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Autore: Mirin    15/06/2013    4 recensioni
«Per quanto ne ho memoria, di questi tempi papà mi portava sempre a vedere le lucciole in questa radura» spiegò, sembrava ferma ma Shikamaru intuì dal fremere del bordo delle sue maniche che l’emozione quasi la soffocava «e non ho voluto rinunciare a questa tradizione, credo che lui vorrebbe questo, se fosse vivo.»
Un regalo anticipato per il decimo mesiversario con la mia Fra, pubblicato nonostante la mia ritrosia. (L)
Genere: Romantico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ino Yamanaka, Shikamaru Nara | Coppie: Shikamaru/Ino
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Naruto Shippuuden
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Dedicata a Fra, perché tra un po'
facciamo dieci mesi e io non avrò
una ShikaIno da dedicarle.
Ti amo, mogliettina. (L)

Una pioggia di glicini cascò sulla testa di Ino che teneva gli occhi incollati al cielo dove fluttuavano con pigra allegria le lucciole. Shikamaru osservava la sua schiena da lontano, seduto per terra a gambe incrociate, mentre cercava di abituarsi al buio fittissimo che serviva per vedere quegli insetti luminosi. La mano di Ino -troppo piccola per il kimono violetto che indossava- si allungò verso l’alto per acchiapparne uno, ma si ritrovò con solo un pugno d’aria.
«Grazie per avermi accompagnato» mormorò la ragazza, voltandosi un po’ imbarazzata all’indietro.
«Figurati» rispose lui prima di stendersi con un sospiro soddisfatto.
«E poi mi hai promesso che per una settimana mi lascerai dormire di nuovo in camera mia, quindi…» aggiunse, sornione. Ino represse un sorriso.
Era da qualche settimana che lei e Shikamaru vivevano insieme; meglio dire che i brandelli delle famiglie Nara e Yamanaka avevano trovato “saggio” -per definirlo con le loro parole- cucirsi assieme, coesistere per un po’ uniti, giusto per consolarsi a vicenda per la perdita delle loro rispettive guide.
«Ne, Ino?» chiese Shikamaru, la voce leggermente soffusa poiché distratta dallo spettacolo sopra di lui.
«Hai» rispose lei, teneva le labbra arricciate per la concentrazione ma gli occhi esprimevano tutta la sua meraviglia. I capelli corti e lo sguardo innocente la facevano apparire, almeno al Nara, la creatura più angelica mai esistita sulla Terra. Mai come in quel momento Shikamaru riusciva di nuovo a scorgere la bambina che stava sulle spalle larghe del padre e gli sorrideva dolcemente.
«Perché siamo venuti qui?» si decise a domandare dopo essersi voltato su un fianco. Lo stelo di un papavero rosso sangue gli solleticò il naso. Ino ci mise un po’ a rispondere; prima sospirò, poi saltò per acchiappare le migliaia di lucciole ma cadde rovinosamente e rise da sola. Quando ebbe finito, si girò verso il corpo inerme di Shikamaru, accomodata a gambe stese.
«Per quanto ne ho memoria, di questi tempi papà mi portava sempre a vedere le lucciole in questa radura» spiegò, sembrava ferma ma Shikamaru intuì dal fremere del bordo delle sue maniche che l’emozione quasi la soffocava «e non ho voluto rinunciare a questa tradizione, credo che lui vorrebbe questo, se fosse vivo.»
Scoppiò in una risata che sul finale divenne tremula. Shikamaru si stupì sentendola tirare su con il naso, tanto da rizzarsi a sedere. Ino, da quanto gli era dato ricordare, era quella che non piangeva mai. Odiava mostrarsi fragile e questo, sommato all’antipatia -che si era affievolita col trascorrere degli anni- verso il coetaneo Nara, rendeva impossibile per Shikamaru vederla nei suoi momenti di debolezza. Sapeva che c’erano stati -per Sakura, per Asuma, per il vecchio Inoichi- ma lui non ne era mai stato spettatore diretto ed ogni volta che vi aveva assistito gli era parso di essere un estraneo che profanava qualcosa di sacro ed intoccabile. Non aveva mai visto quel lato di Ino, così tipicamente femminile, e fu sorpreso nel rimuovere la consapevolezza -che neanche credeva esistesse, ad essere onesti- che Ino non vi avesse mai ceduto.
«Ohi…» mormorò, mascherando bene il disagio. Ino non gli diede retta e si schiacciò il viso con le mani per soffocare i singhiozzi. La luce tenue delle lucciole che brillava sui suoi capelli e sulla pelle bianca come la luna provocò in lui una specie di trasporto emotivo che sfociò nella commozione. Shikamaru si era commosso e questa cosa l’avrebbe turbato molto se avesse pensato a qualcosa che non era Ino. In quel momento voleva semplicemente che lei tornasse a sorridere. Si guardò attorno, in preda al panico, alla ricerca spasmodica di qualcosa che restituisse l’allegria alla Yamanaka. L’occhio gli cadde sul fiore che prima l’aveva infastidito. Il papavero era un fiore brutto, esteticamente. Non aveva nemmeno un buon profumo e lo stelo ruvido tormentava i polpastrelli quando lo stringevi ma aveva bei colori, rosso e giallo, colori festosi, quindi Shikamaru lo colse e, burbero ed impacciato, lo porse ad Ino dopo essersi rimesso in piedi.
«Tieni. E non piangere, se Inoichi lo venisse a sapere mi costringerebbe a farmi a pezzi da solo con la vostra diabolica Shintenshin» borbottò, vergognandosi come un ladro.
Ino allungò timidamente un braccio e sfiorò i petali con la punta delle dita. Prese coraggio e lo sfilò dalla mano di Shikamaru, portandoselo al petto con un sorriso più dolce dello zucchero. Si accorse di trattenere il respiro quando qualche lucciola si posò sulle sue guance e sul suo petto.
Shikamaru ghignò.
«Se vuoi prendere le lucciole devi stare immobile» bisbigliò mentre una si posava sul suo naso «me lo ha spiegato mio padre quand’ero piccolo.»
Ino afferrò la sua mano e lo tirò giù. Shikamaru batté la testa e avrebbe inveito coloritamente contro la sua migliore amica se non avesse capito l’essenziale che gli era sfuggito: perché Ino lo aveva voluto con sé. Ino era stata lì con suo padre fin dall’inizio della sua vita, la persona con cui aveva trascorso e condiviso più emozioni e ricordi, forse la persona a cui era più legata in assoluto. Che l’uscita di quella sera avesse lo stesso significato per lei?
«Anch’io» disse Ino all’improvviso, osservando teneramente il papavero che stringeva al petto quasi fosse un figlio, le guancie scarlatte quanto il fiore.
Shikamaru avrebbe saputo solo quarantacinque anni più tardi cosa Ino intendesse.



ladie’s a gentleman!(author’s corner)
Avevo già scritto delle note per questa fiction però mi è sembrato giusto cambiarle dato che la situazione si è modificata. Personalmente, non avrei voluto pubblicare questa fan fiction che ho scritto diverso tempo fa, perché ho temporaneamente deciso di lasciare per un po’ il fandom ShikaIno, non perché non creda più nella coppia -meglio la morte!- ma per motivi miei (che la Fra definisce stupidi ed immotivati e credo ci tenga a far sapere che lei non li condivide affatto [tò, ti ho pure inserito nelle note!]). Con tutta probabilità questa sarà la mia ultima ShikaIno fino a data da destinarsi –che potrebbe anche essere fra due giorni, eh. Il risultato non m’importa più di tanto, sono al corrente del loro marcato OOC, la mia unica preoccupazione è che questa fic deluda le aspettative dei miei lettori: questo mi renderebbe davvero triste.
Ricordate che amo tutti i miei semplici lettori e che venero tutti i miei recensori, anche se per un po’ sembrerò sparita! (L)
Kiss,
la vostra sinceramente affezionata Ladie.
ODDIO, PS GRANDE QUANTO UNA CASA: cito un pezzo dalle vecchie note che ho scritto, quasi lo dimenticavo!:

 “La frase di Ino, che mi rendo conto sia molto enigmatica e difficile da interpretare di primo acchito -ma anche di secondo, terzo, cinquantasettesimo- in realtà, a parer mio, è molto semplice (forse dico ciò perché io l’ho scritta, mi piaceva dunque l’ho lasciata e voglio illudermi che qualcun altro oltre me la capisca da solo -non avverrà, ma stai tranquilla Ladie-): “anch’io” è perché lei risponde ad una dichiarazione implicita e assolutamente non voluta di Shikamaru che le porge un papavero, simbolo dell’amore perpetuo ed incondizionato.
   
 
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