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Autore: Shin83    15/06/2013    5 recensioni
[College!AU]
Tony è un nerd atipico, conta i giorni che lo separano dal MIT e si ubriaca alle feste.
Steve è il capitano della squadra di basket, fidanzata perfetta, vita perfetta. All'apparenza.
Che succede quando questi due mondi collidono?
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Steve Rogers/Captain America, Tony Stark/Iron Man
Note: AU, Lime | Avvertimenti: nessuno
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Pretty pretty please
If you ever ever feel
Like your nothing
You're fuckin' perfect to me

 
 
Uscito dalla camera di Tony, Steve era sicuro di trovarsi in un mondo parallelo e non si sentiva neanche il terreno sotto ai piedi. Era talmente intontito che si rese conto di aver lasciato la sua felpa nella stanza dell’altro ragazzo solo molto più tardi, quando si spogliò per andare a letto. Non se ne accorse neanche quando passò per corridoio freddo che collegava le due ali del dormitorio B.
Bè, magari potrei usarla una scusa per tornare in camera sua. Si disse sorridendo quando si sistemò sotto le coperte per dormire.
Sognò Tony quella notte, c’erano solo loro due e nessun altro. Nessuna preoccupazione, nessuna squadra di basket, nessuna facciata, nessuna convenzione; solo Steve e Tony, ed erano felici.
 
L’indomani si svegliò di buon’ora e non riuscì ad aspettare ancora per chiamare Peggy e raccontarle tutto.
Steve, sono le otto di mattina, non ho lezione fino alle due, si può sapere cosa cavolo è successo da dovermi chiamare a quest’ora?” rispose molto seccata la ragazza, che stava ancora dormendo quando sentì vibrare il telefono per la chiamata di Steve.
“L’ho baciato.” Dichiarò candidamente lui, a bruciapelo.
Chi- scusa Steve?” chiese, pensando di non aver capito.
“Ho baciato Tony Stark. Hai capito bene.”
Dove? Quando? Come? Perché?” farfugliò sorpresa.
“In camera sua. Ieri sera. Eh, con la lingua? Perché non ho saputo resistere e ho dovuto farlo.”
E perché non me l’hai detto subito? Cretino!” urlò la ragazza.
“Non capivo nulla, ieri sera, credimi.” Cercò di giustificarsi.
Sì, ma ora mi dici tutto.
Quindi Steve le raccontò quello che era successo la sera precedente e quanto si sentisse felice in quel momento. Era terrorizzato dalla reazione che avrebbe potuto avere Tony, pensava di beccarsi un pugno in faccia, sicuramente non si aspettava di essere trascinato sul letto a pomiciare.
Peggy, dal canto suo, era contenta di sentire l’amico così entusiasta, sperava davvero che potesse trovare qualcuno che lo rendesse felice, proprio com’era successo a lei con Daniel. La ragazza non aveva mai visto di buon occhio Stark, era un secchione un po’ troppo sbruffone per i suoi gusti, ma se Steve diceva che in fondo non era male, voleva dargli fiducia. Nel caso in cui, malauguratamente, gli avesse spezzato il cuore, non avrebbe esitato a spaccargli la faccia con le sue stesse mani, le sue lezioni di kickboxing dovevano pur essere servite a qualcosa.
E ora cosa farete?” chiese la ragazza.
“Non ne ho la minima idea. Forse ne parleremo, forse faremo andare le cose per loro conto. Vedremo.” Rispose Steve, che ancora non era riuscito a razionalizzare la cosa.
Ok, ma una cosa devo dirtela, Steve. State attenti. Li conosci meglio di me quelli della squadra di basket e se dovesse saltar fuori qualcosa, succederebbe un casino.
L’euforia di Steve era tale che aveva “dimenticato” questo particolare.
Peggy aveva ragione: i suoi compagni di squadra erano teste di cazzo quel tanto che bastava per metterlo nei guai. E questo non andava bene per la sua ammissione a Yale ma soprattutto non voleva coinvolgere Tony. Fosse stata solo una questione di una scazzottata tra lui e gli altri, pazienza. Ma mettere a rischio il suo futuro e l’incolumità di un’altra persona, quella persona, non era proprio possibile. Soprattutto perché sapeva benissimo che quel gruppo di trogloditi non aspettava altro che una scusa per “divertirsi” a spese di Tony, e non voleva essere di certo lui la causa scatenante.
“Cazzo, Peggy. Non ci avevo pensato.” Rispose, rabbuiato.
Ehi, calma e sangue freddo, non iniziare a farti tremila seghe mentali. Dico solo che se avete intenzione di andare avanti con questa cosa, non abbassate la guardia.”  Cercò di calmarlo Peggy.
“Almeno finché non finiamo il campionato,” Concluse Steve.
Esatto. Sai bene che Stark non mi convince più di tanto, ma se è questo che vuoi, a me va bene. Sono dalla vostra parte, qualsiasi cosa succeda. E sappi che se ti farà soffrire, quello è un uomo morto.
“Peggy, non fare la drammatica su. Non è un po’ presto per preoccuparti?”
Siete avvisati.
“Ok. Senti, io vado a prepararmi che alle dieci ho lezione di letteratura, pranziamo assieme?”
Mezzogiorno e mezza al self service?
“Perfetto.”
A dopo.
 
 
Aveva ricominciato a nevicare, Steve era uscito con l’ombrello, ma l’aveva lasciato in borsa. Adorava camminare sotto la neve, quando veniva giù lentamente.  Si strinse nel giubbotto, affondò il viso nella sciarpa e si avviò al dipartimento di letteratura.
Le previsioni avevano parlato di un febbraio particolarmente rigido quell’anno, e, a quanto pareva, non si erano sbagliate.
Di solito amava la lezione di letteratura inglese, ma quella mattina non riuscì proprio a concentrarsi, il professore spiegò per due ore George Orwell e della distopia, ma se avesse parlato di fisica quantistica, sarebbe stata la stessa cosa per lui, continuava a guardare fuori dalla finestra dell’aula pensando a cosa stesse facendo Tony in quel momento.
Pranzò con la sua migliore amica e lei non aveva perso occasione di fargli notare come gli occhi gli brillassero di una luce particolare, sembravano più blu del solito, lo vedeva finalmente felice. Chiacchierarono come non facevano da tempo finché lei non dovette scappare alla sua lezione di storia del giornalismo e lui, visto che ormai non aveva più il recupero con Tony, decise di andare a fare un paio d’ore di allenamento in più.
La neve non aveva smesso di cadere, anzi, si era infittita e stava imbiancando i viali puliti del campus.
Mentre si dirigeva in palestra, Steve era parecchio tentato a mandare un messaggio a Tony, ma non voleva passare per uno appiccicoso e cercò di aspettare almeno di rientrare in camera sua.
Passò tre ore a fare prima esercizi e poi qualche tiro con alcuni dei suoi compagni. Poco prima di andare via, l’allenatore li avvisò che, a causa della neve, lezioni ed allenamenti sarebbero saltati per qualche giorno, e sicuramente sarebbe anche saltata la trasferta di quel weekend ad Indianapolis, visto che lì la situazione meteorologica era anche peggiore che a Washington.
In effetti durante quelle tre ore, la situazione era peggiorata: era tutto bianco e quasi non si distinguevano i viali dalle aiuole e dai prati.
 
Prima di tornare in camera sua, Steve decise di passare dal supermarket del campus per fare un po’ di rifornimento, nel caso in cui avessero chiuso anche la mensa. Mentre cercava di farsi strada nello strato di neve, sentì vibrare il telefono nella tasca del giubbotto. Lo tirò fuori e quando vide il messaggio, per poco non scivolò per terra. Era Tony, che gli aveva mandato un semplice Ciao. Automaticamente gli si stampò in faccia un sorriso da ebete, e con qualche difficoltà, visto che con l’altra mano teneva l’ombrello, gli rispose Ciao. Dopo alcuni secondi, il Blackberry vibrò di nuovo: Cosa Fai?
Sto andando a comprare qualcosa da mangiare di scorta, digitò.
Paura di una tormenta di neve?
Non si sa mai.
Sarebbe carino se rimanessimo bloccati assieme nella stessa stanza per qualche giorno, per colpa della neve.
Nel leggere quell’ultimo messaggio, Steve perse l’equilibrio e stavolta finì sul serio per terra, infradiciandosi i pantaloni.
Mai messaggiare quando si guida, ma neanche mentre si cammina; si ammonì il ragazzo.
Dopo aver cercato di scrollarsi via un po’ di neve di dosso, gli rispose comunque.
Tu dici?
Io dico.
Entrò nel supermarket e prese un cestino per la spesa: un po’ di frutta, qualche yogurt, acqua e un paio di zuppe pronte che avrebbe potuto riscaldare nel microonde che aveva in camera sua.
Dopo aver pagato, si diresse prudentemente in camera sua, anche se non vedeva l’ora di arrivarci perché i pantaloni zuppi iniziavano a dargli parecchio fastidio e stava anche facendo buio. Arrivato a destinazione, si spogliò immediatamente, mise a posto la spesa nel suo minifrigo e fece un’altra doccia calda. Il freddo gli era penetrato nelle ossa, e anche se per qualche giorno non aveva allenamento e la partita probabilmente sarebbe saltata, non aveva comunque voglia di ammalarsi.
 
Era seduto sul letto, rivolto verso la finestra, col suo blocco da disegno quando suonò il telefono, avvisandolo di un sms. Si alzò, avvicinandosi alla scrivania dove aveva lasciato il dispositivo e lesse il messaggio di Tony:  Apri la porta. Confuso, obbedì e si trovò il ragazzo sull’uscio con in mano la felpa che aveva lasciato da lui.
“Credo che questa sia tua,” gli disse sorridendo e porgendogliela.
“Gr-grazie, vuoi entrare?” gli chiese educatamente Steve.
“Se non disturbo…”
Nello stesso istante in cui fece accomodare Tony, realizzò che aveva lasciato il blocco e la matita sul letto, e si affrettò ad andare a chiuderlo e riporlo nel suo cassetto della scrivania, dimenticando però la chiave attaccata.
“Che cos’era quell’album?” chiese Tony parecchio incuriosito per la concitazione di Steve nel metterlo via.
“N-niente.” Gli rispose con un sorriso sghembo. “Mi scusi un attimo?” e sparì in bagno.
Non si spiegava per quale motivo, ma si sentiva agitato. Aspettava da tutto il giorno di rivedere Tony, e ora che era lì con lui era in panico. Panico che non aveva avuto la sera prima. Forse perché non si aspettava di trovarselo in camera sua? Allora gli interessava davvero?
Si sciacquò la faccia e si guardò allo specchio per darsi coraggio.
Quando tornò in camera, trovò Tony seduto alla sua scrivania che stava sfogliando uno dei suoi album, ma quel che è peggio, aveva trovato il ritratto che gli fece qualche settimana prima, quello che stava per buttare.
“Tony cos-cosa stai facendo?” chiese Steve con un tono vagamente terrorizzato.
“Rogers, sei bravo, ma bravo sul serio. Sei pure riuscito a disegnarmi più bello di quanto io lo sia già.” Gli disse, mostrandogli il foglio volante.
Steve non rispose subito, si avvicinò di fretta alla scrivania per prendere gli album e rimetterli nel cassetto, stava per prendere dalle mani di Tony il foglio con il ritratto ma lui si spostò e disse: “No, questo lo tengo io,” decise con un sorriso che aveva chiaramente lo scopo di tranquillizzarlo.
“To-Tony, perché hai aperto quel cassetto?” chiese Steve rabbuiandosi.
“Perché sono uno scienziato e sono curioso per natura. E perché dopo quello che è successo ieri tra noi, vuoi avere altri segreti con me? Ormai sta quasi diventando il mio mestiere, quello di sapere cose su Steve Rogers che gli altri non sanno, cosa dici?” gli rispose, mantenendo un ghigno malizioso in volto e alzandosi dalla sedia, per avvicinarsi a lui.
“E’-è che mi imbarazza,” balbettò. “Non li ha mai visti nessuno quei disegni.”
“Steve, non credevo potessi sorprendermi ancora.” Si alzò sulla punta dei piedi e lo baciò.
Steve quindi si sciolse e lo abbracciò.
Rimasero a baciarsi, così, in piedi per qualche minuto, fin quando Tony non si allontanò e guardando Steve dritto negli occhi gli sussurrò: “Parlami di Steve Rogers,” prima di prenderlo per mano e trascinarlo a sedersi sul letto.
Steve fu un po’ titubante, all’inizio, ma percepì la sincera curiosità di Tony di saperne più su di lui, inoltre non gli aveva ancora lasciato la mano. Quindi si decise di accontentarlo e gli raccontò del perché andava in biblioteca a leggere i libri di storia dell’arte e perché avesse quel cassetto chiuso a chiave pieno di album da disegno; gli parlò della sua profonda passione per l’arte, del suo immenso amore per il Rinascimento Italiano ma anche quello, più recente, per la Pop Art Americana.
Gli confessò i suoi sogni, che voleva dipingere, insegnare storia dell’arte e magari studiare qualche mese a Firenze, per vivere e toccare in prima persona la culla di quel periodo storico che tanto amava.
Era un fiume in piena Steve, non era mai riuscito ad aprirsi così tanto con nessuno prima di allora, non sapeva perché lo stesse facendo, forse gli bastava soffermarsi sullo sguardo interessato di Tony per capire che stava facendo la cosa giusta.
Niente è come appare. Non valeva solo per lui, ma anche per Tony. C’era altro al di là del sarcasmo, l’aveva capito quando si vedevano per studiare e ne stava avendo conferma in quel momento.  Tony lo stava lasciando parlare e lo ascoltava per davvero e sembrava sinceramente interessato a quello che gli stava raccontando.
“E dunque hai fatto domanda a Yale?” Chiese Tony alla fine del suo discorso.
“Sì, la scuola di specializzazione in arte è tra le migliori del paese, e hanno un programma per i soggiorni studio in Italia. Per fortuna, grazie alla squadra, avrò la possibilità di prendere una borsa di studio per coprire la retta. Ma non sarò obbligato a giocare a basket anche lì. Questa cosa la sapete solo tu, Peggy e il professor Hofstadter. Per questo motivo l’ho pregato di annullarmi l’esame di Fisica II e farmelo rifare. Una sola macchia nel curriculum universitario e addio Yale.”
“E Bucky?”
“No, non lo sa. Non capirebbe. E’ un bravo ragazzo, in fondo; ma ha una visione delle cose un po’ troppo convenzionale. Lui è convinto che andrò  ad Harvard a studiare Legge.”
“Hai davvero così tanta fiducia in me?”
“Dovrei non averne?”
Tony non rispose, lo guardò con un sorriso accennato, gli prese il viso tra le mani e iniziò a baciarlo, lentamente. Steve sembrava non averne mai abbastanza dei suoi baci, si sdraiò sul letto trascinando Tony con sé senza smettere di baciarlo. Fecero il bis della giornata precedente.
Non andarono oltre i baci e le carezze neanche quella sera. Si bastavano così, a Steve era sufficiente il sapore delle labbra e della lingua di Tony, che gli ricordavano quel caffè al caramello che tanto amavano entrambi. Gli bastava sentire la sua pelle sotto i polpastrelli, quel corpo minuto sopra di sé e il suo respiro affannoso.
Anche se il suo corpo reagiva a tutto ciò, non voleva correre, voleva assaporare Tony un po’ alla volta, passo dopo passo.
Una volta che riuscirono a staccarsi l’uno dall’altro, Tony si sistemò accanto a lui, si guardarono senza dirsi nulla e poco dopo si addormentarono abbracciati.
Fuori la neve cadeva abbondante e rendeva irreale il silenzio della notte.
Steve verso l’una si svegliò e si rese conto che si erano addormentati sopra il copriletto, decise quindi di andare a recuperare una coperta dal suo armadio, sfilando dall’abbraccio di Tony in maniera cauta, per non svegliarlo. Una volta presa la coperta, la ripose delicatamente sopra il ragazzo e poi ci si infilò anche lui, tornando ad abbracciarlo. Si addormentò poco dopo, beatamente.
L’indomani mattina, si svegliò lui per primo, ma non si mosse dalla sua posizione: restò lì fermo ad osservare Tony dormire come un bambino e sentire il suo leggero russare. Lo divertiva questa cosa, gli sembrava di avere un bimbo indifeso fra le braccia, non un tizio fin troppo bravo con la scienza e che amava ubriacarsi alle feste.
Tony si svegliò stropicciandosi gli occhi, Steve gli sorrise e gli sussurrò: “Buongiorno.”
“Buongiorno.” Rispose l’altro ragazzo ricambiando il sorriso. “Ho urgente bisogno di caffè”.
“Tranquillo, te lo faccio io.” Lo rassicurò Steve , che, oltre al microonde in camera aveva anche una macchinetta per il caffè.
“Quando si dice efficienza. Potrei innamorarmi di te, Rogers.” Lo canzonò, seguendolo con lo sguardo, quando si alzò dal letto, e facendo casualmente cadere l’occhio sul sedere di Steve.
“Ecco qui, servizio in camera.” Gli disse porgendogli la tazza fumante, non prima però, di avergli dato un bacio del buongiorno, e si accomodò accanto a lui di nuovo.
“Potrei abituarmi a questi lussi.” Sghignazzò.
“Senti Tony, devo dirti una cosa.” Si accigliò leggermente Steve.
“Ah, ecco,  dovevo immaginare che c’era il trucco, per avere questo caffè.” Gli rispose ridacchiando ma rivelando una leggera preoccupazione con una piccola smorfia della bocca.
“Tutta questa situazione, bè, ecco, dovremmo tenerla per noi, almeno fin quando non finisce il campionato. Solo Peggy sa tutto di me e tu credo che abbia una vaga idea di che tipi sono i miei compagni di squadra, no?”
“Stai tranquillo Steve, ci proverò. In fondo, ti ho aspettato per due anni…”
“Due anni?”
“E’ una storia lunga. Comunque Bruce spero possa essere un’eccezione. E’ il mio migliore amico. E Pepper è in Germania.”
“Ehm, ok. Non mi sembrano tipi da pettegolezzo, no?” chiese corrucciato.
“Assolutamente no. Siamo in buone mani.” Lo rassicurò accarezzandolo.
“Andava bene il caffè?” chiese Steve per sviare il discorso.
“Era perfetto.” Gli rispose Tony porgendogli la tazza.
Steve si alzò di nuovo per andare a metterla sulla mensola e una volta in piedi, scostò la tenda per fare un po’ più di luce in camera e per vedere com’era la situazione fuori.
“Guarda, siamo sommersi di neve, e non sembra voler smettere.”
Tony si tirò su, inginocchiandosi anche lui sul letto, verso la finestra, come aveva appena fatto Steve.
“Poco male, tu hai da far qualcosa?” domandò Tony.
“Direi di no, a parte studiare.”
“Per quello c’è tempo. Vieni qua.” Gli disse il ragazzo, tirandolo verso di sé.


 


Ed eccomi qui!
Scusate se ci ho messo più del solito ad aggiornare, ma come sapevate già, sono stata assorbita dalla Seblaine Week, e sono andata un po' a rilento nella stesura di questo capitolo.
Che dire, i due tontoloni finalmente si sono dati una svegliata!

Grazie alla mia adorata beta Marti, che nonostante i suoi impegni riesce a ritagliare 5 minuti per me. <3

Su Tumblr questo è il weekend SteveTonyFest, che troverete taggato così e anche Stac.
Io purtroppo non ho scritto nulla per l'occasione, visto che comunque l'utenza non è 'italofona', mi sono limitata a partorire una o due schifezze grafiche che sono in coda nel mio tumblog mystonyfelingsss.
Se vi va di fare un giretto, c'è tanto amore Stony che vi aspetta.

Alla prossima!
  
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