversarono la schiena, facendola rabbrividire, per poi soffermarsi sui fianchi, dove le dita si infilarono leggermente sotto l’orlo della canotta, strusciando sulla pelle sensibile poco sopra gli slip.
Le sorrise, inarcando quel suo stramaledetto sopracciglio con un atteggiamento a metà tra il provocatorio e l’ammiccante, mentre poche gocce d’acqua gli scivolavano ancora dai capelli, finendogli sul viso.
Alexis non si trattenne, alzando le mani per passargliele sugli occhi e sulle guancie, poi sulle labbra e infine sul collo, dopo i polpastrelli disegnarono segni immaginari, prima di seguire il profilo delle clavicole e sostare sul suo petto, quasi con timidezza.
Seguì il movimento delle sue stesse dita, come ipnotizzata, mentre non poteva fare a meno di notare la differenza lampante tra le loro pelli: di latte lei, di ambra lui.
Erano strani, a vedersi.
Lei, che pareva una qualche fata da saga nordica, i lunghi boccoli castani e amaranto, gli occhi scuri e cerchiati di verde sull’iride, la pelle bianca e anche uno strano neo, poco sotto il mento – che lui si divertiva a baciare, in ogni momento.
Lui, con gli occhi scuri e le ciglia lunghissime, che un qualche pittore dotato aveva ombreggiato col suo carboncino invisibile, la pelle splendente di una qualche strano profumo e di un altrettanto ineguagliabile sapore, quando lei l’aveva assaggiata.
<< Sei fradicio, te ne rendi conto? >> mormorò Alexis, sollevando finalmente il suo sguardo verso quello di lui.
Questi ricambiò con un sorriso dei suoi, uno di quei sorrisi in cuisembravano condensarsi cielo e terra, in cui sembrava addensarsi la meraviglia del mondo.
<< Volevo andarmi a fare una… >>
<< … Nuotata? >> lo interruppe lei, mentre le sue mani risalivano al collo, e poi ai capelli, che prese ad accarezzargli con dolcezza.
Lo sentì sospirare, prima di rispondere.
<< … Passeggiata… >>
<< … E come ti sei ridotto così? >> insistette lei, mentre le mani di lui la spingevano ancora più contro di sé: ora erano compressi, schiacciati l’uno contro l’altra .
Lo sentì sospirare ancora, mentre le sue dita passavano incessantemente tra le ciocche more.
<< Avevo visto quel coso >> ammiccando verso il fiore nel bicchiere << e volevo prenderlo… >> le si accostò, facendo sfiorare i loro nasi << … Ma poi mi sono reso conto che mi piace troppo sguazzare in acqua! >> sussurrò, facendola rabbrividire.
<< Sei un idiota… >> borbottò Alexis, stringendogli ancora più le braccia al collo e affondando il viso nell’incavo della spalla: inspirò a fondo, ringraziando Dio che la salsedine non fosse riuscita a coprire per nulla il suo odore, il suo sapore, il suo tutto.
Sentì la mano di lui scorrere sulla sua schiena, per poi intrecciarsi ai boccoli vermigli che risplendevano al sole; chiuse gli occhi, sospirando.
Quando l’abbracciava era come se il mondo sparisse, come se davvero essere risucchiata dalla grandezza del mondo non era poi così complesso, anzi… Era bellissimo e indolore.
Era facile e allettante, come sprofondare tra le sue braccia con la certezza che non l’avrebbero mai lasciata.
Era dolcissimo e confortante, come i suoi baci o e sue carezze, come se avesse quasi paura di sfiorarla troppo forte o romperla, era delicato come i suoi sussurri o le sue mani, troppo perfetto per essere vero.
<< A che pensi? >> domandò lui dopo qualche secondo.
Alexis non si mosse, strusciando la punta del naso contro la sua clavicola, facendolo ridacchiare.
<< A quanto tu sia cretino, Malik… >>
Lui rise ancora, mentre le sue mani scendevano lentamente oltre i suoi slip, afferrandola saldamente per le cosce.
Alexis sobbalzò, lanciando un urletto divertito quando lui la mise a sedere sul bordo del tavolo.
Gli picchiettò le dita sul petto, sorridendogli, per poi far risalire le mani alla fronte, per scansare i capelli bagnati che pretendevano di ricadergli sugli occhi.
Perché nessuno poteva pretendere di nascondere quegli occhi, nessuno poteva oscurarli, nessuno poteva portarglieli via.
Lui sorrise, sporgendosi per sfiorarle la guancia col naso, facendole volutamente il solletico; Alexis ridacchiò, stringendogli le dita tra i capelli umidi, mentre una sensazione devastante le si apriva al centro dello stomaco: miele, limone e anche un pizzico di speziato.
Dolce, aspro e piccante, proprio come lui.
Sentì le sue mani sfiorarle le gambe con delicatezza, come sempre, mentre la sua bocca strusciava piano sul suo collo, solo per farle il solletico.
Alexis si dibatté un poco, ridendo, mentre le braccia gli stringevano il collo con forza, tirandolo verso di sé.
Gli morse con decisione una guancia e lo sentì protestare con uno sfregamento deciso sulla sua spalla nuda, mentre le sue mani risalivano la schiena, per intrecciarsi ai suoi capelli.
E se c’era una cosa che lei proprio amava erano le dita tra i capelli.
Le sue dita tra i capelli.
I brividi la scossero in pieno, facendola tremare da capo a piedi, mentre un bassissimo miagolio di piacere lasciava le sue labbra, in risposta a ciò che sentiva scuoterla dentro.
Lui rise, annusando piano il suo collo e stampandole un bacio umido su una guancia.
Si sporse di nuovo, per poggiare la fronte contro quella di lei.
Alexis lo guardò, con le guance arrossate e il respiro un po’ più corto, mentre sentiva di poterci morire, in quel modo, niente sarebbe stato più piacevole e rassicurante.
Niente migliore delle sue braccia che la tenevano, niente più saldo del suo corpo contro il suo, i petti che si sfioravano, niente più liquido e potente dei loro sguardi intrecciati.
<< Zayn… >> mormorò Alexis dopo un po’, sentendo i loro respiri combaciare l’uno contro l’altro << … Devo zuccherare il caffè, ricordi? >>
Lui sembrò rifletterci un attimo, prima di sorridere di nuovo, e avvicinarsi al suo orecchio.
Lo sfiorò con le labbra ed un altro risolino lasciò le labbra della ragazza, facendolo ridere a sua volta: sapeva quanto soffrisse il solletico e c’era sempre un gusto diverso nel sentirla contorcere e ridacchiare.
La sua risata, dopotutto, era il suono più bello del mondo, per lui.
Sospirò contro la sua pelle, godendosi i brividi  che la scuotevano, e le sue mani tra i capelli umidi.
<< Oh beh… Non c’è caffè senza buongiorno, tu che dici? >> e si discostò, per incrociare lo sguardo confuso della ragazza.
Gli occhi scuri lo squadravano, insicuri, la linea verdastra attorno all’iride pareva ancora più accesa.
La vidi aprire la bocca, come per parlare, ma fu ancora più veloce  a chiudergliela.
Sentì le labbra di lei rimanere impalate contro le sue, morbide ed incerte come sempre.
Ma durò una frazione di secondo, perché anche Alexis si rendesse conto e lo assecondasse, facendo scontrare le loro bocche in maniera lenta e profonda.
Le sembrava di impazzire, mentre nel suo stomaco si apriva un buco nero di proporzioni cosmiche e la vertigine le faceva girare la testa.
Pesantemente.
Strinse le dita tra i suoi capelli, portandoselo più vicino, facendo scontrare il suo petto ancora umido con la sua canotta leggera.
Il contatto le strappò un leggero sospiro di piacere, poco prima di staccarsi per poggiare la fronte contro la sua.
Lui le sorrise, portando le mani dalla sua vita su, lungo il collo e poi sul viso, avvertendo al tatto come le scottassero le guance.
<< Quindi… ? >> mormorò Alexis, dopo un po’, ammiccando debolmente.
Zayn inarcò un sopracciglio, scoppiando a ridere.
<< Uno, vero? >> le chiese, poi, arricciando il naso come per riflesso involontario.
E lei dovette faticare molto per non squagliarsi lì, sul tavolo.
Ogni volta che lo faceva diventava così adorabile che le veniva la voglia di mordergli dolcemente quella sua faccetta da stronzo che si ritrovava.
Perché era uno stronzo, lo sapevano entrambi.
Luilo sapeva, di esserlo.
<< Uno cosa? >> chiese Alexis, mentre tentava di regolare anche il respiro.
Regolare il suo cuore ormai era quanto mai impossibile.
Lui sorrise ancora più apertamente, staccandosi da lei per recuperare il barattolo dello zucchero.
Afferrò un cucchiaino, per aggiungerne al caffè.
La ragazza squadrò la tazza, squadrò lui, poi scoppiò a ridere, spostando i lunghi capelli castano amaranto sulla spalla destra.
I boccoli le finirono davanti alla faccia, la lei se li ricacciò indietro con uno sbuffo.
<< Grazie… >> ammiccò, quando lui le porse la tazza.
<< Figurati… Nanerottola! >> ribatté lui, strappandole un bacio a tradimento e fiondandosi fuori dalla cucina.
E dovette ringraziare che la sua ragazza, oltre ad essere decisamente più bassa di lui, fosse anche dotata di una pessima mira, o chissà quanto ci sarebbe stato bene lo zucchero tra i suoi capelli bagnati.
 
 
 
 
Alexis sbuffa, contrita, avvertendo che questo nuovo lavoro non le piacerà nemmeno un po’.
Dopotutto, ha sempre amato occuparsi di marketing e pubblicità, è vero ma…
… Il capo non sembra proprio una persona simpatica, o almeno, non è sembrato tale quando è passata in corridoio, seguito dal suo stuolo di segretarie.
Sbuffa ancora, portandosi i lunghi boccoli castano amaranto, quella mattina arricciati in una piega decisamente strana – come a riflettere il suo stato emotivo – sulla spalla, mentre fa dondolare la gamba destra, accavallata alla sinistra, in avanti.
Quel completo che si è infilata, blu, la giacca ha dei semplici bottoni bianchi, nemmeno tanto male insieme alla sua camicia di seta preferita, non è nemmeno così semplice come dice sua madre.
E le sue nuove decolleté blu sono decisamente carine ai suoi piedi.
Caldo, fa caldissimo lì dentro.
Gli altri contendenti per quel posto sono seduti accanto a lei, chi sembra stia per svenire dall’ansia, chi troppo occupato per accorgersi che il tempo corre, tiranno.
Alexis si alza, per sgranchirsi le gambe e prendere una boccata d’aria.
E quando tenta di fare il primo passo, tutto sembra accadere in un attimo: la sua caduta a terra, qualcosa di caldo che le si rovescia addosso, poi tonfi, grida e anche qualche imprecazione.
Sbuffa, portandosi le mani ai capelli, dove qualcosa di appiccicoso le cola tra i ricci: cioccolato, dall’odore si direbbe cioccolata calda.
Si metterebbe a piangere se non sapesse di essere in un luogo pubblico, con tantissima gente che proprio in quel momento la sta guardando e anche con un lavoro che deve guadagnarsi attraverso un colloquio.
Già… Il colloquio.
Che colloquio è quello in cui deve presentarsi con i capelli – i suoi adorati, perfetti, sacricapelli – sporchi di cioccolata calda?!
Si rialza, tenendosi una mano sul petto, mentre il responsabile – così pare – dell’accaduto se ne sta in ginocchio per terra, ad imprecare a raccogliere scartoffie.
Deve essere un impiegato, a giudicare dal suo vestire sobrio e dalla sua impeccabile camicia arrotolata fino ai gomiti.
Alexis si trova stupidamentea pensare che abbia dei gomiti davvero ben fatti, e anche degli avambracci che paiono disegnati da un qualche scultore e…
… Ha dei capelli perfetti!
Neri, sparati per aria in maniera tremendamente precisa, ma elegante, e lucidi.
Lei, invece, ha dei capelli improponibili, ora.
E tutto per colpa sua.
<< Ehy! >> sbotta, incollerita << Guarda che hai combinato! Ti pare il modo? I miei capelli… >>
<< Senti, nanerottola! >> il tipo si rialza di corsa, i fogli e gli incartamenti tra le mani, il cipiglio poco rassicurante di chi è fermamente convinto d’aver ragione… Quando poi non le ha nemmeno chiesto scusa! << Non ho tempo da perdere, guarda dove vai, piuttosto… Qui siamo in un ufficio, non in una fiera di paese, mi hai capita? >>
Alexis sbarra gli occhi, incredula, mentre una qualche strana parte del suo cervello tenta di capire di che colore siano gli occhi di quel tipo…
… Roba da annegarci dentro.
Se prima non si rimane strangolati in quelle lunghissime ciglia che li contornano, paiono disegnate con la china, accidenti.
<< Come mi hai chiamata? Senti, bello… >>
<< … Lo so, so di essere bello! >> la interrompe lui, soddisfatto da quella pessima battuta << E ti consiglio di andare in bagno, sai… La cioccolata del mio capo è tutta sulla tua testa, dovrò prendergliene un’altra, e se faccio tardi sono nei guai! >>
La ragazza sbarra gli occhi, indecisa se ficcargli la testa nel cestino della carta o mollargli un destro in pieno viso.
Meglio la prima, decisamente.
Perché rovinargli quel bel faccino da stronzoche si ritrova?
<< Ehy tu, maleducato che non sei altro, ascoltami bene perché non mi ripeterò ancora, chiaro? >> Alexis si appoggia una mano su un fianco, con fare marziale: non le sono mai piaciuti i cafoni, né tantomeno gli idioti che nemmeno chiedono scusa, specie se non guardano nemmeno in faccia… Incomprensibile! << Io… >>
<< Tu cosa? >> il tipo ammicca, sorridendo, le labbra che si piegano in un ghigno strafottente << Vuoi farmi una scenata? Non so se l’hai notato, ma hai già creato abbastanza trambusto… Non so da dove vieni, ma di solito si guarda dove si mettono i piedi! >>
Ed il suo sopracciglio si inarca in una maniera tale che la ragazza pensa possa spezzarglisi da un momento all’altro.
<< Ah sì? E tu ci vedi? >> domanda lei, sentendo la rabbia montarle addosso mentre l’odore di cioccolata si intensifica nell’aria, oltre che sui suoi capelli.
<< Certo che ci vedo! >> ribatte lui, come se non capisse << Perché? >>
<< Beh, perché se ci vedi così bene vedi di andare a… >>
<< Alexis Johnson? >> una voce la interrompe, fa appena in tempo a voltarsi per vedere una segretaria con dei fogli in mano e gli occhiali calati sul naso indagare l’ambiente alla ricerca della vittima da sottoporre al capo.
<< Ah, così ti chiami dunque? >>
Il tipo sfoggia un sorrisetto, passandole vicino e scoccando un’occhiata alla segretaria ancora in attesa che qualcuno le risponda << La signorina è qui, arriva subito. >> dice, in tono formale poco simile a quello utilizzato finora; Alexis lo scruta con le sopracciglia aggrottate, indecisa se sia solo stronzo o anche deficiente.
 << Senti, tu… >> sibila, minacciosa, recuperando la sua valigetta ancora sulla sedia e tentando di ignorare quel maledetto odore di cioccolato << … Io… >>
<< Calma o ti si rovina la piega… >> scherza lui, sorridendo << … Buona fortuna e… >> le fa un occhiolino, scoppiando subito dopo a ridere << … Ci si vede in giro, nanerottola! >> e si allontana, come se niente fosse.
<< La signorina Johnson?! >> ripete seccata la segretaria, in tono quasi isterico.
Alexis sospira, tentando di calmarsi, pure se il cuore le procede nemmeno fosse il motore di una Ferrari.
Brutto idiota, lui e quelle sue occhiate.
Ci manca solo che le rovini anche il colloquio.
E poi no, come fa una sola occhiata a cambiare tutto?
Non può, ovvio…
… No?
 
 
 
 
Il mare era calmo e piatto, limpido e pulito.
<< Io non mi metto sotto il sole, scordatelo! >> dichiarò Alexis, stendendo il suo asciugamano sotto l’ombrellone gigantesco che si era portata e stando ben attenta a non lasciarsi prendere da nemmeno un pizzico di luce.
La sua pelle era così bianca che rischiava di ustionarsi anche con una crema a protezione altissima, come se quella volta in piscina, anni e anni prima, non fosse bastata da monito: una settimana intera con la febbre e le spalle completamente bruciate.
<< Solo perché sei la solita nanerottola impossibile… >> commentò lui, buttandosi direttamente sulla sabbia, allargando le braccia, come a voler abbracciare il cielo.
<< Malik, un’altra parola e stanotte dormi con i pesci… >> canticchiò lei, sorridendo e inviandogli un’occhiatina decisa; lui si era sollevato su un gomito e la fissava intensamente, la pelle lievemente di ambra luccicava al sole, i capelli gli ricadevano sulla fronte, gli occhi sembravano bruciare…
… O forse era lei a bruciare, e non era il sole.
Alexis chiuse gli occhi, beandosi dell’ombra e dell’arietta fresca, tentando di non pensare a quell’espressione che le faceva sciogliere le viscere ed intrecciare lo stomaco.
Sospirò, beandosi del silenzio e del rumore delle onde che si infrangevano sulla spiaggia, pure se l’odore continuava a non piacerle comunque.
Si volse, il seno e la pancia schiacciati contro l’asciugamano e la schiena in su, le braccia, incrociate sotto la testa.
E quando sentì una mano passarle lieve sul retro della coscia, per poco non sobbalzò, mangiando anche la sabbia.
Tirò su di scatto la testa, notando che Zayn si era accucciato vicino a lei, e rovistava nella sua borsa, alla ricerca di chissà cosa.
<< Il telefono lo hai lasciato dentro, comunque… >> borbottò, ridendo della sua espressione concentrata: si perse ad ammirare il profilo della mascella – che lei adorava con ogni più piccola parte di se stessa, era forse una delle prime cose che aveva notato- ed il modo in cui le labbra erano corrucciate in risposta al suo fare teso, le sopracciglia scure aggrottate, scese lungo le clavicole ed il petto, sentendosi arrossire.
Non era normale che dopo tutto quel tempo ancora quella reazione gli procurasse.
<< Cosa diamine stai facendo, me lo spieghi? >> borbottò Alexis, poggiandosi sui gomiti per osservarlo meglio << Ehy… Non provarci, sai?! >> urlò, quando lui afferrò il suo libro preferito e fece per poggiarlo sulla sabbia.
Zayn si volse, sorridendo, quando esibì festosamente uno strano flacone azzurro.
<< Che diamine devi farci? Non credo tu ne abbia bisogno… >>
Crema solare.
Era scemo o cosa?
<< Devi metterla, se non vuoi ustionarti! >> disse poi, versandosene una buona dose sul palmo della mano.
Alexis aprì la bocca per ribattere, ma la sensazione improvvisa della sua mano sulla gamba, della sua mano bollente e scivolosa per la crema le fece dimenticare repentinamente di dove fosse e chi fosse.
Sentiva le dita di lui scorrere delicate sulla pelle, i polpastrelli solleticarle delicatamente il retro dei polpacci, per poi risalire fino alla coscia.
La ragazza incrociò le braccia, poggiandoci la guancia e chiudendo gli occhi, per godersi al massimo quel contatto.
Lui le lanciò un’occhiata, sorridendo sotto i baffi: era una bambina.
Ringhiava come una tigre, ma bastava poco per renderla una tenera micina.
<< Ma sono all’ombra… >> mugugnò Alexis poco convinta, sospirando, mentre le mani di lui erano risalite ai fianchi e le stavano toccando la vita, sfiorando coi polpastrelli il seno << … Non rischio niente… >> e mentre lo diceva sembrava quasi che si stesse addormentando.
Zayn sorrise, mettendosi altra crema sui palmi e attaccando la sua schiena bianca e liscia.
<< Ah no? Ti sei vista, nanerottola? >> e rise, mentre lei sbuffava << Sembri un orsetto polare bianca come sei e… >>
<< … Cosa? Un orsetto? Tu stai poco bene… >>
<< … E poi è l’aria stessa di mare a farti abbronzare, anche se te ne stai all’ombra! La salsedine stessa! >> e poggiò le mani sulle spalle di lei, stringendo delicatamente e strappandole un gemito di piacere.
Alexis sospirò, mordendosi un labbro, mentre i brividi la scuotevano e sentiva le mani di lui, delicate e bollenti, scendere lungo la curva della sua schiena, disegnando percorsi immaginari.
<< Zayn? >>
<< Mmh? >>
<< La crema l’hai messa, tesoro. >> precisò lei, senza riuscire a trattenere un risolino.
A quel punto i polpastrelli di lui si soffermarono sui fianchi, premendo leggermente e provocandole un leggero solletico che la fece contorcere.
Si ritrovarono faccia a faccia, mentre lui la sovrastava, costringendola a spargere quella massa di ricci castani, che riflettevamo l’amaranto direttamente dalla luce dal sole, sulla sabbia.
<< Lo so, amore… >> la stuzzicò lui, ammiccando, mentre la ragazza rideva per la sua dolce pressione ai fianchi << … Ma non voglio che diventi un’aragosta! Una piccola e petulante aragosta in miniatura! >> precisò, beffardo.
<< Che hai detto? >> sibilò lei, bloccandosi di colpo e squadrandolo fisso.
Lui sorrise, abbassandosi, fino a far sfiorare i loro nasi.
Sentiva il respiro di lei sulla bocca, vedeva i suoi occhi scuri così bene da essere quasi certo di avere attorno un buco nero.
<< Quel che hai capito, nanerottola… >> soffiò, lasciandole un delicato bacio ad ogni parola << … E… >> bloccò la nascente protesta di lei con un bacio più audace che le tolse il respiro  << … La vogliamo mettere anche dall’altra parte questa crema  o no? >> domandò, lasciando un’occhiata poco rassicurante al costume nero di lei.
Ed il suo sorriso bastò come risposta.
 
 
 
Non riuscì a sbattergli la porta in faccia solo perché lui fu più veloce ad afferrarla per la vita.
Alexis si dibatté debolmente, ridendo per il modo in cui i suoi denti le stavano torturando la spalla.
E quando finalmente la poggiò a terra, le afferrò la mano, per farle fare una piroetta su se stessa.
E quando rise, gli sembrò veramente il suono migliore del mondo.
<< Visto? Non ti sei scottata! >> esclamò, orgoglioso della sua pensata.
Alexis rise ancora, dandogli un pugno sul petto, aprendo poi uno sportello della credenza in cerca di chissà cosa.
Si puntellò in punta di piedi, mormorando qualcosa d’indistinto sottovoce, quando un braccio sorpassò la sua visuale ed una risatina la raggiunse, poco prima che un enorme barattolo di cioccolata le passasse davanti.
<< Scommetto stessi cercando questo, nanerottola… >>
E quando l’altro pugno al petto lo raggiunse, Zayn non poté fare a meno di ridere di gusto, mentre la osservava scegliersi un cucchiaino e poi affondarlo nel barattolo.
Alexis gli fece una linguaccia, poco prima di iniziare a mangiare, con estrema disinvoltura.
<< Non offri? >> domandò lui, allora, sorridendo sotto i baffi.
Se la conosceva almeno un po’ gli avrebbe riservato una rispostina niente male.
<< No! >> berciò invece lei, col tono di una bambina capricciosa << È tutto mio! >> concluse, annuendo soddisfatta.
Ed aveva anche il sorriso di una bambina, constatò Zayn.
E gli occhi, specie quando brillavano di divertimento come in quel momento.
<< Oh andiamo! >> le si avvicinò, serio << Non puoi tenertela tutta per te, non è assolutamente giusto! >>
Lei ricambiò la sua occhiata decisa, imponendosi di stare al gioco e di non scoppiare al ridere come al solito.
<< Me ne farò una ragione! >> e si ficcò in bocca un altro cucchiaino di cioccolata, sicura che lui non l’avrebbe fermata.
Quando invece si sentì tirare su la mano, e avvertì la presa ferrea ai fianchi si bloccò, interdetta, scoppiando a ridere quando sentì la bocca di lui premere sulla sua.
Ricambiò il bacio, sentendo il sapore della cioccolata mischiarsi al suo, creandole un foro allo stomaco tre volte maggiore del solito, mentre i movimenti delle sue labbra erano lenti e sinuosi, studiati apposti per farla sciogliere in ogni più piccola fibra.
Si staccò, ridendo, mentre portava di nuovo il cucchiaino nel barattolo.
<< Sei un maleducato… Manco in pace posso mangiare, non è giusto! >>
Lui sogghignò.
<< Lo faccio per la tua linea, tesoro. >>
Alexis si irrigidì a quel commento, sollevando entrambe le sopracciglia con fare minaccioso.
<< Prego? >>
<< La tua linea! >> spiegò lui, con una semplice alzata di spalle, ed i suoi occhi di quel maledetto colore indefinibile brillarono, bellissimi e magnetici << Poi ti lamenti sempre che i jeans non ti stanno e… >>
<< Troppo gentile, amore. >> ringhiò lei, attaccando un altro cucchiaino ed evitando di guardarlo direttamente.
Zayn ridacchiò, avvicinandosi di nuovo, solo per poggiarsi con la schiena al bancone, i palmi contro il bordo.
<< Qualcosa non va? Dai, spicciati, così dopo andiamo a… >>
<< Ci vai da solo, in qualunque posto tu intendessi andare. >> lo seccò lei, con una risatina divertita.
E continuando a mangiare, come se fosse sola.
<< Nah, non puoi lasciarmi affrontare tutta quella sabbia da solo… >> tentò lui, lisciandole il fianco con le dita, poco prima che lei gli desse uno schiaffo sonoro sul palmo.
<< Se speri che io mi metta a giocare con te a fare i castelli di sabbia, hai capit… >>
Ed era davvero difficile non ridere alla sua espressione imbronciata e decisa.
<< Mi dai un altro po’ di cioccolata, eh? >> la interruppe Zayn, guardandola speranzoso.
Alexis batté le palpebre, poi sorrise.
Ed accadde in un nano secondo: un secondo prima la sua piccola mano era nel barattolo ed il secondo dopo era sulla faccia e sui capelli umidi di lui.
Strinse le dita tra le ciocche, assicurandosi di sporcargliele per bene, poi gli passò il palmo sul viso, ridendo nell’avvertire l’espressione scioccata del ragazzo.
Si scostò velocemente da lui, tenendosi lo stomaco con la mano pulita, l’altra impiastrata di cioccolata.
Zayn rimase immobile per un secondo, poco prima di scrutarla con attenzione, un predatore che osserva la preda il secondo prima di acciuffarla.
Alexis si rese conto del cambiamento di tonalità dei suoi occhi, del calore che vi bruciava, si accorse del suo ghigno calcato e del modo in cui stava avanzando verso di lei.
Senza pensarci due secondi imboccò la strada verso il salotto, ridendo contemporaneamente, e gettando rapide occhiate dietro di sé come se fosse inseguita da un uomo con un’ascia.
Bastarono poche falcate perché Zayn la raggiungesse e la bloccasse, mentre lei ancora rideva e urlava, implorando di essere lasciata.
Il ragazzo la gettò sul divano, posizionandosi a cavalcioni su di lei per poi tenerle i polsi stretti sulla testa con una mano, mentre con l’altra agì nel peggior modo possibile: se la passò tra i capelli e sul viso per poi passarla sul collo e sul petto della ragazza.
Alexis rideva e si dibatteva, soprattutto per il solletico, ma le sue preghiere non sortirono molto effetto.
Specie quando lui si chinò su di lei, per baciarle piano il collo, lì dove era passato con la cioccolata, e poi scendere più giù, nell’incavo tra i seni, tratteggiando con le labbra il contorno del suo costume.
Le lasciò i polsi, permettendo che la ragazza gli stringesse le spalle, mentre sospirava di piacere puro, e tremava, sempre più compressa dal suo corpo.
<< Non dovevi andare a giocare con la sabbia? >> ansimò lentamente, mentre lui risaliva a baciarle la guancia e poi il naso.
<< Dopo… >> biascicò Zayn in risposta, mentre l’odore di cioccolato si andava intensificando sempre più.
E fu a quel punto che una lucetta si accese, nella mente di lei.
<< Ehy! Sono ben due volte che mi sporchi con la cioccolata, te ne rendi conto?! >>
<< La prima volta che ci siamo visti non è stata esattamente colpa mia… >> ribatté lui, disegnando un ghigno lungo la spalla di lei, affondandoci piano i denti.
<< Stronzate… >>
<< Di’ che mi ami… >> mormorò d’improvviso lui, in una maniera tanto sottile ma distinta da mandarle in cuore in aritmia.
Alexis annaspò, prima che lui sollevasse il viso su di lei.
<< Di’ che mi ami… >> ripeté, con uno sguardo sincero e sorridente.
Uno di quegli sguardi che possedevano le chiavi del mondo.
Lei si morse un labbro, sentendo il sangue arrivarle alle guance e poi più giù, un guizzo di piacere intenso che la attraversava.
Scosse il capo, in un debole segno di sfida.
Le mani di Zayn corsero dietro la sua schiena, i nodini del pezzo sopra del costume che sparivano ed esso subito dopo, lanciato chissà dove oltre il bordo del divano.
Riprese a baciarle il collo, mentre la cioccolata rendeva la sua pelle ancora più buona e morbida e… Bruciante.
Stava bollendo.
Alexis tirò un sospiro secco, affondandogli le dita tra i capelli umidi e impiastrati di cioccolata, mordendosi il labbro quasi a sangue per non emettere suono mentre lui continuava nel suo lavoro.
Le sue labbra erano acqua, la sua lingua fuoco.
Il solito stronzo, poco da fare.
<< Vuoi che la smetta… ? >> mormorò lui dopo un po’, mentre le sue mani passavano lungo il bordo degli slip del costume, giocandoci lentamente, con tutta la calma di questo mondo.
Alexis sospirò, il cervello in panne, il cuore in procinto di esplodere.
<< Sì… >> esalò, secca, inarcando la schiena all’ennesimo contatto tra le labbra di lui ed il suo seno.
E quando lo sentì bloccarsi, per tirarsi su e guardarla, si trovò stranamente delusa.
Respirò a fondo, mentre la sua bocca lasciava dei baci bollenti lungo la linea del mento, fino all’orecchio.
Anche il solletico era sparito, accidenti.
<< Bugiarda… >> le sussurrò con voce impastata, stringendo le dita tra i suoi capelli castani e amaranto e guardandola sospirare di piacere.
Ed effettivamente, era sempre stata una pessima attrice.
 
 
 
 
Alexis ha sempre odiato gli idioti.
Specie quelli che la mollano, dopo essersi portati a letto una biondina conosciuta la sera prima.
Sospira, gettando nel cestino l’ennesimo fazzoletto usato.
Fortuna che l’ufficio è deserto a quell’ora.
Fortuna che alla fine, quel posto l’ha ottenuto davvero.
Scuote la testa, sentendo le lacrime che le scuotono la vista, appannandola.
Le ultime scartoffie sono rimaste sulla scrivania, gli ultimi clienti da chiamare riceveranno la sua telefonata l’indomani, tutto è in ordine, a parte il suo cuore.
Tira su col naso, imponendosi di non piangere, di… Di…
… Oh fanculo, tanto non c’è nessuno!
Com’ha potuto? Si frequentavano da poco, è vero ma…
… Accidenti, ultimamente i suoi rapporti interpersonali fanno schifo.
Viene tradita dal ragazzo con cui esce.
Il suo capo la massacra di lavoro.
La tizia a cui paga l’affitto del suo appartamento è più insopportabile del solito.
E i suoi colleghi sono proprio antipatici.
Lui, poi, è il peggior idiota che la storia del marketing ricordi.
Sempre così perfetto e tirato a nuovo, con quelle sue camicie impeccabili ed i capelli magistralmente tirati su col gel.
Storce il naso, rendendosi conto di essere ridicola.
Da quando si sono visti la prima volta, dal giorno di quella famosa cioccolata, sembra passato un secolo.
Eppure sono solo pochi mesi che lavorano insieme, anche in collaborazione.
E certo, il fatto che lui la chiami nanerottolaogni due per tre di certo non aiuta.
Né che la fissi con quell’aria da sufficienza.
Né che la stuzzichi di continuo, né che la provochi o la riempia di pratiche da sbrigare.
Zayn Malik – questo il nome dell’idiota in questione – è davvero insopportabile.
Lui e quei suoi modi di fare, che incantano chiunque, quei sorrisini, quei mezzi ghigni come se fosse il padrone dell’universo, quegli… Occhi.
Dio, cosa sono quei suoi occhi?
Alexis non sa descriverli, preferisce di gran lunga dire che la fanno incazzare e che glieli caverebbe volentieri.
Guarda l’orologio, sentendo lo stomaco brontolare per la fame.
<< Ancora qua, nanerottola? >>
Si volta di scatto: Zayn che la fissa, all’entrata dell’ufficio, la giaccia di pelle già messa, sembra quasi un altro dal solito impiegato preciso e ordinato.
Sembra quasi… Un ragazzaccio.
Uno di quei ragazzi che fanno paura, che ti guardano e ti fanno tremare, specie se aiutati da quelle ciglia lunghissime e scure, belle da far tremare.
<< Fatti i cazzi tuoi, per una santa volta. >> lo apostrofa lei, acciuffando la sua giacca e tentando di superarlo all’uscita.
Si sente prendere per un gomito, non fa nemmeno in tempo ad asciugarsi le lacrime residue sul viso.
<< Hai pianto? >> le chiede.
Che domanda idiota: no, mi metto l’acqua in faccia, pensa di rispondergli Alexis.
Ma non lo fa, se ne sta zitta, abbassando lo sguardo.
Un dito, sotto il mento, la costringe a rialzare gli occhi.
<< Hai pianto? Come mai? >>
Due domande, non bastava una.
Alexis si morde il labbro, indecisa, mentre sente tutte le lacrime di poco prima montarle addosso nuovamente, come un fiume.
E senza accorgersene, si è attaccata a lui, cercando un riparo che nemmeno pensava di poter mai trovare.
Da lui, che è l’essere più insopportabile dell’intera galassia.
<< Ehy, ehy… Sssh… >> mormora Zayn al suo orecchio, stringendola col braccio e toccandole piano i capelli.
Alexis non sa nemmeno perché sta spartendo le sue lacrime con lui, sa solo che Zayn, alla fin fine, non ha un odore così malaccio.
E si accorge anche che è caldo, il suo abbraccio è rassicurante.
<< Hai cenato, nanerottola? >> le sussurra dopo un po’, discostandosi per guardarla in faccia.
Lei nemmeno fa caso a quel nomignolo che le ha sempre dato ai nervi, ma dissente, scuotendo i folti capelli castani che brillano d’amaranto vivo.
Lui le asciuga una lacrima sulla guancia, cercando il suo sguardo con un sorriso – il primo non irritante che gli vede fare da quando lo conosce.
E si sente stranamente bene, anche quando lui la prende per mano.
 
 
 
Il gelato per cena, solo lui poteva avere un’idea del genere.
Mentre lo osserva pagare, Alexis non può fare a meno di notare che sia davvero bello, con la mascella diritta ed i capelli neri sempre per aria, a parte ora, che sono mezzi spiaccicati sulla fronte.
Sorride, tra sé e sé, dandosi della cretina.
Si lascia prendere di nuovo per mano, mentre mangia senza troppa convinzione il suo cono gelato.
<< Allora nanerottola, me lo dici o no perché piangevi? >>
Ed eccolo, tornato al vecchio tono odioso.
Alexis finge di non averlo sentito, continuando a camminare come nulla fosse.
<< Uhm… >> Zayn la tira per la mano, costringendola a voltarsi << … Insomma? Tutto quel turbamento su questo bel visino non è il massimo, tu non credi? Dimmi, dai… >> conclude, dolcemente, continuando a mangiare il suo gelato.
Lui… Bel visino?
Alexis lo scruta, sotto le ciglia lunghe e marcate, il cuore in gola.

Sente le sue dita intrecciarsi con le proprie, il suo sorrisetto accendersi di una qualche strana emozione.
<< Niente… >> si costringe a rispondere, infine << … Problemi… >>
<< Che genere? Posso esserti d’aiuto in qualche modo? >>
Oh, ma perché non mangia e chiude quella bocca?
Alexis fa di no con la testa, sentendosi tanto una scolaretta alla prima interrogazione.
<< Voi donne siete tremendamente complicate… >> sbuffa Zayn d’improvviso, sedendosi su una panchina e trascinandola vicino a sé.
Alexis lo fissa, stralunata.
<< Voi uomini siete semplici? >> lo interroga, pungente.
Lui ridacchia, sornione.
Dio, quant’è idiota.
<< No, non dico questo… Dico che, semplicemente, voi donne siete… Quasi impossibili da gestire! Guarda… >>
<< … Cosa? È che voi siete limitati! >>
 << Classico discorsetto da ragazzina! >>
<< Ma ti sei sentito? Sembri mio nonno! >>
Discutere della diversità tra sessi? Nah, stanno procedendo decisamente male.
<< Eppure sei in mia compagnia, proprio ora… >>
Oh no Malik, pensò Alexis convinta, sono un po’ cresciuta per un discorsetto simile.
<< Mi hai offerto la cena, come rifiutare? >> prorompe lei, infastidita.
Zayn inarca un sopracciglio, sorridendo, beffardo.
E lei non può fare a meno di pensare che la sua bocca sia la cosa più schifosamente sensuale del pianeta.
Così come lui lo pensa, della sua, pure se si diverte e dirle di tenerla chiusa il più a lungo possibile.
<< Johnson, domani mattina mi porti la colazione, che dici? >>
<< Cosa?! >> scatta lei, quasi strozzandosi col suo cono << Ma… >>
<< Frappuccino e cornetto al cioccolato! Ah, nel frappuccino facci mettere anche una sfiorata di cacao, ok? Ah e… >>
Ma non finisce di parlare perché lei fa qualcosa che non si sarebbe mai aspettato.
Che non si sarebbe mai aspettato nessunoavrebbe osato fare.
 Basta poco perché la crema del gelato gli coli sulla fronte, e la panna gli si appiccichi ai capelli, mentre il cono, mezzo rotto, rotola a terra.
Ci mette un po’ per realizzare, ma quando lo fa, si rende conto che lei sta anche ridendo.
Alexis si solleva in piedi, tenendosi lo stomaco con una mano, i ricci, che brillano di rosso alla luce dei lampioni, dondolano davanti al suo viso e i suoi occhi scuri luccicano.
Zayn rimane interdetto, mentre la confusione ed il fastidio gli montano dentro.
Ma anche uno strano senso di qualcosa che non capisce.
Sorride, pulendosi il gelato con il fazzoletto inesistente del gelato, mentre lei continua a ridere di gusto, le lacrime lungo le guance.
Ed è difficile capire se quelle lacrime siano di divertimento o se siano solo il rigurgito di qualche attimo prima, quando sembrava seriamente le fosse crollato il mondo addosso.
Impossibile dirlo, sinceramente.
Quella ragazza gli sembra così strana e contorta, a volte gli pare quasi un miscuglio di tante cose di cui nemmeno lei sembra in grado di scegliere quale preferisce.
<< Perché… Perché lo hai fatto?! >> esclama, con un cipiglio poco rassicurante, sollevandosi in piedi << Tu sei tutta… Matta! >> sputa, cercando nelle tasche della giacca qualche fazzolettino in più.
<< Volevi la colazione? Adesso goditi il dolce, dai! >> ridacchiò Alexis, squadrandolo fisso per pochi secondi, prima di sedersi per il troppo ridere << Sei adorabile, Malik! Davvero! Sei… Più carino del solito! >>
E a quelle parole si bloccò, quasi strozzandosi con suo stesso fiato.
Incappò nel suo sopracciglio inarcato, nel suo sorrisetto ambiguo.
Stronzo.
E pure se aveva i capelli sporchi e la faccia mezza macchiata di gelato, riusciva comunque ad essere irritante.
<< Ah sì? >> canticchiò, mordendosi un labbro: Alexis sentì una strana contrazione allo stomaco, ma non fiatò << Peccato che… >>
<< … Mmh? >> lo esortò a continuare lei, stranita.
Zayn sorrise, tirandola in piedi e arricciando il naso come in balia di un ragionamento.
Altra contrazione allo stomaco e stavolta più in basso.
<< … Peccato che… >> mormorò, carezzevole, ed il cuore di Alexis si fermò di botto << … La cosa non riesca anche a te, nanerottola! >> terminò, ridacchiando.
Lei lo spinse indietro, scioccata.
Ma che serata era mai quella?!
<< Abito qui vicino! >> dichiarò a quel punto, con aria di finta superiorità << Puoi sempre venire a darti una sciacquata al viso, a meno che tu non voglia andare in giro come un clown per tutta la città! >> concluse, acida, prima di incamminarsi da sola.
Lo sentì ridere, e non poté fare a meno di sentirsi strana.
Strana e sorridente.
Beh, poco da dire…
… Il solito stronzo.
 
 
 
<< Fai come se fossi a casa tua, il bagno è di là. >>
Alexis poggia la giacca sullo schienale della sedia, lui la imita, borbottando qualcosa riguardo al fatto che gli ha sporcato anche la camicia o giù di lì.
Lei sbuffa, scocciata.
<< Perché non ti fai un bel bagno in una fontana e la pianti? Uhm? >>
Zayn ridacchia, fiondandosi in bagno.
Alexis ne approfitta per andare a cambiarsi, i panni de lavoro le stanno stretti a quell’ora della giornata.
Si caccia nel bagno della sua camera, struccandosi e sciacqua dosi il viso più volte, per portare via stanchezza e il trucco in eccesso.
Gli occhi scuri, liberi dal poco mascara rimasto dopo il pianto e anche dell’ombretto, sembrano più grandi, davvero fondi.
Si sistema i capelli, sentendosi quasi respirare quando le dita scorrono tra i ricci.
Si passa una crema sul viso e si cambia, preferendo una normale tuta larga a quei vestiti che la fanno quasi soffocare.
Scalza, rigorosamente scalza.
La sensazione del camminare sul pavimento freddo a piedi nudi è troppo piacevole, specie dopo una giornataccia passata sulle decolleté.
Quando torna in cucina, Zayn è ancora in bagno.
Solleva gli occhi al cielo, sentendolo canticchiare un qualcosa di incomprensibile.
Si prepara una tisana, tentando di placare il tramestio nel suo stomaco.
<< Vedi? Nanerottola… Mi hai macchiato la camicia! >> lo sente urlare, un po’ troppo vicino.
E quando se lo vede entrare dalla cucina, con solo i pantaloni addosso, per poco non sputa tutta la tisana.
Tossicchia, accigliandosi, mentre lui si blocca, a squadrarla con sconcerto.
<< Sei… Matto?! Vestiti! >> esclama lei, voltandosi verso il lavandino, sentendo inspiegabilmente le guance andarle a fuoco.
Oh, l’indomani gliela farà pagare, lo sa già.
Stronzo.
Ed insopportabile.
<< Oh, quante storie, non sono nudo! >> e la sua voce è così vicina che Alexis si sente sobbalzare << Vedi? >> le ficca la camicia sotto gli occhi, manco fosse cieca << C’è una macchia, proprio qui! >>
La ragazza fissa il tessuto, senza capire.
<< Ma non è vero, non c’è… Non c’è niente! >> e si volta a fissarlo, notando che ha i capelli fradici e sulla fronte, mentre qualche goccia d’acqua gli scivola sul viso, fino al collo e alle clavicole e…
<< Come no! >> Zayn si sposta, costringendola a voltarsi di schiena rispetto al lavandino e incastrandola tra esso ed il suo corpo << Se noti bene… >>
Ma Alexis non lo sta più ascoltando, presa a fissarlo con un’espressione che essa stessa non sa decifrare.
I capelli neri sono lucidi a causa dell’acqua, quelle ciocche spiaccicate sulla fronte lo fanno sembrare un bambinetto, ma gli occhi no, gli occhi sono sempre gli stessi, scuri e calamitici, è quasi sicura che, se solo la razionalità glielo permettesse, gli chiederebbe di farsi contare le ciglia.
Quelle ciglia così lunghe da sembrare infinite.
E non può negarlo, se fosse vestito sarebbe meglio.
Alexis scommette con se stessa che ha la pelle calda, è quasi tentata di poggiargli le mani sul petto ma…
<< Nanerottola… possibile che tu non mi dia mai retta? >> una voce all’orecchio interrompe i suoi ragionamenti e la risata di Zayn la raggiunge, divertita.
<< Che… Che c’è? Io non vedo nessuna macchia e… >> Alexis fa per sgusciare via, inciampando, però, nei suoi stessi piedi.
Sente due braccia sostenerla alla vita, stringendola di nuovo dov’era prima.
<< Grazie… >> mormora, scostandosi i suoi lunghi capelli arricciati da davanti al viso.
<< Nanerottola? >>
E lui è nuovamente vicino, così vicino che sente l’odore della sua pelle invaderle le narici, facendola quasi avvicinare per sentirglielo addosso.
<< Sì? E non chiamar… >>
<< … Hai presente quella cosa di prima? >> domanda lui, con lo sguardo vago, mordendosi l’angolo della bocca.
Che ore sono, pensa Alexis, non potrebbe atterrare una navicella proprio ora, i marziani e…
<< Quale cosa? >> si sente rispondere, con un mezzo sorriso << Dici talmente tante cose stupide… >>
<< … Quella cosa… Beh, fingi che non l’abbia detto perché… >>
<< Ma quale cosa?! >> scatta Alexis innervosita, tentando all’impulso di continuare a fissarlo negli occhi.
Impossibile, il suo cervello è partito per chissà che vacanza nella Terra di Mezzo, con tanti Hobbit ed Erba Pipa.
Già, deve aver fumato qualcosa di pesante per starsene ancora lì a sentirlo e…
<< Sei bellissima. >> si lascia sfuggire allora lui, aggrottando le sopracciglia subito dopo, come se si fosse reso conto di quel che ha detto.
E un attimo dopo non c’è distanza, non c’è un solo respiro.
Ce ne sono due che si fondono, che si rincorrono, che ci cercano e che si trovano così bene da mandare i cuori di entrambi fuori controllo, fino alla gola.
Alexis non ha realizzato bene che lui la stia baciando, è solo ferma, rispondendo a quel gesto senza nemmeno sapere perché.
E non sa perché nemmeno il secondo dopo quando si stacca e gli rifila un sonoro ceffone.
Il tempo si ferma, la magia pare rotta.
Zayn si blocca, guardandola con gli occhi a due fessure e uno strano sorrisino fisso sulle labbra.
Alexis deglutisce, mentre il cuore ancora le galoppa in gola.
È tutto così strano, così… Odiosamenteperfetto.
Deglutisce, sentendo la mano sudarle e il labbro quasi spaccato a sangue per la pressione che sta esercitando con i denti: vizio maledetto, non se lo leverà mai.
Si porta la mano libera tra i capelli, guardando in alto, come se chissà cosa ci sia di così interessante nelle mensole della cucina.
Respira profondamente, abbassando di nuovo lo sguardo su di lui, che se ne sta immobile, indecifrabile come sempre.
Mal di stomaco, grandioso.
Ci mancava solo quello.
Mal di testa, mal di cuore, mal di tutto…
… Ma che male è quello che glielo fa afferrare per la mano per tirarlo di nuovo verso di sé?
Lui reagisce prontamente, poggiando le mani al lavandino, ai lati di lei, troppo occupata a passargli le dita tra i capelli bagnati, giocandoci e tirandoli indietro.
Il contatto col suo petto caldo la fa rabbrividire, specie perché il viso è umido e le labbra sono così morbide e delicate contro le sue che quasi sente cederle le ginocchia.
Sospira, tentando di mantenere il normale respiro, ma è tutto così confuso e maledettamente languido dentro di sé e dolce e passionale e strambo e surreale e qualsiasi altra cosa possa venirle in mente.
<< Scusa per lo schiaffo… >> sospira sulla spalla di lui, quando lo sente impegnato a lambirle in collo << … Ma desideravo farlo da mesi! >>
Che stronzata.
Lui ridacchia, stringendola contro di sé, e tenendole il viso con le mani, come per guardarla bene negli occhi.
E lo sguardo confuso e le labbra arrossate di lei oltre alle sue guance poco più rosa del normale davvero lo aiutano poco a riflettere.
Posa di nuovo le labbra sulle sue, facendogliele schiudere con delicatezza ma con decisione, sentendo un turbinio di cose salirgli al petto, stordendolo.
E solo quando si trova ad indietreggiare, imboccando nel bracciolo del divano per poi finirci sopra, e sente la sua risata cristallina risuonargli nelle orecchie capisce che sì, fondamentalmente va bene così.
Sempre che non decida di prenderlo di nuovo a schiaffi, ha forza la signorina.
 
 
 
 
<< Ho fatto! >> esclamò Alexis uscendo dalla doccia, quel vestito a fiori che le aveva  regalato sua madre non le piaceva poi particolarmente, ma almeno era sottile e fresco, adatto per muoversi con quel caldo.
I piedi nudi sbattevano sul legno del pavimento, provocando un debole suono ovattato ad ogni passo.
<< Zayn? >> chiamò, entrando in cucina, ma trovandola vuota.
Si guardò attorno, sconcertata: aveva fatto la doccia prima di lei, dove diamine si era cacciato?
A farsi un’altra sguazzata, forse?
Poi si accorse di un qualcosa di sottile e grigiastro levarsi fuori dalla porta a vetri della casetta: il fumo della sua sigaretta.
Sorrise, arrivandogli alle spalle e abbracciandolo da dietro, il naso che sfregava dolcemente contro la canotta bianca che si era messo sopra ai pantaloncini neri.
Profumava di pulito, pure se l’odore della sua pelle era rimasto intatto, la ragazza lo constatò mordicchiandogli il braccio e poi la spalla, fin dove riusciva ad arrivare.
<< Non riuscirei ad azzannarmi la giugulare, nanerottola… >> rise Zayn, voltandosi per stringerle la vita con un braccio, mentre le lasciava un bacio sulla fronte.
Lei sospirò, strusciando il naso contro il suo collo, baciandogli la pelle con estrema delicatezza.
Sentì la mano libera di lui risalirle ai capelli, intrecciandoli con dolcezza: era fortunato, era uno dei pochi a poterlo fare senza rimetterci un arto.
E quando le dita proseguirono oltre, sfiorandole la spalla e il braccio, Alexis sobbalzò, per il contatto.
Zayn si irrigidì, discostandosi per squadrarla fissa.
Gettò il mezzo mozzicone di sigaretta, afferrandole il viso, facendola sobbalzare al contatto.
Le alzò il mento, le spostò i capelli dalle spalle, la esaminò in ogni centimetro di pelle, mentre Alexis cominciava a chiedersi se fosse impazzito seriamente.
<< Mi spieghi che… Ahio! >> esclamò, quando lui le toccò le spalle << Brucia! >>
Zayn le sorrise, mordendosi un labbro.
<< Ti sei ustionata lo stesso, cazzo! >> sbottò, allarmato, tirandola dentro << Ma com’è possibile?! >> e la trascinò per la mano, mentre la ragazza era sempre più convinta che fosse pazzo.
<< Ma cosa… Mi spieghi che dici?! Ho messo la crem… >>
<< Non importa! >> Zayn si fiondò in camera, aprendo un’anta dell’armadio per mostrarle lo specchio a figura intera << Dai, spogliati! >> la incitò.
Alexis arrossì, a quell’uscita, ma non si mosse.
<< Ma che… >>
<< Coraggio, nanerottola, quando vuoi sei soddisfattissima di questa mia richiesta, che ti costa accontentarmi ora? >> le domandò lui, inarcando un sopracciglio.
Alexis si chinò, raccogliendo una scarpa a caso dal pavimento e lanciandogliela.
Zayn la schivò, ridendo, rinnovandole l’invito.
La ragazza sbuffò, tirandosi su il vestito per farlo passare dalle spalle, ad ogni movimento la pelle le prudeva e sembrava fosse percorsa da scosse elettriche.
Gettò l’abitino all’angolo, rimanendo in intimo, mentre la sua figura era proiettata allo specchio.
E quando si vide, sobbalzò, inorridendo.
La sua pelle era scarlatta, bordeaux, di tonalità così accese e vermiglie che nemmeno Matisse doveva averle mai sperimentate.
Ed in più scottava, bruciava al contatto, faceva un male cane.
Sbuffò, contrita, voltandosi per osservarsi la schiena e notando nitidamente il segno del costume più o meno combaciare con quello dell’intimo.
Faceva male, l’aveva già pensato?
<< Ma com’è possibile, io… >>
<< Credo che alla salsedine non interessi quanta crema ti metti o quanto alta sia la protezione… >> osservò lui, avvicinandosi alle sua spalle << … L’aria di mare ti frigge come una polpetta, nanerottola! >>
Alexis si trattenne dall’imprecare solo per buona creanza, fece per raccogliere il suo vestito, ma le faceva troppo male la pelle anche per muoversi.
Quand’era l’ultima volta che aveva preso un ustione simile?
Ah già, quella volta in piscina.
Già immaginava le nottate senza dormire, e la pelle che si staccava perché bruciata, il malumore e le maledette…
Vide due mani passarle davanti, posandosi sul suo stomaco: sobbalzò, per la sensazione di freddo che le procurarono, ma sospirò di piacere quando si rese conto che si trattava di crema per la pelle.
Era rinfrescante, le stava facendo passare la voglia di piangere dalla rabbia.
E dal dolore.
Zayn le sorrise, accostandosi piano alla sua schiena, attento a non sfiorarla troppo, per non farle male, mentre le lasciava languidi baci sul collo.
Le sue mani stavano continuando a procedere sulla sua pelle, dedicandosi alle braccia.
<< Malik? >> chiese Alexis, dopo qualche secondo.
<< Mmh? >> e c’era ben poco interesse concreto in quel verso.
<< Stai mettendo la crema, tesoro… >> gli ricordò lei, quando lui la fece voltare verso di se, per spalmarle quella roba sulla schiena ustionata e intanto mordicchiarle la spalla, ora un po’ meno dolente.
<< Lo so, amore… >> mugugnò il ragazzo, sollevando il viso contro di lei.
I capelli scuri gli ricadevano di lato, un po’ all’indietro, erano disordinati ma belli comunque.
Alexis sorrise, innalzandosi di poco in punta di piedi per lasciargli un bacio.
<< Grazie… >>
Lui inarcò un sopracciglio, inclinando la testa.
<< Figurati, ho preso la tua carta di credito per andare a comprare le creme! >>
Alexis sbuffò, dandogli una manata sul petto.
<< Non intendevo quello, io… >> si morse un labbro, tentando di non ridere << … Beh, grazie. >> ripeté solo.
<< L’aria di mare ti ha cotto anche i neuroni, nanerottola? >> la prese in giro lui, facendole il solletico con la punta del naso contro la guancia.
<< Grazie… >> ribadì Alexis, lentamente << … Grazie per avermi fatto innamorare di te. >>
Zayn socchiuse la labbra, dipingendosi in faccia un’espressione davvero idiota.
<< Fondamentalmente è anche colpa tua, ma… >>
<< Primi mi dici che mi ami e poi mi incolpi? Nanerottola, quando ti chiarirai quel che hai in questa tua bella testolina? >> tentò di scherzare lui, pure se aveva in cuore in gola.
E gli mancava il respiro, se lei lo fissava così.
<< Ma io ho tutto chiaro… >> ammise Alexis, il respiro che sbatteva su quello di lui.
<< Ah sì? >>
<< Sì… >>
<< E… Sarebbe? >> la stuzzicò lui, divertito.
Lei sospirò, sorridendo.
<< La crema, tesoro. Non hai finito di metterla… >>
Zayn rise, pensando che non era mai stata una brava attrice.
Né una gran bugiarda.
Era solo e sempre stata una gran furbastra, ma coi i sentimenti non ci sapeva proprio fare.
La vide sorridere, di quei sorrisi caldi e sinceri, di quei sorrisi che riservava davvero a pochi.
Di quei sorrisi che dicevano chiaramente quanto avesse bisogno di lui.
Ma non perché fosse debole o persa, no.
Solo perché insieme erano un’altra cosa, erano la forza che faceva andare bene tutto, che faceva muovere il mondo.
Bastava il suo sorriso, nient’altro.
 
 
 
 
And that’s why I smile,
it’s been a while,
since everyday and everything
has felt this right,
and now you turn it all around,
and suddenly you’re all I need,
The reason why I smile…
 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
SPAZIO AUTRICE.
Sono tornata AHAHAHAHAHAHAHAHAHAH ok, basta u.u
No, scusate, è che… Sapete, avevo questa cosa in testa da un bel po’ e quindi… Sì, beh, eccola qua!
*dice cavolate perché non sa che cacchio dire*
*fischietta*
Sì, bene.
Insomma… Io continuo a credere che sia una stronzata *francese* colossale, ma beh… Spero che almeno a voi piaccia un po’ :)
Roba che se mi viene in mente un plausibile continuo *fischietta* sono fregata perché ho già due ff in corso e non saprei manco come continuarla.
QUINDI, DICO A VOI DUE, SCEMI DELL’OS *parla con i suoi stessi personaggi* NON FATEMI VENIRE IDEE O SONO UNA DONNA PERSA ç_ç
*tenta di ridarsi un contegno*
Anyway, se siete arrivati a legger fin qui, siete delle ganze lol
Ora vi saluto, devo sbrigarmi o due personcine a caso – come no - passano dall’altra parte del pc e mi ammazzano. <3
(Ah, vi voglio bene anch’io. Sia chiaro!)
Anzi no…
Voglio Payne (capitola, vi prego! *ride da sola*) a tutte voi!
Byeeee :)

 
  
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