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Autore: I Fiori del Male    14/06/2013    3 recensioni
In tantissimi abbiamo amato la coppia Oscar/André, e la loro fine, per quanto tragica, ci è rimasta nel cuore. Se un finale felice per me guasterebbe l'intera storia, non ho potuto fare a meno di inventare una diversa scoperta di quei magnifici sentimenti.
Se solo lei, quelle fondamentali domande, avesse avuto il coraggio di farsele prima ...
Genere: Fluff, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Axel von Fersen, Generale Jarjayes, Oscar François de Jarjayes
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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La Luce delle stelle


Per comprendere Oscar François de Jarjayes è necessario conoscere i suoi occhi, André questo lo sa bene.

Gli occhi di Oscar brillano sempre, quale che sia la ragione. Poche volte sono vuoti e spenti. Quelle poche volte bisogna certamente preoccuparsi se l’azzurro vivido delle sue iridi diventa indaco, scuro e imperscrutabile, e questa è una di quelle volte. Non si stupisce, quando segue lo sguardo di lei e lo vede poggiarsi sul conte di Fersen, anche se per un attimo avverte un dolore lancinante, come una stilettata nel petto.

Calma, cuore mio, fermati o ti farai del male, è inutile accanirsi troppo, non funzionerà. Oscar è una nobile e io non sono altro che uno straccione,  non serve a niente disperarsi, accorcerà solo la mia vita ...

Questo è ciò che sta pensando André, ma in realtà sa benissimo che preferirebbe morire prima del tempo piuttosto che vivere una vita lunga, interminabile senza Oscar. Automaticamente sa altrettanto bene che di certo morirà prima del tempo, poiché sa che lei non nutre alcun sentimento d’amore per altri se non per Fersen. Se almeno la sua Oscar fosse felice, ma i suoi occhi sono scuri e freddi, e questo non promette niente di buono.

“cos’hai, Oscar?”. Una domanda di circostanza.

“nulla, André.”. La sua risposta vuota. Sarebbe inutile porle altre domande, non risponderebbe perché pur essendo cresciuti insieme di certo non sono abituati a certe confidenze. In questi momenti si rende conto di quante cose sono cambiate nel tempo. Una volta, quando erano entrambi solo dei bambini, non c’erano segreti e non era importante essere uomo o donna, nobile o meno era lo stesso, si poteva stare insieme senza problemi. Adesso Oscar era comandante delle guardie reali, nobile di nascita e praticamente intoccabile visto quanto la regina le era affezionata, mentre lui non era altro che il suo attendente, e in pubblico altro non poteva fare se non camminarle appena dietro, condurre la carrozza e abbassarle le scalette quando scendeva.  Perché le cose erano andate a finire così? avrebbe voluto essere nobile solo per poter stare con lei da pari a pari e per avere il diritto di chiedere la sua mano al padre,  cosa che mai sarebbe accaduta poiché non avrebbe ottenuto altro che un’aspra risata da parte del generale se fosse stato fortunato, oppure la fucilazione se avesse scelto il giorno sbagliato per fare lo spiritoso.

“André ...”

Per un attimo, gli parve di sentire la supplica di un morente, piuttosto che il suo nome.

“si, Oscar?”

“hai mai ... insomma ... ti sei mai innamorato, André?”

Quella domanda, pronunciata senza guardarlo, e timidamente, quando Oscar era stata tutto meno che mai timida nella sua vita, lo lasciò senza fiato. Lui sapeva bene perché lei gli stesse ponendo quella domanda, del tutto inusuale poiché non si erano mai permessi di indagare nelle faccende private l’uno dell’altra. Lo sapeva perché ponendola non lo aveva guardato, e aveva invece continuato a fissare quei due, il conte di Fersen e la regina Maria Antonietta, che parlavano e si scambiavano sguardi eloquenti dall’altra parte di quella frazione dei giardini di Versailles.

Cosa avrebbe dovuto risponderle? Ci pensò solo per un attimo, rendendosi conto che la sua Oscar non meritava bugie. Almeno quella frazione di verità che gli era concesso svelare doveva dirgliela.

“ ... si.”

Allora lei si voltò di scatto, puntando gli occhi nei suoi, e la vide spaventata, inquieta, incapace di riprendere il controllo di se stessa, finché gli disse:” ho altre domande da farti, ma non qui.”

Si allontanarono, uscirono da Versailles inoltrandosi nella campagna e solo allora Oscar proferì di nuovo parola, fissando l’orizzonte, l’esile figura mossa appena dalla lenta andatura del cavallo.

“com’è, André?”

“cosa?”

“innamorarsi.” Quell’unica parola venne pronunciata con dolcezza, una dolcezza che solo André aveva potuto conoscere altre volte, perché per tutti gli altri lei non era che il comandante Jarjayes, inflessibile ed imperscrutabile.

Non credeva che sarebbe mai arrivato il giorno in cui Oscar gli avrebbe fatto quella domanda, perché pur conoscendo molti lati di lei sconosciuti ai più, non avevano mai raggiunto il livello di confidenza necessario per porre quel genere di domande. Rimase per un po’ in silenzio, e Oscar non lo interruppe, sapendo che stava cercando la risposta adeguata, più giusta, da darle.

Com’era essere innamorato, per André? Come avrebbe potuto descrivere le migliaia di sensazioni che la sola presenza di quella donna suscitava in lui in poche parole, così che Oscar, totalmente inesperta, potesse comprendere?

Non gli riuscì di non essere crudele.

“è una continua angoscia. È l’aspettare in eterno qualcosa che si desidera tanto da farsi del male per averlo, Oscar. Quando ami, non vedi nient’altro se non l’amato, e nulla conta più di quella persona per te. Puoi essere fortunato, ed essere ricambiato, e allora quell’angoscia continua può diventare la più assoluta delle felicità, ma se l’altro non ti ama ciò che ti aspetta è il dolore. L’amore fa bene e fa male. Quando guardi una persona e non riesci a capire se questa ti fa stare male o bene, allora certamente ne sei innamorata.”

Aveva raccontato molto di se stesso in quel momento, e della sua vita con Oscar. Non ricordava un giorno insieme a lei che non fosse stato un’agonia e una gioia insieme, l’aveva sempre amata ed aveva sempre saputo che ad aspettarlo per questo ci sarebbe stato solo il dolore, ma non aveva saputo frenarsi quando era ancora possibile, ed era scivolato, inesorabilmente, nell’oblio.

“e così ... questo è l’amore. E allora perché si ama, André? Siamo forse tutti masochisti a questo mondo?” chiese ancora lei, con una punta di ironia nella voce.

Oh, si! Certo che lo siamo!” esclamò lui in risposta, ridendo. Lui poi, doveva essere il signore e padrone dei masochisti, per innamorarsi di una donna nobile e bellissima che non lo degnava di uno sguardo significativo e che non avrebbe mai potuto avere anche solo per questioni di rango.

André si rese conto che qualcosa negli occhi di Oscar era cambiato. Erano tornati brillanti e fieri e senza alcuna traccia della tristezza di appena mezz’ora prima.

“grazie, André .... sai, voglio farti una confidenza ...”

Oscar scese da cavallo, erano arrivati in una radura circondata da alberi fitti attraverso le cui fronde i raggi di luna passavano giusto quel tanto da distinguere le loro figure. Legò il cavallo ad un tronco d’albero, ai piedi del quale poi si sedette, appoggiando la schiena, gli occhi chiusi, rilassata.

Anche André smontò dal suo cavallo e lo legò ad un albero, ma rimase in piedi di fronte a lei.

“dimmi pure.”

“fino ad ora ho creduto ... di essermi innamorata del conte di Fersen.”

André finse sorpresa a quella che per Oscar era una confessione, mentre per lui era una semplice conferma.

“oh ...”

“ma non è così. non hai forse detto che l’amore è stare male e bene, contemporaneamente o alternativamente, e non sapere cosa ci sia di bene o di male? Ma la verità è che Fersen mi fa solo stare male, tutte le volte che lo vedo.”

André se ne stette zitto, aspettando che lei andasse avanti.

“certo, sono sua amica, e quando è tornato io sono stata felice di vederlo sano e salvo, ma devo aver scambiato per amore una forte amicizia. Forse sto male per la situazione in cui si è cacciato ... e poi io ...”

Oscar non voleva ammettere proprio di provare qualcosa per Fersen, e stava cercando di uscirne contraddicendo se stessa e le parole di André, che dal canto suo non sapeva cosa fare per farla smettere di distruggersi da sola.

“ ... io non posso amarlo. Tradirei la fiducia della mia regina.”

Era come se Oscar si fosse dimenticata di essere con lui e stesse dando sfogo a tutti i suoi pensieri, come fosse sola in quella radura. Per André non era altro che l’ennesima tortura che Oscar, inconsapevolmente, gli propinava.

Ma lei aveva smesso di parlare e lo guardava, quasi supplicante. Aveva forse intenzione di chiedere a lui, al suo attendente, cosa fare? No .... glielo stava già chiedendo, ma André non poteva darle la risposta che voleva senza morire dentro definitivamente.

Poi nella mente di Oscar sorse un altro pensiero, anche se molto meno urgente, che scambiò per una semplice curiosità e che come tale espresse nell’ultima delle domande che avrebbe dovuto fare ad André.
“e tu ... di chi ti sei innamorato? Di una delle donne che hai visto a Versailles, forse?”

La situazione era diventata talmente assurda che André non poté fare a meno di scoppiare a ridere. Proprio lei gli chiedeva di chi fosse innamorato? E pensava si trattasse di una nobildonna di Versailles? Una di quelle stupide oche giulive, dedite solo ai pettegolezzi e alla ricerca di modi sempre diversi per sentirsi belle e attirare gli uomini come fiori con le api? Si chiese per un attimo se Oscar alla fine, non fosse davvero stupida. Era cresciuto con lei, lei, la bellissima ed intelligente e arguta e furba e coraggiosa e ironica e autoritaria e misteriosa Oscar François de Jarjayes, desiderata da tutti coloro che sapevano si trattasse di una donna, perfino le stesse dame di Versailles erano gelose quando la vedevano in compagnia di qualcuno, e lei cosa andava a pensare? Si, era certamente più stupida di quanto avesse mai creduto.

“che cosa hai tanto da ridere, André?”. Ecco la Oscar autoritaria.

La sua risata pian piano scemò nel silenzio. André puntò gli occhi nei suoi e non gli venne più da ridere. Il suo cuore andava al galoppo, era strano che non si sentisse in quel silenzio d’un tratto fattosi glaciale. E se gliel’avesse detto? Cosa sarebbe successo? In fondo lei aveva fatto una domanda e testarda com’era, lui lo sapeva, non avrebbe mollato fin quando non avesse avuto una risposta plausibile. E poi forse era tempo che le dicesse qualcosa, sentiva che le cose attorno a loro stavano cambiando già da diverso tempo .... avrebbero potuto non avere più un domani, tra tutti gli attacchi e le proteste del popolo e le strade di Parigi che si facevano sempre meno sicure per i nobili. Un giorno – rabbrividì al solo pensiero – sarebbe potuto succederle qualcosa di grave, avrebbero potuto portargliela via per sempre, perché anche se lei si ostinava a far credere il contrario, non era infallibile.

Ma adesso la domanda era: come dirglielo? Esistevano parole adatte ed immediate per questo? No, non c’erano e così lui si inginocchiò davanti a lei, i suoi occhi sempre persi in quell’azzurro vivido che lo faceva sentire un naufrago in balia delle onde. Le si mise di fronte e le posò le mani sulle spalle, scrutandola intensamente.

“André ... cosa fai ...”

“Oscar François de Jarjayes, io ....”

E posò le labbra su quelle di lei, calde e morbide, mettendo così a tacere ogni possibile replica. Oscar tremava, ma sapeva che non si trattava di paura, nemmeno in quel caso avrebbe potuto avere paura di André.

Era qualcosa che le percorreva la spina dorsale a scuoterla, una sensazione di calore e appagamento mai provata prima, come se il suo corpo non avesse aspettato altro che questo per tutta la sua vita.

Involontariamente chiuse gli occhi e schiuse un po’ di più le labbra, accogliendo la lingua di André, discreta e delicata, mentre intrecciava le mani fra i suoi capelli scuri, attirandolo a se ancor di più. Per un po’, si destreggiarono in quella danza sensuale che nulla aveva a che vedere con le spade e le pistole, che sfondava qualsiasi muro ci fosse mai stato tra loro e fugava ogni dubbio, poi fu lui stesso a distaccarsi, sempre con delicatezza, stupito del fatto che lei non avesse opposto alcuna resistenza, preoccupato di averla persa per sempre con quel gesto troppo avventato.

“Oscar ... io .... mi dispiace...” prese a scusarsi, ma poi si blocco. La amava e non aveva niente di cui scusarsi per questo.

“mi dispiace ma è così. io ti ho sempre amata, Oscar, sempre. Non ho mai desiderato un’altra donna. Lo so, non posso averti, non sono altro che un ser...”

“NON DIRLO!” lo interruppe lei. “ sai che lo detesto ... io non ti ho mai considerato un servo, André, lo sai ...”

“Ma è così! tu sei nobile e io non lo sono, sei talmente tante cose meravigliose che meriteresti di certo qualcuno migliore di me .... che so ....” il suo sguardo si fece amaro a quel pensiero, “qualcuno come il conte di Fersen, o il tenente Girodelle.”

A oscar fece ridere il pensiero di Girodelle che chiedeva la sua mano a tal punto da non riuscire a trattenersi.

“e cosa c’è tanto da ridere, adesso?” chiese lui, ferito. Le parti si erano invertite.

“ma come che c’è da ridere André ... Girodelle ... ma per favore!”

“che ci sarebbe di strano?”

“ ci sarebbe  di strano che tutt’ora quell’uomo prende ordini da me. Te lo immagini? Bella vita matrimoniale ... tenente, mi faccia del tè! Oh mio dio ...” e riprese a ridere.

“io non prendo forse ordini da te?”

A quella domanda Oscar smise di ridere.

“no, André, tu non prendi ordini da me. Io ti ho sempre chiesto di fare una cosa, non te l’ho mai ordinato, non potrei mai darti degli ordini ... tu non sei un servo, ne un soldato in casa mia. Io e te siamo cresciuti insieme. A un servo o ad un soldato non avrei mai fatto certe domande ne avrei mai permesso di ...” a quel punto, istintivamente, Oscar portò due dita alle labbra, sfiorandole.

“e Fersen?”

“ti ho già detto di aver capito di non amare Fersen, mi sembra.”

“il tuo discorso non filava affatto, Oscar.” Questa volta non poté trattenersi dal farglielo notare.

Lei lo fissò e sorrise. Forse prima non filava ma adesso si, e il motivo era uno solo. Guardava André e si sentiva bene, al sicuro, in pace col mondo, ma anche male per tutto ciò che non sapeva di lui e perché il tempo scorreva inesorabile lasciando loro poco tempo ... poco tempo per scoprire il pezzo mancante nelle loro vite, poco tempo per capire ... poco tempo per amarsi, per recuperare gli anni perduti a costruire finzioni, per abbatterle e dare vita a qualcosa di reale e meraviglioso ....

“mi sento male, André  ....”

Subito lo sguardo di lui si fece preoccupato. “andiamo a casa allora, non vorrei ti ammalassi.”

Ma lei non si alzò.

“mi sento male, e mi sento bene. Male e bene, insieme o separati, è così che mi sento ... quando sono con te.”

Lui rimase immobile, mentre una marea inarrestabile di sentimenti si portava via quel poco di coscienza rimasta.

“non voglio tornare a casa stanotte, André.” Gli disse, sorridendo.

Sorrise anche lui, pieno di una gioia non quantificabile coi meri parametri umani, mentre le speranze di una vita divenivano certezze e il suo cuore, proprio come aveva detto a Oscar quella sera, si nutriva di un’assoluta felicità che in quel momento niente avrebbe potuto scalfire. Proprio come aveva detto lei, quella notte non fecero ritorno a palazzo Jarjayes. In quella radura solitaria, dove ogni trucco era stato svelato, passarono la notte insonni a scoprirsi a vicenda, mentalmente e fisicamente, fecero l’amore, entrambi per la prima volta, e fu davvero fare l’amore e non ci fu vergogna nel mostrarsi di nuovo nudi. Fu come quando erano bambini e non c’erano segreti, non c’erano tabù.

Certo ebbero del tempo da dedicarsi. Non molti giorni dopo Girodelle si presentò a casa di Oscar per chiedere la mano di lei a suo padre. Oscar ovviamente rifiutò senza esitare, e André arrivo a tentare di chiedere la mano di Oscar al generale, senza successo. Così si amarono di nascosto fino al giorno in cui dovettero imbracciare di nuovo le armi, lei come comandante, lui come semplice soldato, divisi e diversi ancora una volta. André certamente morì felice, perché morì perdendosi per l’ultima volta nei meravigliosi occhi di Oscar. A lei che aveva sempre dovuto essere forte toccò esserlo ancora una volta, e morì sola, negli occhi il più amaro dei ricordi: la morte del suo amato che non aveva mai potuto chiamare marito. Il padre di Oscar, prima di morire a sua volta di crepacuore per la perdita subita, poté compiere un solo gesto di bontà per la figlia cui aveva negato in vita di essere ciò che era, e la seppellì insieme ad André. Fu Alain a dirgli dove, poiché solo lui oltre loro due sapeva di quel luogo di primo amore, quell’intima radura nei pressi di Versailles.


Lì da allora la luce delle stelle non venne mai più oscurata dalle nuvole.
 
   
 
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